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Dal 4 al 6 aprile 2025 - ritiro spirituale guidato da don Marcello Stanzione
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martedì, 22 aprile 2025
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Liturgia come arma e fedeli come bersaglio: l’ultimo abuso di Bruno ForteDiocesi di Chieti-Vasto

Sono passati oltre vent’anni da quel 26 giugno 2004, quando Bruno Forte veniva nominato Arcivescovo di Chieti-Vasto. Vent’anni di governo episcopale segnati da una costante: l’arroganza di un intellettuale sessantottino che non ha mai fatto davvero i conti con il fallimento culturale, pastorale e liturgico della sua generazione. Un vescovo che, giunto ormai al compimento dei 75 anni, età in cui si dovrebbe lasciare il governo della diocesi come prescrive il Diritto Canonico, continua a comportarsi come un padrone più che come un pastore, forte della proroga concessagli dal Pontefice. ...

 

I preti, però, sono stufi. E non solo loro, a quanto pare. Anche la Santa Messa di Pasqua quest'anno è stata l’ennesima occasione per dimostrare che, anche nella liturgia, Mons. Forte non riesce a trattenere la sua spocchia ideologica.

Il sopruso liturgico anche a Pasqua

Durante la celebrazione dell'Eucarestia, nel giorno più importante dell'anno, Domenica 20 aprile 2025 nella Concattedrale di San Giuseppe a Vasto, l'Arcivescovo Forte ha invece pensato bene di impartire pubbliche reprimende a dei fedeli che desideravano ricevere l’Eucaristia in bocca. Una modalità non solo legittima, ma chiaramente tutelata dalla normativa vigente della Chiesa. Le sue parole non sono state semplicemente inopportune: sono state false e offensive. Ha affermato, con tono autoritario, che chi non prende la comunione in mano si crede “più saggio e più esperto del Papa e dei vescovi”. In realtà, l’atto di superbia è proprio commesso da lui che afferma qualcosa di contrario a ciò che hanno stabilito il Papa e i vescovi, mettendo sé stesso al di sopra di ciò che ha deciso il Dicastero e tutta la Conferenza Episcopale Italiana. Questo è l’atteggiamento solito che ha contraddistinto questi suoi lunghi anni di episcopato, dove ha agito pensando di essere sempre più intelligente degli altri sostituendo l’ideologia alla teologia. 

Mentre si parla tanto di abusi, questi in realtà sono gli abusi di quegli uomini che si affrettano a raggiungere le aule sinodali per confrontarsi solo con chi la pensa come loro. Eppure, queste distorsioni sono tipiche di quel clericalismo ideologico che ha sempre distinto uomini come Forte. La loro idea è semplice: o fai quello che ti dicono loro, o sei contro il Papa, contro il Concilio, contro la Chiesa, contro Dio. L'inferno non esiste, ma se devono redarguirti per te esiste eccome. Ma la verità è ben altra, e a ricordarcela è proprio la Santa Sede, che nel 2004 ha promulgato l’istruzione Redemptionis Sacramentum, documento che sembra scritto apposta per rispondere a certi abusi liturgici. Le cose, da quell'anno, non sono cambiate affatto. 

Il diritto dei fedeli

L’istruzione Redemptionis Sacramentum, approvata da san Giovanni Paolo II e redatta dalla Congregazione per il Culto Divino, è chiarissima:

" 91. Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che«i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli"


"92. Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli"

Non ci sono interpretazioni arbitrarie da fare: il fedele ha il diritto. Il ministro ha il dovere di servire, non di imporre. LEucaristia non è un premio per gli obbedienti alla linea pastorale di turno, ma il Corpo di Cristo, e come tale va distribuito con rispetto per la legge della Chiesa e per la libertà del fedele. Invece, Mons. Forte ha deciso che, nella sua diocesi, valgono solo le sue preferenze personali. Questo è un chiaro abuso di potere.

Il solito abuso clericale mascherato da obbedienza

La retorica dell’obbedienza al Papa, usata da Mons. Forte per imporre il proprio abuso, è un vecchio trucco tipico dei sessantottini repressi: si invoca il Papa non per fedeltà, ma per legittimare le proprie decisioni. Chiunque abbia un minimo di conoscenza della normativa liturgica sa che Papa Francesco non ha mai imposto l’obbligo di ricevere la Comunione sulla mano. E che, anzi, più volte ha richiamato alla custodia del sacro e al rispetto dei fedeli.

Labuso della Scrittura: quando lesegesi diventa propaganda

Non contento di aver offeso dei fedeli in un momento sacro, Mons. Forte si è addentrato anche in un’interpretazione ideologica della Scrittura, tentando di giustificare la Comunione sulla mano con un’analisi linguistica della frase greca dell’Ultima Cena: «Λάβετε, φάγετε» (labéte, phágete). Secondo lui, il termine prendete giustificherebbe la modalità moderna dellauto-comunione o comunque della ricezione sulla mano.

Ma questa è una forzatura, e pure grossolana. Il verbo λαμβάνω (lambano), come è noto, non significa solo “prendere” in senso materiale, ma soprattutto “accogliere, ricevere”. Nel Vangelo di Giovanni, dove è usato decine di volte, ha proprio il significato di accogliere la Grazia, accogliere Cristo. Non c’è nulla, nemmeno nel testo originale, che imponga un gesto materiale sulla mano piuttosto che sulla lingua. Anzi, il senso profondo è ricevere, con l’anima e con il corpo, ciò che viene donato. Persino nella riforma liturgica del Rito del Matrimonio si è adottato il termine “accogliere” per tradurre l’azione sacramentale. Quindi l’argomentazione di Mons. Forte è solo l’ennesimo tentativo di piegare la Parola di Dio a un’agenda pastorale fallita.

Una generazione sconfitta

Bruno Forte è il tipico rappresentante di quella generazione che ha vissuto il post-Concilio come un’occasione di potere, non di servizio. Una generazione che si è illusa di cambiare la Chiesa, ma che ha solo svuotato le parrocchie, desertificato i seminari, reso i riti sterili e tristi. Ora, giunto al tramonto del suo mandato episcopale, non riesce ad accettare che i fedeli, i giovani, i sacerdoti vogliono tornare a una fede vissuta con verità, con bellezza e con rispetto delle norme. L’umiliazione pubblica dei fedeli, il disprezzo per la pietà popolare, l’uso politico della liturgia e della Scrittura: tutto questo è segno di una tristezza profonda, di una Chiesa autoritaria travestita da dialogante. Ma la verità è che il tempo di questi vescovi ideologici sta finendo. La Chiesa di oggi e di domani ha bisogno di pastori, non di padroni. È tempo che Mons. Forte lasci il timone. E che l'arcidiocesi di Chieti-Vasto ritrovi il respiro della verità, della libertà, della fede.

 

Fonte: www.silerenonpossum.com

Last Updated ( martedì, 22 aprile 2025 )
 
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