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L’immagineria micaelica PDF Stampa E-mail

L’immagineria micaelicaA partire dal  XII secolo il culto di San Michele si diffonde nel nostro paese in modo esplosivo. L’Arcangelo pesatore delle anime rimane per lungo tempo solo nelle rappresentazioni abbastanza ubique nel Midi, ma rare al Nord della Loira, frontiera d’altronde permeabile tra il romano ed il gotico che sta ben presto per comparire. In mezzo alle più notevoli, citiamo la prima in Francia su di un capitello della basilica della Daurade a Tolosa, poi a Santa Trofima di Arles in cui Ercole è associato alla scena e San Raffaele ugualmente in Provenza, i paesi dell’Ovest con Arces, Saujon, Aunay, Chouppes, il nodo correziano con Brive o Lagraulière in cui si nota al meglio la pesata individuale post mortem. Talvolta la raffigurazione della pesata si completa con la leggenda del Gargano, precocemente ad Auzon nell’Alvernia, più tardivamente nello stabile di Elne nel Rossiglione. Ben presto l’Arcangelo che pesa le anime si è incorporato all’Ultimo Giudizio, nelle differenti facciate ...

... di un capitello di San Reveriano nel Centro, ma soprattutto nel magnifico timpano di Conques dove San Michele e Satana si lanciano invettive cos’ ardenti ed in quello di Autun in Borgogna dove il Paradiso di Abramo e l’Inferno non si oppongono di meno. Il tema diventa classico nei grandi timpani gotici del XIII secolo: passa dunque comunque la loira. Vediamo Amiens e Bourges in cui il tema è ripreso in una vetrata dell’inizio del secolo, il rilievo di Nostra Signora della Couture al Mans e le vetrate della cattedrale della stessa città, ma anche, più modestamente la pittra murale di Lutz-en-Dunois in cui San Michele si sdoppia, più tardi quella di Saint-Céneri-en-Géréi con una squadra di demoni di cui non abbiamo ritrovato traccia equivalente che in Scandinavia, nel Sud-Ovest la pittura di Cressac, dove il nostro Pesatore è associato ad una battaglia dei Crociati di cui va forse a raccogliere e anime. Lo si ritrova nel XV e XVI secoli nelle pitture murali di piccole chiese di montagna e di pellegrinaggio, come nei Pirenei a Cazeaux-de-Larboust od Artiès, nelle Alpi a La Brigues da parte dell’artista italiano di Pinerolo Canavesio. Ma nella metà del XVI secolo un supporto probabilmente unico è il pannello di quercia del portico di Bosc-Bordel nella pianura della Normandia.

Ma fin dal XIV secolo, ed almeno nelle nostre province meridionali, un’altra estensione dell’Arcangelo pesatore si era rivelata nelle raffigurazioni del Purgatorio. Sarebbe in effetti rimasto un grande punto d’ombra nella filosofia cristiana della morte e del giudizio individuale dell’anima se quest’ultimo momento fosse rimasto manicheo come i piatti della bilancia: il Paradiso eterno per delle anime necessariamente pure, l’Inferno senza remissione per altre non totalmente cattive, questo anche, oseremmo dire – se il Paradiso è pensato come illuminazione, l’Inferno come rifiuto: non è Dio che danna (Giovanni Paolo II: catechesi del 28 luglio 1999 in udienza pubblica), ma l’uomo stridente che si danna, od al contrario riconosce in giustizia i peccati che gli sono presentati, e prega. Non era normale allora che egli ammettesse il bisogno di essere purificato? L’esistenza di un terzo luogo – e questo fu concepito nel suo significato quasi geografico – si imponeva  dunque all’intelligenza ed alla fede, ma la sua consistenza non fu illuminata in teologia, e di conseguenza non apparve senza dubbio in immagineria che tardamente. I Padri non avevano comunque approfondito che lentamente la nozione del Purgatorio stesso, a partire da Agostino nel IV secolo, poi di Gregorio Magno nel VI, del nostro Onorio d’Autun verso il 1100. La chiarificazione non si fa poco a poco che nella seconda parte del XII, poi nel secolo successivo con San Tommaso. Una specie di devianza temporanea, e ritratta, dal Papa francese d’Avignone Giovanni XXII immaginò l’esistenza di un luogo di attesa generale ed indifferenziata. La bolla Benedictus Deus del suo successore anch’egli francese Benedetto XII, riprendendo San Tommaso, mise fine alle esitazioni e ad una lunga disputa sulla sorte delle anime prima dell’Ultimo Giudizio riaffermando di nuovo nel 1336 la retribuzione immediata dopo la morte, e la Visione Beatifica fin dalle prove purificatrici finite.

Gli illustratori non avevano mai ritratto fin là il terzo luogo, almeno ad intendere con questo termine l’attesa dei Patriarchi, di Adamo e di Eva, che Cristo venne a liberare al momento della Discesa agli Inferi, per i Bizantini l’Anastasis, quasi il solo modo per essi di rappresentare la Resurrezione, essendo le due parole omologhe. E’ comunque subito dopo la bolla di Benedetto XII che si ritrova la prima e magnifica rappresentazione di anime condannate a tempo, che soggiornano nella pece e le fiamme ma che aspirano con le braccia tese alla vita celeste e che gli angeli vengono a cercare, nella torre del coro scolpito ritrovato negli anni 1050 a Narbonne. L’immagineria del Purgatorio si sviluppa da quel momento, e San Michele è il più sovente associato alla scena, sia che proceda alla pesata, sia che accolga e guidi gli sfuggiti dall’Inferno. Così nel xv secolo nel sud-Ovest ed i Pirenei a Flavin, Birac, Mont-en-Louron, nel XVI in Provenza a ND di Ben-va (Buon viaggio!).

Rappresentazioni di San Michele nel giudizio in Francia (André Turcat) Traduzione di Alfonso Giusti

 
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