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Dissertazione sugli AngeliNOMI DEGLI ANGELI Prima della prigionia di Babilonia, gli Ebrei non conoscevano il nome di alcun Angelo. Colui che apparve a Manué, padre di Sansone, essendo spinto a dire il suo, rispose : “Perché mi chiedi il mio nome, che è ammirabile ?” (Giudici 13, 18). Gli Angeli che apparvero ad Abramo, a Lot, a Mosé, a Giosuè e ad altri Patriarchi, sono semplicemente chiamati “Angeli” od Inviati del Signore. Essi prendono, talvolta, il nome di Dio stesso, siccome sono i suoi deputati ed i suoi ambasciatori. I nomi degli Angeli furono riportati, dalla Caldea, dagli Ebrei, al ritorno dalla loro prigionia a Babilonia, come lo riconoscono i Talmudisti. Tobia è il primo che abbia designato un Angelo, col proprio nome. Egli ci ha dato il nome di San “Raffaele” (Tob.3,25 ; 11,14). Si sa che Tobia visse a Ninive, qualche tempo prima della prigionia di Giuda, e si crede che sia lui stesso che scrisse il Libro che porta il suo nome, ma la cosa non è certa.

NOMI DEGLI ANGELI Prima della prigionia di Babilonia, gli Ebrei non conoscevano il nome di alcun Angelo. Colui che apparve a Manué, padre di Sansone, essendo spinto a dire il suo, rispose : “Perché mi chiedi il mio nome, che è ammirabile ?” (Giudici 13, 18). Gli Angeli che apparvero ad Abramo, a Lot, a Mosé, a Giosuè e ad altri Patriarchi, sono semplicemente chiamati “Angeli” od Inviati del Signore. Essi prendono, talvolta, il nome di Dio stesso, siccome sono i suoi deputati ed i suoi ambasciatori. I nomi degli Angeli furono riportati, dalla Caldea, dagli Ebrei, al ritorno dalla loro prigionia a Babilonia, come lo riconoscono i Talmudisti. Tobia è il primo che abbia designato un Angelo, col proprio nome. Egli ci ha dato il nome di San “Raffaele” (Tob.3,25 ; 11,14). Si sa che Tobia visse a Ninive, qualche tempo prima della prigionia di Giuda, e si crede che sia lui stesso che scrisse il Libro che porta il suo nome, ma la cosa non è certa. Daniele, che visse a Babilonia, qualche tempo dopo Tobia, ci ha appreso i nomi di “Michele” (Dan.10,21) e di “Gabriele” (Dan.8,16 ; 9,21). L’autore del IV Libro di Esdra (IV Esdra 4,36 ; 6,20) parla di “Uriele” e di “Geremiele”, ma questo scrittore è molto più nuovo di Esdra ed è vissuto, apparentemente, dopo la venuta di Gesù. Il Libro apocrifo di Enoch è tutto pieno di nomi di Angeli, ma, questo Libro, non è molto antico e ne parleremo, dopo, nell’articolo sui cattivi Angeli. Gli Orientali, nelle loro Liturgie, fanno memoria dell’Angelo “Suriele”, dei quattro animali e dei ventiquattro vegliardi, notati nell’Apocalisse (Apoc. 4,4-6), nel rango degli altri Santi Angeli. I cabalisti danno, ai Patriarchi, degli Angeli per precettori. L’Angelo precettore di Adamo si chiamava, dicono, “Raziele” ; quello di Sem, “Giofiele” ; quello di Abramo, “Zedechiele” ; quello di Isacco, “Raffaele” ; quello di Giacobbe, “Peliele” ; quello di Giuseppe, “Gabriele” ; quello di Mosé, “Metatrone” ; quello di Elia, “Malusiele” ; e quello di Davide, “Cerviele”. Essi credono anche che vi sono settanta Angeli che portano in se stessi il Nome di Dio, secondo questa parola nell’Esodo (Es.23,21) : “Il mio nome è in Lui”. Si immaginano che, se potessero scoprire il nome proprio di qualcuno di questi settanta Angeli, potrebbero, invocandoli, fare i più grandi prodigi, per la virtù del Nome di Dio che è in essi. Questa scoperta è uno dei più seri studi dei cabalisti. I Libri del Nuovo Testamento non ci insegnano nessun nome nuovo di Angeli, ma ripetono quelli di “Gabriele” (Lc.1,19 e 26) e di “Michele” (Giuda 9 ; Apoc. 12,7), che ci sono già noti nell’Antico. San Paolo parla dei Principati, delle Potestà, dei Troni e delle Dominazioni, ma sono nomi generali, che ci danno solo un’idea della subordinazione che c’è tra gli Angeli, gli uni rispetto agli altri. San Giovanni Crisostomo ci dice che San Paolo avesse appreso i loro nomi nel Cielo, ma che, per un tratto di profonda saggezza, non aveva giudicato opportuno scoprirli, per timore che la superstizione non scivolasse nel loro culto e che la curiosità dell’uomo non li portasse a voler sapere, su ciò, delle cose che non potevano essergli di alcuna utilità.

CREAZIONE DEGLI ANGELI Tutti convengono che gli Angeli sono stati creati, ma vi sono molte diversità di opinioni, sul tempo e sul modo della loro Creazione. Mosé non ha detto nulla, a questo proposito, a meno che non li abbia compresi sotto il nome di “Cieli”, e che, dicendoci che Dio ha creato il Cielo, ha voluto anche farci capire che il Signore aveva prodotto, nello stesso tempo, gli Angeli, che ne dovevano essere gli abitanti, e tale è stata l’opinione degli antichi Padri. Altri hanno congetturato che Mosé avesse potuto comprenderli sotto il nome di “Luce”. Altri, in gran numero, hanno preteso che erano stati creati prima del mondo, e Giobbe (Giob.38,7) sembra favorire questa opinione, quando dice : “Dove eravate, quando ponevo le fondamenta della Terra ... e che gli astri del mattino mi riempivano di lodi e che tutti i figli di Dio erano nei trasporti della gioia ?”. La maggior parte degli antichi Greci ed alcuni Padri latini, come Sant’Ambrogio, Sant’Ilario, San Girolamo, Cassiano ed altri, hanno seguito questa opinione. Ma molti altri Padri latini e qualche Padre greco hanno creduto che gli Angeli non fossero stati creati prima del mondo sensibile, ed è, oggi, l’opinione più seguita. Gli Ebrei credono che Dio non li creò che il secondo giorno del mondo e, quando appena furono creati, che Dio li consultò, dicendo loro : “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (Gen.1,26). Altri sostengono che Dio non li creò che il quinto giorno, e ve ne sono che vogliono che Egli li crei tutti i giorni e che escano da un fiume, chiamato “Dinor”. Infine, alcuni hanno portato l’impertinenza fino a dire che essi si creino l’un l’altro, per vera generazione, e che Gabriele è il figlio di San Michele. Si sa che i Sadducei negavano l’esistenza degli Angeli, ed il rabbino Ben Gerson sostiene ancora questa opinione e pretende che non vi fossero mai stati né Angeli né demoni e che, tutti i passi dove se ne è parlato, dovevano spiegarsi in senso metaforico. Sant’Agostino non è stato deciso sul tempo della Creazione degli Angeli. In alcuni passi egli insegna che sono stati creati il primo giorno del mondo. Altrove sembra confonderli con la Luce. Altrove vuole che siano esistiti prima delle cose create. Infine, in altri passi lascia la cosa dubbiosa ed indecisa. La maggior parte dei nuovi teologi, che sostengono che gli Angeli non sono stati creati che con il mondo, si servono, per provarlo, di questo passo dell’Ecclesiastico : “Quello che vive eternamente ha creato tutte le cose insieme” (Eccl. 18,1), cioè in una sola volta e nello stesso tempo. Egli ha cominciato a trarre dal nulla tutti gli esseri, tanto visibili quanto invisibili, tanto corporali che spirituali, all’inizio del tempo, così come lo evidenzia il Concilio del Laterano :”Deus Creator omnium visibilium et invisibilium, spiritualium et corporalium, qui sua omnipotenti virtute simul ab initio temporis utramque de nihilo condidit creaturam”. Ma, nonostante questi testi, che abbiamo fortemente vantati nelle scuole, diversi buoni teologi sostengono che l'Ecclesiastico non ha voluto dire altro se non che Dio fosse ugualmente Creatore degli esseri visibili ed invisibili, ciò che non è negato da nessuno, e che la questione sul tempo della Creazione degli Angeli, non è mai stata assolutamente decisa nella Chiesa. NATURA DEGLI ANGELI Non si contesta più oggi la spiritualità agli Angeli. Ma gli antichi sono stati molto divisi su ciò e quelli che li ritenevano corporali traevano vantaggio dal modo in cui, la Scrittura ne parlava, quasi dappertutto. Essa li rappresenta come corporali, come sensibili, come luminosi, simili al fuoco, al vento, all’aria. L’Angelo che apparve ad Abramo, a Mosé, a Giosuè ed a molti altri, si manifesta sotto le sembianze di un uomo. Egli parla, cammina, mangia, si lascia lavare i piedi. Un altro apparve a Mosé, sotto forma di fuoco, nel roveto (Es.3,2). Quello che fu posto all’entrata del Paradiso terrestre, era di una sembianza molto composita ed aveva in mano un gladio di fuoco (Gen.14,19). Quello che guidava gli Israeliti, nel deserto, appariva come una nube, luminosa durante la notte ed oscura durante il giorno (Es.14,19). Quello che apparve a Giosuè era armato come un guerriero (Giosuè 5,13). Ezechiele ci descrive i Cherubini, che sostenevano il Trono del Signore, come animali composti dalla figura dell’uomo, dell’aquila, del bue e del leone (Ez. 1,5-7).

Isaia dà a quelli che vide una forma umana, ma con sei ali (Is. 6,1-2). Quello che apparve a Daniele, aveva il viso tutto illuminato di luce, gli occhi brillanti come un lampo e tutto il corpo trasparente come il crisolito (Dan. 10,11). Tutte queste rappresentazioni danno, naturalmente, l’idea di una cosa corporale. I Padri dei primi secoli, quasi tutti, hanno creduto che gli Angeli avessero il corpo, ma più sottile, più penetrante, più agile dell’aria stessa e del vento. Essi non lasciano di dar loro il nome di Spiriti, ma, sotto questo nome, essi intendono il corpo più fine e più sottile che lo si possa comprendere, siccome nei nostri corpi si chiama spirito animale quella parte impercettibile del sangue, spiritualizzato nel cervello, che serve a fare, in noi stessi, il movimento dei nervi e dei muscoli. San Giustino il Martire arriva a dire che, nel Cielo, gli Angeli si nutrano non di un cibo grossolano, simile a quello di cui ci serviamo, ma di una carne celeste come la manna, che è definita, nella Scrittura, “il nutrimento degli Angeli” (Salmo 77,25). Si sa che la maggio parte degli antichi hanno creduto che gli Angeli avessero avuto un commercio carnale con le figlie degli uomini e che da lì erano venuti i giganti, quegli uomini, più famosi per i loro crimini che per la grandezza enorme della loro taglia. Questa opinione viene da molto lontano. Gli antichi Ebrei li credevano così, come li descrivono nel Libro apocrifo di Enoch, dove la storia del loro amore per le donne e quella della loro rivolta contro Dio sono narrati molto a lungo. Giuseppe ha detto, seriamente, che gli Angeli erano diventati appassionati per le donne e ne avevano avuto dei figli. Filone crede che gli Angeli siano tutti spirituali, che si uniscono spesso ai corpi e che li animino e, che, dopo la morte, se ne separino e ritornino nell’aria, da dove sono venuti. Diversi rabbini sono ancora di questa opinione, e dal tempo di nostro Signore, gli Apostoli non dubitavano affatto che gli Angeli ed i demoni non avessero corpi ma corpi sottili ed aerei. Gesù Cristo, dopo la sua Resurrezione, vedendo che avevano qualche dubbio sulla sua presenza, e che temevano che non fosse che uno spirito, disse loro : “Venite e toccate ; uno spirito non ha né carne né ossa” (Lc. 24,39). Quando Gesù apparve sul mare di Tiberiade, camminando sulle acque, essi lo presero dapprima per un fantasma (Mt. 14,26). E, quando San Pietro, liberato di prigione, venne, la notte, a bussare alla porta della casa dov’erano gli Apostoli, essi dissero che non era lui, ma il suo Angelo (Atti 12,15). Altri rabbini insistono ancora su tutto ciò. Pretendono che tra gli Angeli vi sia differenza di sesso, che gli uni siano maschi e le altre femmine, che dei due Cherubini, che Mosé mise sull’Arca dell’Alleanza, l’uno avesse la forma di un uomo e l’altro di una donna. I due Serafini che apparvero ad Isaia e che gridarono : “Santo, Santo, Santo” (Is. 6,2-3), avessero anche essi i due sessi.

In conseguenza di questo sistema, alcuni credono che si generino e si riproducano l’un l’altro, e che così il loro numero aumenti tutti i giorni. Si legge questa opinione, ma in un modo più spirituale, in San Gregorio di Nissa, che crede che gli Angeli si moltiplichino senza il commercio dei due sessi e che, se l’uomo non fosse caduto nel peccato, si sarebbe moltiplicato allo stesso modo. Ma se essi possono generare, e se ne nascono, tutti i giorni, dei nuovi, non possono anche morire ? Sì, senza dubbio, ed è quello che insegnano espressamente gli Ebrei. Pretendono che, dopo la prima distruzione del Tempio di Gerusalemme, dai Caldei, il numero degli Angeli è molto diminuito. Essi provano la loro opinione con due passi di Giobbe e di Daniele, comparati l’uno con l’altro. Giobbe disse : “Possiamo contare il numero delle sue truppe ?” (Giobbe 25,3). E Daniele : “Mi avvicinavo al Trono, dov’era seduto l’Anziano dei giorni, e ne vidi uscire una fiamma di fuoco. Mille migliaia di Angeli lo servivano e diecimila milioni assistevano in sua presenza” (Dan. 7,10). Il numero degli Angeli non era dunque innumerevole al tempo di Daniele, ma lo era al tempo di Giobbe. Queste ragioni fanno pietà. Anche i dottori ebrei più illuminati credono, come noi, che gli Angeli sono sostanze puramente spirituali ed interamente distaccati dalla materia, e che le espressioni della Scrittura, che danno loro dei corpi, sono tutti simbolici : che le ali, con cui li rivestono, sottolineano la loro sottilità ; la figura dell’uomo, la loro intelligenza ; quella del bue, la loro forza ; quella dell’aquila, la loro penetrazione ; quella del leone, il loro coraggio ; il fuoco, il loro zelo ; il vento, la loro attività, e così via. I Padri, che hanno dato dei corpi agli Angeli, non si sono accontentati di dare, a questi corpi, una sottilità ed una penetrazione, che non si attengono a nessuno dei corpi grossolani che ci circondano, essi hanno loro attribuito un’anima puramente spirituale ed intelligente, in modo che, in questo senso, sono composti di corpi e di anime. La parte intelligente è puramente spirituale, la parte che è racchiusa in un luogo e che è capace di movimento e di trasporto, da un posto ad un altro, è corporale. La maggior parte assegna anche un corpo alla nostra anima, separata dal corpo, ma un corpo spirituale e molto differente dai corpi sensibili e materiali che ci circondano. Non c’è che Dio, dice Origene, a sussistere senza alcuna materia e senza alcun miscuglio di corpi : “Ut sine materiali substantia, et absque ulla corporeae adjectionis societate intelligatur subsistere”.

Sant’Agostino dà dei corpi agli Angeli ed ai demoni, ma agli Angeli di una natura ben più sottile che ai demoni. Prima della loro caduta, questi ultimi avevano corpi celesti, ma dopo la loro rivolta sono rivestiti di corpi aerei, nei quali possono soffrire qualcosa, per l’azione di fuoco, che è di una natura più sottile dell’aria : “Antequam transgredentur caelestia corpora gerebant neque hoc minum est si conversa sint ex poena in aeream qualitatem ut jam possint ab igne, id est, ab elemento naturae superioris aliquid pati”. Claudiano Mamert, San Pietro Crisologo, Cassiano, San Fulgenzio, Gennadio, l’abate Ruppert stabiliscono come un principio incontestabile che Dio è il solo che sia puramente spirituale, che tutti gli altri esseri intelligenti sono composti di corpi e di anime. Gaetano ed Eugubino, tra i moderni, credono che i demoni siano corporali e Grozio non è contento della facilità che si è avuta di far riferimento all’opinione di Aristotele che è, dice, il primo inventore delle pure intelligenze o degli spiriti interamente distaccati dalla materia. Ciò che ha dato corso a questa opinione è : 1° L’autorità della Scrittura, che ci presenta normalmente gli Angeli come corporali. 2° Questo ragionamento che sembra molto plausibile : Tutto ciò che passa da un luogo ad un altro e tutto ciò che ha del movimento è corporale, ora gli Angeli si muovono e passano da un luogo ad un altro, dunque sono corporali. 3° Infine, tutto ciò che è soggetto al cambiamento e ciò che è suscettibile di qualità diverse, non è interamente semplice, né puramente spirituale, ora gli Angeli sono soggetti a diversi cambiamenti, appaiono sotto diverse forme ed i demoni soffrono la pena del fuoco, non sono dunque puramente spirituali, sono dunque rivestiti di qualche specie di corpo. Ma si può rispondere, a queste ragioni, che la Scrittura si proporziona al nostro modo di concepire, quando essa descrive, gli Angeli, come rivestiti di corpo. Essa lo usa, allo stesso modo, parlando di Dio, e tuttavia chi è l’uomo di buon senso che osa dire che Dio è corporale ? Comunque, quando ci dice che gli Angeli passano da un luogo ad un altro, che essi sono tanto in Cielo e tanto sulla Terra, essa vuole semplicemente notare che essi esercitano le loro operazioni e danno nota della loro presenza, in questi differenti posti, ma non già che siano racchiusi, come il corpo lo è nel luogo che occupa. Infine, i cambiamenti che accadono agli Angeli sono tali che non sono affatto contrari alla loro natura spirituale e, se i Libri sacri li esprimono in termini che hanno rapporto a ciò che succede nei nostri corpi, sono un modo di parlare metaforico, che non si deve comprimere nel rigore. La maggior parte dei Padri e tutti i teologi, oggi sostengono che gli Angeli sono puramente spirituali, che sono semplici intelligenze.

Filone l’Ebreo è espressamente di questa opinione. Egli dice che gli Angeli sono spiriti felici e distaccati dal corpo. Dice anche che l’aria è il domicilio delle anime o degli spiriti incorporei. Non tralascia di chiamarli “degli animali” e dice che è conveniente che Dio, avendo creato degli animali nelle acque e sulla terra, ne abbia anche nell’aria. Di questi spiriti che sono nell’aria, gli uni discendono in corpi umani e li animano, attirati da un certo ascendente naturale, che ne fa loro ricercare l’unione. Gli altri dimorano in una regione molto superiore e non hanno che l’allontanamento dai corpi e dalla terra. Altri, infine, lasciano i corpi che avevano animati, e da cui si trovano felicemente distaccati con la morte, e se ne ritornano con rapidità nell’alto dell’aria, da dove erano discesi. In un altro posto, parlando dei geni che si sono attaccati a corpi mortali, li paragona ad uomini che sarebbero caduti nella corrente di un fiume rapido. Quelli che sanno nuotare e che hanno abbastanza vigore, se ne escono facilmente, ma gli altri sono presi nei flutti e trascinati dalla corrente delle acque. I primi ricalcano i buoni Angeli, che si uniscono a corpi umani, e la cui attenzione è sempre rivolta verso oggetti superiori e divini. Gli altri designano i cattivi geni che non ispirano ai corpi che animano, che cattive cadute verso la Terra e verso il vizio. Di modo che, secondo Filone, gli Angeli, i demoni e le anime degli uomini non differiscono tra di loro che di nome. Sono tutti della stessa natura, ma hanno funzioni ed inclinazioni molto differenti. I buoni Angeli, che non sono affatto attaccati ai corpi, sono come i ministri delle misericordie di Dio ed i mediatori tra il sovrano Signore e gli uomini. I demoni sono gli esecutori della sua vendetta ed i ministri della sua giustizia. Ecco il sistema di Filone sugli Angeli. Giuseppe, che era Fariseo, disse che gli Esseni credevano che le anime venissero dall’aria e discendevano nei corpi per animarli, e che, dopo la morte, esse se ne ritornavano nell’aria, come i prigionieri che escono di prigione. Essi attribuivano ad un certo aspetto, ad una certa attrattiva naturale, la discesa o la caduta degli Angeli nei nostri corpi. Egli dice, altrove, che i demoni che, possiedono certe persone, sono delle anime dei cattivi che, invece di ritornare nell’aria, da dove sono venute, si impossessano del corpo di qualche disgraziato e fanno tutto ciò che possono per farli perire. Infine, insegna che i Farisei credono le anime immortali e che quelle della brava gente possono facilmente passare da un corpo in un altro, che quelle dei cattivi sono punite dai tormenti eterni e non ritornano mai più alla vita. E’ forse, a seguito di questa opinione, che era molto comune tra gli Ebrei del tempo di nostro Signore, che gli indemoniati che guariva si lagnavano che veniva a tormentarli prima del tempo (Mt.8,29) ; cioè che le anime dei cattivi, che si erano impossessate dei corpi che possedevano e che non li dovevano lasciare fino alla morte di questi posseduti, temevano che li cacciasse e non li inviasse ai tormenti dell'Inferno, a meno che esse non s'impossessassero di nuovo di qualcun altro nel quale dimorassero più che potessero arretrare altrettanto il tempo del loro supplizio eterno. Da ciò, accade che quella Legione (Lc.8,32 ; Mt.8,31) che ossessionava quell’uomo del Paese dei Geraseni, supplica Gesù di permetterle di entrare in un branco di porci e di non inviarla, subito, nell’Abisso : “Ed essi lo pregavano di non comandare loro di andare nell’abisso” (Lc.8,31).

Tutto ciò prova che gli Ebrei di allora credevano alla preesistenza delle anime, prima della formazione dei corpi e che la metempsicosi fosse un’opinione molto comune tra gli antichi Ebrei, come lo è ancora tra i moderni. Si vedono dei resti di questa opinione negli Apostoli stessi e negli altri Ebrei del tempo di nostro Signore. I Discepoli, avendo visto un ragazzo cieco, già dalla nascita, chiesero a Gesù se fosse stato per i suoi peccati o per quelli dei suoi genitori che, con i loro, avessero attirato questa disgrazia ? (Gv.9,2). Ora, quale peccato quell’uomo avesse potuto commettere, prima della sua nascita, che gli potesse meritare di nascere cieco ? Altri dicevano che Elia o Geremia, o qualcun altro degli antichi Profeti, fosse riapparso nella persona di Gesù Cristo (Mt. 16,14). Infine, Erode credeva che l’anima di Giovanni Battista, che egli aveva fatto morire, fosse passata in Gesù Cristo (Mc.6,16 ; Lc.9,9). Si può vedere il nostro Commento su questi argomenti. Se gli Angeli sono spirituali di loro natura, sono anche incorruttibili ed immortali. Quegli stessi che hanno voluto dare loro dei corpi, non hanno osato assoggettarli alla morte. Non conosco che qualche rabbino che abbia avuto l’arditezza di avanzare l’ipotesi che gli Angeli nascessero e morissero di giorno in giorno. Alcuni antichi Padri hanno creduto che potevano morire, che se erano immortali era per un puro effetto della bontà di Dio, che li conservava ed impediva loro di ritornare nel nulla. Tutto ciò che ha un inizio può avere una fine, dice Sant’Ireneo ; e gli Angeli stessi non sussistono che fino al momento che Dio vorrà conservarli : “Omnia quae facta sunt, initium quidem suae facturae habent : perseverant autem quoadusque Deus et esse, et perseverare voluerit”. L’Angelo non è affatto immortale di sua natura, dice Sant’Ambrogio, poiché la sua immortalità è nella volontà del Creatore. “Dio solo ha l’immortalità, dice San Paolo (Tim. 6,16), perché Lui solo l’ha per sua natura ed indipendentemente da tutto, anziché le creature che sono immortali non hanno questa sua prerogativa”. Ma non vi sono qui , sotto il termine di natura, qualche equivoco nascosto ? Se è volontà di Dio che l’Angelo sia immortale, non lo è di sua natura, poiché la volontà di Dio è la natura delle cose ? E poiché ha creato l’Angelo, tutto spirituale, non l’ha fatto di una sostanza che non dà alcun appiglio a tutto ciò che potrebbe causargli la morte ?.

FUNZIONI DEGLI ANGELI BUONI Si sono date, agli Angeli, delle funzioni onorevoli e proporzionate al grado di gloria che possiedono presso Dio. Alcuni antichi hanno creduto che presidiavano al corso degli astri ed al movimento dei cieli, Si è preteso che fossero incaricati del governo degli Stati e degli Imperi, e che non vi fossero né Provincia, né Repubblica, né Città, né Famiglia che non avesse il suo Angelo tutelare. La fede ci insegna che ognuno di noi ha il suo Angelo custode. Ne abbiamo dato anche alle chiese ed agli altari. I filosofi e gli antichi Ebrei, come pure i Cristiani, che sono venuti dopo, hanno insegnato che gli Angeli erano come degli interlocutori, che presentavano le nostre preghiere a Dio e che ne riportavano gli aiuti e le grazie di cui avevamo bisogno, che essi erano i messaggeri ed i ministri dell’Altissimo, per far conoscere, agli uomini, le sue volontà, per punirli o ricompensarli. Bisogna parlare di tutto ciò con più estensione. I rabbini sostengono che vi sono degli Angeli preposti ad ogni cosa. “Azariele” presiede alle acque. “Cazardia” all’Oriente, al fine di aver cura che il sole si alzi e si cali a tempo. “Nekid” ha cura del pane e degli alimenti. Ogni pianeta, ogni mese dell’anno, ogni ora del giorno ha il suo Angelo. Maimonide non si accontenta di ciò, vuole che le sfere celesti siano altrettanti Angeli, dotati di intelligenza e di volontà, coi quali esercitano le loro operazioni. Gli Ebrei credono, in più, che ognuno di noi abbia due Angeli, l’uno buono e l’altro cattivo. Il primo ci custodisce e ci consiglia, l’altro ci osserva e ci tende dei tranelli ; opinione che è stata seguita da alcuni antichi Padri della Chiesa. Maimonide dà al nome di “angelo”, una nozione fortemente estesa. Lo prende da ogni tipo di virtù di Dio e per ogni operazione soprannaturale, ed anche per le facoltà naturali dell’anima e del corpo. Sembra che, già dal tempo di nostro Signore, gli Ebrei fossero già di questa opinione, poiché danno il nome di spirito buono o cattivo alle buone o cattive qualità del corpo e dello spirito. Per esempio, Gesù Cristo disse agli Apostoli che essi non sapevano a quale spirito appartenessero (Lc.9,55). Si trova, nei Libri del Nuovo Testamento, lo spirito di povertà (Mt.5,3) ; lo spirito di infermità (Lc.13,2) ; uno spirito di impurità (Mt.10,1 ; 12,43 ed altrove) ; uno spirito di servitù (Rom.8,15) ; uno spirito di adozione (Rom. 8,15) ; uno spirito di pentimento (Rom. 11,8) ; uno spirito di fede (2 Cor. 4,13) ; uno spirito di dolcezza (1 Cor. 4,21 ; Gal. 6,1) ; uno spirito di errore (1 Tim. 4,1) ; uno spirito di grazia (Ebr. 10,29) : modi di parlare che non possono venire che dal pensiero dove stavano gli Angeli e gli Spiriti che presiedevano a tutto, erano sparsi in tutto ed influivano su tutte le azioni della vita e su tutte le disposizioni del corpo e dell’anima. Gli stessi dottori ebrei insegnano che vi sono quattro Angeli che non si vedono mai sulla Terra, perché sono sempre intorno al Trono di Dio. Michele è alla sua sinistra, come Capo e Principe degli Angeli ; Gabriele è alla destra ; Uriele è davanti a Dio e Raffaele dietro di Lui. San Giovanni, nell’Apocalisse, ci rappresenta sette Angeli, in piedi davanti al Signore, avendo sette trombe, ed un ottavo con un incensiere fumante, il cui fumo rappresenta le preghiere dei Santi (Apoc. 8,2-3).

In Malachia, i sacerdoti sono chiamati angeli del Signore degli eserciti (Mal. 2,17). Aggeo dà, a se stesso, questo nome : “Ecco ciò che dice Aggeo, Angelo del Signore, del numero degli Angeli del Signore” (Aggeo 1,13). Eupolemo, in Eusebio, dà a Nathan ,il nome di Angelo o di inviato di Dio. Malachia, l’ultimo dei dodici Profeti, il cui nome significa “Angelo del Signore”, non è altri, seguendo diversi saggi interpreti, che il famoso Esdra, Scriba della Legge. Gli Angeli sono, nel mondo, ciò che le colonne sono ai grandi palazzi, secondo il pensiero di Filone, essi lo sostengono e lo abbelliscono. Ve ne sono che presiedono alle Nazioni ed agli Stati, secondo la Scrittura stessa. San Michele è riconosciuto come l’Angelo del popolo di Dio : “Michele, vostro Principe” (Dan. 10,21). Daniele ci parla dell’Angelo della Persia (Dan. 10,13) e gli Atti di quello della Macedonia (Atti 16,9). Zaccaria parla anche degli Angeli delle diverse Nazioni (Zac. 1,8). Mosé, nel Deuteronomio, secondo la Versione dei Settanta, dice che “quando il Signore ha separato le Nazioni e che ha fatto la divisione dei figli di Adamo, ha fissato i loro limiti, secondo il numero degli Angeli di Dio”. L’ebreo legge “secondo il numero dei figli di Israele” (Deut. 32,8). Ma gli Ebrei, e la maggior parte dei Padri, hanno capito che Dio avesse creato gli Angeli per dare loro il governo delle Provincie e delle Monarchie. Essi credono che, questa divisione, si eseguì principalmente, dopo la confusione succeduta a Babele, che, da allora, ogni Angelo, essendosi incaricato della Nazione che gli era toccata, ebbe cura di guidarla al Paese che Dio gli destinava e di insegnargli la lingua che doveva sapere. Teodoreto crede che ognuno di noi ha un Angelo custode, ma che ogni Nazione, ha un Arcangelo tutelare. Le chiese, le Società sante, i luoghi sacri hanno, anche loro, Angeli, secondo la Scrittura ed i Padri. San Giovanni, nell’Apocalisse, scritto agli Angeli delle sette Chiese d’Asia, e, sotto questo nome, egli non intende solo i Vescovi, che ne sono gli Angeli visibili, ma anche agli Angeli od ai Tutori invisibili che li governano (Apoc. 2,1,8,12, ecc.). “Il Signore non ha solo istituito i Vescovi, per vigilare sul gregge, vi ha anche destinato gli Angeli”, dice Sant’Ambrogio. Questa opinione non gli è particolare. La si denota già in Origene, in Sant’Ilario, in San Basilio, in San Gregorio di Nazianzio, in San Girolamo. E, per quanto riguarda i santi luoghi, dove si offrono i divini Misteri : “Non dubitate affatto che l’Angelo non si incontri”, dice Sant’Ambrogio, “quando Gesù Cristo vi è, quando Lo si immola”. Tertulliano chiama l’Angelo della preghiera, quello che presiede alla chiesa e che offre a Dio l’incenso delle nostre preghiere. E’ forse per rispetto a quest’Angelo che San Paolo vuole che le donne si velino, nella chiesa : “... a causa degli Angeli” (1 Cor. 11,10).

Nello stesso Libro, l’Angelo del Signore che maledice Meroz, non è altri che Barac od il Sommo Sacerdote, o qualche profeta (Giud. 5,23).  San Girolamo spiega gli Angeli tutelari che lasciarono il Tempio di Gerusalemme, ciò che Giuseppe narra, che, poco tempo prima della presa di questa città, si intese, durante la notte, una voce che gridò : “Usciamo da qui !”. Si vede anche, da parte di alcuni anziani che gli altari delle chiese, avessero, ognuno, un Angelo destinato a custodirli. Non mi dilungherò, qui, sugli Angeli custodi, che sono destinati, da Dio, per guidarci. Ne abbiamo già parlato, con giusta estensione (nel nostro Commento) su San Matteo (Mt. 18,10). Questa opinione è sempre rimasta, nella Chiesa, come articolo di fede. Ma ciò che abbiamo proposto sugli Angeli tutelari delle Nazioni e delle Monarchie, non ha avuto lo stesso successo. Si è trovato che il passo del Deuteronomio, sul quale era principalmente fondato, avesse un altro senso letterale. Ecco perché non ci si è tanto interessato a sostenerlo. Su ciò si possono consultare i commentatori. NUMERO DEGLI ANGELI Il numero dei Santi Angeli ci è sempre rappresentato come molto grande. Daniele dice che, essendosi avvicinato “al Trono dell’Anziano dei giorni, ne vide uscire un fiume di fuoco, e che mille migliaia di Angeli lo servivano, e diecimila milioni assistevano in sua presenza” (Dan. 7,10). San Giovanni, nell’Apocalisse, dice che egli vide, intorno al Trono dell’Agnello, dei milioni di milioni e migliaia di migliaia di Angeli (Apoc. 5,11). Ed il nostro Salvatore, nel Vangelo, dice che suo Padre celeste potrebbe dargli “più di dodici Legioni di Angeli, cioè più di settanta duemila Angeli (Mt.26,53). Tutte queste espressioni designano un numero incalcolabile ed interamente sconosciuto agli uomini. Il Salmista ci dà come un effetto dell’onnipotenza di Dio, che conosce tutti i suoi soldati e tutti gli ufficiali della sua Corte (Salmo 146,4). Ed altrove dice che il carro del Signore è accompagnato da diecimila Angeli (Salmo 67,18). Per dare un’idea della moltitudine degli Angeli, paragonata a quella degli uomini, diversi antichi si sono serviti della Parabola delle novantanove pecorelle che il Padre di famiglia lascia nelle montagne, per andare a cercare la centesima che si era persa (Mt. 18,12 ; Lc. 15,4). Questa centesima pecora, dicono i Padri, indica gli uomini ; le novantanove pecorelle, che sono rimaste insieme, indicano gli Angeli fedeli che sono rimasti nel Cielo. “Ovis una, homo intelligendus est, dice Sant’Ilario, et sub homine uno universitas sentienda est ... nonaginta novem non errantes, multitudo Angelorum caelestium opinanda est”. Si vede questa stessa opinione in Sant’Ambrogio, in San Gregorio di Nissa ed in San Cirillo di Gerusalemme. Altri hanno formulato questo ragionamento, per far conoscere il grande numero degli Angeli : è naturale giudicare, dal numero degli abitanti di una città, la grandezza e l’estensione di questa città, ora la Terra, paragonata al Cielo ed all’aria non è che come un atomo, paragonato alla Terra, si deve, dunque, concludere che il numero degli Angeli, che sono gli abitanti del Cielo e dell’aria, è infinitamente più grande di quello degli uomini.

Tito di Brostres, su queste parole di Gesù, “Non temete affatto, piccolo gregge”, dice che tutti gli uomini, che sono stati e che saranno, sono compresi sotto questo nome di “piccolo gregge” paragonato alla moltitudine incalcolabile degli Angeli. L’autore della celeste Gerarchia, conosciuto sotto il nome di San Dionigi l’ Areopagita, dice che il numero degli Angeli è tale che non lo si può contare, e che non vi è niente che lo eguagli in tutto il resto della natura. Enea di Gaza dice che il Cielo o l’aria è pieno di Angeli e di demoni, che la Terra, il mare e ciò che è sotto la Terra, ne è talmente pieno che non vi è alcun vuoto, neanche per mettere un dito od uno spillo, e che anche quando Dio vorrebbe che gli uomini vivessero diecimila anni, il numero delle anime degli uomini che produrrebbero non eguaglierebbe mai il numero degli Angeli e dei demoni. Un antico oracolo, riportato da Lattanzio, dice che i demoni, paragonato a quello degli Angeli, alcuni hanno preteso che il terzo degli Angeli erano caduti nella rivolta. Essi si fondano su questo passo dell’Apocalisse, dove è detto che il dragone ha trascinato in Terra, con la sua coda, “la terza parte” delle stelle del Cielo (Apoc. 12,4). E siccome molti, serissimi autori, insegnano che gli uomini predestinati rimpiazzeranno gli Angeli apostati, ne conseguirebbe, da ciò, che il numero degli uomini sarà molto più grande di quello degli Angeli, poiché è certo che vi sarà molto meno di un terzo degli uomini predestinati. Sant’Agostino, da qualche parte, dubita anche se il numero degli uomini predestinati non sorpasserà quello degli Angeli apostati. Così egli non credeva che il numero degli Angeli, né quello dei demoni fosse così grande di quello che vogliono gli autori che abbiamo prima citato. San Gregorio, papa, il Maestro delle Sentenze e Guglielmo, vescovo di Parigi, che hanno creduto che il numero dei predestinati alla gloria, eguaglierebbe quello degli Angeli fedeli, sono ancor meno favorevoli all’opinione che moltiplica gli Angeli all’infinito. Ma in queste materie il più sicuro è di pensare e di parlare sobriamente e di non voler saperne troppo.

SUBORDINAZIONE DEGLI ANGELI TRA DI LORO Tutta l’antichità riconosceva che vi sono, tra gli Angeli, molte subordinazioni e che la loro numerosa compagnia è distribuita in diversi Cori, ma questa subordinazione non ci è nota che molto imperfettamente. Gli Ebrei riconoscevano San Michele, come il primo degli Arcangeli, il Capo degli eserciti del Cielo ed il Patrono del popolo di Israele sulla Terra. Essi credono che è di lui, che si dice nell’Esodo : “Il mio Angelo camminerà davanti a voi ed il mio Nome è in lui” (Es. 23, 20-23), che è lui che apparve a Giosuè e davanti al quale, questo generale del popolo di Dio, si prosternò (Gios. 5,13). Essi gli danno normalmente il nome di “Metatrone”, che si crede essere lo stesso di “Metator”, nome latino che significa quell’ufficiale dell’esercito romano che aveva cura di segnare gli accampamenti. San Michele era il conduttore dell’esercito di Israele, nel deserto. Era lui che segnava il luogo del campo ed il tempo nel quale bisognava accamparsi o sloggiare. Essi aggiungono che egli svolge, in Cielo, l’ufficio di Mediatore e che è il solo per cui si può avere accesso presso Dio. Gli danno anche il nome di “grande Scriba”, perché registra i meriti del popolo di Israele e, in questa qualità, ha diritto di sedersi in Cielo, mentre tutti gli altri Angeli restano in piedi : prerogativa singolare che dà loro luogo di spiegarsi i sogni. La Chiesa cristiana, ad imitazione della Sinagoga, onora San Michele come suo Capo e come quello che presenta le anime al Giudizio di Dio. Gli Ebrei riconoscono dieci ranghi o dieci Cori degli Angeli, che esprimono sotto i seguenti nomi : 1° - di Animali santi, come quelli che apparvero ad Ezechiele ; 2° - di Ruote, che portano il carro del Signore ; 3° - di Leoni di Dio, o di forza soprannaturale ; 4° - di Casmalino, è il nome ebraico di quel metallo prezioso chiamato elettro ; 5° - Serafini o brucianti, tutto di fuoco ; 6° - Angeli, inviati, ambasciatori ; 7° - Signori, dei, principi ; 8° - Figli degli dei ; 9° - Cherubini o figure composte ; 10° - Uomini, perché spesso essi apparivano sotto forma umana e che nella Scrittura sono normalmente designati sotto questo nome. I Padri della Chiesa sono stati molto divisi sul numero e sull’Ordine dei Cori degli Angeli e della Gerarchia celeste. La maggior parte ha creduto che l’Apostolo, laddove parla dei Troni, delle Potestà, delle Dominazioni, dei Principati, non ha riportato che una parte dei nomi degli Angeli, e che ve ne sono molte altre di cui non ha voluto parlare e che sono compresi nella Scrittura, sotto il nome generale di “esercito del Cielo” e che è che San Paolo ha voluto insinuare, quando egli dice “che Dio è sopra ogni nome che è chiamato, non solo in questo secolo, ma anche nel secolo futuro” (Efes. 1,21). Dopo il primo Angelo, fino all’uomo, vi sono una infinità di gradi di creature ragionevoli, di cui l’uomo è l’ultimo, secondo Origene.

Gli altri Padri hanno riconosciuto, nell’Apostolo, nelle Lettere ai Romani e agli Efesini, alcuni Ordini delle Intelligenze celesti. Ma non si vede che prima l’autore dei Libri della Gerachia, citati sotto il nome di San Dionigi l’Areopagita, e San Gregorio Magno, il numero è stato fissato a nove Cori, come lo è stato nelle scuole di teologia. Prima di questo tempo, gli uni ne mettevano otto e gli altri sette. San Paolo stesso non è uniforme, nel rango che dona ai Cori degli Angeli, di cui ci parla. San Gregorio Magno e l’autore della celeste Gerarchia, non sono d’accordo tra di loro, sull’arrangiamento dei Cori degli Angeli. San Gregorio preferisce l’Ordine segnato nella Lettera ai Colossesi (Col. 1,16). L’autore della celeste Gerarchia segue quello della Lettera agli Efesini (Ef. 1,21). Ecco come li arrangia secondo il suo sistema. Vi sono tre Gerarchie ed altrettanti Ordini di Angeli in ogni Gerarchia. Nella Prima sono compresi i Serafini, i Cherubini ed i Troni ; nella Seconda, le Dominazioni, le Virtù e le Potenze ; nella Terza, i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli. Non possiamo dilungarci sulle funzioni e sulle differenze di questi differenti Gradi, sono cose troppo al di sopra della nostra portata. Notiamo solo che tutte queste denominazioni di Troni, di Potenze, di Principati, ecc. sono imitate dall’ordine che si denotano negli Stati temporali, dove si vedono potenti monarchi che hanno, sotto di essi, dei vicerè, dei principi, dei governatori, dei magistrati ed altri ufficiali che sono i depositari della potenza e gli esecutori degli ordini del sovrano, ognuno in proporzione di ciò che il monarca vuole loro confidare. LINGUAGGIO DEGLI ANGELI Poiché gli Angeli sono sostanze spirituali ed intellettuali, impiegate da Dio per il suo servizio, per lodarlo e per manifestare le sue volontà agli uomini, è necessario che possano far conoscere ciò che hanno nello spirito e nella volontà, ed è ciò che si chiama il loro linguaggio, perché non si deve immaginare che abbiano una lingua o che articolino parole, per farsi capire, come lo fa notare San Giovanni Crisostomo. Ma si deve concepire che hanno, tra di loro, un modo di spiegarsi che è loro proprio e che è molto differente da quello di cui gli uomini si servono. Che quando San Paolo ha detto, nella sua prima Lettera ai Corinti : “Quando parlerò il linguaggio degli uomini e degli Angeli, se non ho affatto la carità, io sono un’aria suonante ed un cimbalo risuonante” (1 Cor. 13,1), egli non ha voluto notare altra cosa se non: Quando avrò tutta l’eloquenza di cui un uomo è capace tutta la facilità, che ha un angelo, di far conoscere ad un altro Angelo ciò che egli pensa, tutto ciò non mi servirà a niente, per la mia salvezza, senza la carità. Ma ancora qual è il modo con cui gli Angeli parlano tra di loro ? Come Isaia (Is.6,3) od Ezechiele (Ez. 3,12) hanno inteso gli Angeli che lodavano il Signore ? Come Daniele (Dan. 8,13 e 16 ; 12,7) e Zaccaria (Zac.1,9-11) li hanno uditi che si parlavano l’un l’altro?

Alcuni si sono immaginati che la lingua ebraica, siccome è la più corta e la più espressiva di tutte le lingue, fosse quella di cui si servono gli Angeli e di cui si serviranno i Beati in Cielo. I rabbini parlano di un ebreo, chiamato Jochanan, figlio di Zokai, che si vantava di sapere la lingua degli Angeli e dei demoni, perché esorcizzava gli uni e scongiurava gli altri. Un altro rabbino diceva che gli Angeli parlavano con le loro ali, perché, in Ezechiele, è detto : “Udii la voce delle loro ali” (Ez.1,24). Si sa ciò che i profani hanno detto della lingua degli dei, di cui si servono in Cielo, e che è molto diversa da quella degli uomini sulla Terra. I teologi credono che, dopo la risurrezione, tutti i Beati parleranno una lingua comune in Cielo. Gli antichi hanno molto disapprovato Teodoro di Mopsuesta che prendeva alla lettera ciò che è detto nella Scrittura, che Dio aveva parlato, e che attribuiva agli Angeli un linguaggio sensibile. Ma tutto ciò non risolve la nostra difficoltà. Nessuno oggi potrà dirci che gli Angeli parlano ebraico né che profferiscano parole alla maniera degli uomini, quando si intrattengono tra di loro. Se hanno parlato agli uomini un linguaggio normale è, per essi, un caso molto singolare ed un’operazione tutta miracolosa. Filipponio e qualche nuovo commentatore hanno creduto che vi fossero, nelle parole già citate di San Paolo, una specie di iperbole, come se si dicesse : Quando avrò una lingua angelica e quando parlerò così divinamente, come potrebbe parlare un Angelo, se avesse un linguaggio che gli fosse proprio. E questa spiegazione è certamente molto naturale e molto letterale, ma non soddisfa che per il passo, che è stato citato, di San Paolo. Teodoreto dice che il linguaggio degli Angeli non è affatto una cosa sensibile, ma intellettuale. E’ una pura operazione del loro spirito e della loro volontà, per la quale vogliono comunicarsi reciprocamente i loro pensieri. San Gregorio Magno dice che Dio parla agli Angeli, scoprendo loro ciò che è nascosto in Lui, ed ispirando loro una forte e dolce inclinazione nell’eseguire ciò che comanda ad essi, e che gli Angeli parlano a Dio quando ne contemplano la grandezza e la maestà, ne sono rapiti in ammirazione, in sua presenza, e che, infine, le anime o gli spiriti parlano ancora, tra di loro, per loro desiderio : “Animarum verba, ipsa sunt desideria “. Il sacerdote Filippo, autore del Commento sul Libro di Giobbe, dice che, questi colloqui degli Angeli, non sono altro che le loro reciproche volontà, ed è questa anche l’opinione di San Tommaso e di Sant’Alberto Magno. Essi non concepiscono affatto altro modo con cui un Angelo parla ad un altro che l’azione della loro volontà, che vuole manifestarsi a quello al quale noi diciamo che essi parlano : “Per la volontà, il concetto dello spirito angelico è messo in comunicazione con un altro”. Ciò sarà sempre abbastanza oscuro per noi. Ma non si deve, in una materia come questa, chiedersi la stessa evidenza che si incontra nelle operazioni, in cui abbiamo qualche esperienza e che accadono dentro di noi stessi.

CULTO DEGLI ANGELI Il culto degli Angeli è molto antico tra gli Ebrei. Parlo di quel culto che consiste nell’onorarli, nell’indirizzare loro le nostre preghiere, come a ministri del Signore, che sono i mediatori tra Lui e noi, a dare loro prove della nostra riconoscenza e della nostra profonda venerazione. Mosé e Giosuè si scalzano, per rispetto, in presenza di un Angelo che appare loro, ad uno in un roveto ardente (Es. 3,5) ed all’altro, nella campagna di Gerico (Gios. 5,13-14). Abramo si prosterna davanti a quelli che riceve nella sua tenda (Gen. 18,2) e Daniele, davanti a quello che si presenta a Lui, sul Tigri (Dan. 10,5-9). Mosé ordina agli Israeliti di temere e di onorare l’Angelo, che il Signore dà loro, per guidarli (Es. 23,21). Giacobbe prega, con lacrime, quello contro cui aveva lottato, di accordargli la sua benedizione (Gen. 32,26). Essendo sul letto di morte, egli prega l’Angelo, che l’ha sempre guidato e protetto, di benedire i suoi nipoti Efraim e Manasse (Gen. 48,16). Filone parla degli Angeli come intercessori e mediatori tra Dio e gli uomini, che portano i favori e le grazie di Dio agli uomini, e che presentano i bisogni degli uomini a Dio. Essi sono come gli occhi e le orecchie dell’Onnipotente, che tutto vedono e tutto ascoltano, che portano agli uomini i comandi di Dio e che riportano a Dio le preghiere degli uomini. Giuseppe testimonia che gli Esseni facevano promettere, per giuramento, a quelli che ricevevano nella loro setta, che essi conserverebbero accuratamente i nomi degli Angeli. San Paolo dice ai Colossesi : “Che nessuno vi seduca, con una falsa umiltà e con un culto superstizioso degli Angeli, immischiandosi a parlare di cose che non sanno affatto, essendo gonfi di false immaginazioni di uno spirito umano” (Col. 2,18). Erano i falsi dottori del giudaismo, che ispiravano questi sentimenti ai nuovi convertiti. L’antico autore del Libro apocrifo della predicazione di San Pietro fa dire, a questo Apostolo, che “gli Ebrei adorano gli Angeli e gli Arcangeli, ed osservano superstiziosamente i mesi”. Celsio accusava gli Ebrei di adorare, non solo gli Angeli, ma anche il Cielo. Origene sostiene che essi non adorano il Cielo, ma non nega che adorino gli Angeli, lo assicura, anche, nel suo Commento su San Giovanni. Egli è certo, per il Vangelo, che essi giurassero per il Cielo (Mt.5,34) e San Girolamo assicura che giurassero anche per gli Angeli. Si può vedere, a tale proposito, il nostro Commento su San Matteo (Mt.5,34) e sui Colossesi (Col.2,18). Filone insinua che essi rendevano qualche specie di culto agli Angeli, poiché, dopo aver detto che gli Angeli, i demoni e le anime degli uomini non differiscono tra di loro, che per le loro funzioni e che sono nomi differenti di una stessa cosa, aggiunge che questa conoscenza ci scarica del fardello insopportabile delle superstizioni.

Di quali superstizioni se non di quelle che regnavano tra il popolo, poco istruito di queste cose ? Gli Ebrei moderni sostengono che essi non rendono alcun culto agli Angeli e Giuseppe Albo pone, nel numero degli erranti, quelli che fanno menzione degli Angeli nelle loro preghiere ; essi dicono anatema, nel loro Catechismo, a quello che chiederà qualcosa ad un Angelo o ad una Dominazione celeste. Kimchi sostiene che non si possono invocare né gli Angeli né i loro capi, come Gabriele e Michele. Bartolocci produsse una Litania, in cui gli Angeli sono invocati. Monsignor Simon cita una preghiera che essi rivolgono all’Angelo custode, gli dicono : “Siate onorato, santo e venerabile ministro di Dio, conservatemi, assistetemi”. Grisendi allega dei passi, estratti dalle scuole di Gedalia su Giuseppe Albo, che provano la stessa cosa. La Chiesa cristiana ha imitato la pietà della Sinagoga verso gli Angeli, come ella ha ereditato la sua fede sulla loro esistenza e sugli aiuti che ne riceviamo. Ha sempre creduto che offrissero a Dio le nostre preghiere. E San Giovanni, nell’Apocalisse, ci presenta un Angelo con un incensiere, il cui fumo si innalza verso Dio e ci avverte che è il simbolo delle preghiere dei Santi (Apoc. 8,3-4). I Padri che hanno difeso, contro i nemici della nostra Religione, il culto ed il rispetto che si rendeva ai Santi Martiri, hanno, nello stesso tempo, difeso quello che si rendeva agli Angeli. Essi hanno apportato le stesse eccezioni e le stesse modifiche, sia all’uno che all’altro. Hanno dichiarato che non era affatto il culto di latrìa, che non è dovuto che a Dio, che essi rendevano ai Santi Angeli ed ai Santi Martiri, ma un culto inferiore (di dulìa, NdT), subordinato e relativo. L’Angelo che rifiuta l’onore che San Giovanni l’Evangelista voleva rendergli, e che gli disse : “Guardatevi bene dal fare ciò, perché io sono il vostro custode e quello dei Profeti, vostri fratelli : rendete le vostre adorazioni a Dio solo” (Apoc. 22,8-9), non lo rifiuta che perché l’Apostolo voleva rendergli il culto di Latrìa, credendo che fosse il Figlio di Dio. Il Concilio di Laodicea, citato da Teodoreto, che vieta di rivolgersi agli Angeli, tralasciando la Mediazione di nostro Signore Gesù Cristo, non è che contro quelli che preferiscono la mediazione degli Angeli a quella del Salvatore. Ora a Dio non piace che approviamo queste opinioni.

"Dissertazione su Angeli e Demoni" di AUGUSTIN CALMET BENEDETTINO - Tradotto da Alfonso Giusti (Segretario Generale della M.S.M.A.)

 
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