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Dal 4 al 6 aprile 2025 - ritiro spirituale guidato da don Marcello Stanzione
STORIA DEL SANTUARIO DI SAN MICHELE ARCANGELO SUL MONTE FAITO di Catello Malafronte PDF Stampa E-mail
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sabato 15 marzo 2025
STORIA DEL SANTUARIO DI SAN MICHELE ARCANGELO SUL MONTE FAITO

Il culto micaelico, nell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, ha radici molto antiche. Il santuario fu costruito nel VI sec. dai santi Catello e Antonino, sulla cima più alta dei Monti Lattari (mt 1443); nell’antichità questo monte era conosciuto anche come Monte Aureo o Gauro e da alcuni come Monte Sant’Angelo ai tre Pizzi (o Molare).  ...

Negli ultimi decenni del VI sec., a causa dell’invasione dei Longobardi e alle angherie dei Bizantini, gli abitanti delle città che sorgevano alle falde dei Monti Lattari abbandonarono la pianura ed emigrarono sull’altopiano del Faito, dove l’acqua non mancava e dove era possibile trovare pascoli. ...

 

Gli stabiesi, guidati dal vescovo Catello, abbandonate le loro case ed i campi si rifugiarono sulla montagna; ad essi si unirono gli abitanti dell’agro-stabiano-nocerino e quelli del versante dei Monti Lattari, che guarda il golfo di Salerno, guidati dal Vescovo Pimenio (cf. Lettera del Papa S. Gregorio Magno ad Antemio, legato pontificio per la Campania, in Libro VI, epistola 22).

Anche il monastero di Montecassino fu saccheggiato dai Longobardi. I monaci dovettero fuggire e si recarono a Roma. Il monaco Antonino, invece, vagò per la Campania finché non arrivò a Stabiae, l’attuale Castellammare di Stabia. Qui conobbe Catello, che era il Vescovo, e divenne suo amico. I santi, in ossequio alle disposizioni di Papa Gregorio Magno, non abbandonarono il popolo, ma lo guidarono in un luogo sicuro, sul Faito. Qui Catello e Antonino, desiderosi di vita contemplativa, si ritiravano per pregare in una grotta nelle vicinanze di Porta Coeli, la cosiddetta Grotta di San Catello o dell’apparizione.

Una notte, furono illuminati dalle apparizioni in sogno dell’Arcangelo Michele, che ordinò loro “l’edificazione di un tempio in Suo onore, lì dove vedevano ardere un cero”, in quel posto da dove si dominava il golfo e si ammirava il Vesuvio. Fu subito costruito un rudimentale oratorio in legno, sul monte Aureo. L’Anonimo Sorrentino così attesta: “Nocte enim tempesta unus et idem utrique apparens: Volo, inquit, ut in quo loco vos orationibus insistere soletis, et ubi cereum ardentem nuper vidistis, oratorium sub meo nomine construatis. Qui cum de nomine interrogatus, Archangelus Michael respondisset, disparuit. Qui confestim expergefacti cum alter alterius eamdem visionem audisset et retulisset mutui testimonii autorictate confirmati, angelico praecepto assentire parant. Accinguntur deinde strenui divinae fabricae opifices, et ligneis compaginibus parvum quidem sed Archangelo monitori gratum habitaculum prospero successu aedificarunt” (il testo dell’Anonimo è pubblicato in Acta Sanctorum Anteverpicem, t. II, 1648, 789-794).

Il tempio, edificato prima in legno, fu ricostruito in muratura, al ritorno di san Catello dalla prigionia a Roma, e coperto col piombo donatogli dal Papa.   Si dice che, durante la costruzione, san Michele mostrasse il Suo compiacimento attraverso vari prodigi. Dapprima salirono al tempio pastori ed agricoltori, finché san Catello fu accusato di eresia da un prete di Stabia, tale Tiberio; san Catello fu richiamato dal Papa a Roma e dato in custodia a un suo Chierico. A questi san Catello predisse che, a breve, sarebbe stato eletto Papa e raccomandò la sua innocenza. Il custode di San Catello, eletto Papa e riconosciuta l’innocenza del Vescovo, lo pose subito in libertà e donandogli il piombo necessario per coprire il tempio in onore dell’Arcangelo (cf. G. Centonze, San Catello negli Acta Santorum, Biblioteca Stabiana, 4, 2020). 

Il santuario di san Michele ben presto divenne meta di pellegrinaggi, in quanto riconosciuto uno dei più importanti luoghi in Europa consacrati all’Arcangelo: facendo da dependant sul Tirreno all’omonimo santuario del Gargano sull’Adriatico, esso segnava e delimitava il Regno del Sud.  All’epoca, nel santuario sul Faito si celebrava anche d’inverno.  Una tradizione narra che l’Arcangelo scacciò satana da monte Sant’Angelo mentre tentava i due santi: il demone nel fuggire urtò contro una roccia calcarea lasciando la propria impronta. Da qui il nome del luogo “ciampa del diavolo” che ancora oggi si può osservare. Lungo il sentiero che porta al santuario costruito dai santi si incontra la “Sorgente dell’Acqua Santa”, una sorgete carsica così chiamata perché la Tradizione locale vuole che a far sgorgare l’acqua dalla roccia sia stato lo stesso San Michele con un colpo di lancia. L’acqua sgorga da una parete di roccia, ricca di felci e caratterizzata da due rari endemismi, la Lonicera stabiana (un caprifoglio che nel mondo cresce solamente sui Monti Lattari, endemismo puntiforme) e “Erba una Amalfitana” (Pinguicula hirtiflora), l’unica pianta carnivora del Parco dei Lattari, una piccola erba perenne che la selezione naturale ha adattato alla “caccia degli insetti”. Nel racconto di questa tradizione si nasconde una storica verità: la sconfitta delle reliquie del paganesimo, scacciate dalla diffusione del culto di San Michele, il cui oratorio sovrastava l’antico tempio pagano. “La lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, tra Michele e Satana si perpetua incessante nel cuore degli uomini e della natura” (F. Di Capua)..

Nell’anno 870 Bernardo, un monaco francese, di ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, si propose di visitare i tre più celebri santuari dedicati a san Michele Arcangelo: sul Gargano, in Normandia, al Monte Aureo (attuale Faito). Giunto a Stabia via mare non trovò la forza di ascendere al Faito, per cui visitò la Grotta di san Biagio, poiché anche qui, all'epoca, si venerava il culto di san Michele dove è custodito un maestoso affresco parietale dell’Arcangelo, dipinto sicuramente prima dell'870 (cf. Itinerarium Bernardi monachi Franchi, in Itinera e descriptione Terrae S., Ed Tobler I, 318; U. Dovere (a cura di), Bernardo il saggio monaco franco. Itinerario dei luoghi santi, M. D’Auria Ed., Napoli 2003, pp. 60-65).

Nel tempio, accanto all’altare di san Michele, sorsero anche gli altari dei santi fondatori, Catello e Antonino.

Dal VII all’XI sec. l’edificio fu ufficiato dai monaci di san Benedetto che procurarono anche il titolo di “Abbazia” all’edificio sacro; quando i benedettini lo lasciarono, esso continuò a conservare il nome di Abbadia e il sacerdote che lo custodiva e ne amministrava i beni aveva il titolo di Abbate “Abbas S. Angeli”.  Il titolo di “Abbazia” è documentato dall’anno 1392.  Con il passare degli anni il santuario di san Michele ha avuto immensi possedimenti e ciò fu motivo di grandi contese (cf. F. Di Capua, op. cit., pp. 43-67).  Il santuario fu simbolo della devozione all’Arcangelo per tutto il comprensorio delle località che circondano il monte. E in difficili circostanze le popolazioni erano solite rivolgersi a San Michele che li proteggeva dalla cima del Faito.

Nel 1604, il pio e dotto Vescovo di Castellammare di Stabia, Girolamo Bernardo de Quiros, monaco cistercense, aggregò in perpetuo la suddetta Abbadia al Capitolo Cattedrale Stabiese.

Dal 1604 fino al 1866 i beni dell’Abbazia furono gestiti dallo stesso Capitolo Cattedrale; poi furono tutti incamerati dal demanio del Regno d’Italia per effetto delle leggi eversive. 

Dai documenti conservati negli archivi di Castellammare di Stabia e di Napoli si resta meravigliati per lo zelo che i vescovi ed i canonici stabiesi esplicarono sia nel provvedere alla manutenzione del santuario, sia nel dare maggiore solennità alle funzioni religiose che si celebravano e nell’accoglienza dei pellegrini.

Nel 1646, il Vescovo e i canonici supplicarono il Papa Innocenzo X di concedere l’indulgenza plenaria perpetua a tutti i fedeli che visitassero la Chiesa di san Michele del Monte Aureo nel giorno 31 luglio, incominciando dai primi Vespri della vigilia fino al tramonto del sole del 1° agosto. Il Sommo Pontefice con un Breve, in data 18 ottobre 1646, concesse il privilegio spirituale. Riportiamo le parti essenziali del Breve Pontificio:” Universis Christi fidelibus praesentes Litteras inspecturis salutem et apostolicam beneditionem Ad augendam fidelium religionem et animarum salutem caelestis Ecclesiae thesauris pia charitate intenti, omnibis utriusque sexus Christi fidelibus vere paenitentibus et confessis ac Sacra Comunione refectis, qui Ecclesiam Sancti Angeli loci de Monte Aureo de Faito Castrimaris dioeceseos, die festo Sancti Petri ad Vincula a primis Vesperis usque ad occasum solis festi hujusmodi singulis annis devote visitaverint et ibi pro Christianorum impertorum concordia, ac haeresum extirpatione ac Sanctae Matris Ecclesiae exaltatione pias ad Deum preces effuderit, plenarium omnium peccatorum suorum indulgentiam et remissionem misericorditer in Domino concedimus (… ).Volumus autem ut si alias Christi fidelibus in quocumque anni die dictam Ecclesiam sive Cappellam aut altare in ea visitaverint, aliam indulgentiam perpetuo vel ad tempus nondum elapsum concessa fuerit (…). Datum Romae apud Sanctam Mariam Majorem sub Anulo Piscatoris die XVIII octobris MDCXXXXVI anno tertio Pontificatus. Gratis pro Deo etiam scriptura (cf. F. Di Capua, Il santuario di san Michele Arcangelo sul monte Faito, Proficiendi studium, 7, Eidos Castellammare di Stabia, 2007, pp. 69-70).

In difficili circostanze le popolazioni erano solite rivolgersi a san Michele, che li proteggeva dalla cima del Faito. A Sorrento è ricordato, con particolare enfasi, il patrocinio dell'anno 1558: il 12 giugno la città fu attaccata da più di cento galee turche. Sorrento fu saccheggiata, i giovani furono ridotti in schiavitù e gli anziani massacrati. I cittadini scampati alla strage si recarono al Faito per implorare l’intervento divino; i presenti assistettero alla miracolosa sudorazione di manna, sgorgante dalla statua dell’Arcangelo.

Nei secoli successivi il prodigio della sudorazione era molto frequente, come è testimoniato dai numerosi documenti tra il XVII e il XVIII secolo. Tra le sudorazioni miracolose, documentati negli atti degli archivi Capitolare stabiese, risulta particolarmente tangibile quella del 31 luglio 1714: “la statua di marmo di d.to Santo scaturì il solito sudore, ma in grandissima copia più dell'altri anni, à segno tale che più s’asciugava colla bambace tanto più grondava a rivoli (...)”(cf.F. Di Capua, op.cit)

 Nel 1689 un fulmine diroccò il tetto dell’abbazia, l’anno successivo il Capitolo riparò il danno e provvide all’ampliamento; in seguito, nel 1694 furono eseguite altre riparazioni per conservarne la staticità.

Nel 1703, su proposta del Vescovo e del Capitolo, i sindaci e i decurioni del Comune di Castellammare di Stabia, corroborata da regio assenso, proclamarono san Michele “compatrono” della città, e stabilirono che ogni anno, il giorno 31 luglio, vigilia della Dedicazione della chiesa sul Monte Aureo, una delegazione presentasse all’Arcangelo il dono di due torce. Il 19 gennaio, in un anno della prima metà del XVIII secolo, il sacerdote stabiese Giuseppe Cerchia si recò al santuario per celebrare la festività di san Catello; in tale occasione la sommità del monte era coperta di tulipani: fiori che non fioriscono sui monti, e, certamente, non nella stagione invernale. Furono raccolti e mostrati, destando grande stupore in città.

La chiesa fu consacrata il 28 settembre 1762 da mons. Giuseppe Coppola e fissò la festa della Dedicazione della chiesa il 31 luglio e 1° agosto.  In tale occasione fu resa transitabile la strada che portava al tempio.

Nel 1818, il santuario fu distrutto da un incendio; ricostruito dopo anni di lavori, il 29 luglio 1843 fu nuovamente riconsacrato dal vescovo stabiese mons. Angelo Maria Scanzano. Due giorni dopo si rinnovò il miracolo della sudorazione della statua e “parte di quella bambacia” fu portata al vescovo per presentarla al Re al Real Casino di Quisisana. Dalle cronache capitolari si evince che ogni giorno si celebrava la messa e due feste erano vissute in modo solenne: la festa della Dedicazione (31 luglio-1° agosto) e la festa di san Michele il 29 settembre. Alcuni fedeli si attendavano sulle pendici del Faito, altri sulla spianata della Conocchia, altri nelle vicinanze della vetta, e lì rimanevano chi per 4 o 5 giorni, chi per una settimana e più (cf. G. Centonze, I pellegrinaggi sul Faito e il miracolo di San Michele, Longobardi Ed., Castellammare di Stabia 2008). I pellegrinaggi cessarono nel 1862, quando per causa dei briganti, che profanarono anche il luogo sacro, i monti divennero poco sicuri. Un fulmine colpì la statua dell’Arcangelo, frantumandola. Il santuario fu abbandonato e divenne un mucchio di macerie. La statua ricomposta alla meglio fu trasportata, il 20 dicembre 1862, nel duomo di Castellammare di Stabia.

Dal 1862 fino alla fine della Prima guerra mondiale, il santuario sul Monte Aureo fu praticamente abbandonato per i fatti bellici, per l’ingiuria del tempo e degli uomini, ma non la devozione e il culto all’Arcangelo che continuò ininterrottamente.      Anzi, proprio in questo difficile periodo storico, nel 1876, un avvenimento speciale creò un singolare legame spirituale tra il santuario di San Michele e quello di Pompei. Il Beato Bartolo Longo ebbe un sincero e filiale amore verso la Vergine Maria, venerata in Pompei con il titolo del SS. Rosario, e nutrì una vera ed autentica devozione verso l’Arcangelo Michele che dichiarò essere “il naturale protettore” della Valle di Pompei e delle opere pompeiane. E’ lo stesso Bartolo Longo che, nel 1907, in una lettera indirizzata al P. Alberti Lepidi, maestro del sacro Palazzo Apostolico in Roma, ci dà la spiegazione della sua devozione all’Arcangelo Michele. Riportiamo il testo di Bartolo Longo del 1907:

“Perché scegliemmo S. Michele a Difensore e Custode del Santuario di Pompei?

         Non senza ragione sin dal cominciamento del Tempio tra tutti i beati Comprensori del cielo, noi prescegliemmo S. Michele Arcangelo a singolar Custode e Difensore delle opere di Dio nella Valle Pompeiana. E scegliemmo il giorno 8 di Maggio, dedicato a San Michele, per porre la prima pietra del Santuario di Maria in Valle di Pompei.  Si legge nelle Scritture che Iddio ha annunziato per mezzo di questo eccelso Spirito il suo augusto Nome, quando sul Sinai per bocca di Michele dettò la legge e disse: Io sono il Signore Dio tuo. Ed inoltre Dio ha comunicato a questo Principe la sua suprema autorità, a lui affidando la difesa delle città, dei regni e dei popoli. Michele per fermo protesse il popolo ebreo e quando viveva felice nella patria, e quando si pose in cammino verso la terra promessa. Apparve vestito in abito bianco, armato di corazza d'oro, con una lancia in mano, per capitanare l'esercito di Giuda Maccabeo. Venne Egli deputato da Dio a distruggere le schiere di Sennacheribbo, a liberare il popolo ebreo dalla schiavitù babilonese, ad occultare il sepolcro di Mosè, acciocché il popolo ebreo non rendesse un culto d'idolatria al corpo di quel famoso ispirato Condottiero. Apparve Egli a Giosuè sul Giordano, e gli disse: « Io sono il Principe dell'esercito del Signore: Sum princeps exercitus Domini; e vengo in tuo soccorso: sarò ai tuoi fianchi, né ti lascerò. Gerico e le altre città, benché forti, saranno una parte delle tue conquiste; e molti re, che vedrai ai piedi tuoi, faranno il più bel trionfo delle tue vittorie». Michele fu sempre il difensore della Chiesa contro tutti gli assalti del demonio. Si fece vedere all'Imperatore Costantino, e gli disse: - Io sono il Principe delle milizie celesti ed il Protettore dei Cristiani: io ti ho soccorso contro i tiranni nemici della Chiesa: prosegui a sostenere le ragioni di Cristo, ed io sosterrò le tue. Apparve a Carlomagno, come afferma il Baronio, in una famosa guerra contro i Sassoni. Egli fece riportare a Ramire, re delle Spagne, una strepitosa vittoria sopra i Mori, uccidendone ben settantamila, e prendendo prigioniero il re Abenaja. Onde la Chiesa, dopo mille e mille altri prodigi ottenuti, chiama S. Michele Protettore e Difensore dei Cristiani. Eum custodem et patromun Dei veneratùr Ecclesia.

         Ultimamente, il Sommo Pontefice Leone XIII a San Michele affidava la custodia di tutta la Chiesa, e a tutti i sacerdoti imponeva di recitare, dopo il Sacrificio divino, quella preghiera bellissima: S. Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, contro la nequizia e le insidie del diavolo sii di soccorso. E tu, Principe della milizia celeste, con divina possanza ricaccia nell' inferno Satana e gli altri spiriti maligni, che a perdizione delle anime si aggirano pel mondo. Se dunque S. Michele è il custode di tutta la Chiesa e il difensore di tutte le grandi Opere divine, non era conveniente che a Lui fosse affidata la difesa di questa grande Opera di Dio nell'epoca moderna, che è il Santuario di Pompei?

L'apparizione di San Michele sul Gauro (Faito) e l'èra di misericordia mariana a Valle di Pompei.

         Ma un'altra ragione, diremo, storica e provvidenziale ci spinse a introdurre il culto del possente Arcangelo nella Basilica Pompeiana, la memoria cioè di una celebre apparizione. Non è insolita l'apparizione di San Michele sulla terra. Si è degnato per lo più di apparire sulle alte vette dei monti. Sceglie i monti, quasi per mostrarsi librato fra la terra e il cielo, sfolgorando con lo sguardo fulmineo ogni esercito nemico.

         Or di rincontro al Santuario di Pompei si eleva, sopra di Castellammare di Stabia, il monte Gauro, il quale, rannodandosi cogli estremi della catena degli Appennini, segna l'ultima chiusura di questa Valle del Vesuvio. La sua cima termina in una vetta acuta, e questa vetta è ripartita in tre punte, a somiglianza delle prime tre dita della nostra mano.

         Era il secolo settimo della Chiesa. A Vescovo di Castellammare era un Santo, S. Catello, il quale usava sovente di notte raccogliersi sui dirupi di quel monte insieme coll'Abate di Sorrento, S. Antonino, a pregare. Una notte, mentre era immerso nell'orazione, in una gran luce gli apparve l'Arcangelo S. Michele, e, con voce maestosa insieme e soave, gl’impose che edificasse un tempio in suo onore là dove avrebbe dato segnale con una fiamma. E la fiamma apparve subito sulla più alta delle tre punte che sormontano il Gauro. Il Santo Vescovo immantinente, col cuore ardente dell'entusiasmo dei Santi, si accinse all'opera. La compì dopo molte contrarietà sostenute, e ingiurie e calunnie, onde soffrì anche il carcere (Vedi Lezioni dell'Uffizio di S. Catello nel di della sua festa, 19 di Gennaio).

Qual era il fine dell'apparizione del grandioso Arcangelo sul Faito?

         Vi è tutta ragione di credere che il Signore abbia fatto apparire il suo fedele Ministro per preparare tanti secoli innanzi il regno di Maria in questi luoghi, abbandonati nei tempi antichi all'impero del Demonio e della colpa. Il portentoso Arcangelo venne a scacciare Satana dalla terra dei pagani, sulla quale doveva sorgere un giorno, e propriamente ai dì nostri, una novella èra di grazia , una luce nuova di misericordia.

         Per tale ragione sin dal 1876 proponemmo al santo Vescovo di Nola, Monsignor Formisano, che la prima pietra per le fondamenta di questo nuovo tempio di Maria si ponesse proprio il giorno 8 di Maggio, perché quel giorno ricordava l'apparizione in queste contrade dell'eccelso Arcangelo S. Michele. Pel volgere incessante di trentun anno, sempre, nel giorno 8 di Maggio, abbiamo invocato con fede il primo Angelo del Cielo, perché si unisse insieme con noi per festeggiare la comune Regina. Ed in ciascun anno, in quel giorno 8 di Maggio, noi ricordiamo due solenni epifanie. Il maggior Principe del cielo, che ha nome meraviglioso, si manifestava alla terra, scegliendo a spettacolo dei suoi prodigi la vetta di un monte. La più grande Regina che mai abbia avuto e cielo e terra, si manifestava anch'Essa ai gementi figliuoli di Eva, scegliendo a centro dei suoi portenti un'umile Valle, la Valle di una sepolta città pagana. Segnerà adunque per noi quel giorno due solenni trionfi : II trionfo del più maestoso Angelo del Cielo, di quel Principe grande, come lo chiama Daniele, il quale, prima della creazione dell'uomo, con l'invitta spada della sua fede, della sua umiltà e della sua mansuetudine, difese l'onore dell'Altissimo e dell'Immacolata Donna che doveva nel tempo essere la Madre del Verbo di Dio fatto uomo. Ed insieme il trionfo di Colei che è la Regina della Misericordia, e che nell'epoca moderna doveva nella Valle di Pompei riportare su Satana nuove e stupende vittorie” (cf. anche il cap. VIII del libro di B. Longo Storia del Santuario di Pompei, Edizione del 1954 ).

         Tra la Prima e Seconda guerra mondiale, su iniziativa di fedeli laici, si riaccese la mai spenta devozione all’Arcangelo san Michele sul Faito. Il 2 luglio 1935, il vescovo mons. Pasquale Ragosta rilanciò l'idea della riedificazione, ma, poi le difficoltà portate dalla guerra in Etiopia e i problemi di salute del prelato ostacolarono il progetto.  

         Per la riedificazione del nuovo santuario si pensò a un luogo più accessibile, diverso da quello del Monte Aureo. La scelta cadde sulla Cima Cercasole nello spazio donato dai Principi Colonna di Roma, da don Antonio Acanfora di Agerola e da Casimiro Donnarumma di Pimonte. Per la costruzione del Santuario ci fu il concorso dei fedeli di Stabia, della Penisola Sorrentina e di Eboli Campagna. Il progetto dell’ing. Guglielmo Vanacore di Castellammare di Stabia con la collaborazione dell’arch. Carmine Trotta fu redatto seguendo le linee architettoniche dell’antico santuario.

La prima pietra fu benedetta dal mons. Federico Emanuel, vescovo salesiano ed alunno di Don Bosco,  il 24 ottobre 1937; le operazioni, seguite dal commendatore Amilcare Sciaretta, funzionario della Banca d’Italia e responsabile del CAI di Castellammare di Stabia, furono sostenute dalle “scalate del mattone”: i cittadini portavano, con un'ascesa devota e faticosa, un mattone in dono a san Michele. I lavori furono interrotti a causa della Seconda guerra mondiale; ripresero nel 1947, grazie alla generosità del commendatore Sagliocco e all'intervento del Provveditorato alle Opere Pubbliche di Napoli. 

Il 24 settembre 1950, mons. Federico Emmanuel, alla presenza dell’Arcivescovo di Sorrento mons. Carlo Serena, del Vescovo di Campagna mons. Giuseppe Maria Palatucci, benedisse la chiesa al suono delle campane, opera della fonderia Capezzuto, dono delle città di Castellamare, Sorrento, Pimonte e Pompei.

Le statue dei santi Catello e Antonino, opere dello scultore Irace, furono offerte dalla Diocesi di Castellamare e da mons. Giuseppe Palatucci, vescovo di Campagna d'Eboli e benedette dal Vescovo mons. Agostino D’Arco l’8 maggio 1955, in piazza Cantiere, durante l’annuale processione nella ricorrenza liturgica del patrocinio del Patrono San Catello.

L’attuale statua dell'Arcangelo, opera del Rubino, offerta dal personale della Banca d'Italia, fu benedetta da Papa Pio XII. Il 3 settembre 1957, su richiesta del Vescovo Agostino D’Arco, Pio XII con un Breve Apostolico dichiarò san Michele del Santuario del Faito ″Patrono dei bancari″ (cf. Archivio Apostolico Vaticano, Segr. Stato, Brevi Ap. 770, ff, 5r- 15v).

Il tronetto fu realizzato su disegno dell’architetto Dimetta, il diadema, la lancia e lo scudo in argento furono cesellati nel 1992. Negli anni '50 il culto fu incentivato da Padre Antonio Vivoda, francescano conventuale, compagno di studi di P. Massimiliano Kolbe ed eremita del Faito, poi, da mons. Pierpaolo Starace, nipote della fondatrice delle suore Compassioniste Serve di Maria, la Beata Maria Maddalena Starace.

Dal 1971 al 1973, mons. Oscar Reschigg, rettore per oltre trentacinque anni, ha curato radicali opere di restauro. La mensa eucaristica in rovere di Slovenia, dono della famiglia Fabbrocini, è opera degli artisti di Val Gardena; il tabernacolo fu realizzato da Raffaele Scotti.

Nell’agosto 1988, nell’ambito delle iniziative dell’Anno Mariano nella Chiesa Universale indetto da Giovanni Paolo II, fu posto sul sagrato del santuario, la statua della Madonna dell'Accoglienza per invitare i pellegrini ad affrettare il passo verso il Signore, a progredire decisamente nella fede nel compimento del secondo millennio dell'Incarnazione redentrice.

Nell’anno giubilare 2000 fu realizzato, su iniziativa dell'Arcivescovo Mons. Felice Cece, un gruppo bronzeo, opera dello scultore Giovanni Battista Marello: l'Arcangelo Michele e i santi Catello e Antonino.

Dal 22 dicembre 2003, il santuario è affidato al canonico don Catello Malafronte che, con varie iniziative, sta rilanciando il culto micaelico sul Faito. L’Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, mons. Felice Cece, nella lettera di nomina auspicava che il ministero del nuovo rettore fosse di aiuto ai pellegrini “a ritrovare il gusto della contemplazione, la gioia della carità fraterna ed il fervore missionario dell’annuncio del vangelo” e “a rilanciare la presenza della chiesa nella realtà turistica del Faito”(cfr. Curia Arcivescovile, lettera di nomina prot. n. 778/03).

Nel 2006 con l’iniziativa denominata “Il Cammino dell’Angelo” è stata ripresa l’antica tradizione dei pellegrinaggi per rilanciare la devozione all’Arcangelo. Il Cammino è nato con l'intento di “rinnovare il culto per l’Arcangelo Michele e di riscoprire in tutti i suoi aspetti – storici, religiosi e naturalistici - una montagna che da sempre è legata alla vita economica e religiosa della gente della nostra terra” (cf. A. Cesarano, Il Cammino dell’Angelo dei Monti Lattari: percorso storico, religioso e culturale come leva dello sviluppo turistico del territorio”. Tesi di Laurea in Scienze  Politiche, 2011).  Degno di menzione è anche il Convegno nazionale “Le antiche vie di pellegrinaggi medievali: il culto micaelico in Campania. Le vie dell’Angelo” promosso dal CAI Nazionale in collaborazione con  le Università di Bari  e di Napoli, tenutosi presso il santuario nei giorni 15-16 settembre 2007.

Il 29 settembre 2014 sono iniziati i lavori di restauro conservativo del santuario sotto la direzione dell’Architetto Guglielmo Esposito di Castellammare di Stabia e si sono conclusi nel 2021. In data 16 febbraio 2022, l’Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, Mons. Francesco Alfano, con Decreto Prot. n 42/22 ha confernato la chiesa in onore di San Michele Arcangelo sul Monte Faito, quale Santuario Diocesano a norma del 30-1234 del Codice di Diritto Canonico con tutti i privilegi ad esso connessi, perché eletta tale dai fedeli battezzati ab immemorabili.

In data 8 settembre 2022, Papa Francesco, attraverso la Penitenzieria Apostolica, Prot. N. 970/22/I, ha concesso l’Indulgenza Plenaria. Riportiamo il testo del Decreto con nostra traduzione in italiano: “La PENITENZIERIA APOSTOLICA, per accrescere la devozione dei fedeli e la salvezza delle anime, in forza delle facoltà ad essa concesse, per singolarissimo privilegio, dalla paterna benevolenza del Santissimo Padre in Cristo e Signore Nostro, Francesco, per opera della Divina Provvidenza Papa, tenendo presente con attenzione le preghiere recentemente presentate  dall’Eccellentissimo Signor Francesco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare insieme al Rettore del Santuario di San Michele Arcangelo sul Monte di Sant’Angelo ovvero sul Monte Aureo di Faito, della suddetta Arcidiocesi, benevolmente concede, traendola dai celesti tesori della Chiesa, l’Indulgenza plenaria, che può essere ottenuta da tutti e dai singoli fedeli in Cristo, e che può essere applicata anche come suffragio alle anime dei fedeli in Purgatorio, purché, sinceramente pentiti, una volta confessati e ristorati dalla sacra Comunione, si portino, con devozione, in pellegrinaggio al suddetto Santuario e qui partecipino ai solenni riti, o per lo meno sostino in esso per un congruo spazio di tempo, in pio raccoglimento, concludendo con la Preghiera Domenicale, con la recita Simbolo della Fede e con invocazioni della Beata Vergine Maria e di San Michele Arcangelo:

 

- 1° agosto, nella dedizione del medesimo Santuario (dai primi vespri del giorno 31 luglio);

- 29 Settembre, giorno di festa di San Michele Arcangelo (dai primi vespri del giorno 28).

 

I fedeli che per vecchiaia, per malattia o per altra grave causa fossero impediti, nei giorni sopra designati potranno ottenere l’Indulgenza plenaria, qualora, dopo aver rinunziato, con tutto il loro cuore, a qualsiasi peccato e manifestassero l’intenzione di adempiere, quanto prima possibile, le tre consuete condizioni, davanti a qualsiasi sacra immagine, si unissero spiritualmente alle celebrazioni e ai pellegrinaggi, offrendo le loro preghiere e le loro afflizioni, come pure gli affanni della propria vita alla misericordia di Dio.

Affinché, dunque, possa essere conseguito l’accesso al divino perdono per mezzo delle chiavi della Chiesa, perché ciò possa più facilmente ottenersi grazie alla carità pastorale, questa Penitenzieria prega, premurosamente, che il Rettore del Santuario e i sacerdoti, forniti di facoltà opportune a ricevere le confessioni, con animo disponibile e generoso, offrano il loro servizio alla celebrazione della Penitenza.

Il presente decreto avrà validità per sette anni. Nonostante qualunque cosa in contrario.

 

Dato a Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il giorno 8 del mese di Settembre, nell’anno dell’Incarnazione del Signore 2022. “

 

        L’anno 2023 ha segnato un ulteriore sviluppo del Santuario: Il 18° Cammino dell’Angelo (31 luglio – 1 agosto) è coinciso con l’inserimento del “Cammino” nell’elenco dei cammini religiosi d’Italia voluto dal Ministero del Turismo in vista del Giubileo del 2025 e la Visita del Quadro Pellegrino della Madonna del Rosario di Pompei (26-30 luglio) ha suggellato il legame del nostro santuario con quello di Pompei. Sono stati due eventi molto importanti e significativi che hanno richiamato migliaia di pellegrini provenienti da tutte le parti. 

        Il 26 luglio 2023, il Quadro della Madonna Pellegrina, portato personalmente da S. E. Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo-Prelato di Pompei, è giunto al Santuario di San Michele (viaggiando prima in treno partendo alle 15.30 dalla stazione Eav Pompei Scavi - Villa dei Misteri per giungere a Castellammare di Stabia mezz’ora dopo e, da lì salire, in funivia, verso il Faito). Per l’occasione è stata benedetta dallo stesso Prelato una tela del Maestro Ciro de Rienzi in cui l’artista ha raffigurato “Bartolo Longo e l’Arcangelo del Faito” che suggella, dopo più di 150 anni, lo stretto legame tra il Santuario di San Michele ed il Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei e la devozione all’Arcangelo del Beato Bartolo Longo. Infatti, il fondatore del Santuario di Pompei, consacrò il santuario di Pompei (la scelta dell’8 maggio) e le opere le opere di carità a san Michele Arcangelo e  stesso santuario volle che fosse costruito dirimpetto a quello del Faito. La missione mariana del Quadro Pellegrino è stata accompagnata da eventi prodigiosi.

         Il santuario, in questi ultimi anni, è stato impreziosito di opere d’arte dei pittori quali A. Gargiulo di Castellammare di Stabia, autore di una vera e propria galleria d’arte che narrano la vicenda dei santi Catello e Antonio sul Faito; Ciro de Rienzi di Salerno, autore della tela “ Bartolo Longo e l’Arcangelo del Faito” ( luglio 2023) , dono di Paola Ravallese  e Tristano dello Ioio;  Michelangelo Della Morte di Napoli, autore della tela “L’apparizione di San Michele Arcangelo ai santi Catello e Antonino” ( agosto 2023). Il quadro è stato donato da Raffele Cioffi.

 

 

Bibliografia

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G. Centonze, Stabiana, Castellammare di Stabia e dintorini nella storia, nella letteratura e nell’arte, Castellammare di Stabia 2006; ID., I pellegrinaggi al Faito e il miracolo di san Michele, Castellammare di Stabia 2008; ID., S. Catello negli Acta Sanctorum, Bibliotheca Stabiana, 4, Castellammare di Stabia 2020

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S. Esposito, Nella tempesta del secolo Sant’Antonino e San Catello. Manoscritto del nono secolo, Edizioni Simple, Macerata 2010;

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B. CAPASSO, Memorie storiche della Chiesa Sorrentina, Napoli 1834;

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