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ENNEAGRAMMA E COACHING IN UN LIBRO DELL’EDITRICE SEGNO Di Marzia Iori PDF Stampa E-mail
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lunedì 01 maggio 2023

ENNEAGRAMMA E COACHING IN UN LIBRO DELL’EDITRICE SEGNODon Marcello Stanzione e Fausto Bizzarri sono gli autori del testo Enneagramma e coaching edito dall’editrice Segno di Udine.

L'Enneagramma è un sistema di tipizzazione della personalità che descrive i modelli di come le persone interpretano il mondo e gestiscono le loro emozioni. L'Enneagramma descrive nove tipi di personalità e mappa ognuno di questi tipi su un diagramma a nove punte che aiuta ad illustrare come i tipi si relazionano tra loro.

Il nome Enneagramma deriva dal greco: Ennea è la parola greca per nove e Gramma significa qualcosa che è disegnato o scritto.

 

 

 

Cosa ci dice l'Enneagramma?

Secondo l'Enneagramma, ognuno dei nove tipi di personalità è definito da una particolare convinzione di base su come funziona il mondo. Questa convinzione guida le motivazioni e paure più profonde - e modella fondamentalmente la visione del mondo di una persona e la prospettiva attraverso la quale vede il mondo e le persone che la circondano.

Le nostre convinzioni di base non sono necessariamente errate, ma possono essere limitanti e operare come "paraocchi" per le persone. Comprendere il nostro tipo di Enneagramma e come esso colora le nostre percezioni può aiutarci ad ampliare la nostra prospettiva e ad affrontare le situazioni in modo più efficace.

L'Enneagramma ci aiuta anche a capire come le persone reagiscono allo stress. Descrivendo come ogni Enneatipo si adatta e risponde a situazioni sia stressanti che di sostegno, l'Enneagramma mostra opportunità di sviluppo personale e fornisce una base per la comprensione degli altri.

 

Il Processo identificativo con un Enneatipo ci fa scoprire quali sono i nostri Sé primari con cui ci identifichiamo fortemente e attraverso i quali vediamo il mondo.

 

Una serie di linee di collegamento evidenziano come ogni tipo di base possiede punti di forza indispensabili, ma allo stesso tempo ha lati oscuri che sono pieni di sfide. L'inclusione di queste linee sposta l'Enneagramma da un modello di personalità puramente descrittivo ad uno dinamico, mostrando come la personalità può cambiare in diverse condizioni.

 

Ed è questo aspetto che fa dell’Enneagramma uno strumento di conoscenza che un coach può utilizzare prima di tutto su stesso e poi con il cliente, sapendolo gestire come mezzo conoscitivo e non come lettura definitiva ed esclusiva di come il cliente percepisce il mondo.

Enneagramma e coaching, un libro che spiega questo sodalizio, i suoi punti di forza e le aree di attenzione.

Un interessante analisi che ci pone domande.

 

Fu grazie ad una domanda interiore che mi posi in quell’anno, 13 anni fa, in occasione di un evento difficile e nello stesso tempo importante della mia vita, che conobbi il coaching. Mi fermai e cominciai a riflettere su come volessi trascorrere il resto della mia vita. Avevo 51 anni, una carriera professionale di successo, una domanda che mi frullava nella testa. A volte le malattie vengono per fermarci e per costringerci a rivedere le nostre priorità ed io lo feci, stravolgendo nel giro di pochi giorni tutto il mio destino.

L’uso della domanda è potente. Ed è ancora più potente se la risposta non arriva immediatamente. La cerchiamo fuori e dentro di noi e grazie a questo ci mettiamo alla ricerca.

Partì anch’io, arrivai a Milano, era novembre, le giornate si stavano accorciando, era umido ed io ero intimorita ed infreddolita, mi districavo a fatica e con una cartina fra una metropolitana ed un’altra.  Il mio viso era seminascosto da una benda, avevo un occhio libero ed uno semi-oscurato, ma  avevo chiaro quale era la mia intenzione: frequentare un corso per diventare coach, magari lì avrei trovato la mia risposta.

Arrivai finalmente al luogo convenuto: una piccola stanza, posizionata a livello più basso della strada con una finestra grande e 5 sedie messe a cerchio. Eravamo “pigiati”, vicini uno all’ altro, 5 persone di mezza età alla ricerca di risposte alle proprie domande interiori. Se penso ora, in periodo Covid 19, al distanziamento necessario fra una persona ed un’altra e mi rivedo in quel semi-scantinato appiccicata ai miei compagni di corso provo, da una parte tenerezza, e da una parte meraviglia per quanto incoscienti fossimo a stare così vicini.   

Lì trovai la risposta alla mia domanda, ma non il primo giorno, il mese dopo quando ritornai per il secondo incontro, e sola nel mio piccolo albergo vicino a Piazzale Lodi, con la febbre alta, dovuta ad una indigestione, mi arrivò la risposta alla mia domanda.  Sì era quella la mia strada, avrei dovuto rivoluzionare di nuovo la mia vita, pur tuttavia volevo essere coach.

Essere coach richiede tanto studio, è un processo continuo di apprendimento, e anche di messa in discussione. A volte la curiosità, la voglia di apprendere è così viva che si crea un disallineamento fra quanto si apprende e quanto si mette in pratica.  All’inizio si cercano “tools”, attrezzi del mestieri, si leggono migliaia di libri di notte per trovare strumenti, domande standardizzate potenti che i migliori coach fanno.

Si memorizzano quintali di dati, informazioni, suggerimenti da parte di insegnanti, mentor, amici e compagni di corso.

A quel tempo lavoravo in un Gruppo Bancario importante ed ero responsabile della Formazione Manageriale.  Quando chiesi al mio Capo se l’Azienda mi avesse sostenuto finanziariamente nel mio progetto di diventare Coach, il mio Capo mi disse “Il Coaching da noi non va, se vuoi farlo, fallo a tue spese, l’unico supporto che posso chiedere a tuo favore è quello dei permessi di studio retribuiti per i giorni in cui sarai a Milano a frequentare il corso”. “Grazie” dissi “per ora il coaching non va, ma nel futuro non si sa, quindi io vado comunque a fare il corso”.

Subito dopo il secondo incontro, iniziai a proporre a colleghi, delle sessioni di coaching. E così nel giro di poco tempo avevo già 5 o 6 clienti con cui impratichirmi: colleghi che sarebbero poi stati i miei futuri alleati in Banca per divulgare il coaching.

Fame di apprendere e di mettere in pratica, gioia nel farlo, impacciati sì, ma felici alla fine della sessione per aver colto negli occhi del cliente quella luce diversa, generativa, creativa.

Gli anni passano, si cresce nella professione e se all’inizio è un accumulo di dati, informazioni, apprendimenti, poi ad un certo punto ci si accorge che gli strumenti, i “Tools” non servono più, o meglio occorre maneggiarli con cura perché possono essere un intralcio nella relazione con il cliente.

Perché ci si accorge che il nostro stesso essere è strumento al servizio del cliente e nel nostro vero essere coach ci sono le conoscenze.

“E’ una sottrazione più che un addizione”

Allora anche lo strumento come l’Enneagramma non è più un “tools” ma il coach stesso è enneagramma se questo serve al cliente.

Solo quando il coach ascolta profondamente il cliente, sa essere l’esatto strumento che il cliente richiede. Non ce ne sono due, ce n’è uno solo, ed è quello solo che il coach deve sapere essere affinchè il cliente aumenti la sua consapevolezza.

Il coaching è un “arte” come l’ascolto.  L’Enneagramma è un modo di leggere interpretare la vita del cliente, ma è solo quando il coach si toglie l’idea di “fare l’enneagramma”, e quindi ascolta il cliente, vive il racconto del cliente in piena presenza, è allora che intuisce quanto e come la sua conoscenza sull’Enneagramma” o su altri tools sia in flusso o meno con quanto il cliente porta in sessione.

Occorre apprendere e sapere essere liberi di dis-apprendere per essere presenti con il cliente.

Quindi buona lettura, buon studio ed anche buona intuizione per lasciare andare il nostro sapere, ed essere solo coach- cliente!

 
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