INSEGNAMENTI DELL’APOSTOLO PAOLO SUGLI ANGELI Di don Marcello Stanzione |
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Written by Amministratore | |
mercoledì, 16 aprile 2025 | |
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Vedremo, in una particolare circostanza della sua vita, l’apostolo valersi di questo dissidio per difendersi davanti al Sinedrio ove dirà: “– I Sadducei asseriscono non esservi risurrezione, né angelo, né spirito; ma i Farisei ammettono l’uno e l’altro. – A tali dichiarazioni si fece un gran vociare e alcuni dei farisei contendevano dicendo: - Noi non troviamo alcun male in quest’uomo: or che sarebbe se uno spirito o un angelo gli avesse parlato?” Un santo poi come Paolo ch’era stato rapito fino al terzo cielo, chi sa da quante visioni di angeli sarà stato confortato in mezzo alle tribolazioni del suo apostolato! Forse fu una di tali visioni quella del Macedone apparsogli di notte a Troade a invitarlo a passar subito in Macedonia; anzi parecchi interpreti non esitarono a ritenerlo l’angelo tutelare di questa nazione. Ad ogni modo fu un’apparizione angelica quella che poi ebbe l’apostolo quando dal tribunale di Festo in Cesarea veniva trasportato a Roma per essere giudicato da Cesare. La navigazione fu quanto mai burrascosa, si temeva che la nave affondasse, già si era buttato a mare ogni cosa e tutti avevano perduto la speranza di salvarsi. Soltanto l’apostolo si dimostrava di una calma olimpica e, rivolto ai suoi compagni, prese a confortarli dicendo: “Vi esorto a stare di buon animo, assicurandovi che non si perderà nessuno di voi, ma soltanto la nave. Ciò me lo ha rivelato questa notte un angelo di quel Dio di cui sono ministro, col dirmi: - Non temere, o Paolo, tu devi essere presentato a Cesare, ed ecco che Dio ti ha fatto dono di tutti quelli che navigano con te. – Avete sentito, o uomini? Fatevi dunque coraggio poiché avverrà così come mi fu detto dall’angelo il quale anche mi assicurò che subito sbarcheremo tutti sani e salvi in una certa isola”. Infatti, qualche giorno dopo, tutto l’equipaggio prendeva terra all’isola di Malta, dove subito un nuovo prodigio, dimostrò quanto l’apostolo fosse protetto da Dio e dai suoi angeli. Riguardo alle affermazioni sugli angeli che risultano dalle lettere di san Paolo, vogliamo evidenziare che l'apostolo conosce un mondo che sta fra Dio e gli uomini; parla di "esseri angelici" sotto nomi distinti. San Paolo è pienamente convinto (non solo dell'esistenza dei santi angeli, ma anche) dell'esistenza e dell'efficacia di Satana in quest’eone (tempo). Però per san Paolo è anche valido in generale: "E il Dio della pace presso schiaccerà Satana sotto i vostri piedi". La tradizione della fede apostolica si esprime in San Paolo attraverso gli inni della comunità. In primo luogo menzioniamo l'inno della creazione nella lettera ai Colossesi: "In lui furono create tutte le cose…". Probabilmente precedente è l'inno di Filippesi 2, 9 dove si descrive la redenzione: "… Dio lo esaltò e gli chiede il nome che è di sopra di ogni altro nome, affinché nel nome di Gesù si sottometta tutto ciò che è in cielo, sulla terra e negli abissi". Fra i primi inni a Cristo ce n'è un altro espresso in un modo molto poetico in Timoteo 3,16 "Il Cristo si manifestò in carne, venne giustificandolo in spirito, contemplato dagli angeli, proclamato ai pagani, creduto nel mondo ed elevato alla gloria". Inoltre la lettera dice: "Davanti a Dio, a Gesù Cristo e ai suoi angeli eletti, ti ordino di osservare queste indicazioni...". (1 Tim 5, 21). Gli angeli vivono nella comunità terrena e umana delle quali sono custodi e testimoni. Paolo arrivò in Galizia colpito da un'infermità fisica, nonostante ciò, essi non lo trattano male, al contrario, viene ricevuto "come un angelo di Dio, come Gesù Cristo". (Galati, 4, 14). Lo stesso Paolo afferma di sé stesso: "Siamo arrivati ad essere uno spettacolo per il mondo, per gli angeli e gli uomini" (1 Corinzi 4, 9). Nella 1 Corinzi 11, 2-16 Paolo descrive il banchetto eucaristico nella comunità. In quest'occasione le donne devono portare il velo sulla testa. Ciò probabilmente era un'abitudine nella sinagoga. Paolo allega distinte ragioni per questo precetto, tra le quali: "Le donne devono portare in testa un segno di assoggettamento, per rispetto degli angeli" (v. 10). Anche gli angeli sono presenti nel banchetto del Signore, si prendono cura dell'ordine della comunità e proteggono anche le donne. Il cielo è il luogo degli angeli, chiamati anche angeli della potestà di Cristo; e Cristo, nel giorno del giudizio, comparirà insieme a loro (cfr. 2 Tessalonicesi 1, 7).
Le attività degli angeli In Paolo incontriamo anche espressioni sugli angeli che sono un riflesso e un ritorno alla tradizione rabbinica che parla degli angeli buoni e malvagi. Paolo riceve la tradizione giudaica sugli angeli che consegnano la legge a Mosè sul monte Sinai. Mentre Israele intendeva quella consegna per mano degli angeli come un segno di distinzione, Paolo la interpreta come segno di minor valore alla legge stessa: "Allora perché la legge? Essa fu aggiunta per moltiplicare le trasgressioni fino al momento dell'arrivo del discendente di Abramo, a cui era destinata la promessa; e fu promulgata dagli angeli attraverso un mediatore" (Galati 3, 19). Il figlio di Dio, in cambio, agisce direttamente. Non essendo completa, la legge si trasformò in un debito. Gli angeli non possono arrivare ad essere forze minacciose per l’uomo:"… né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né futuro, né potenze, né altezze, né profondità, né nessuna creatura potrà separarci dall'amore di Dio, in Gesù Cristo Nostro Signore" (Romani 8,38). Paolo vuole indicare qui probabilmente che le forze della natura possono separarsi dal Creatore e diventare autonome. Nel descrivere il ritorno di Cristo, San Paolo prende un'immagine tradizionale: "Perché al segnale dato dalla voce dell'arcangelo e al tocco della tomba di Dio, lo stesso Signore discenderà dal cielo". (1 Tessalonicesi 4, 16). Certamente è importante considerare che la prima lettera ai Tessalonicesi è la prima nell'ordine temporale, fra quelle che ci rimangono di Paolo, ed è a sua volta il primo scritto del Nuovo Testamento, e pertanto è molto vicino alla prima tradizione apostolica. Quando Paolo afferma che: "Quello che annunciamo è una saggezza di Dio... quella che nessuno dei dominatori di questo mondo arrivò a conoscere, perché se l’avessero conosciuto non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (1 Corinzi 2, 7-8), dà un giudizio severo sulla realtà manifesta e occulta di questo mondo. L'ingratitudine non servirà come scusa alle potestà, giacché con la crocifissione esse sono state vinte. La vita sorta dall'amore, tal come la proclama il Vangelo, è superiore al parlare con il linguaggio degli angeli. “Se parlano le lingue degli uomini e degli angeli, però non hanno la carità, solo come un bronzo che tintinna o un cembalo che risuona” (1 Corinzi 13,1). Come apostolo di Cristo, Paolo è consapevole di essere superiore a tutto il potere possibile e immaginabile: "Però se noialtri o un Angelo del cielo annuncia loro un Vangelo diverso da quello che abbiamo annunciato, che venga espulso!" (Galati 1, 8). Paolo parla con impeto in questo dibattito. Considera un'assurdità che tanto lui come un angelo non annunciano più il vero Vangelo.
La gerarchia celestiale: Potestà e Virtù… La lettera ai Colossesi parla in modo distinto degli angeli che furono creati in Cristo, il Signore preesistente, incarnato, crocifisso ed esaltato. Così nella lettera evidenzia: "In Cristo furono create tutte le cose del cielo e della terra, visibili e invisibili, i Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà: tutto fu creato da Lui e per Lui. Egli viene prima di tutto, e tutto sussiste in Lui... perché Dio volle che in Lui risiedesse tutta la Pienezza. Per Lui volle riconciliare con sé tutto ciò che esiste sulla terra e in cielo, ristabilendo la pace con il sangue della sua croce" (Colossesi 1, 16. 19-20). Cristo ha saldato il debito (cfr. Galati 3, 13) con la redenzione in quanto ai Principati e alle Potestà, “li spogliò e li esibì pubblicamente, incorporandoli al suo corteo trionfale” (Colossesi 2,15). L'autore della lettera conosce l'esistenza di una falsa venerazione degli angeli, da parte degli eretici gnostici, quando scrive: "Niente li privi del premio, sotto il pretesto dell'umiltà e del culto degli angeli. Questa gente tiene in conto solamente le cose che ha visto e si vanagloria nell'orgoglio della sua mentalità carnale" (Colossesi 2, 18). Una difficoltà si presenta nel classificare questi cori superiori, perché alcune volte si parla dei poteri caduti, in altre occasioni dei buoni e in altre occasioni di entrambe le due categorie. Ciò dipende sempre dal contesto. |
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