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Quel giorno a Fatima PDF Print E-mail
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Quel giorno a FatimaL’esperienza religiosa coinvolge la sfera personale dell’individuo, in quanto soggettiva e del tutto incomunicabile. Essa è improvvisa, irripetibile, indimostrabile. Il silenzio mistico è l’espressione e l’enunciazione di tale ineffabile evento sperimentato nella profondità del proprio io. L’esatto contrario dell’esperienza scientifica che, per rientrare nei protocolli che la definiscono, deve essere ripetibile e verificabile in modo oggettivo dagli sperimentatori. Questa premessa, in fondo scontata, è tuttavia necessaria per mettere a fuoco un aspetto del tutto trascurato del prodigioso evento che si verificò a Fatima il 13 ottobre 1917, durante la sesta ed ultima apparizione della Vergine, di fronte a circa 70 mila persone in attesa del «segno», predetto ai veggenti dalla Madonna. Tale segno si verificò puntualmente, quando la visione giunse al termine.

 In quel momento, infatti, Lucia esclamò: «Guardate il sole!». La pioggia, fino allora intensa, smise di cadere all’improvviso. Le nubi si aprirono. Comparve un sole splendido, che cominciò a muoversi, girando su se stesso vorticosamente, allontanandosi a zig zag dalla propria posizione, fin quasi a cadere sulla folla sconvolta. (1) L’astro, animato da un movimento irregolare e rapidissimo, si spostava nel cielo, pulsando luce rossastra e bagliori innaturali. Questo, per circa dieci minuti. Poi, il sole riprese la sua posizione abituale, sopra una moltitudine di persone sbigottite e sgomente. Anche la stampa anticlericale, che fino allora aveva irriso le apparizioni della Cova de Iria, fu costretta a riportare con enfasi sulle prime pagine dei giornali il prodigioso miracolo del sole, predetto dalla donna vestita di sole. Quel giorno, a Fatima, propiziato dalla donna vestita di sole, si verificò qualcosa di non meno straordinario delle famose teofanie attestate dalle Sacre Scritture.

Come a Giosuè, nella valle di Gabaon, ove il sole stette fermo in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero (confronta Giosuè 10, 12-13); come, di fronte ad Ezechia, Deus Sábaoth fece retrocedere il sole di dieci gradi sulla scala della meridiana che aveva disceso (confronta Isaia 38, 8); come, durante la crocifissione di Cristo, il sole si eclissò per tre ore (confronta Matteo 27,45; Marco 15, 23; Luca 23, 44); così, quel giorno, nella Cova de Iria, l’astro possente, il terribile «sol invictus», venne scosso dalla propria posizione e fatto sobbalzare qui e là nel cielo come una innocua palla, davanti agli occhi di una moltitudine attonita. Il miracolo del sole: 13 ottobre 1917 L’evento fu ancora più eccezionale se consideriamo che il sole, secondo il paradigma eliocentrico, costituisce il centro del sistema solare, il punto nevralgico, l’unico elemento inamovibile della compagine planetaria, che garantisce la stabilità e l’esistenza stessa del nostro sistema. Un minimo spostamento del sole sarebbe causa di ineluttabili conseguenze apocalittiche. Infatti, i pianeti orbitanti intorno ad un centro improvvisamente venuto a mancare, crollerebbero in un attimo, come un castello di carte. Eppure, a Fatima, il 13 ottobre 1917, si verificò proprio questo fatto, per la scienza del tutto inconcepibile. Dunque, o tale segno è stato un’allucinazione collettiva, una psicosi di massa, o la teoria eliocentrica in tale occasione è stata palesemente smentita. Accettato il fatto, resta da comprenderne il messaggio. Proviamo allora ad aggiungere all’evento di Fatima un significato ulteriore e cosmologico.

Ovvero, interpretiamolo come una sorta di lezione di teologia della natura, impartitaci dal Signore per suggerirci che il sole potrebbe non occupare il ruolo centrale che noi, a partire dal 1600, siamo soliti attribuirgli in ordine alla disposizione dei corpi celesti. E’ noto infatti che nel Rinascimento la rivoluzione eliocentrica sovvertì la concezione geocentrica del mondo, elaborata dai pensatori cristiani nei lunghi secoli medievali, sulla base della metafisica aristotelico - tomista e delle attestazioni delle Sacre Scritture, proponendo invece l’idea pitagorica del moto terrestre e della centralità del sole. Prove certe e scientifiche lì per lì non ce n’erano, solo argomenti più sconclusionati di quelli che si volevano contestare. Argomenti che infatti vennero puntualmente smentiti e modificati dalla stessa scienza, nel momento in cui tutta la comunità scientifica mondiale si impegnò a dimostrare la validità di un’idea astratta, tuttavia già accettata e presa per buona sulla base di argomentazioni ideologiche. Infatti, il modello pitagorico eliocentrico, prima ancora di costituire il noto sistema di ipotesi utilizzato da Copernico per spiegare la dinamica del sistema solare, rappresenta in modo allegorico l’antichissimo culto pagano del sole-fallo, che riprese significativo vigore proprio nel rinascimento. (2) L'immensa folla, circa 70.000 persone assistono al miracolo del sole il 13 ottobre 1917 Se dunque consideriamo il modello eliocentrico come il baluardo della religiosità naturalistica e della nuova immagine (massonica) del mondo, ovvero come una maschera del culto solare, allora il miracolo di Fatima può davvero intendersi come una teofania sostanzialmente contraria ad una teoria che, sotto la parvenza scientifica, nasconde un cuore «egizio». Cuore che celebra il sole come l’anima mundi, il portatore di luce. Ovvero: lucifero, il 666.

Nella cabala infatti è tale numero che rappresenta il sole. Nel miracolo di Fatima possiamo allora scorgere come un invito a ricercare un modello del mondo più in linea con la Parola e con il «senso comune» di quanto lo sia quello proposto dalla scienza moderna. Le Sacre Scritture, infatti, fedeli interpreti della natura, la descrivono così com’è, e come ci appare. Non è vero, come diceva Galilei nelle «Lettere Copernicane», che la Bibbia contraddice la natura. È vero piuttosto che la Bibbia contraddice l’immagine che l’uomo si è voluta costruire del mondo naturale, da un certo periodo in poi, sulla base di un’ideologia eretica, fondata sull’identità, sottintesa, di scienza e dottrina. San Paolo ci ammonisce ripetutamente circa la possibilità di essere ingannati da false immagini del mondo, per colpa di una fede distorta (confronta Colonnesi 1,8; Romani 1, 20,22). Se invece il volere di Dio è effettivamente quello di «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Efesini 1,10) e di centrare la totalità degli esseri nella «vera realtà che è Cristo» (Colonnesi 2,17), allora diventa un «dovere» cristiano sostenere con la forza della fede e della vita di grazia, prima ancora che con i pur necessari argomenti di ragione, l’immagine cristocentrica del mondo. (3) Immagine metafisica concreta (4), che trascende quella scientifico-pitagorica (5), e che pone al centro del mondo, non il sole rinascimentale, né tanto meno la terra, o l’uomo. Ma il vero e solo principio di tutte le cose (confronta Colonnesi 1, 16): Gesù Maestro, Verità, Via e Vita. Infatti, mentre Cristo è già uno col Padre e con lo Spirito Santo in ordine alla sua divinità, incarnandosi ha unito a sé la natura umana, sintesi di materia e di spirito: «In tal modo tutto l’Universo è ricapitolato in Cristo in una sintesi mirabile e divina». (6) Giancarlo Infante --------------------------------------------------------------------------------

Note 1) Confronta Antonio A. Borelli, «Fatima: Messaggio di tragedia o di speranza?», Associazione Luci sull’Est, Roma 2004, pagine 38-42. 2) Confronta Giancarlo Infante, «Le radici esoteriche della scienza», Edizioni Segno, 2006. 3) Confronta Giacomo Biffi, «Il primo e l’ultimo- Estremo invito al cristocentrismo», Piemme, 2003, pagina 17: «Il cristocentrismo di cui vogliamo trattare noi è il convincimento che nel Redentore crocifisso e risorto - pensato e voluto per se stesso entro l’unico disegno del Padre - è stato pensato e voluto tutto il resto; sicchè, sia per quel che attiene alla dimensione creaturale, sia per quel che attiene alla dimensione redentiva ed elevante, ogni essere desume da Cristo la sua intima costituzione, le sue intrinseche prerogative, la sua sostanziale ed inesorabile vocazione». 4) «La metafisica è un sapere di ciò che è strettamente ‘reale’; di ciò che è, ‘così’ e ‘come’ effettivamente è; e non di una ‘nozione’ più o meno vaga e astratta», T. Melendo, «Metafisica del concreto», editrice Leonardo da Vinci, 2000, pagina 20. 5) «Se c’è un tipo di conoscenza che tende all’astrattezza e che talvolta deve disinteressarsi di proposito dei problemi della vita è proprio è proprio la conoscenza scientifica non - metafisica (…). Gli aspetti importanti della realtà sono quelli che vengono colti dal senso comune prima, e poi dalla riflessione metafisica; non certamente dalla matematica, malgrado quello che alcuni matematici si ostinino ancora a pensare e a dire», Antonio Livi, «Prefazione», in T. Melenso, citato pagina 10. 6) Confronta Aa. V.v, «L’eredità cristocentrica di don Alberione», edizioni Paoline, 1989, pagine 259, numero 139.

Articolo tratto da EffediEffe.com - Dott. Giancarlo Infante (Amico della M.S.M.A.)

 
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