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GLI ANGELI CHE LIBERANO DAL CARCERE Di don Marcello Stanzione PDF Stampa E-mail
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Scritto da Amministratore   
domenica 16 gennaio 2022

GLI ANGELI CHE LIBERANO DAL CARCEREI racconti di liberazione miracolosa dal carcere riprendono lo stesso ordine (soprannaturale) delle cose. Il loro riferimento biblico è la doppia liberazione dell’apostolo Pietro, che riportano gli Atti degli Apostoli. La prima volta, Pietro era con gli altri apostoli: Allora intervenne il sommo sacerdote, così come tutti quelli che erano con lui, ossia la setta dei Sadducei. Pieni di gelosia, essi portarono la mano sugli Apostoli e li misero nella pubblica  prigione. Ma, durante la notte, l’Angelo del Signore aprì le porte della prigione, li fece uscire e disse: “Andate e, in piedi, annunciate al popolo, nel Tempio, le parole di vita” (Atti 5, 17-20). ...

 

Più tardi, quella volta solo, Pietro è stato incarcerato su ordine di Erode, “re” di Giudea e di Samaria. La sua scomparsa avrebbe portato un colpo fatale alla giovanissima comunità cristiana di Gerusalemme, che cominciava ad organizzarsi: Ora, prima del giorno in cui Erode doveva farlo comparire, quella notte, Pietro, legato da due catene, dormiva tra due soldati, nel mentre che delle sentinelle, davanti alla porta, custodivano la prigione. Ed ecco che l’Angelo del Signore si presentò, ed una luce brillò nella prigione. Colpendo Pietro al fianco, egli lo risvegliò, dicendo: “Alzati! Presto!”. E le catene gli caddero dalle mani. L’Angelo gli disse: “Metti la tua cintura e calza i tuoi sandali”; così egli fece. E gli disse: “Rivesti il tuo mantello e seguimi”. E (Pietro) uscì e lo seguiva, ma senza sapere se quello che accadeva da parte dell’Angelo fosse vero; egli pensava di guardare una visione. Essi attraversarono un primo posto di guardia, poi un secondo, e giunsero alla porta di ferro che dava sulla città. Da se stessa, questa si aprì davanti a loro. Essi uscirono ed avanzarono in una strada, e subito l’Angelo lo lasciò. E Pietro, ritornato in sé, disse: “Ora, so veramente che il Signore ha inviato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode ed a tutto quello che si aspettava il popolo ebreo” (Atti 12, 6-11).

Queste liberazioni straordinarie illustrano in modo concreto la realizzazione della richiesta del Pater: “liberaci dal male”. Le potenze del male sono incarnate dai Sadducei e da Erode, designati implicitamente come gli strumenti del demonio. Ma queste liberazioni hanno un altro significato. Se, per due volte, è stato liberato miracolosamente dall’Angelo del Signore, è in vista della missione che doveva compiere: presiedere la comunità cristiana a Gerusalemme, organizzarvi il primo concilio, poi guadagnare Roma per stabilirvi la Chiesa. Finalmente, è quando anche muore martire, crocifisso con la testa in giù sulla collina del Vaticano: nessun angelo è allora venuto a sottrarlo dalle mani dei carnefici, perché la sua missione era compiuta, ed egli era giunto al termine del suo cammino personale di perfezione, che andava a coronare l’offerta della sua vita.

Allo stesso modo, è accaduto che gli angeli intervengano per sottrarre in extremis i loro protetti al martirio. Numidico, un adolescente di Cartagine, è arrestato nel 251 con altri cristiani, durante la persecuzione di Decio. Tutti sono condannati al rogo, ed essi spirarono nel braciere cantando. Solo Numidico, che si ritrova ben vivo nelle ceneri, senza neanche che il fuoco abbia sfiorato i suoi capelli: un angelo l’ha preservato dai colpi delle fiamme. Numidico sarà più tardi ordinato sacerdote da San Cipriano, che lo nomina nelle sue opere.

Al momento della stessa persecuzione, un adolescente vestito di bianco e “raggiante di gloria” penetra nel fondo di un fossato ripieno di pezzi di vetro in cui giace il sacerdote Felice. La scena si svolge a Nola, vicino a Napoli. Felice, che è stato arrestato per apostolato intempestivo, ha già avuto il suo conto di torture delle più svariate, secondo il procedimento classico – catene che cadono da se stesse come egli le tocca, porte che si aprono largamente al loro passaggio, sentinelle piombate in un torpore salutare -, e, siccome è indebolito dalla sua prigionia, fa comparire nei rovi un grappolo d’uva che gli ridona le forze. Poi lo conduce fino al nascondiglio del suo vescovo Massimo, che ha ancora bisogno di lui. Felice non sarà martire … San Felice da Nola morirà verso il 256, dopo avere per umiltà rifiutato la dignità episcopale. La sua storia ci è nota grazie ai poemi composti alla fine del IV secolo da San Paolino d Nola.

Un secolo più tardi, l’anacoreta Apollo conobbe simile disavventura. Un giorno in cui egli si reca con alcuni confratelli ad Hermopolis per visitarvi un eremita arrestato dagli ufficiali di Giuliano l’Apostata, il centurione di guardia fa incarcerare tutto il gruppo: bel colpo, anziché un cristiano dato alle belve, egli ne avrà una dozzina! Per maggior sicurezza, il centurione fa raddoppiare la guardia. Ma a mezzanotte, un angelo splendente appare, che apre le porte delle prigioni. Spaventate, le guardie si gettano ai piedi dell’inviato celeste per implorare la sua clemenza, poi dei prigionieri, per supplicarli di lasciarli partir. Essi non ne hanno il tempo; appena i prigionieri hanno valicato la soglia della prigione, il centurione accorre, completamente sconvolto: un sisma ha devastato la sua casa, egli vi ha visto un cattivo presagio, e viene lui stesso a liberare Apollo d i suoi compagni.

Per tardiva – dunque, a priori, poco credibile – che sia questa legenda, essa traduce (come le precedenti relazioni, più serie) la convinzione che avevano allora i credenti della possibilità d’un intervento divino attraverso la mediazione degli angeli: questi messaggeri celesti sono accreditati di poteri fuori dal comune: apparendo all’improvviso, essi si giocano di tutti gli ostacoli, dispiegano una forza fuori dal comune, comandano agli elementi. Essi si mostrano sotto l’aspetto – molto classico nella Bibbia – di vigorosi adolescenti vestiti di bianco, e non li si designa mai altro che sotto il nome di Angeli del Signore. Tali racconti non appartengono solamente ai primi secoli della Chiesa, si ritroveranno simili pagine fino ad un’epoca più recente.

Nel 1405, i francescani Clemente Ilci e Cornelio Borghese si trovano in Boemia, dove essi fanno prova d’un grande zelo per distogliere i fedeli dalla predicazione del riformatore Giovanni Hus, sospettato di eresia. Imprigionati dai partigiani di quest’ultimo, essi sono liberati dalla loro prigione da un angelo – come lo fu una volta San Pietro – ed essi piangono il loro martirio mancato. Ma l’angelo spiega loro che hanno ancora un immenso apostolato da compiere, e mostra loro le corone che riceveranno da Dio al termine della loro missione. Essi moriranno nel 1408, per essersi votati instancabilmente all’evangelizzazione delle campagne ceche.

Il carmelitano Prospero Dello Spirito Santo Garaicaval, missionario nel Medio Oriente, poi eremita sul monte Carmelo, era sovente preso da parte e maltrattato dagli Arabi: essi lo irroravano di colpi e lo legavano nudo ad un albero in pieno sole, esponendolo al pericolo di essere morso o divorato dalle bestie feroci. Egli rimaneva così delle ore sotto la canicola, punto da insetti d’ogni tipo, lodando Dio e rendendogli grazie nel poter soffrire qualcosa per lui. In capo ad alcune ore di quel trattamento, degli angeli scendevano dal cielo, venivano a distaccarlo e prodigargli delle parole di conforto e di incoraggiamento. Ma una belva veniva ad accostarsi, e gli angeli intervengono subito per metterla in fuga. Questo martire d’un nuovo genere – non è senza richiamare il “martirio a colpi di spilli”, evocato da Santa Teresa del Bambin Gesù – morì nel 1653 alla venerabile età di ottant’anni.

 

 
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