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MONSIGNOR ECHEVARRIA E L’ANGELO DELL’AMORE DEL PADRE Di don Marcello Stanzione PDF Stampa E-mail
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lunedì 02 settembre 2024

MONSIGNOR ECHEVARRIA E L’ANGELO DELL’AMORE DEL PADREJavier Echevarrìa Rodriguez (Madrid, 14 giugno 1932-Roma 12 dicembre 2016) era un vescovo cattolico spagnolo, che è stato prelato dell’Opus Dei. Laureato in giurisprudenza e in diritto canonico, è ordinato sacerdote il 7 agosto 1955, dai primi anni cinquanta è stato, insieme a monsignor Alvaro del Portillo, uno dei più stretti collaboratori di san Josemarìa Escrivà, il fondatore dell’Opus Dei, e suo segretario fin dal 1953. Quando, nel 1975, Alvaro del Portillo è succeduto a Josemarìa Escrivà, diviene segretario generale dell’Opus Dei e successivamente, con l’elezione dell’Opus Dei in prelatura personale nel 1982, vicario generale. ...

 
Nel 1994 è nominato dal papa Giovanni Paolo II prelato dell’Opus Dei ed è ordinato vescovo a San Pietro il 6 gennaio 1995. Dal 1981 è consultore della congregazione per le Cause dei Santi, del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e dal 1995 della congregazione per il Clero. Conoscitore dei problemi dei cristiani nel mondo attuale e della situazione della Chiesa in numerosi paesi del mondo, compie molti viaggi pastorali nei cinque continenti stabilendo un dialogo ecumenico con persone di differenti credi e culture. Vive a Roma momenti decisivi della storia della Chiesa, come gli anni del Concilio Vaticano II. In Italia dà un decisivo impulso alla realizzazione dell’Università Campus Bio – medico di Roma e alla promozione di attività di volontariato e di assistenza sociale. Il 18 settembre 2012 è stato nominato padre sinodale della XIII Assemblea generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. In italiano sono stati tradotti alcuni suoi libri: Itinerari di vita cristiana Edizioni Ares, Milano, 2001, Memoria del beato Josemarìa Escrivà  Intervista con Salvador Bernal, Leonardo International, 2° ed., Milano, 2001, Getsemani, Ed. Ares, Milano 2007.  Scrive il prelato dell’Opus Dei che Gesù fa la sua orazione nell’Orto, secondo san Luca, in ginocchio. Nel Getsemani, Nostro Signore prega prostrato il Padre e in quell’atteggiamento adorante e supplice si leva il suo grido: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la Tua volontà. Preghiera che, secondo san Matteo e san Marco, Gesù ripeteva in modo incessante, come abbiamo già considerato. Fu in mezzi a quell’orazione filiale e dolente che – ci riferisce san Luca – gli apparve un angelo dal Cielo a confortarlo (Lc. 22,43). Un angelo sceso dal Cielo che si reca all’orto degli Ulivi: è questo che san Luca vuol dire, e non semplicemente un simbolo dell’aiuto dal Cielo.  L’angelo di cui parla l’evangelista lo potremmo situare in quella che abbiamo chiamato seconda (o terza) fase dell’orazione del redentore. E’ allora che, secondo san Matteo, sembra che il Padre abbia “ascoltato” il suo Figlio amatissimo, confermandogli che la via della Redenzione degli uomini è il “calice”: bere quel “calice” così amaro, entrare in pieno nell’ “ora” della tentazione per superarla e vincerla. L’amore del Padre si manifesta nell’ascoltare il Figlio e nell’inviargli l’angelo che lo conforta, che gli dà forza. Non sappiamo in che cosa consiste la “forza” prestata dall’angelo a Gesù. Benché il Vangelo non lo dica, dobbiamo intendere che – umanamente parlando – sono forze prestate all’Umanità di Gesù, per compiere quella Volontà del Padre che è la via della Redenzione. Forze che prendono la forma di sostegno, di compagnia e di consolazione all’anima di Gesù, sommersa in quell’angoscioso dolore. E dall’anima di Gesù, quella forza ricade sul suo corpo. C’è una tela del Rinascimento italiano che – a mio giudizio – ha colto tutto questo in modo egregio. Rappresenta Gesù che prega nell’Orto degli Ulivi e un angelo che lo conforta. L’angelo non tocca il suolo, ma è sospeso nell’aria – come se stesse discendendo dal cielo -, vicino alla testa di Gesù, raffigurato prostrato a terra con le mani giunte in preghiera. L’angelo, piccolo in confronto alla figura maestosa del Redentore, evoca l’espressione della tenerezza. Ha il viso rivolto verso quello di Gesù, e il suo sguardo e i gesti delle sue mani sembrano esprimere un’intenzione di aiuto e di conferma: Coraggio! E’ l’amorevole Volontà del Padre! E’ la salvezza dell’umanità! Quella creatura che lo conforta in quel momento rappresenta, in pari tempo, il simbolo della potenza di Gesù in quell’ “ora” in cui tutto ciò che è umano si è rivoltato contro di lui. Non molto tempo dopo, quando si avvicina “colui che mi tradisce” e Simon Pietro (cfr. Gv 18,10) fa un tentativo di resistenza, Gesù, in tutta serenità, gli dirà: Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli? (Mt 26,53). Pregare il Padre mio…Gesù ha forse chiesto al Padre la compagnia dell’angelo, dato che gli uomini gliel’avevano rifiutata? Meditando su questo intervento nel Getsemani è inevitabile che il pensiero ritorni ai discepoli addormentati. Gesù si era rivolto ai tre per trovare consolazione e vicinanza, perché era perfectus Homo, e l’uomo, a motivo della sua natura, quando è afflitto da un dolore, di solito anela alla compagnia dei suoi simili, specialmente degli amici.
 
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