GLI ANGELI CI PREPARANO ALL’INCONTRO DEFINITIVO CON DIO Di don Marcello Stanzione |
Scritto da Amministratore | |
sabato 02 ottobre 2021 | |
Una delle missioni devolute da Dio ai suoi angeli è di prepararci alla morte, all’incontro col mistero dell’Amore eterno, e questo non è solamente nel momento in cui noi ci accostiamo al termine della nostra vita terrena, ma lungo il filo dell’intera nostra esistenza, come l’abbiamo visto precedentemente. Questa preparazione si limita talvolta ad un semplice annuncio della prossimità o dell’imminenza del trapasso, annuncio che prende le sue modalità al racconto evangelico dell’Annunciazione: un angelo viene dal far sapere alla persona morente la buona novella del suo prossimo passaggio nell’eternità. ... Gli esempi sono innumerevoli, e questo fin dalla più alta antichità cristiana. Tre giorni prima di morire, la reclusa Sincletica, “madre delle monache” del deserto d’Egitto, che viveva in un vecchio sepolcro nei dintorni d’Alessandria, vide una truppa di vergini coronate e di angeli splendenti di luce, che venivano a prepararla alla sua ultima ora. Ella, che da tre anni, era soggetta ad un’atroce malattia che le aveva limitato l’uso della parola: “Non vi è che la grazia di Dio che le conservava la vita” – potette nuovamente parlare per esortare un’ultima volta le sue discepole ed annunciare loro: “Tra tre giorni, la mia anima lascerà la prigione del suo corpo”. Ella aveva edificato la sua cerchia con la sua forza e la sua pazienza in mezzo ai mali più spaventosi, una carie delle ossa accompagnata da febbri brucianti. Sincletica morì verso l’anno 400, all’età di 84 anni. San Gregorio Magno narra che una notte dell’anno 570, Anastasio, abate benedettino di Suppentonia, vicino al monte Soratto nella diocesi di Nepi, e sette suoi monaci resero di loro buon piacere l’anima a Dio, sull’invito di un angelo giunto a far conoscere loro l’imminenza della loro morte. Annunciando a San Patrizio (380-461) la sua morte prossima, un angelo gli fece sapere che doveva farsi inumare a Saul e non nella sua città episcopale di Armagh. Ma, essendosi messo in strada, il vescovo morì tra le due città. Siccome i suoi discepoli esitavano sul comportamento da tenere, essi posero la sua spoglia su di un carretto al quale erano attaccati due buoi: da sè stessi, gli animali condussero il santo corpo nel posto dove si innalza oggi la città di Downpatrick. Lo stesso favore fu accordato ad Odona (879-942), abate di Cluny. Trovandosi a Roma, dove il papa l’aveva fatto venire, egli cadde gravemente ammalato e ben presto si sentì vicino al morire. Egli invocò il suo santo di predilezione, Martino di Tours, dicendogli che avrebbe amato molto, prima del suo trapasso, andare a raccogliersi un’ultima volta sulla sua tomba. Un angelo gli apparve allora, che gli annunciò: Coraggio, servo fedele! L’ora della tua liberazione stava per suonare, quando il beato Martino ha ottenuto il prolungamento della tua vita e la realizzazione dei tuoi voti. Parti dunque per Tours, è da lì che tu lascerai la terra per volartene in cielo. Ritrovandosi subito ristabilito, Odone si mise in viaggio per Tours, dove potette assistere alle feste del 11 novembre in onore di San Martino. Poi ricadde malato il 15 e decedette tre giorni più tardi, conformemente al messaggio dell’inviato del Cielo. Nella stessa epoca, un monaco dell’abbazia di Cluny, frate Eppo, fu un giorno ammesso all’infermeria e si ritrovò nella sala riservata a quelli il cui stato era disperato. Egli aveva sempre avuto una grande paura della morte, ed i suoi timori raddoppiarono quando vide dei demoni agitarsi intorno al letto dei malati, avendo dei tizzoni in mano. Ma subito gli Apostoli giunsero per interporsi e rassicurare gli ammalati, esortandoli alla fiducia. Poi frate Eppo vide degli angeli che discendevano verso il posto dove i morenti, coricati secondo l’uso su di un letto di cenere e rivestiti d’un cilicio, si preparavano a rendere l’ultimo respiro. Allora, riconfortato ed essendo scomparsa ogni angoscia, egli chiese di essere portato in quel posto, e morì poco dopo in una grande pace. Paolina Le Petit, terziaria del Carmelo e reclusa a Beloeil, in Belgio, aveva una ventina d’anni quando, nel 1641, il suo angelo custode venne ad avvisarla della sua morte prossima. La ragazza accolse con gioia quella notizia, e l’angelo la preparò per alcuni giorni, poi egli le apparve un’ultima volta nel momento in cui ella rendeva la sua anima a Dio in un’estasi d’amore.
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