Gli Angeli e la Donna |
Finché gli angeli non hanno visto la Donna nello splendore della sua purezza, sgorgata dal cuore di Dio rivestita dello splendore del sole e coronata di dodici stelle, il pensiero li avrà forse sfiorati di sollecitare dal creatore la concessione di un corpo che avrebbe loro permesso di conoscere - nel senso biblico del termine - quella misteriosa creatura che è la donna: è un poco, al rovescio, la storia della sirenetta di Andersen, ma questo possibile desiderio non sarà perdurato che un istante. Tra il momento in cui i nostri progenitori sono stati espulsi dal giardino dell'Eden, e quello in cui Dio ha loro mostrato Colei che, col suo fiat, contribuirebbe a cancellare il loro rifiuto delle esigenze dell'amore divino, saranno passati appena alcuni minuti. In questo breve lasso di tempo, gli angeli avranno potuto vivere del ricordo di Adamo e di Eva (soprattutto lei) cacciati dal giardino dell'Eden. Momenti dolorosi, o quanto, poiché sottraeva alla loro vista abituale quella che faceva l'ornamento di quel luogo di delizie. Essi si saranno ricordati quell'istante cruciale, e soprattutto l'attitudine di Adamo, talmente accasciato dal suo infortunio - egli ne era comunque in larga parte responsabile - che lasciava il paradiso senza uno sguardo per la sua compagna. Separati malgrado la loro unione. Ella è ancora giovanile, a discapito dei suoi tratti devastati dal dolore, i seni tesi e tondi, la curva delle anche promettenti future maternità, il ventre chiuso e bombato come un calice. Anche lui, lo s'indovina bene, certamente, ma di una bellezza adolescente divenuta brutalmente quella di un uomo, come si legge su quello che si intravede del suo volto doloroso, nascosto dietro le sue dita. Ora, come Eva esule alza verso il cielo il suo volto, gli angeli saranno stati suffragati dal veder apparire in quello stesso cielo la nuova Eva, la Donna che schiaccia la testa del serpente, che l'Apocalisse ci mostra rivestita del sole e coronata di stelle. Da quel momento, se gli angeli si sono affannati presso delle donne, è nella speranza di ritrovare in esse un riflesso dell'Unica che, essendo loro regina e la madre del loro Creatore, è loro più di chiunque inaccessibile oggetto di ammirazione e di rispetto: il Cantico dei Cantici non dice della Donna ch'ella è un giglio in mezzo alle spine, ben protetta da queste (Ct 2, 2), un giardino ben chiuso, una fontana sigillata (Ct 4, 12). Quando Dio ha permesso agli angeli di contemplarla, nell'istante in cui i nostri progenitori lasciavano il paradiso, essi sono stati allo stesso tempo saziati dalla veduta di tanta perfezione e definitivamente convinti che, all'occorrenza, sarebbero stati sacrileghi. E quando uno di loro è stato inviato presso di lei per farle parte del disegno d'amore di Dio sull'umanità, egli è rimasto in estasi più di lei stessa: Nell'antichità, l'apparizione degli angeli costituiva un evento d'una grandissima portata e gli uomini teneva per un onore inestimabile il poter testimoniare agli angeli la loro venerazione. Così la Scrittura loda Abramo per aver dato a degli angeli l'ospitalità e di averli trattati con molto onore. Ma che un angelo rifosse inchinato davanti ad una creatura umana, non l'avevano mai sentito dire, prima che l'arcangelo Gabriele avesse espresso la sua venerazione alla beata Vergine con queste parole: "Io vi saluto". Dopo aver esposto in cosa l'angelo, essendo superiore per natura all'uomo, non avesse da inchinarsi davanti a quest'ultimo, San Tommaso d'Aquino conclude: Non conveniva dunque che un angelo s'inchinasse davanti all'uomo, fino al giorno in cui apparve una creatura umana sorpassante l'angelo, con la sua pienezza di grazia, con la sua familiarità con Dio e con la sua dignità. Questa creatura umana fu la beata Vergine Maria. Per riconoscere questa superiorità, l'angelo le testimoniò la sua venerazione con queste parole: "Io vi saluto". Ben prima dei Padri e dei Dottori della Chiesa, ben meglio dei nostri teologi, l'angelo Gabriele ha compreso la grandezza di Maria, tutta relativa al Verbo di cui veniva ad annunciargli l'incarnazione nel suo seno verginale, ed egli è stato abbagliato dallo splendore di quel mistero, dalla perfezione dell'unione tra Gesù e Maria: Voi siete, Signore, sempre con Maria, e Maria è sempre con voi e non può essere senza di voi: altrimenti ella cesserebbe di essere quello ch'ella è; siete solo voi, o mio Gesù, che vivete e regnate in lei, più perfettamente che in tutti gli angeli ed i beati. Ah, se si conoscesse la gloria e l'amore che voi ricevete in quest'ammirabile creatura, si avrebbero di voi e di lei ben altri sentimenti che non si hanno. Ella (vi) è si intimamente unita, che si separerebbe piuttosto la luce dal sole, il calore dal fuoco; dico di più, si separerebbero piuttosto tutti gli angeli ed i santi da voi, che la divina Maria: perché ella vi ama più ardentemente e vi glorifica più perfettamente di tutte le altre creature messe insieme. Così, sollevati da ammirazione alla veduta della Donna che Dio mostrerebbe loro in anticipo, gli angeli non hanno senza dubbio più pensato un istante ad unirsi alle figlie degli uomini: essi attendevano l'ora di contemplare Quella che sarebbe stata la loro Regina, di servirla quaggiù in un'estasi d'amore costantemente rinnovato, fino al momento in cui essi la scorterebbero, gloriosa poiché più umile e nascosta che mai, fino al trono di Dio nei fuochi dell'Assunzione. "Enciclopedia dei fenomeni straordinati" di Joachim Bouflet - Tradotto da Alfonso Giusti (Segretario Generale della M.S.M.A.) |
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