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Convegno di Crescita e di Formazione Cristiana
Omelia al Funerale di don Franco Fedullo, Salerno 31 gennaio 2022 PDF Imprimir E-Mail
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mercoledì, 02 de febbraio de 2022
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don Franco FedulloCattedrale di Salerno, 31 gennaio 2022

Di don Mauro Gagliardi

Oggi avvertiamo tutti una grave perdita. Abbiamo perso un maestro, un amico, un padre. Anche il cielo si presenta plumbeo, per uniformarsi ai sentimenti di noi che soffriamo. Don Franco ci ha lasciati. Ci sentiamo smarriti, quasi abbandonati. E ora, più che mai, molti di noi si accorgono di quanto fosse importante la sua discreta presenza nella nostra vita. Viene meno una colonna. ...

 

Quando scompare qualcuno che ci è caro, viene spontaneo ripercorrere con la memoria i momenti principali della nostra frequentazione con lui. Ognuno di noi potrebbe raccontare centinaia, forse migliaia di episodi. Permettetemi di sceglierne un paio dalla mia memoria.

La prima volta che ho incontrato don Franco è stata circa quarant’anni fa: avevo 7 o 8 anni. L’allora seminarista Marcello Stanzione, oggi don Marcello (una delle tante vocazioni sacerdotali sbocciate nella parrocchia di San Domenico), mi preparò a diventare ministrante. Una sera di un giorno feriale mi fece servire Messa per la prima volta. In sagrestia mi presentò a don Franco, dicendo: abbi pazienza se sbaglia qualcosa; è la prima volta. La prima Messa di cui sono stato ministrante l’ho servita a don Franco. Ricordo la trepidazione con cui presi le ampolline dell’acqua e del vino per passargliele. Chi avrebbe detto, allora, che anche io un giorno sarei diventato sacerdote, che quelle ampolline sarebbero state passate a me per preparare il calice eucaristico, nel quale il Sangue di Cristo si rende realmente presente per la nostra salvezza? Anni dopo, è stato poi sempre don Franco ad accompagnarmi nel mio discernimento vocazionale, come ha fatto con numerosi altri giovani.

È noto che a San Domenico sono fiorite diverse vocazioni sacerdotali. Uno dei motivi di ciò è l’esempio di vita sacerdotale offertoci dai nostri pastori: don Enzo Quaglia e don Franco Fedullo.

 

In don Franco si sintetizzavano molti aspetti importanti del ministero sacerdotale. Egli era innanzitutto fedele alla dottrina della Chiesa, che sapeva spiegare chiaramente e anche difendere serenamente. Era molto intelligente. Quand’era seminarista, tutti pensavano che sarebbe potuto diventare un notevole teologo e alcuni dei suoi professori lo invitarono a intraprendere quella strada. Ma don Franco scelse di essere un pastore di anime. Egli si dedicò con attenzione particolare ai giovani, ispirandosi all’esempio di don Enzo. Non è un caso che i suoi funerali si tengano nel giorno di san Giovanni Bosco.

Oltre ad essere intelligente, don Franco era un uomo retto, dignitoso, onorevole. Si ispirava alle figure degli antichi cavalieri, attualizzandone lo spirito alle odierne circostanze. Era un soldato fedele al suo Signore. Ricordo che da ragazzo gli chiesi: don Franco, ho saputo che voi da giovane eravate monarchico; come mai avete abbandonato la politica e vi siete fatto sacerdote? E lui: perché ho deciso di servire il Re dei re.

Questo servizio, che era una pacifica milizia, don Franco lo ha esercitato nella concretezza semplice di milioni di piccoli gesti quotidiani. Una volta, passando per via Saverio Avenia, trovò dei ragazzi che giocavano a pallone. Si intrattenne a chiacchierare per due minuti con loro, poi fece loro recitare un’Ave Maria e li lasciò che riprendessero a giocare. È solo uno dei milioni di piccoli semi della fede da lui sparsi.

E possiamo dimenticare il suo amore soprannaturale per i poveri? Non solo per diversi anni fu direttore della Caritas, ma anche dopo, egli ha sempre continuato a esercitare una straordinaria carità verso i bisognosi, tanto nell’anima quanto nel corpo, i quali sapevano di potersi rivolgere a lui con fiducia. In questi nostri tempi, è da sottolineare che don Franco non si preoccupava solo di fornire il cibo e il vestito, ossia di sovvenire alle esigenze materiali. La sua carità era soprannaturale, interessandosi anche alla salvezza eterna dei poveri che soccorreva. Quando le circostanze lo permettevano, oltre a dare qualcosa, egli ricordava ai bisognosi: “ricordati di andare a Messa”; oppure: “da quanto tempo non ti confessi”. È importante imparare da lui: la Chiesa non si preoccupa mai soltanto delle esigenze corporali, ma sempre essa cura e i corpi e soprattutto le anime, perché suo compito non è divenire una agenzia che eroga servizi assistenziali, bensì condurre gli uomini in Cielo.

E siccome l’essere più povero e indifeso di tutti è il bambino nel grembo della madre, don Franco volle spendersi in difesa della vita nascente. Oggi ci sono più di mille persone che vivono, lavorano, si sono fatte una famiglia, perché don Franco, assieme ai volontari del CAV “Il Pellicano”, ha letteralmente salvato le loro vite, strappandole dalle fauci sataniche dell’aborto. Forse alcune di queste persone sono qui presenti.

Per queste e per mille altre ragioni, noi tutti ci uniamo al dolore dei familiari di don Franco: i fratelli, i nipoti e parenti tutti. E ringraziamo la famiglia Fedullo che ha saputo dare alla Chiesa un sacerdote come don Franco. Ricordiamo ancora la famiglia spirituale di don Franco: l’Associazione “Opera del Gregge del Bambino Gesù”, cui egli ha entusiasticamente aderito e per la quale molto si è impegnato.

Quando una figura di questo calibro ci lascia, viene spontaneo chiedersi come potrà mai essere colmato il vuoto. Questa domanda, però, è forse mal formulata. Ognuno è unico e, in questo senso, nessuno potrà colmare il vuoto lasciato da don Franco, perché egli ha lasciato la sua impronta tra noi, un’impronta inimitabile. Dobbiamo piuttosto chiederci come ispirarci al suo esempio, per lasciare anche noi la nostra impronta unica e irripetibile nella vita degli altri.

La memoria di don Franco rimarrà per noi sempre di ispirazione, al pari di quella di don Enzo e di tante altre figure, sacerdotali e laicali, che hanno costruito la Parrocchia di San Domenico. Di certo da don Franco dobbiamo apprendere lo spirito di sacrificio e di abnegazione nello svolgimento del proprio dovere, la capacità di appianare le difficoltà e ridimensionare i problemi, il desiderio di servire la fede in modo appassionato. Potremmo dire che da lui dobbiamo ereditare un certo spirito cavalleresco, che egli sapeva contemperare con un forte autodominio. E soprattutto dobbiamo imparare da lui quell’approccio epico alla vita, che deriva dalla visione di eternità.

Le innumerevoli opere che don Franco ha compiuto per Gesù Cristo Nostro Signore sono il viatico e la dote che lo accompagnano nella vita eterna. Accompagniamolo anche noi, con le nostre preghiere. Sappiamo che a lui ben si applicano queste parole del Libro della Sapienza (3,1-3.5-6):

Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio

nessun tormento le toccherà.

Agli occhi degli stolti parve che morissero

la loro fine fu ritenuta una sciagura

la loro partenza da noi una rovina

ma essi sono nella pace. […]

In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici

perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di Sé

li ha saggiati come oro nel crogiuolo

e li ha graditi come l’offerta di un olocausto.

 

O Maria, cara e tenera nostra Madre, accogli il tuo figlio sacerdote don Franco e portalo con te, davanti al Trono dell’Altissimo.

 
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