L'Arcangelo dei Monti e delle Vette |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Fino all'inizio del VII secolo, il Monte Sant'Angelo è il santuario per eccellenza di San Michele, e ci si celebra la sua festa il 3 maggio. L'arcangelo si è pertanto mostrato con splendore a Roma, nell'anno 590. la peste fa strage nella Città, decimando la popolazione - ad iniziare dal pontefice regnante - Pelagio II - ed isolando dal resto del mondo il centro della cristianità. Il nuovo papa, Gregorio, che si chiamerà Magno, ricorre ai mezzi provati: egli invita il popolo ad un triduum di preghiera chiuso da una processione penitenziale di cui lui stesso prende la testa, portando in alto l'icona della Vergine dipinta da San Luca, che si conserva nella Basilica della Madonna della Neve (oggi Santa Maria Maggiore) e che si venera sotto il titolo di Salus populi romani. Come la processione giunge sulle rive del Tevere, i fedeli, sorpresi, poi meravigliati, si mettono a guardare il cielo che si è subitaneamente illuminato: ... dei canti di una straordinaria bellezza sembrano rispondere nelle nubi. Nello stesso momento, il pontefice vede apparire al di sopra del mausoleo di Adriano il grande arcangelo che, armato da capo a piedi, che ripone la spada nel suo fodero. A partire da quel momento, l'epidemia si mette a regredire, per ben presto cessare del tutto. Si chiamerà da allora il monumento Castel Sant'Angelo: una replica della grotta del monte Gargano vi sarà edificata, e si erigerà alla sua sommità un'immensa statua dell'arcangelo. Nell'anno 706, Oberto, decimo vescovo di Avranches, in Normandia, vede in sogno l'arcangelo apparirgli. Michele gli chiede di consacrargli il monte Tombe e di edificarvi un santuario in suo onore. "E' ben la mia vena!" pensa il vescovo. In effetti, l'impresa è quasi impossibile, poiché il monte si leva nel cuore dell'impenetrabile foresta di Scissy bordeggiante il mare, e serve da luogo di culto a dei pagani che venerano il dio solare Belenos. Dei monaci, inviati laggiù per predicarvi la fede cristiana, non sono pervenuti a nulla. Così, tenendo l'apparizione per un pio sogno, Oberto si sforza di non pensarvi più. I giorni trascorrono. Una nuova apparizione impressiona il vescovo: Michele non ha l'aria contenta del tutto, egli reitera la sua richiesta. Dopo alcuni giorni, Oberto respinge questo secondo intervento angelico come un'illusione, forse un simulacro del diavolo che, sotto il nome di Belenos, si fa adorare laggiù. Egli per tanto non ritrova la pace. Per la terza volta, il grande arcangelo si mostra. Egli è veramente in collera, e formula con un tono che non ammette nessuna replica la richiesta di un santuario. Per persuadere l'incredulo prelato, egli gli dice che lascerà lui stesso un segno! Gli tocca la testa e Oberto sente come una punta penetrare la sua tempia, eppure non vi è ferita. Questa volta ben convinto, il vescovo decide di agire fin dall'indomani mattina: questo farà senza dubbio scomparire l'insopportabile emicrania che perdurante il resto della notte gli ha causato un tenace dolore. A costo di rudi sforzi e di lavori colossali, il monte Tombe è tolto alle tribù pagane poi dissodato, e vi si incide uno scavo ad immagine della grotta del Gargano: San Michele lo ha espressamente voluto così. Per sottolineare il legame col santuario italiano, Oberto vi invia due giovani monaci, affinché ottengano dal vescovo di Siponto alcune reliquie: un frammento del marmo sul quale l'arcangelo ha posto i piedi, ed un pezzo del bel mantello porpora che ha dimenticato nella grotta. Nel mentre che, molto difficilmente, i lavori di costruzione d'un oratorio proseguono sul monte Tombe, l'arcangelo appare ad un pio uomo del villaggio di Icacio (Iluynes) chiamato Baino: "Non temere, io sono l'arcangelo Michele, e vengo a chiederti di andare in aiuto al vescovo Oberto. Prendi i tuoi figli e va alla montagna!". Il contadino, un po' stralunato, ma peno di fede, prende con lui i suoi undici figli - il dodicesimo è ancora in fasce - e va a proporre i suoi servigi al vescovo, a cui riporta l'apparizione. Oberto è incantato da quest'aiuto provvidenziale, ma non si avvera per nulla efficace: i ragazzi, solidi gagliardi pertanto, non giungono a capo della resistenza della roccia. Allora Oberto invia a cercare il beniamino, che cammina appena: a meraviglia di tutti, con un solo colpo di piede, il bambino fa volare il granito in schegge e le rocce si stritolano, permettendo di proseguire l'edificazione del santuario. Questo non è neanche completato che, il 16 ottobre 708, il vescovo procede alla sua dedicazione; in mezzo al coro, nella roccia, si può ammirare l'impronta del piede del bambino che ha raggiunto la roccia. Tale è la leggenda. Nel 709, i due monaci inviati da Oberto in Italia rientrano infine dal loro pellegrinaggio. Essi non riconoscono più la regione: la foresta di Scissy ed i piccoli villaggi costieri hanno ceduto il posto ad una vasta distesa di sabbia che circonda l'immensità del vasto mare. E da lontano, dominante le onde, si leva sul monte Tombe il santuario dell'arcangelo. Si racconta loro allora come, qualche tempo prima - nel mese di marzo -, un sisma di una violenza inaudita ha colpito il paese, facendo scomparire nei flutti scatenati la foresta e le sue vicinanze, che sono scomparsi nell'oceano. Solo il Monte ha resistito, che si chiama oramai il Monte San Michele a pericolo del mare. Tutti hanno visto in quel cataclisma un ultimo soprassalto di Lucifero sloggiato dal suo dominio dal potente arcangelo, che il vescovo Oberto ha pregato nel più forte della tormenta. Una chiesa è allora innalzata al di sopra dell'oratorio, fiancheggiata da una casa di canonici. Il miracolo ha prodotto sugli spiriti una tale impressione che, già nel 710, il re Cildeberto III consacra il suo regno a San Michele: è così che l'arcangelo diventa il protettore della Francia. Nel 732, Carlo Martello prova la sua protezione nella battaglia di Poitiers, quando, avendolo invocato, egli schiaccia i saraceni, stoppando di netto la loro progressione verso il nord. In seguito, numerosi saranno i sovrani francesi che compiranno il pellegrinaggio al Monte San Michele, diventato nel corso dei secoli uno dei più prestigiosi santuari della cristianità, mai distrutto, malgrado i sismi, la folgore, gli incendi e le guerre. Per due volte, i re di Francia sperimenteranno in maniera singolare la protezione del grande arcangelo. Nel 1226, il re Luigi VIII, padre di San Luigi, guidante l'assedio di La Rochelle, una grossa pietra lanciata dalle muraglie lo colpisce alla testa senza causargli il minimo male. Il sovrano attribuisce la sua salvaguardia a san Michele, al quale è molto devoto, e va a portare la pietra in ex voto al santuario del Monte. Più tardi, nel 1472, allorché si trova ad Alençon, il re Luigi XI riceve un merlo (pietra della torre) che si è distaccato dal crinale di una torre alla quale si appoggiavano due amorosi, il galante avente stretto la sua bella un po' troppo vicino al bordo della muraglia: come deviata nella sua caduta, la pietra sfiora il re e gli strappa giusto un pezzo dell'abito senza causargli il minimo graffio, come per ben segnalare il carattere straordinario di quella protezione. Luigi XI è convinto che San Michele, che egli venera specialmente, è intervenuto in suo favore. Riconoscente, egli farà a piedi il pellegrinaggio al Monte, per deporvi la pietra ed il pezzo di stoffa. Egli creerà anche l'ordine cavalleresco di San Michele. Durante le crociate, l'arcangelo guerriero avrebbe ugualmente dato un solido colpo di mano agli eserciti cristiani. La prima volta (Luglio 1099), egli sarebbe apparso sulle mura di Gerusalemme alle truppe francesi, normanne e ardennesi di Goffredo di Buglione, che assediavano la città ed erano vicina al perdere piede, scoraggiate dalla violenza e la crudeltà dei combattimenti ch'esse avevano dovuto sostenere fin là: la visione del glorioso capo delle milizie celesti rianimò la loro bravura ed in un ultimo soprassalto, esse giunsero a riprendere Gerusalemme ai mussulmani. Nel 1145, l'arcangelo intervenne sotto l'aspetto di un misterioso cavaliere che preservò l'esercito dei crociati da un'imboscata tesa dai loro nemici. Infine, nel 1191, egli si mostrò più d'una volta allo stesso modo alle truppe di Filippo Augusto e dei suoi baroni per guidarli in alcune sfide particolarmente pericolose e condurli alla vittoria contro Saladino. Non mancarono, nell'epoca stessa, alcuni spiriti forti per gridare alla superstizione sacrilega, ma questi racconti - per leggendari che siano - conobbero una grande popolarità. Essi sottolineano quanto grande era la fiducia verso San Michele protettore della Cristianità e della Francia. Infine, durante la guerra dei Cento Anni, l'arcangelo vigilerà sulla Francia in agonia. Ma questa è già un'altra storia. Devastato dal fuoco nel 1203, il santuario fortificato, ingrandito ed abbellito darà nascita alla Merveille (Meraviglia), riparando fino alla Rivoluzione una comunità di monaci. Oggi le Fraternità Monastiche di Gerusalemme hanno avuto il cambio dai benedettini che, nel 1966, hanno rianimato la vita spirituale e liturgica del luogo. E, se vi si continua a venerare il grande arcangelo si può anche pregarvi Sant'Oberto, il cui cranio conservato reca una seria impronta simile al segno di una trapanazione: la traccia del dito di San Michele. Innalzato per grazia divina al di sopra di tutti i cori celesti, dopo la sua vittoria su Lucifero, il grande arcangelo mostra, al momento dei suoi interventi presso gli uomini, una evidente predilezione per le montagne e le colline. E' vero che queste ultime sono ben spesso gli ultimi scogli della resistenza del paganesimo contro la nuova religione, dove l'antico Serpente si fa adorare sotto i nomi più disparati. Uno dei più famosi, oramai evangelizzato da San Patrizio (390-461), è il monte chiamato oggidì Skellig Michael. Le popolazioni locali, rimaste pagane, vi adoravano più o meno apertamente una divinità solare reputata aver ucciso un enorme serpente, simbolo della notte e della morte. Per spiegare la cristianizzazione del paese nel VIII secolo - o ben giustificarla, poiché essa fu probabilmente forzata, accompagnandosi a violenze proprie ai costumi dell'epoca - i monaci irlandesi forgiarono la leggenda dello Skellig Michael. Un feroce drago rosso, corazzato di scaglie che lo rendono invulnerabile simile a quello dell'Apocalisse, devasta la regione, distruggendo raccolti e foreste col suo soffio di fuoco, e non esitando nell'occasione di offrirsi qualche extra divorando qualche povero infelice imprudente. Prodi guerrieri, inviati nel suo antro per ucciderlo, sono rimasti sul terreno, così il vescovo fa ricorso a dei mezzi più radicali: un triduum di preghiera a San Michele. Poi una nuova truppa armata, forte in sovrappiù della sua fiducia nell'arcangelo, monta all'assalto del luogo maledetto. Sorpresa, al loro avvicinare il dragone non esce dal suo riparo, né si manifesta per nulla. Gli uomini penetrano con precauzione nella caverna: quale non è la loro meraviglia - mista a qualche disappunto, poiché essi avrebbero ben amato risolvere - scoprire il mostro crepato. A fianco alla spoglia già colta dalla morte, delle armi in argento: l'eroe che ha ucciso il dragone le avrà lasciate là in segno di riconoscimento. Ma non si perviene a scoprirlo. Alcuni mesi più tardi, il vescovo del luogo vede in sogno l'arcangelo Michele, che gli rivela essere stato lui stesso che ha posto fine alla carriera del dragone, poiché lo si è pregato: le armi spirituali sono, contro il Male, più efficaci dei mezzi umani. Ed egli chiede che si voglia portare la sua corazza, il suo scudo e la sua spada in ex voto nel suo più celebre santuario. Il vescovo incarica di questa missione quattro giovani e robusti cavalieri: essi andranno fino a Monte Sant'Angelo, per farvi all'arcangelo l'omaggio della sua livrea deposta da lui stesso in Irlanda. Gli inizi della spedizione si presentano sotto i migliori auguri: dopo una traversata pacifica, i quattro uomini sbarcano in Normandia e si mettono in marcia verso il sud. Giunti a sud del Cotentin, essi perdono la loro strada, poi non pervengono più ad avanzare che molto penosamente, come se fossero diventati improvvisamente infiacchiti, nel mentre che le belle armi d'argento acquisiscano un peso schiacciante. Ben peggio, quando essi sono riusciti a progredire un poco, è come se avessero camminato al contrario, poiché si ritrovano ben indietro dal posto da dove essi erano partiti. Finiscono col comprendere: il prelato si è sbagliato - questo accade anche ai vescovi -, il santuario che San Michele ritiene come il più celebre non è quello del Gargano, ma il Monte a pericolo del mare! In effetti, come essi ne prendono la direzione, le armi si alleggeriscono come delle piume ed essi stessi, ridiventati in gamba, sono recati in alcune ore all'abbazia del Monte, dove depongono il loro prezioso fardello, prima di riprendere la strada del ritorno. Grosso modo nella stessa epoca, il benedettino anglosassone Bonifacio (680-754) è in Germania, molto impegnato nell'evangelizzare Svevi e Bavari, dopo aver esercitato un fruttuoso apostolato in Turingia ed in Franconia. Per ricompensarlo dei suoi sforzi e dargli tutti i mezzi in vista del suo compito, il papa l'ha consacrato vescovo, conferendogli la giurisdizione sui vasti paesi dell'Oltre Reno. Malgrado i suoi successi, Bonifacio è deluso: in Baviera sussiste una sacca di resistenza, ribelle all'annuncio del vangelo. Una potente tribù vigila accanitamente sulla montagna sacra dove essa rende un culto sanguinario al dio Wotan, e non vi è apparentemente nessun mezzo per venirne a capo. Se non la croce di Cristo, l'arma vittoriosa per sempre da ogni Male. Allora Bonifacio decide di consacrare la montagna a Dio: munito della sua sola croce, egli avanza a piedi verso il santuario. Vedendolo passare solitario ed inoffensivo, i pagani ridono di lui: che vada fino alla vetta, laggiù si regolerà il suo conto! Man mano che il coraggioso vescovo incide la salita, la natura, come mutata da una forza cattiva, pare ribellarsi: pietre vengono meno sotto i suoi piedi, per farlo cadere; rocce si distaccano dalla parete, per schiacciarlo; rovi e spine si mettono a crescere per sbarragli la strada. Di fronte a questi evidenti prodigi diabolici, Bonifacio chiama San Michele in suo soccorso: Subito, il cielo si arrossa ed una meteora splendente sorge nelle nubi. Nel cuore di questa bianca luce, Bonifacio distingue un giovane rivestito da una corazza di fuoco, la spada alla mano, con immense ali immacolate. Un nuovo fenomeno celeste si produce, si direbbe una torcia di fiamme e di zolfo, che veste interamente, come se fosse fatto di brace, come se bruciasse dall'interno, un altro giovane che sarebbe altrettanto bello quanto l'Arcangelo se il suo volto non esprimesse tanto odio, collera, sofferenza e disperazione. Michele e Lucifero si guardano, poi si gettano l'uno sull'altro. Bonifacio non comprende: i due Serafini, i due più elevati Principi tra gli spiriti, il buono ed il cattivo, si battono come degli straccivendoli. Si è lontani dalla lotta spirituale raccontata dai teologi! Essi si azzuffano sopra con delle accette da macellai, si prendono, si mordono, si graffiano! Questo perché sono di uguale forza, due campioni temibili e che non hanno paura dei colpi. Questa volta, Lucifero non si lascia fare facilmente; questo monte, è uno degli ultimi altopiani ed egli lo difende (...). Se Michele vuole quella montagna per lui, la pagherà cara. Vi lascerà delle piume. E Lucifero addenta le sue dita tra le grandi ali bianche del suo fratello nemico; egli tira, con cattiveria, deciso a far male. Tutto un pugno di piume angeliche gli rimane nella mano, e Bonifacio ne vede altre che cadono girando. Una atterra ai suoi piedi; egli si china. Dio, quale meraviglia! Nulla di paragonabile in questo mondo! Non è una piuma, è un gioiello che nessun orafo saprebbe fabbricarne!. Michele finisce con l'avere il sopravvento, il suo avversario prende la polvere, non senza avere al passaggio strappato rabbiosamente la quercia sacra del suo perduto santuario. Bonifacio farà edificare sull'altopiano - oramai chiamato Michaelsberg (Monte di Michele), non lontano dalla città di Bamberg - una chiesa ed una casa per i suoi monaci, dove si conserverà preziosamente fino alla Riforma la piuma dell'arcangelo. I luterani, nemici di ogni reliquia, la assottiglieranno allora, e non si sa che cosa essa sia divenuta. Da quel tempo, dice la tradizione, San Michele si mostrerebbe tutti gli anni il giorno della sua festa alla finestra del municipio di Augsburg, la città rivale di Bamberg, per punire quest'ultima nel non aver saputo conservare la preziosa reliquia: ad ogni ora che suona la torre del municipio, le anime pure possono vedere l'arcangelo lottare contro Lucifero in un turbinio di piume argentee. Un'altra di queste rimesse angeliche era sempre venerata, fino ad un'epoca recente, presso i benedettini di Sant'Angelo in Formis, nei dintorni di Capua: siccome San Michele cavalcava un destriero di luce quando si scontrò con Lucifero, si mostrava, con la santa piuma, il ferro caduto da uno degli zoccoli della celeste montatura! Anche la Spagna possiede, in Navarra, un santuario dedicato al grande arcangelo: San Miguel Excelsis, formidabile chiesa del X secolo edificata su di un chiodo di roccia della sierra di Aralas che culmina a 800 m. un cavaliere che faceva il ritiro in un vicino monastero, subì per diversi giorni violenti tentazioni alle quali oppose un'accanita resistenza. Allora il diavolo giocò il gran gioco: sotto la forma di un enorme drago rosso, attaccò il pio signore che ebbe il riflesso di invocare subito San Michele. L'arcangelo apparve in un turbinio di fiamme e di lampi e, in un istante, mise in fuga il mostro infernale. Riconoscenti, il cavaliere e sua moglie fecero innalzare all'arcangelo un oratorio vicino al quale si stabilirono in seguito dei monaci benedettini. Per contro, la chiesa di San Michel d'Aiguilhe nella città di Puy-en-Velay, in Francia, non ha un'origine altrettanto straordinaria; ma Isabella Romée, madre di Giovanna d'Arco, non temette di farne l'ascensione degli 82 metri del dyke vulcanico in cima al quale, vertiginosa, essa si eleva: Isabella era giunta nella città mariana in occasione del grande giubileo del 1429, per confidare alla Vergine maria ed a San Michele la missione di sua figlia. Alcuni secoli più tardi, il grande arcangelo attraversò a tiro d'ala l'oceano per guadagnare il Messico. Nell'aprile 1631 - esattamente un secolo dopo l'apparizione di Nostra Signora di Guadalupe - San Michele si mostra ad un Indio chiamato Diego Labaro, su di una collina nei dintorni del villaggio di Tlaxcala: egli viene ad incoraggiare i contadini ed assicurarli della sua protezione. Per prova del suo passaggio, egli fa sgorgare una sorgente le cui acque presentano ben presto straordinarie virtù curative. Oggi, la basilica di San Miguel del Milagro attrae folle di pellegrini che, a Tlaxcala come a Lourdes, vengono a bere l'acqua della sorgente miracolosa e bagnarsi nelle piscine in cui essa è raccolta. Per chiudere questo capitolo, segnaliamo ancora in Italia il Monte San Michele, che domina la vallata dell'Isonzo. La cima costituì durante la Prima Guerra mondiale il punto d'appoggio sud della difesa della città di Gorizia, che gli Italiani tolsero l'8 agosto 1916 all'esercito austriaco, dopo una terribile battaglia la cui riuscita rimase per molto tempo incerta; una cappella vi fu dedicata all'arcangelo, che i soldati avevano invocato ed a cui attribuirono la loro vittoria. L'anno successivo, comunque - il 24 ottobre 1917 - essi erano schiacciati in condizioni umilianti a Caporetto, occasione per Padre Pio per portarsi in bilocazione presso il generale Cadorna, comandante in capo delle truppe italiane, al fine di impedirgli di attentare ai suoi giorni. "Enciclopedia dei fenomeni straordinati" di Joachim Bouflet - Tradotto da Alfonso Giusti (Segretario Generale della M.S.M.A.) |
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