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FRANCESCA ROMANA E LA VISIONE DEL NATALE Di don Marcello Stanzione PDF Stampa E-mail
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martedì 20 dicembre 2022

Santa Francesca RomanaFrancesca nacque a Roma nel 1384 da nobile famiglia e a soli 12 anni venne data in sposa all’altrettanto nobile Lorenzo de’ Ponziani, nonostante avesse manifestato la vocazione di consacrarsi a Dio. Francesca obbedì alla famiglia e si sposò, mettendo al mondo tre figli. La peste se ne portò via due e più tardi anche il marito, con il quale condivise la sua fede e negli ultimi anni anche il voto di castità. ...

 
Francesca decise così di dedicarsi totalmente alla sua vocazione originale e con un gruppo di undici donne nubili e vedove si dedicò alla carità. Espertissima nel curare con erbe e decotti gli infermi, abile levatrice ed esperta dei problemi femminili, Francesca finì i suoi giorni nel 1440. Il trattato delle visioni e rivelazioni è il più lungo e complesso dei cinque trattati in cui si articola il corpus letterario del suo confessore don Mattiotti.

Esso si compone di 109 visioni che la beata ha lungo un arco di dieci anni, dal luglio 1430 al dicembre 1439.

E’ un decennio cruciale nella vita di Francesca, che vive intensamente la fondazione di Tor de’ Specchi (1433), ma decisivo anche nella storia stessa della Chiesa, per il conflitto drammatico tra il Papa e il concilio. Di questi fatti il trattato ci dà una precisa testimonianza.

Il Mattiotti delinea una sorta di biografia mistica di Francesca, registrando i suoi colloqui spirituali con la beata, le estasi continue, i fenomeni straordinari di cui è testimone e organizza il ricco flusso di immagini e di messaggi nella struttura letteraria della visione.

Il confessore segue uno schema preciso, indicando la data della visione e determinando di volta in volta le circostanze spazio- temporali in cui questa si svolge. Riporto la visione sedicesima riguardo alla nascita del redentore:

 

Visione XVI (16): La nascita di Gesù.

Il giorno di Natale del 1431, stando per lungo tempo in estasi mobile, cioè facendo corrispondere i moti del corpo a quelli dello spirito, assistette alla nascita del Salvatore.

Vide in un certo luogo, dove stavano un bue e un asino, la Beata Vergine gravida insieme con S. Giuseppe.

Maria era rapita in altissima contemplazione e tutta adombrata da una luce divina. A un certo punto, senza saper come, vide, uscito dal seno di lei e deposto sulla terra il corpo tenerello di Gesù, fregiato sul petto da una croce rossa.

Maria, a cui furono rivelati in quell’istante tutti i misteri della creazione e dell’incarnazione, ad eccezione dei divini segreti, gli si prostrò dinanzi adorandolo, come fece pure, sebbene ignaro, S. Giuseppe e dall’alto risonò, raddoppiata rispetto al consueto, la festosa melodia delle tre celesti gerarchie, composte di spiriti angelici che cantavano più lietamente. Poi la gloriosa Vergine, preso di terra il santo Bambino, ed offertolo a Dio Padre, lo compose nella mangiatoia, dove fu riverito dai due animali e vedendo che esso aveva freddo, fece atto di togliersi il pannolino che aveva in capo per copiarlo ma, accortasene la Santa, prestamente si tolse il suo e glielo consegnò, pregandola insieme di volerle presentare il santo Bambino. Essendo stata esaudita, incominciò a fasciarlo tutto e a preparargli, sopra una cassa che le si trovava dappresso un letticciulo col suo manto matronale e con alcuni tappeti e tovaglie che i presenti le ponevano innanzi, mentre, tutta assorta nel suo Diletto, cantava mirabilmente, dicendo, che nel capo di lui era significata la creazione di tutte le cose, nella fronte il principio intellettivo, nelle guance il suo amore per l’uomo, nelle narici le buone  ispirazioni, nelle orecchie le umili petizioni che per sua grazia gli sono fatte, nella bocca la dolcezza della pace concessa ai buoni, nelle mani le buone opere, in tutto il corpo la sua dedizione completa e continua per la salute dell’uomo, nei piedi finalmente il buon affetto di sé concesso a chi lo vuole. Voltasi poi alla Beata Vergine per chiederle che non le ritogliesse il Figlio, questi, per scherzo, le si celò alquanto, facendola molto spasimare, finché, riapparsole nelle braccia della Madre, così le disse: “Io son l’Amor virile, che fo l’anima esinanire, in me tutta stabilire. O anima poveretta, che da me sei stata eletta a godermi in tanta festa, eccomi a te di nuovo, ma sappimi tenere in miglior modo e tornatole così fra le braccia, essa se lo tenne stretto al petto con la precauzione più accurata, non lasciando mai di guardarlo fissamente fino al termine della visione.

Interrogata poi dal confessore come fosse la corona che ornava il capo è di tre corone sovrapposte, risultanti di due ghirlande ciascuna, e significanti l’umiltà, la verginità e la gloria.

La prima corona, che è tutta di rose candidissime, risulta formata dalla ghirlanda inferiore della fede, e dalla superiore della purità.

La seconda si compone allo stesso modo della carità e della prudenza, ed ha un cerchio di dodici gigli d’oro, da ciascuno dei quali raggia mirabilmente una stella: il raggio della prima stella manda tre splendori uguali simboleggianti la Trinità; dalla seconda escono i quattro splendori dell’umiltà, verginità, timore filiale e semplicissima purità, tutti di un sol colore; dalla terza risplendono allo stesso modo i sette doni dello Spirito Santo, variamente colorati; dalla quinta le quattro virtù cardinali, di dodici colori ciascuna; dalla sesta le tre virtù teologali, di cui la carità è rossa, verde e la speranza vermiglia; dalla settima i dodici articoli del Credo, di vari colori, dall’ottava le cinque piaghe della Passione, di color rosso fiammante, dalla nona, variamente colorate, le sette opere di misericordia; dalla decima i dieci comandamenti, di vario colore, dall’undecima esce l’unico splendore candidissimo  della carità del Salvatore; dalla dodicesima i quattro splendori violetti dell’onestà, benignità, verecondia e discrezione della Vergine.

La terza corona si compone dalla ghirlanda dell’animosità e di quella della giustizia con misericordia , ed ha un cerchio di dodici pietre preziosissime: la prima pietra, che è un diamante, significa la fortezza della Vergine; la seconda, che è un carbonchio, significa il suo amore; la terza, che è uno zaffiro, la sua costanza; la quarta, che è uno smeraldo , la sua obbedienza; la quinta, che è un balascio, la sua  magnificenza; la sesta, che è un berillo, la sua tenace memoria; la settima che è un calcedonio sardonico, la sua intelligenza; l’ottava, che è un granato, la sua volontà, la nona, che è una corniola, la sua virilità; la decima  che è una turchina, la sua verità,  l’undicesima che è un topazio, la sua integrità, la dodicesima finalmente che è un guscio di zaffiro, significa la sua vera sapienza. Aggiunse anche che da quel luogo, in cui le era apparso dapprima giacente il neonato Salvatore, aveva veduto zampillare un liquore splendidissimo, di cui si era valsa la Beata Vergine per sanarle la piaga del petto; ciò che poterono verificare anche le sue figlie spirituali.

 
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