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Giudizio dell’anima ed Ultimo Giudizio PDF Print E-mail
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Giudizio dell’anima ed Ultimo GiudizioAnche senza approfondirne la teologia, ci sembra necessario, prima di affrontare l’esame delle rappresentazioni, precisare questa distinzione. Poiché non si sarà potuto evitare di essere colpito da una sorta di ambiguità, se non di contraddizione, tra l’annuncio dell’Ultimo Giudizio da una parte, col suo aspetto di drammaturgia collettiva alla fine dei tempi, sia nel Vangelo di San Matteo o nell’Apocalisse, e dall’altra parte il giudizio dell’anima e delle azioni buone o cattive, giudizio necessariamente individuale e poco a poco ammesso come sopraggiungente subito dopo la morte, essendovi una prova nelle parole di Cristo in croce al buon ladrone. E’ quello che portava Sant’Agostino a supporre dei ricettacoli di attesa per le anime tra questi due tempi. Prima di tutto le lunghe dissertazioni degli antichi teologi sulla dualità delle epoche tra i due giudizi supponevano uno scorrimento del tempo nell’aldilà analogo a quello del nostro mondo materiale, semplicistica ipotesi ai nostri ... 

... occhi di oggi. Noi non dobbiamo certamente attardarci, poiché non ci preoccupiamo qui che della dualità di operazione – per non dire di scena – del giudizio, tale come è considerato nella immagineria, da cui la concezione delle immagini e dei loro committenti.

Ma benché la teologia sia dunque al di fuori del nostro campo, noi non potremo sempre custodire e studiare le rappresentazioni senza porci la domanda delle loro intenzioni teologiche. Domanda alla quale non è forzatamente facile rispondere: per esempio la rappresentazione della disputa dell’anima tra l’Arcangelo ed il Diavolo, così magnificamente espressiva sul pannello di Conques nella nostra Rouergue, tappa maggiore sulla strada di Compostella, al momento della morte, e che quella disputa è giustamente l’oggetto del tempo tra la morte e l’Ultimo Giudizio del timpano? In ogni caso la distinzione dei giudizi, individuale ed ultimo, è certamente il punto più delicato di fronte all’immagineria. Tentiamone una analisi succinta.

Quali elementi semplici caratterizzano l’Ultimo Giudizio, e dovremmo ritrovarne nella sua immagineria ? In primo luogo è evidentemente la presenza centrale di Cristo-Giudice in maestà con un carattere mondiale ed intersociale se non teatrale della scena, quando figurano per esempio nel nostro timpano di Conques re, vescovi e monaci, soldati ed artigiani, o, come è il caso costante del Giudizio bizantino, teoria delle nazioni eterodosse. In secondo luogo il carattere pubblico e collettivo del giudizio deve apparire anche se ognuno è giudicato nei suoi atti con l’operazione della bilancia, nel mentre che si assiste alla separazione visibile ed ostentata degli eletti e dei dannati verso i loro rispettivi campi, Gerusalemme celeste od Inferno volentieri rappresentato come la bocca del Leviatano. In terzo luogo, ed anche cronologicamente in primo, è la resurrezione dei morti, implicita nel Vangelo, esplicita nell’Apocalisse benché allora in due tempi, il che è generalmente dimenticato, e senza rappresentazione. Uno solo di questi segni ci pone nell’Ultimo Giudizio.

Notiamo al passaggio che la terza caratteristica, la resurrezione, non è la minore sul piano della teologia e beninteso del destino dell’uomo, poiché gli uomini risuscitano e sono giudicati col corpo presente, meglio: corpi ed anime riunite. Vi è dunque, almeno per una parte degli uomini, un secondo giudizio. Ora questi non può intaccare l’autorità della cosa giudicata – se impieghiamo i nostri termini giudiziari – e del giudice. Tommaso d’Aquino più chiaramente, ma solamente nella seconda metà del XIII secolo, ha formulato delle spiegazioni su questa apparente duplicazione con una doppia riunione ultima: giudizio dell’uomo col suo corpo e la sua anima, e giudizio dell’umanità intera. Rinviamo al lavoro citato di Girolamo Baschet per un più ampio esame. Non sembra pertanto che questo distinguo si manifesti nelle rappresentazioni, alle quali noi ci atterremo.

Al contrario, quali elementi immaginati semplici permettono di identificare un giudizio particolare dell’anima? Sarebbe la sola presenza, sulla facciata di un capitello, della pesata da parte di San Michele che ha la bilancia, di un demonio, come di un intercessore? Ma le altre facciate dello stesso capitello od una scena adiacente possono allargare il tema, per esempio con la raffigurazione della Gerusalemme celeste, come lo vedremo. Oppure si può spiegare la riduzione schematica della pesata molto semplicemente con la mancanza di superficie offerta dal capitello, il che non sarebbe evidentemente il caso su di un timpano. Il solo criterio indiscutibile non è la presenza del corpo del morto, non risuscitato all’ultimo giorno ma senza vita, e la cui anima si esala, sotto la forma generale di un corpo in riduzione e nudo, prova che è ben l’oggetto della pesata? Ancora occorre ammettere che questa pesata individuale è presentata come riguardante tale uomo particolare, un grande personaggio a Lagraulière in Corrèze, l’Imperatore Enrico II a San Lorenzo Fuori le Mura, e non in parabola come i destini paragonati di Lazzaro e del cattivo ricco (d’altronde mai pesati salvo a Spoleto, ma direttamente portati, ognuno a quello che i attende).L’identificazione di un santo intercessore, per esempio San Lorenzo nel caso di Enrico II, permette spesso di tagliare.

Si può anche partire dal punto di vista inverso, e chiedersi se è la forma che deve differenziare giudizi individuale ed ultimo, come si viene dall’inquadrarlo, oppure lo scopo della rappresentazione: si tratta essenzialmente di un grave avvertimento personale: “Attenzione, tu sarai giudicato nei tuoi atti e nei tuoi pensieri”, di un invito a pensare alla morte come nel famoso Detto dei tre morti e dei tre vivi (Ripreso d’altronde nel XI secolo da un “romanzo” bizantino di Barlaam e Joasaf, N.d.R.), o prima di tutto di una rivelazione (è il significato stesso di apocalisse) “Ecco quello che sarà la fine, il giudizio coram populo degli uomini e delle nazioni, e la gloria” ?  Tempo della fine per ognuno o fine dei tempi? L’analisi diventa evidentemente più sottile, oppure soggettiva. Poiché da un lato, in una rappresentazione ostentatamente collettiva ed escatologica come ad Autun, con la pluralità delle anime presenti e l’evocazione dei castighi selettivi, quando il giudizio pare più isolato, l’intercessione non più di un santo particolare ai lati dell’anima in giudizio ma della Vergine, talvolta più raramente del Cristo in straordinaria apparizione come a Guebewiller in Alsazia, sono tante indicazioni di una lezione più generale e dall’evidenza simbolica.

In questo spirito alcune rappresentazioni, eccezionali ma non minori, potrebbero anche sollevare un problema teologico. Quando i meriti di Cristo, rappresentato dall’Agnello, o dal calice del Suo sangue, simboleggiante insomma la Sua presa in carico dei peccati sulla Croce, non sono più rappresentati come intercessori od aiutanti a fianco dell’anima pesata, ma che questi simboli sono al contrario soli sul piatto della salvezza, bisogna pensare che essi rimpiazzano le buone azioni per controbilanciare il peso dei peccati? Sì, all’evidenza. Ora questo rimpiazzo non potrebbe essere totale in principio. E’ la credenza in una giustificazione senza le opere che è qui supposta ben prima di Lutero, come l’Agnello al timpano di Amiens, oppure il calice di Bourges? Non occorrerebbe fare riferimento allo stato della teologia nel XIII secolo? Non sembra essersi posta la domanda, né anche avere notato il fatto.

Un altro punto importante deve essere chiarito. E’ invano in effetti, noi pensiamo, che taluni autori hanno creduto di vedere nelle raffigurazioni cristiane un’anima differente su ogni piatto della bilancia di San Michele, il che spiegherebbe un paragone come lo facevano le bilance dei Greci. Quelli di queste bilance cristiane dove si intessano dai due lati dei rulli riportanti le azioni, od ancora quando un’anima orante è pesata contro un demonio nel piatto opposto, od accompagnata da una offerta, spiegano al contrario il loro vero significato, ed è la prima specificità della pesata compresa dai Cristiani. Non si tratta in ogni caso che di un giudizio morale, bene contro male, e non di una compensazione diretta del peccato con l’offerta come questo si è praticato qui o là nel mondo e come dei grandi medievali. Crociati per esempio, hanno creduto potervi fare ricorso. Se è dunque vero che talune immaginerie tardive in luoghi cristiani mostrano indubbiamente dei personaggi differenti paragonati nei due piatti della bilancia, per esempio uomo contro donna (forse simbolicamente) nella vetrata dell’antica chiesa San Vincenzo di Rouen, noi lo attribuiremo questa volta ad una teologia incerta. Non ci preoccupiamo oltre.

Rappresentazioni di San Michele nel giudizio in Francia (André Turcat) Traduzione di Alfonso Giusti

 
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