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L'aborto grida vendetta al cospetto di Dio PDF Print E-mail
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L'aborto grida vendetta al cospetto di DioAffermava Sua Santità Giovanni Paolo II il 1° maggio 1987 a Munster. "[...] Il vescovo Von Galen, contro un movimento totalitario mondiale ha enunciato chiaramente e coraggiosamente le verità elementari dell’etica cristiana: i Dieci Comandamenti. [...] si sta diffondendo una teoria “che afferma che bisogna eliminare gli esseri cosiddetti “inutili”, e quindi uccidere uomini innocenti, quando si ritiene che la loro vita non abbia più valore per il popolo e per lo Stato. Una teoria orrenda, che vuole giustificare l’omicidio degli innocenti, che dà via libera all’assassinio in massa degli invalidi non più in grado di lavorare, degli storpi, degli inguaribili, dei vecchi… Ma qui si tratta di uomini, dei nostri simili, dei nostri fratelli e delle nostre sorelle… Tu ed io abbiamo il diritto di vivere soltanto finché siamo produttivi? Soltanto finché gli altri ci considerano produttivi? NON UCCIDERE! Questo comandamento di Dio, l’unico Signore, che ha il diritto di vita e di morte, è stato inscritto nel cuore degli uomini ...

… fin dagli inizi… Dio ci ha dato questo comandamento, il nostro Creatore ed unico Giudice!” (Predica del 3 agosto 1941). Queste parole non devono in alcun modo restare sepolte nei libri di storia e negli archivi; esse sono di grande attualità, anche negli Stati democratici, in cui vige il principio che è il popolo stesso, vale a dire gli uomini che devono gestire la propria vita comune in dignità e libertà. Eppure esistono ancora oggi nella società delle forze, che minacciano la vita umana. L’eutanasia, la “buona morte” che deriva da una presunta compassione è tornata ad essere una parola terribilmente ricorrente e trova i suoi nuovi smarriti difensori. E la Chiesa non può tacere di fronte alla quasi totale liberalizzazione dell’aborto nel vostro Paese e in numerosi altri Paesi. Con i suoi assistenti pastorali e i laici responsabili, certamente sarà vicina ad ogni singola donna in attesa, che si trovi in difficoltà, con sincera partecipazione e bontà e le dimostrerà, fin dove è possibile, comprensione ed aiuto concreto per la sua situazione. Di fronte alla società la Chiesa non deve tacere; neanche quando vi è la tentazione di rifiutare una franca discussione sull’attuale situazione dell’aborto come se ci si imbattesse in tabù. Dai politici e dai formatori della pubblica opinione – che si sentono ancora legati ai fondamenti etici o perfino alla fede cristiana – la Chiesa si attende un aiuto, affinché i risultati scientifici dell’embriologia e della psicologia della gravidanza e dell’aborto vengano portati meglio a conoscenza e determinino in modo sempre più efficace le decisioni pratiche degli uomini. I responsabili dovrebbero rivedere in modo obiettivo le stesse norme legali e la loro applicazione concreta per verificare se – invece di tutelare la vita – non rafforzino piuttosto in molti uomini l’errata convinzione che si tratti di un fatto senza importanza, addirittura legale, in quanto non devono neppure sobbarcarsene l’onere finanziario.

La Chiesa deve anche oggi con insistenza, chiarezza e pazienza impegnarsi per il diritto alla vita di tutti gli uomini, soprattutto dei bambini non ancora nati e per questo più bisognosi di essere tutelati; essa deve impegnarsi per la illimitata validità del 5° Comandamento: NON UCCIDERE. Al di là delle belle parole e del rifiuto della riflessione, la maggioranza ne è ben consapevole: l’aborto è l’omicidio volontario di una vita umana innocente. L'aborto è dunque un gravissimo omicidio, poichè perpetuato ai danni di creature innocenti. Le pene dell'Inferno nell'aldilà per chi impenitente morirà convinto della naturalezza di un crimine tanto orribile, saranno tremende. Alcuni Padri della Chiesa ne hanno parlato così come alcuni testi apocrifi accreditati dalla tradizione hanno messo in luce la gravità dell'aborto e della pena che ne consegue. Riguardo ai testi apocrifi è bene precisare che sebbene alcuni apocrifi, o alcune parti di questi scritti, furono apertamente respinti come inautentici, falsi, o addirittura eterodossi, tuttavia altre parti o altri scritti furono letti, conosciuti, apprezzati, raccontati e meditati, venendo a rappresentare sia l’espressione che l’alimento della spiritualità dei cristiani. In tal modo, senza ottenere il valore autoritativo degli scritti propriamente “canonici” o “patristici”, costituiscono comunque una preziosa testimonianza circa la fede e il costume della Chiesa antica. Tra questi sicuramente vanno collocate le visioni di tipo apocalittico nelle quali l’autore descrive la pena più o meno dolorosa dei dannati nell’inferno, rivelandoci così il giudizio circa la gravità morale del peccato che hanno commesso. In tre di queste fonti apocalittiche “apocrife” (Apocalisse di Pietro, Apocalisse di Paolo, Oracoli sibillini cristiani) si descrive espressamente la dannazione e la pena di donne che hanno procurato l’aborto.

Apocalisse di Pietro (135 d.C. ca) = ERBETTA vol.III,209ss Dalla versione etiopica – testo completo (scoperta nel 1910) – probabilmente più vicina all’originale = ERBETTA III,221-222 CLEMENTE ALESSANDRINO, eclogae propheticae 41,1-2 = ed. STÄHLIN 149 = ERBETTA III,215 METODIO DI OLIMPO, Il Simposio II, 6 = ed. BONWETSCH 23s = ERBETTA III,215 Apocalisse di Paolo o Visio Pauli (prima del 250 d.C.), 40 = ERBETTA III,374-375 Oracula Sibyllina (Oracoli Sibillini cristiani, 150 d.C. circa), libro II, vv. 281s = ERBETTA III,502-503

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dall'Enciclica Evangelium Vitae «Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise» (Gn 4, 8): alla radice della violenza contro la vita. 7. «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza... Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Sap 1, 13-14; 2, 23-24). Il Vangelo della vita, risuonato al principio con la creazione dell'uomo a immagine di Dio per un destino di vita piena e perfetta (cf. Gn 2, 7; Sap 9, 2-3), viene contraddetto dall'esperienza lacerante della morte che entra nel mondo e getta l'ombra del non senso sull'intera esistenza dell'uomo. La morte vi entra a causa dell'invidia del diavolo (cf. Gn 3, 1.4-5) e del peccato dei progenitori (cf. Gn 2, 17; 3, 17-19). E vi entra in modo violento, attraverso l'uccisione di Abele da parte del fratello Caino: «Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise» (Gn 4, 8). Questa prima uccisione è presentata con una singolare eloquenza in una pagina paradigmatica del libro della Genesi: una pagina ritrascritta ogni giorno, senza sosta e con avvilente ripetizione, nel libro della storia dei popoli. Vogliamo rileggere insieme questa pagina biblica, che, pur nella sua arcaicità ed estrema semplicità, si presenta quanto mai ricca di insegnamenti. «Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo. Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: "Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è la sua bramosia, ma tu dominala".

Caino disse al fratello Abele: "Andiamo in campagna!". Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?". Riprese: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra". Disse Caino al Signore: "Troppo grande è la mia colpa per sopportarla! Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere". Ma il Signore gli disse: "Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!". Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden» (Gn 4, 2-16). 8. Caino è «molto irritato» e ha il volto «abbattuto» perché «il Signore gradì Abele e la sua offerta» (Gn 4, 4). Il testo biblico non rivela il motivo per cui Dio preferisce il sacrificio di Abele a quello di Caino; indica però con chiarezza che, pur preferendo il dono di Abele, non interrompe il suo dialogo con Caino. Lo ammonisce ricordandogli la sua libertà di fronte al male: l'uomo non è per nulla un predestinato al male. Certo, come già Adamo, egli è tentato dalla potenza malefica del peccato che, come bestia feroce, è appostata alla porta del suo cuore, in attesa di avventarsi sulla preda. Ma Caino rimane libero di fronte al peccato. Lo può e lo deve dominare: «Verso di te è la sua bramosia, ma tu dominala!» (Gn 4, 7).

Sull'ammonimento del Signore hanno il sopravvento la gelosia e l'ira, e così Caino s'avventa sul proprio fratello e lo uccide. Come leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica, «la Scrittura, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino, rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza nell'uomo della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato originale. L'uomo è diventato il nemico del suo simile».10 Il fratello uccide il fratello. Come nel primo fratricidio, in ogni omicidio viene violata la parentela «spirituale», che accomuna gli uomini in un'unica grande famiglia,11 essendo tutti partecipi dello stesso bene fondamentale: l'uguale dignità personale. Non poche volte viene violata anche la parentela «della carne e del sangue», ad esempio quando le minacce alla vita si sviluppano nel rapporto tra genitori e figli, come avviene con l'aborto o quando, nel più vasto contesto familiare o parentale, viene favorita o procurata l'eutanasia. Alla radice di ogni violenza contro il prossimo c'è un cedimento alla «logica» del maligno, cioè di colui che «è stato omicida fin da principio» (Gv 8, 44), come ci ricorda l'apostolo Giovanni: «Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello» (1 Gv 3, 11-12). Così l'uccisione del fratello, fin dagli albori della storia, è la triste testimonianza di come il male progredisca con rapidità impressionante: alla rivolta dell'uomo contro Dio nel paradiso terrestre si accompagna la lotta mortale dell'uomo contro l'uomo. Dopo il delitto, Dio interviene a vendicare l'ucciso. Di fronte a Dio, che lo interroga sulla sorte di Abele, Caino, anziché mostrarsi impacciato e scusarsi, elude la domanda con arroganza: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?» (Gn 4, 9). «Non lo so»: con la menzogna Caino cerca di coprire il delitto. Così è spesso avvenuto e avviene quando le più diverse ideologie servono a giustificare e a mascherare i più atroci delitti verso la persona. «Sono forse io il guardiano di mio fratello?»: Caino non vuole pensare al fratello e rifiuta di vivere quella responsabilità che ogni uomo ha verso l'altro. Viene spontaneo pensare alle odierne tendenze di deresponsabilizzazione dell'uomo verso il suo simile, di cui sono sintomi, tra l'altro, il venir meno della solidarietà verso i membri più deboli della società — quali gli anziani, gli ammalati, gli immigrati, i bambini — e l'indifferenza che spesso si registra nei rapporti tra i popoli anche quando sono in gioco valori fondamentali come la sussistenza, la libertà e la pace.

9. Ma Dio non può lasciare impunito il delitto: dal suolo su cui è stato versato, il sangue dell'ucciso esige che Egli faccia giustizia (cf. Gn 37, 26; Is 26, 21; Ez 24, 7-8). Da questo testo la Chiesa ha ricavato la denominazione di «peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio» e vi ha incluso, anzitutto, l'omicidio volontario.12 Per gli ebrei, come per molti popoli dell'antichità, il sangue è la sede della vita, anzi «il sangue è la vita» (Dt 12, 23) e la vita, specie quella umana, appartiene solo a Dio: per questo chi attenta alla vita dell'uomo, in qualche modo attenta a Dio stesso. Caino è maledetto da Dio e anche dalla terra, che gli rifiuterà i suoi frutti (cf. Gn 4, 11-12). Ed èpunito: abiterà nella steppa e nel deserto. La violenza omicida cambia profondamente l'ambiente di vita dell'uomo. La terra da «giardino di Eden» (Gn 2, 15), luogo di abbondanza, di serene relazioni interpersonali e di amicizia con Dio, diventa «paese di Nod» (Gn 4, 16), luogo della «miseria», della solitudine e della lontananza da Dio. Caino sarà «ramingo e fuggiasco sulla terra» (Gn 4, 14): incertezza e instabilità lo accompagneranno sempre. Dio, tuttavia, sempre misericordioso anche quando punisce, «impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato» (Gn 4, 15): gli dà, dunque, un contrassegno, che ha lo scopo non di condannarlo all'esecrazione degli altri uomini, ma di proteggerlo e difenderlo da quanti vorranno ucciderlo fosse anche per vendicare la morte di Abele. Neppure l'omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante. Ed è proprio qui che si manifesta il paradossale mistero della misericordiosa giustizia di Dio, come scrive sant'Ambrogio: «Poiché era stato commesso un fratricidio, cioè il più grande dei crimini, nel momento in cui si introdusse il peccato, subito dovette essere estesa la legge della misericordia divina; perché, se il castigo avesse colpito immediatamente il colpevole, non accadesse che gli uomini, nel punire, non usassero alcuna tolleranza né mitezza, ma consegnassero immediatamente al castigo i colpevoli. (...) Dio respinse Caino dal suo cospetto e, rinnegato dai suoi genitori, lo relegò come nell'esilio di una abitazione separata, per il fatto che era passato dall'umana mitezza alla ferocia belluina. Tuttavia Dio non volle punire l'omicida con un omicidio, poiché vuole il pentimento del peccatore più che la sua morte».13

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1 In verità, l'espressione "Vangelo della Vita" non si trova come tale nella Sacra Scrittura. Essa tuttavia ben corrisponde ad un aspetto essenziale del messaggio biblico. 2 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22. 3 Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), n. 10: AAS 71 (1979), 275. 4 Cf Ibid., n. 14; l.c., 285. 5 Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 27. 6 Cf Lettera a tutti i Fratelli nell'Episcopato circa "Il Vangelo della vita" (19 maggio 1991): Insegnamenti XIV, 1 (1991), 1293-1296. 7 Ibid., l. c., 1294. 8 Lettera alle famiglie Gratissimam sane (2 febbraio 1994), 4: AAS 86 (1994), 871. 9 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 39: AAS 83 (1991), 842. 10 N. 2259. 11 Cf S. Ambrogio, De Noe, 26, 94-96: CSEL 32, 480-481. 12 Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1867 e 2268. 13 De Cain et Abel, II, 10, 38: CSEL 32, 408.

Aborto e Scomunica dall'Enciclica Evangelum Vitae - La disciplina canonica della Chiesa, fin dai primi secoli, ha colpito con sanzioni penali coloro che si macchiavano della colpa dell'aborto e tale prassi, con pene più o meno gravi, è stata confermata nei vari periodi storici. Il Codice di Diritto Canonico del 1917 comminava per l'aborto la pena della scomunica.69 Anche la rinnovata legislazione canonica si pone in questa linea quando sancisce che «chi procura l'aborto ottenendo l'effetto incorre nella scomunica latae sententiae»,70 cioè automatica. La scomunica colpisce tutti coloro che commettono questo delitto conoscendo la pena, inclusi anche quei complici senza la cui opera esso non sarebbe stato realizzato: 71 con tale reiterata sanzione, la Chiesa addita questo delitto come uno dei più gravi e pericolosi, spingendo così chi lo commette a ritrovare sollecitamente la strada della conversione. Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica è finalizzata a rendere pienamente consapevoli della gravità di un certo peccato e a favorire quindi un'adeguata conversione e penitenza.

Di fronte a una simile unanimità nella tradizione dottrinale e disciplinare della Chiesa, Paolo VI ha potuto dichiarare che tale insegnamento non è mutato ed è immutabile.72 Pertanto, con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi — che a varie riprese hanno condannato l'aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina — dichiaro che l'aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale.73 Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla Legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa.

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica - 2273 Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione: "I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare. . . il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III]. "Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. . . Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti" [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III]. 2272 La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. "Chi procura l'aborto, ottenendo l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae" [Codice di Diritto Canonico, 1398] "per il fatto stesso d'aver commesso il delitto" [Codice di Diritto Canonico, 1398] e alle condizioni previste dal Diritto [Cf ibid., 1323-1324]. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

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