COME CURARSI CON LE PIANTE DELL’ORTO DI SANTA ILDEGARDA Di Elia Lucchini |
Written by Amministratore | |
martedì, 01 novembre 2022 | |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Questo libro “ Santa Ildegarda di Bingen la fitoterapeuta di Dio” scritto dalla Dottoressa Elisa Giorgio e da don Marcello Stanzione ed edito dalle edizioni Il Cerchio di Rimini tratta delle conoscenze mediche ed erboristiche in epoca medievale di una donna straordinaria, una monaca benedettina Ildegarda di Bingen, canonizzata dalla Chiesa cattolica, che grazie all’osservazione, allo studio, all’ispirazione divina, è riuscita, in un’epoca in cui la farmacopea era molto limitata, a curare o lenire molti disturbi grazie a quanto spesso offerto da madre natura. L’ammirazione nei suoi confronti è ulteriormente accresciuta dalla scoperta che parecchi dei rimedi proposti non solo fanno parte della tradizione medica popolare ma sono stati validati da studi scientifici che, nella maggior parte dei casi, riconoscono tra gli autori medici, chimici e biologi di nazioni a noi lontane. In questi paesi, dal reddito pro capite molto basso, i medici, non potendo spesso accedere ai costosi farmaci della medicina occidentale, hanno fatto tesoro di quanto tramandato dalla medicina tradizionale. Anche il cenobio più modesto possiede un breve apprezzamento di terreno, riparato dal vento con siepi di mirto ed esposto a meridione, dove vengono coltivati gli ortaggi per la mensa, i fiori per l’addobbo dell’altare e le erbe officinali. L’orto del monastero è una trasposizione vegetale dell’ambiente umano ed ogni piantina che vi cresce può essere paragonata ad una persona. Esattamente come i monaci, che si rivelano più adatti a vivere nella penombra dello “scriptorium” oppure all’aria aperta impegnati nei lavori dei campi, anche gli ortaggi ed i fiori devono essere pianati in una posizione che assecondi la loro specifica natura. La terra inoltre appare consacrata, perché dal suo seno proviene ogni forma di vita, compresi gli animali più evoluti e gli esseri umani, che dal fango vengono plasmati e nel fango tornano infine a decomporsi con la morte. Essa rappresenta un modo estremamente pratico ed immediato per entrare in comunione con gli elementi naturali della Creazione, ed attraverso di essi con l’Intelligenza creatrice, ossia Dio, con la corrente di Vita che ad ogni primavera rinnova il Mondo. L’ordine che regna fra i solchi ed i filari corrisponde alla medesima armonia che deve regnare nell’animo umano affinché il fiore purissimo della Coscienza possa trionfare. Le siepi potate con cura ed i muretti a secco che difendono le culture dai predatori animali rappresentano una vistosa eccezione nel panorama medioevale. In questa epoca, neppure le dimore signorili più fastose possono vantare la presenza di un giardino che possa essere lontanamente paragonato all’orto di un monastero, poiché solo all’interno delle sue mura esistono le capacità e la cultura necessarie per una simile coltivazione. Si spiega in questo modo perché i monaci, sebbene desiderosi di custodire la riservatezza dei lori chiostri, acquistarono fama e notorietà in questo campo del sapere. Monaci e monache, fedeli alle regole e alle massime del loro fondatore, obbedienti cioè a san Benedetto che raccomandando la “infirmorum cura, ante omnia et super omnia” invita a badare al buon andamento dell’anima anche mediante la cura del corpo, dimostrano palesemente il contributo dato dalle comunità religiose ai primi passi della terapeutica a base di sostanze vegetali. Proprio dall’ambiente monastico emerge, nel tardo Medioevo, la figura di santa Ildegarda che fu una esperta erborista e della quale questo testo presenta i numerosi rimedi fitoterapeutici.
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