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Il diavolo lo attacca, l’angelo custode lo abbandona: la solitudine di Padre Pio PDF Stampa E-mail
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mercoledì 29 dicembre 2021

Il diavolo lo attacca, l’angelo custode lo abbandona: la solitudine di Padre Pio

di Gelsomino Del Guercio

Le testimonianze delle persone a lui vicine raccontano la delusione del frate con le stigmate


Il maligno appare a Padre Pio, come abbiamo visto sotto diverse sembianze, inclusa quella del suo angelo custode. Ne parla Marcello Stanzione nel libro “San Padre Pio e gli spiriti celesti” (edizioni Mimep Docete). ...


Padre Pio, come riportano alcuni testimoni, scoprì sempre l’inganno. E pronunciando le parole “Viva Gesù”, lo spirito del male si allontanava immediatamente.

Custode “non rapido”

L’angelo custode di Padre Pio, nonostante appartenesse all’esercito dei messaggeri celesti, spiega Padre Alessio Parente (cappuccino e stretto collaboratore del frate con le stigmate), a volte non era abbastanza veloce, quando soprattutto il padre necessitava della sua presenza.

 

Le azioni del maligno su Padre Pio

Infatti, il frate con le stigmate, scrive a Padre Agostino da San Marco in Lamis(suo direttore spirituale): «Non vi dico poi in che modo mi vanno percuotendo quei disgraziati. Certe volte mi sento presso morire. Sabato mi sembrò che mi volessero proprio finire, non sapevo più quale santo votarmi. Mi rivolgo al mio angelo e dopo essersi fatto aspettare per un pezzo eccolo in fine aleggiarmi intorno e con la sua angelica voce cantava inni alla divina maestà».

Il momento era serio, perché le condizioni di Padre Pio erano penose, completamente in balia di quei personaggi d’inferno, solo con la sua incrollabile volontà di fedeltà al Signore.


Trascurato dal suo angiolino

La sua solitudine commenta Padre Alessio Parente, è resa amara dal fatto che l’amico, il compagno della sua infanzia, l’angelo che lo ha in custodia, è lontano, sordo ad ogni invocazione di aiuto. Quando si fa presente sembra trascurare completamente il malcapitato amico, impegnato nel canto di lode al Signore.

Furono, dunque, inevitabili l’accorato lamento, il severo ammonimento, la sgridata e il tentativo di castigo. Non doveva essere stata quella la prima volta che si verificava una scenata simile.

La “scenata”

Infatti, Padre Pio nella lettera citata, continuando il racconto della nottata, parla di “solite” scenate.

«Successe una di quelle solite scenate. Lo sgridai aspramente di essersi fatto così lungamente aspettare, mentre io non avevo mancato di chiamarlo in mio soccorso. Per castigarlo non volevo guardarlo in viso, volevo allontanarmi, volevo sfuggirlo. Ma egli poverino mi raggiunse quasi piangendo, mi acciuffa, finché sollevato lo sguardo, lo fissai in volto e lo trovai tutto spiacente».

 

Le parole dell’angelo custode

Ed ecco le parole dell’angelo custode:

“Ti sono sempre stato vicino, mio diletto giovane, io mi aggiro sempre a te d’intorno con quell’affetto che suscitò la tua riconoscenza verso il diletto. Tu attraverseresti tutti i monti, tutti i deserti per cercarlo, per rivederlo, per riabbracciarlo in questi estremi momenti a dirgli che rompesse presto codesta catena che ti tiene unita al corpo…che non soffre più tanto da lui lontano, che ti portasse con sé. Dirgli che qui separato da lui raccogli più tristezza che gioia”.

Tu lo vorresti proprio questo dono da lui, ma non ti affaticare. Tu devi aspettare un altro poco. Egli per adesso nulla può darti come il raggio d’una stella, il profumo d’un fiore, in gemito d’un arpa, le carezze del vento. Tu non cessare però di incessantemente domandarglielo, poiché la sua suprema letizia è di averti con sé. E sebbene egli al presente non può accompagnarti, perché la provvidenza vuole che ti stia in esilio per un altro po’; egli finalmente finirà coll’accontentarsi almeno in parte…”.

 

La gratitudine

Dopo queste bellissime parole Padre Pio non poté più rispondere all’angelo custode. E concludendo la lettera, aggiunge, confessando a Padre Agostino quasi come una colpa il suo lamento iniziale:

«Povero angiolino! Egli è troppo buono. Ci riuscirà a farmi conoscere il grave dovere della gratitudine?».

 
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