DIO GUARISCE ATTRAVERSO SAN RAFFAELE ARCANGELO Di Elia Lucchini |
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sabato 18 dicembre 2021 | |
Don Marcello Stanzione e fausto Bizzarri sono gli autori del bel testo edito dalle edizioni Segno “San Raffaele Arcangelo. Dio ha guarito. Indagine biblica, teologica e agiografica”. Raffaele non ci è noto che da un brevissimo scritto dell’Antico Testamento, il Libro di Tobia, di cui gli esegeti pensano che avesse come scopo quello di insegnare, sotto forma divertente, oltre che delle verità morali, l’angelologia ebraica. Ma tracciamo, per sommi capi, quello che ci dice il Libro di Tobia. ...
Tobia, della tribù di Neftali, è il solo, in mezzo ai suoi, che abbia rifiutato il culto degli idoli, introdotto in Israele da un re empio, Geroboamo. Sfidando le prese in giro del vicinato l’uomo continua a praticare scrupolosamente la religione dei suoi padri, compiendo i pellegrinaggi, prescritti dalla Legge, a Gerusalemme; lasciando la decima; soccorrendo i poveri e temendo Dio. Quando gli Israeliti sono deportati a Ninive, Tobia, esiliato anch’egli, continua a comportarsi da pio ebreo, ed il Cielo, in un primo tempo, sembra ricompensarlo poiché egli gode della fiducia del sovrano, di un’alta posizione sociale, di una bella fortuna e di una famiglia felice. Poi, un giorno, senza ragione apparente, la sfortuna comincia a colpire questo giusto. Alla morte del re di Ninive, Tobia è allontanato dal potere dal suo successore. I suoi affari commerciali con l’estero, fino a quel momento molto prosperi, declinano quando il re Sennacherib dichiara le ostilità contro la Media e chiudendo le strade carovaniere. Per vendicarsi dei rovesci militari che allora prova, il perfido e crudele Ninivita si mette a massacrare gli Ebrei, di cui fa gettare i cadaveri dall’alto degli spalti nella sottostante pianura, col divieto a chiunque, sotto pena di morte, di dare loro una sepoltura. Ma il pio Tobia, sull’esempio di Antigone, disprezza le leggi degli uomini quando esse vanno contro quelle di Dio. Sfidando le minacce del tiranno, ogni notte, egli ruba alle iene le spoglie degli israeliti uccisi e le seppellisce. Chiaramente, Tobia finisce con l’essere denunciato e non trova la sua salvezza che in una fuga precipitosa. Tutto quello che gli restava della sua fortuna è allora confiscato. Le cose sembrano migliorare quando Sennacherib è assassinato. Su preghiera dei suoi parenti, Tobia è autorizzato a rientrare a Ninive. Ritrova così la sua casa, sua moglie Anna ed il loro figlio adolescente, Tobiolo. E ricomincia la sua vita esemplare, non rinunciando neanche ora al bisogno di uno scavafosse clandestino. La benedizione divina sta per estendersi su di lui? Per nulla, secondo la visione del mondo. Tobia è raggiunto da cataratta e perde la vista. Incapace di lavorare, egli deve sopportare che sua moglie vada a servizio presso altri per guadagnare di che vivere. Pieno d’ingiustizie, il vicinato lo schernisce: a che gli è servito rispettare Dio ed i Suoi Comandamenti? Yahvé ha apertamente distolto il suo Volto dal suo servo poiché, nella società ebraica dell’Antichità, la riuscita sociale e finanziaria era la nota visibile dei meriti dell’uomo, una ricompensa immediata delle sue buone opere. Ben presto, Anna stessa assilla suo marito coi suoi rimbrotti. Colpito nella sua dignità, Tobia chiede di morire. Durante tutto questo tempo, in Media, la giovane, dolce e bella Sara, figlia unica del ricco Ebreo Ragueke, è in balìa degli insulti del vicinato e delle sue stesse serve. Sette volte suo padre le ha dato uno sposo, sette volte, il nuovo marito è morto nel momento in cui entrava nella camera nuziale e si avvicinava al letto coniugale. A questo ritmo, Sara ha perduto i cugini coi quali, secondo la Legge, essa poteva convolare a nozze. E’ condannata al nubilato ed alla sterilità, infamia assoluta per una Ebrea. Disperata, Sara sale in camera sua decisa ad impiccarsi. Ella non sa che, così facendo, compirebbe i neri disegni del demone Asmodeo (nome preso da un demone dei Persiani, Aeshma, che etimologicamente significa “Io dono la morte”, “Io uccido”, “Io distruggo”. Questo nome fa di lui il fratello maledetto, al rovescio, di Raffaele, il cui nome significa “Dio è guarigione”) che presiede ai peccati della carne e si accanisce nel dannare la ragazza. Pertanto, per considerazione per la sua famiglia, Sara non pone in atto il suo proposito di suicidarsi, ella si limita ad implorare la morte. Davanti alla disperazione del vecchio Tobia e dell’innocente Sara, Dio si commuove e spedisce sulla Terra uno dei Sette che stanno davanti a Lui, Raffaele, l’Angelo della castità e dell’amore coniugale, avversario dichiarato di Asmodeo, questo ipocrita maestro che spinge gli uomini e le donne a degli atti che lui stesso, da puro spirito che è, giudica ridicoli, osceni e ripugnanti. Raffaele prende l’aspetto di un giovane e i presenta, cinto per il viaggio, a casa di Tobia sotto il nome di Azaria, figlio di Anania. Egli capita a proposito. Il vecchio Tobia, ossessionato dai pensieri molli, ha deciso di inviare suo figlio in Media, al fine di recuperare delle piccole risorse finanziarie che egli aveva, a suo tempo, fatto laggiù: grosso modo quello di che offrirgli esequie decenti. Il giovane Tobiolo, inesperto, ha bisogno di una guida sicura. Il presunto Azaria si propone per assolvere questa missione. Mai guida sarà stata così ben scelta. Tobia padre rimane, Tobiolo figlio parte. Attraversando il fiume Tigri, Raffaele aiuta Tobiolo a prendere un grosso pesce, il di cui fegato, cuore e fiele hanno straordinarie proprietà terapeutiche. Egli lo conduce poi a casa di Raguele, rivelando ai due uomini quello che essi stessi ignoravano, a causa dell’esilio, la loro stretta parentela e Tobiolo diventa lo sposo promesso a Sara. Malgrado i timori del padre e del fidanzato, Raffaele-Azaria spinge alle nozze e mostra a Tobiolo come, gettando le viscere del pesce su carboni ardenti, egli compirà un esorcismo abbastanza potente da scacciare Asmodeo dalla camera di Sara. Tobiolo obbedisce e Asmodeo, violentemente scacciato dall’odore, fugge fino in Egitto dove Raffaele lo raggiunge e gli amministra una correzione tale dal dissuaderlo di importunare più la giovane coppia. Poi Raffaele regola gli affari commerciali di Tobia padre, recuperando in tal modo molto più del previsto. Somma che viene ad aggiungersi alla ricca dote di Sara ed all’enorme eredità che spetta a questa figlia unica. E’ dunque con una fortuna interamente ristabilita che il giovane rientra a casa sua dove, grazie al fiele del pesce, egli ridona la vista al padre. I giusti sono ricompensati. Ma Azaria, la guida che ha permesso tutti questi prodigi, come ringraziarlo in proporzione ai servizi da lui resi? Generosamente, Tobia padre e il figlio Tobiolo gli offrono la metà dei loro ritrovati beni. Allora l’Angelo si decide, dopo alcuni consigli di morale, di rivelare loro la verità e la sua identità. Alle sue parole, essi furono presi da grande spavento e si prosternarono col volto a terra. Ma egli disse loro di non temere e di ringraziare sempre Dio per tutti i benefici di cui li aveva ricolmati. Quando si rialzarono, egli non era più visibile.
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