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L’Editrice Segno stampa “Medicina e Cucina. A tavola con la scuola medica salernitana” PDF Imprimir E-Mail
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martedì, 03 de agosto de 2021
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Medicina e Cucina

 di Elia Lucchini

Il sacerdote salernitano don Marcello Stanzione e il medico cardiologo torinese Bianca Bianchini sono gli autori di “Medicina e cucina”, un testo che unisce storia della gastronomia e della medicina, dietetica e spiritualità.

Chi acquista e legge un libro di ricette come questo sui rimedi sanitari-alimentari ispirati alla saggezza dietetica dell’antica scuola medica salernitana ovviamente cerca un libro utile per conservare la sua salute, e se l’ha persa per recuperarla. ...

 
Ma ci chiediamo se sia ancora attuale una cura terapeutica nata e sviluppatesi nel medioevo? Per di più ancor oggi in larghi strati dell’opinione pubblica vige il pregiudizio illuminista di stampo anticattolico che il medioevo si in tutte le sue manifestazioni, quindi anche in quelle collegate alla medicina, un’epoca oscurantista.  Parlando del mondo dell’uomo medievale, ci riferiamo in primo luogo alla condizione dell’uomo sofferente, che non è possibile vedere senza considerare la visione del mondo che sta alle sue spalle. Senza timore di essere smentiti si può dire che la scienza medica è nata con l’uomo: da sempre infatti l’essere umano ha cercato di porre rimedio ai propri mali. Grazie alla paleopatologia, e all’esame delle mummie di cui spesso si avvale, siamo in grado di conoscere da quali malattie sono stati affetti antichi popoli quali inca ed egiziani. Il faraone Ramsete V era ad esempio affetto da vaiolo. E sempre grazie a questi studi possiamo conoscere quali rimedi siano stati utilizzati. Per citare un esempio l’autopsia della mummia di Cangrande della Scala (1291-1329), signore di Verona, ha evidenziato la presenza di composti simili ai glicosidi della digitale nel tessuto epatico e nelle feci. Nel Medioevo era infatti ben conosciuto, soprattutto nella medicina popolare, l’effetto anti-idropisia della scilla (Urginea maritima) e, a dosaggi molto diluiti, della digitale (Digitalis purpurea), piante contenenti entrambe dei principi ad azione cardiotonica, che, a quei tempi difficilmente dosabili, facilmente potevano determinare sintomi da intossicazione come vomito e diarrea.

A lungo il Medioevo è stato erroneamente considerato un’epoca oscurantista. In realtà anche in ambito medico non ci trova più di fronte ad una medicina del tutto empirica ma piuttosto ad un sistema organico che abbraccia malattia e prevenzione. Se i metodi di cura non erano tantissimi vi era però una certa maestria nel trattamento di ferite e fratture, cosa molto utile viste le continue guerre. Se all’epoca giravano per le piazze ciarlatani che propagandavano rimedi del tutto inefficaci o che praticavano procedure dolorose e violente come ad esempio la cauterizzazione con un ferro rovente delle emorroidi, vi erano anche medici che avevano studiato a Salerno o a Bologna, due università ritenute di grande prestigio professionale.

Fin al 1270 non veniva usato il bisturi ma il ferro rovente introdotto dagli arabi; si era in grado di arrestare un’emorragia con i legacci, di operare un’ernia, ricucire le estremità dei nervi recisi, operare l’idrocefalo infantile praticando una piccola apertura nel cranio.

Nel Medioevo diversi fattori influenzarono lo sviluppo dell’arte medica. La mortalità era alta sia per i regimi alimentari estremamente carenti, basati come erano quasi esclusivamente su cereali e legumi, sia per le pessime condizioni igieniche. L’igiene personale era spesso inadeguata, anche a causa dei dettami della chiesa che scoraggiava l’uso dei bagni pubblici promiscui, e nei luoghi che non potevano fruire delle infrastrutture fognarie romane lo scarico delle acque nere avveniva all’aperto, in rigagnoli ai lati delle strade. D’altro lato la religione ha influenzato lo sviluppo della medicina medievale e a quell’epoca si sviluppo il concetto cristiano di hospitalitas, ovvero l’accoglienza, l’assistenza e l’ospitalità per i malati presso ospizi situati vicino a chiese e monasteri.

La terapia in epoca medievale si basa essenzialmente sull’utilizzo di piante, minerali, salasso, purghe e riposo.

La Scuola Medica Salernitana rappresenta la prima e più importante istituzione medica d’ Europa all’inizio del medioevo; essa si fonda sulla sintesi della tradizione greca e latina completata da nozioni provenienti dalla cultura araba ed ebraica. L’approccio era basato fondamentalmente sulla pratica e sull’esperienza che ne derivava, aprendo così la strada al metodo empirico ed alla cultura della prevenzione.

La professione medica ha goduto da sempre di una grande considerazione, avendo come obbiettivo primario la salute dell’individuo. Sin dai tempi più remoti le finalità della medicina erano dirette come ancora tuttora ad abbracciare l’uomo nella sua interezza fisica e psichica, il che ne eleva la nobiltà. Promozione della salute, lotta alla malattia e alla morte, questi sono i grandi temi della medicina, temi che in definitiva significano migliorare e difendere la vita del singolo e della comunità.

È alla Scuola Medica Salernitana che si deve l’identificazione della dietetica soprattutto con l’arte del mangiar bene e con l’insistenza sulla moderazione.

Nel Regimen Sanitatis di Salerno è scritto:

“A tutti raccomando il rispettar la dieta, serbando il loro consueto vivere. La dieta è poi meta del medicar, e chi lei non apprezza, quando sano, mal regge, e infermo poi non ben si cura”.

Gli alimenti sono classificati a seconda della loro appartenenza ad uno dei quattro elementi. Quello ritenuto più nobile è il fuoco, cui appartengono prima di tutto le spezie; poi viene l’aria, e cioè gli uccelli; poi l’acqua, con il pesce e solo in ultimo la terra, in cui rientra la carne di animali quadrupedi e le verdure.

Le spezie secondo la scuola sono le sostanze più adatte a conservare la salute; aggiungere spezie ad una pietanza significa renderla più calda, secca e facilmente assimilabile. Importante inoltre la preparazione dei cibi in base alla loro intrinseca natura: i cibi di natura fredda vanno sottoposti ad una preparazione preventiva (fritti, bolliti, ecc.), e comunque è sempre buona norma accompagnare i cibi freddi con qualcosa di caldo.

Importante l’ordine delle portate: la frutta veniva servita all’inizio del pranzo, perché la sua acidità “apre lo stomaco” e perché, essendo fredda, si ha tutto il tempo di digerirla; questo “antipasto” va accompagnato dal vino bianco, più acido del rosso. Il grosso del pranzo è costituito comunque da portate che comprendono minestre, e arrosti resi più caldi e secchi da salse speziatissime e dal sapore forte, come il garum romano, che il nobile longobardo Vinidario, autore di un trattato di cucina, nomina ancora nell’VIII secolo. Chiude il pranzo un dessert, composto per lo più da frutta cotta, come mele cotogne cotte sotto la cenere e servite con il miele, pesche cotte nel vino, o anche focacce di fichi secchi e uva passa, o noci confette, accompagnato da vino caldo e profumato di spezie “digestive” come il finocchio, il coriandolo o l’anice. Il tutto al fine di cuocere per l’ennesima volta l’intero pranzo e dare anche un alito gradevole.

Il connubio tra l’alimentazione e le erbe medicinali nella scuola salernitana, alla luce delle moderne ricerche scientifiche, ha dei risvolti di estrema modernità come dimostrano le ricette del libro di don Stanzione e della dottoressa Bianchini.

 
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