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DICIOTTO OLI PER IL BENESSERE DEL CORPO E DELLO SPIRITO Di Elia Lucchini PDF Stampa E-mail
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venerdì 15 novembre 2024

DICIOTTO OLI PER IL BENESSERE DEL CORPO E DELLO SPIRITODon Marcello Stanzione e la chimica farmaceutica dottoressa Elisa Giorgio sono gli autori del testo” 18 Oli per il benessere del corpo e dello spirito” edito dall’editrice Segno.

La dottoressa Elisa Giorgio esperta di oli essenziali (O.E.) ha preparato 18 originali nuove fragranze per il benessere del corpo e dello spirito, ed è stato don Marcello Stanzione ad insistere per far  stampare questo libro affinché facesse meglio conoscere tali oli di sua creazione. ...

 

Nel testo ovviamente non è riportato il formulario delle quantità riferite alle miscelazioni dei vari oli utilizzati nelle ricette perché i due autori sono alla ricerca di una casa farmaceutica che li voglia produrre in larga scala.  

Fin dall’antichità, gli artisti si sono ispirati al mondo della natura perché tramite essa, i suoi colori ed i suoi profumi, gli esseri umani percepivano la presenza del divino. Gli elementi naturali come le piante ed i fiori con le loro essenze flagranti, non potevano quindi rimanere esclusi da quelle che sono considerate le espressioni più elevate di cui è capace il genio umano, cioè la creazione dell’arte ed il sentimento della religione. La storia della Bibbia si apre in un giardino rigoglioso ricolmo di piante odorose e di ogni specie. Esse non sono semplicemente delle funzioni retoriche o degli abbellimenti estetici, ma hanno una loro dignità derivante dall’essere parte della buona creazione di Dio. E’ come se lo scrittore biblico, interprete di una cultura attenta all’osservazione del creato in quanto “teatro della gloria di Dio”, volesse illustrare la magnificenza del Creatore nel descrivere la ricchezza del mondo vegetale da Lui formato. L’attenzione sulle piante accompagna la narrazione biblica nel presentare la storia della salvezza. Dalle piante usate come cibo con cui sfamarsi, alle piante ornamentali per il tempio di Gerusalemme; dalle piante da coltivare nella terra promessa alle piante da utilizzare per favorire la proliferazione degli animali: si potrebbe scrivere un’intera teologia biblica prendendo le piante come filo rosso attraverso cui si dipana la storia della salvezza. La Bibbia ha questa spiccata sensibilità vegetale. Non solo. Il mondo vegetale partecipa anche al decadimento seguito alla rottura dell’alleanza con l’ingresso del peccato originale. Visto che tutta la creazione geme ed è in travaglio, anche le piante perdono il loro crisma originario di buona ed incontaminata creazione di Dio e si possono trasformare in creature segnate dal peccato dell’uomo. Esse possono diventare amare, velenose e non più commestibili. Possono essere anche un luogo di morte come il terebinto di Assalonne. Come partecipano al decadimento del peccato, così beneficiano della salvezza in Gesù Cristo. Sono gli alberi che battono le mani alla gloria di Dio. Il regno di Dio è paragonato ad un seme da cui spunta un albero ben piantato in cui trovano riparo gli uccelli. L’opera del Signore è vista come il lavoro di un seminatore che sparge la sua semenza e ne raccoglie il frutto nella stagione appropriata. La buona creazione di Dio, deturpata dalla rottura dell’alleanza causata dal peccato, trova nell’opera di redenzione un riscatto cosmico. Nella nuova Gerusalemme, infatti, ci sarà un albero, quello della vita. Insomma, dall’inizio alla fine, e passando per ogni tappa, la storia biblica è puntellata dalla presenza delle piante. Come non apprezzare la varietà, la profondità e le connessioni di questo mondo affascinante? Lo studio delle piante è una finestra nel mondo creato da Dio ed una porta per entrare nella realtà spirituale del Regno di Dio.  In particolare per i cattolici i fiori e le piante a causa della loro bellezza visiva e del loro gradevole profumo sono diventati simboli sia per rappresentare la Madonna sia per raffigurare gli angeli. Infatti moltissimi riferimenti desunti dalla flora e dal mondo della natura ricorrono nelle raffigurazioni artistiche che in ogni tempo hanno veicolato il culto alla Vergine e agli spiriti celesti. Comprendiamo che ci viene chiesto di mettere in gioco l’olfatto, quello che tra i cinque sensi ha meno legami con una visione ragionata del mondo, anche per questo la Bibbia è ricca di riferimenti olfattivi proprio perché è un senso che parla il linguaggio della trascendenza. “Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell’apparenza, del sentimento e della volontà. Non si può rifiutare la forza di persuasione del profumo, essa penetra in noi come l’aria che respiriamo, penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente non c’è modo di opporvisi”, asseriva Patrick Suskid, nella sua opera “Il profumo”, fenomeno letterario del 1985. la scienza ha dimostrato che l’odore del nostro prossimo incide molto sulla nascita delle nostre relazioni interpersonali; il neonato riconosce la mamma proprio dall’odore della pelle. E’ indubbio che l’olfatto richieda un abbandono fiduciario. I nostri occhi non hanno bisogno di cercare le indicazioni segnaletiche di un panificio vicino a dove ci troviamo; se sappiamo fidarci di quel profumo esso ci guiderà con ritmo suadente tra le varie viuzze medioevali per condurci alla sua sorgente. E così ci lasciamo accompagnare da uno dei principi fondamentali alla poetica baudelairiana, quello della sinestesia, procedimento retorico che consiste nell’associare, all’interno di un’unica immagine, sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse. Allora il profumo del pane diventerà suono, ci parlerà del suo calore, della sua fragranza in bocca, del crepitio della legna con cui è stato cotto, della sua lenta lievitazione, dell’amore con cui il fornaio lo ha preparato – magari fischiettando – secondo la ricetta della tradizione. Marcel Proust, nell’opera “Alla ricerca del tempo perduto” sostiene che vi sono episodi particolari nella vita di ogni uomo che vengono immagazzinati nella memoria attraverso l’ausilio di particolari sensazioni a cui vengono associati, così, - lui stesso – ritrova il suo tempo perduto nel profumo delle medeline, delicati biscotti. Il profumo è prima di tutto profumo di un’anima, il profumo dei capelli della Maria di Betania dopo aver asciugato i piedi a Gesù. Non a caso si può richiamare l’episodio evangelico “L’unzione di Betania”, in modo particolare riferendomi al racconto che ne fa Giovanni al capitolo 12,1-11. Durante il pasto, Maria unge i piedi di Gesù con mezzo litro di profumo di nardo puro. Era un profumo caro. Gli asciuga i piedi con i suoi capelli e tutta la casa si riempie di profumo. Maria non parla durante tutto l’episodio, agisce soltanto. Il gesto pieno di simbolismo parla da sé. Nel lavare i piedi, ella si fa serva e Gesù ripeterà il gesto nell’ultima cena.

Il “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura” è un chiaro riferimento alla sua prossima morte in croce (siamo sei giorni prima della Pasqua). Come non pensare al chicco di grano caduto in terra che solo morendo produce molto frutto; quel profumo che riempie la stanza è in segno della sua resurrezione che riempirà l’universo. Per produrre una goccia di profumo bisogna far morire un intero prato di fiori, questo è il senso con cui viviamo la Pasqua: far morire con Gesù noi stessi per produrre con lui il profumo della resurrezione, della vita nuova., detta così può sembrare retorica, ma in quest’opera si capisce chiaramente come si può trasformare il concetto appena espresso in un vero e proprio progetto di vita. Troppo spesso non si avverte il profumo della nostra fede perché ci fermiamo al sepolcro, al macero dei fiori. Ci dimostra che seguendo le impronte di Gesù siamo fiori del prato che si lasciano tagliare non per togliere bellezza alla terra, ma per produrre il profumo che riempie la terra. La nostra presenza di cristiani si deve sentire, deve far venire voglia di respirare forte, a pieni polmoni, come fece Gesù nella casa di Betania. In questo modo il padre potrà dire di noi: ecco l’odore del mio figlio, come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto” (Gen 27, 24).

 

 
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