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IL CULTO DI SAN MICHELE A PROCIDA Di don Marcello Stanzione PDF Stampa E-mail
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domenica 16 gennaio 2022

SAN MICHELE A PROCIDASituata all’estremità nord-occidentale del Golfo di Napoli, l’isola di Procida è un’incantevole combinazione di mare e natura, infatti vanta bellissime spiagge, un mare blu trasparente e un verde lussureggiante. Abitata sin dai tempi remoti, l’isola ha visto succedersi diversi popoli, dai coloni Calcidesi ai Greci di Cuma, dai romani ai barbari che, con le loro continue incursioni, costrinsero gli abitanti ad abbandonare le proprie abitazioni, sparse lungo la costa, e a rifugiarsi sul promontorio della “Terra” che, fortificato, fu poi detto “Terra Murata”: ancora oggi sono visibile le Torri di avvistamento che sono diventate un po' il simbolo dell’isola. ...

 
Con l’avvento dei Normanni la sua storia fu come a quella di altri feudi: fu allora che acconto all’agricoltura si sviluppò la pesca e l’attività marinara, tuttora prevalente. Da visitare: la Marina Chiaiolella, zona balneare più frequentata dell’isola; la Chiesa di Santa Maria della Pietà dei Pescatori; la Chiesa della Madonna delle Grazie, con splendida cupola; l’Abbazia di San Michele, ricca di pregevoli opere d’arte.

Al centro del borgo più antico dell’isola di Procida, Terra Murata, c’è appunto l’abbazia di San Michele Arcangelo, la cui struttura è frutto di sovrapposizioni, dall’anno mille al XIX secolo. La storia e la cultura dell’isola passano da questo tempio che nei suoi sotterranei custodisce la biblioteca dell’abbazia commendata, voluta alla metà del XVI secolo dal cardinale Innico d’Avalos. La chiesa è molto particolare a cominciare dal fatto che presenta due facciate: una rifatta nell’800 con una torre campanaria su cui campeggia un “surrealista” orologio senza lancette, andate perse non si sa come, mentre sul lato opposto c’è l’altro prospetto, ampio e armonioso, in stile romanico ma molto danneggiato. Gioiello del complesso è la terrazza a picco sul mare, la cui vista abbraccia isole e costa. In bella mostra sfilano Capri, punta Campanella, il Vesuvio, Nisida, capo Miseno e i Campi Flegrei. All’interno dell’abbazia sono numerosi i dettagli che attirano lo sguardo: la rosa dei venti decorata sua alcune maioliche del pavimento, i marmi mischi degli altari, il coro seicentesco e un dipinto nell’abside realizzato da Nicola Russo, pittore della scuola di Luca Giordano. La tela del XVII secolo rappresenta Procida vista dall’alto: si riconoscono Terra Murata, il porto e Ischia. L’antica immagine ricorda quella dei moderni droni perché l’isola è vista con gli occhi di San Michele Arcangelo che giunge in volo per salvare i procidani da un attacco saraceno. Capolavoro dell’abbazia è l’elegante soffitto in oro zecchino, voluto nel 1680 dal cardinale Antonio Pignatelli in uno dei tanti rifacimenti del complesso. A testa in su si osserva, tra i bagliori dorati, la grande tela al centro della volta con San Michele nell’atto di scacciare il demonio. La visita guidata prosegue nei sotterranei che, scavati nella rupe, offrono inaspettati affacci sul mare. La biblioteca sorge in questi spazi decorati da affreschi del 700, statue ed ex voto. Lo stupore per scaffali e vetrine con antichi testi a stampa e manoscritti va di pari passo con quello per la finestra sul blu che incornicia l’isola di Capri. Questi ambienti accolgono diecimila volumi dal 500 al 900. Canti, gregoriani miniati, raccolte di salmi, libri di storia, geografia, scienza, teologia e perfino trattati su esoterismo ed esorcismi. Una “capsula del tempo” nascosta nella roccia e protetta da un’antica abbazia, forse il migliore punto di partenza in attesa di Procida Capitale Italiana della Cultura 2022.

Riguardo alla devozione dei procidani verso il principe delle schiere angeliche leggiamo quello che scrisse nel lontano 1899, don Nicola Ricci, vicario curato perpetuo di Procida nel suo testo “Le grandezze di san Michele Arcangelo”: “L’isola di Procida più volte vittima della crudeltà dei barbari, vide tre volte bruciata la chiesa costruita sulla cima, oltre le tante depredazioni e schiavitù. Circa il 1535 sarebbe stata interamente distrutta, se il potentissimo sant’arcangelo, tutelare di questa isola, fiduciosamente invocato da quei cittadini, non fosse sceso a loro difesa. Invero con grande flotta il barbaro corsaro Barbarossa, approdato alle acque di Procida, aveva già sbarcato numerose truppe le quali erano giunte persino alla porta di ferro, nella località di Castello, entro cui erano chiusi tutti i procidani; scoraggiati per la mancanza di mezzi, fiduciosi imploravano aiuto dal cielo e difesa da san Michele, protettore dell’isola. Il protettore vide la loro costernazione ed esaudì le loro preghiere. Quando essi stavano per cadere nelle mani barbare, ecco il celeste principe, sceso dal cielo in loro aiuto, fece vedere tutta la terra murata talmente cinta di fuoco, e fece vibrare tanti fulmini e saette, che il barbaro corsaro fu costretto non già a salpare ma rompere le gomene e fuggire spaventato dicendo: “Questo luogo è terribile”. I procidani così mirabilmente salvati dalle mani del nemico per l’aiuto di san Michele, ogni anno in memoria della grazia ricevuta l’8 maggio, come il 29 settembre, portano in processione la veneranda immagine del santo protettore dalla chiesa parrocchiale sino a quel luogo dove è tradizione che san Michele fosse visibilmente apparso; e benedetta con l’immagine l’isola, ritornano in chiesa, ringraziando Dio”.

 
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