GLI ANGELI NON SOTTRAGGONO I CREDENTI AL MARTIRIO Di don Marcello Stanzione |
Scritto da Amministratore | |
sabato 03 aprile 2021 | |
Non vi è nulla di stupefacente al fatto che gli angeli non cerchino quasi mai di sottrarre i credenti al martirio e quando accade loro di farlo, è in vista d’una glorificazione più grande di Dio, e i santi personaggi che sfuggono così alla gloria del martirio non ne sono generalmente del tutto contenti, almeno in un primo tempo: non si rapisce loro così un’occasione unica di entrare nella vera vita?...
A San Carterio, sacerdote di Cesarea martire sotto la persecuzione di Diocleziano, Cristo stesso spiega il significato delle “dilazioni” portate al martirio da alcuni suoi fedeli. Il sacerdote si è nascosto, al fine di proseguire il suo ministero presso i fedeli perseguitati dall’odio dei persecutori, ma Gesù gli è apparso per dirgli: “Io sarò con te. Tu soffrirai diverse volte per la salvezza di numerose anime, ma io sarò con te”. Allora egli si è lasciato arrestare senza resistenza, quando è giunta la sua ora. Gli hanno imposto di sacrificare agli dei, egli ha rifiutato. Lo si è flagellato, poi l’hanno sottoposto al supplizio delle unghie di ferro. Il nome dice abbastanza di quella cosa che si tratta. Egli è stato guarito da un angelo e, ridiventato valente, ha subito nuove torture, più raffinate le une delle altre, e sopportate con tanto coraggio come le precedenti. Infine, lo si è decapitato, dopo che si ebbe finito senza indebolirlo tutte le forme del dolore. Il suo sacrifico non sarà stato vano, perché lo spettacolo della sua costanza e della sua forza d’animo in mezzo ai supplizi ha confortato la fede dei fedeli ed ha trascinato numerose conversioni in mezzo ai pagani. I racconti di interventi degli angeli presso i cristiani perseguitati per la loro fede, tali come ne abbiamo numerosi esempi negli Atti dei martiri, permettono di comprendere in cosa quegli spiriti celesti servono la gloria di Dio sia assistendo i martiri nel loro supplizio, sia risparmiando loro con una liberazione provvidenziale, in vista del compimento d’una ulteriore missione. Per leggendari che siano molti di quegli episodi, non resta nondimeno una portata pedagogica che sorpassa largamente l’intenzione del semplice racconto di edificazione. E se essi sottolineano il coraggio fisico e morale dei testimoni di Cristo di fronte ai loro carnefici e davanti alla morte, essi mostrano soprattutto quanto il dono della vita come testimonianza renda gloria alla santità di Dio, e quanto anche quel Dio non è una divinità allettata dal sangue: i fatti di liberazione da parte di un angelo che sottrae i fedeli ai loro persecutori sono numerosi. Liberati, i confessori della fede possono proseguire un apostolato intenso che mira alla gloria di Dio con la salvezza delle anime. Verso il 211-212, il sacerdote Felice ed i suoi diaconi Nereo e Achilleo, inviati da San Ireneo di Lione per evangelizzare la regione di Vienne, sono stati arrestati come cristiani. Avendo rifiutato di sacrificare all’imperatore, li si è imprigionati, ed essi aspettano pacificamente la morte, cantando i salmi ed esortandosi vicendevolmente nel far prova di coraggio. Essi non hanno che un solo rimpianto: non aver avuto il tempo di gettare giù le statue degli dei che si levano sol foro. L’angelo, poiché ne è uno, ha preso la pena di attraversare i muri della prigione per procurare loro quell’ultimo piacere: dopo aver fatto cadere le loro catene sfiorandole con la mano, egli apre le porte, davanti alle quali le guardie, assonnate da un misterioso sonno, sono ben incapaci di reagire. Una volta all’esterno i nostri tre compagni, l’angelo li lascia altrettanto subitaneamente come è arrivato, ed essi corrono fino al foro dove cominciano a dissigillare gioiosamente gli idoli dai loro zoccoli ed a spezzarli. Benché faccia notte nera, il rumore finisce per allarmare il vicinato: essi sono di nuovo arrestati. Poco importa loro, è con gioia che riguadagnano la loro galera, tutti felici nel poter fare a Dio il sacrificio della loro vita dopo aver compiuto la loro missione di salubrità spirituale. Due giorni più tardi, essi sono sottoposti a spaventosi supplizi che subiscono senza batter ciglio: si spezza loro le gambe su di una ruota, li si affumica e, siccome essi non sono del tutto morti, si finisce col decapitarli. Forse l’angelo li ha sostenuti durante quei tormenti, ma non ha voluto con un intervento indiscreto rapire loro la gloria del martirio. Tardivi, gli acta di questi due santi riprendono, all’evidenza, il tema dell’angelo del Signore che viene a liberare miracolosamente Pietro incarcerato per ordine del re Erode. Evidentemente, se conoscono le avventure di Pietro nei primi tempi della Chiesa nascente, essi sono troppo umili per immaginare il minimo parallelo tra di essi ed il principe degli Apostoli. La parte della leggenda è ancor più patente nella storia di San Marino. Originario della Gallia – dell’Agennese, più precisamente -, egli si sarebbe recato in Italia per diventarvi diacono. Imprigionato come cristiano, egli è liberato da un angelo, così come i suoi compagni, prodigio che trascina la conversione dei loro carcerieri. Egli riguadagna allora il suo paese natale, dove lo riprende la persecuzione organizzata da un certo Numerius nel 283. nuovamente incarcerato, egli è condannato ad essere frustato, ma i lacci del flagello sono rivolti dall’angelo contro i boia. Lo si consegna alle fiamme, da cui esce indenne: l’angelo l’ha preservato dal fuoco. Per nulla impressionato, il suo nuovo persecutore, il re Valduano di Lectoure, ordina che sia gettato alle belve: queste non fanno alcun male al giovane, che una voce celeste incoraggia a restar saldo nella fede. Finalmente, egli è decapitato. L’eremita siriano Erasmo (che gli Italiani e gli Spagnoli chiamano Sant’Elmo) è sfuggito alla persecuzione di Diocleziano. Ma si scopre il suo rifugio ed è imprigionato, aspettando di passare in giudizio. Un angelo entra nottetempo nella sua cella e lo libera, poi lo conduce in Illiria. Ma là, egli è di nuovo preso come cristiano e sottoposto a spaventose torture. Ancora una volta, l’angelo interviene e lo sottrae ai suoi carnefici, portandolo questa volta – per via aerea – a Formia, in Italia. Diventato vescovo della città, egli è ripreso una terza volta e sottomesso al più atroce supplizio: lo si sventra e si arrotolano le sue interiora su di un trogolo! Questo accade verso l’anno 300. In altre circostanze, gli angeli si adattano e fanno prova d’originalità. Quando il sacerdote Antimo è gettato nel Tevere per aver convertito un prefetto, marito della cristiana Lucina, un angelo piomba nelle acque del fiume: per qualche tempo, egli mantiene il sacerdote sotto la superficie arrangiandosi in modo tale ch’egli possa respirare. Come fa? La legenda non lo precisa, ma gli angeli sono abbastanza ingegnosi per utilizzare una canna a guisa di tubo. Essendosi dispersa la folla dei curiosi, egli lo riporta sulla sponda. Ma quando Antimo è ripreso, alcuni giorni più tardi, è decapitato, e questa volta l’angelo non viene a fermare la mano dei carnefici. Forse il sacerdote aveva, prima di morire, ancora un’ultima missione da compiere? I francescani Benincasa Rapacioli e Piriteo Malversi hanno più fortuna. Entrati come i precedenti nel convento di Siena, in Italia, sono stati anch’essi inviati in Boemia, poi hanno raggiunto l’Ungheria. Laggiù, essi sono stati imprigionati dagli infedeli, poi liberati da un angelo, che ha indicato loro il campo di apostolato che Dio riservava ancora loro: la Tartaria. Al termine di un ministero dei più fruttuosi in quel paese fin là impenetrabile al cristianesimo, essi sono stati arrestati, poi decapitati, nel 1415. Un secolo più tardi, è il francescano Alessandro Giovanni che subisce il martirio al Cairo, il 4 gennaio 1552, dapprima soldato italiano, stanco d’una vita errante senza scopo, egli si è fatto religioso in Spagna, a Valladolid, da dove lo si invia su sua richiesta in Egitto. Due volte preso dai mussulmani e condannato al rogo, due volte egli è stato miracolosamente protetto dalle fiamme dal suo angelo custode. L’evento ha fatto gran rumore, suscitando numerose conversioni al cristianesimo. Infine, arrestato una terza volta, e di nuovo dato alle fiamme, egli ne è morto, non avendo l’angelo stimato opportuno intervenire.
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