Come nacque la leggenda nera dei riti di sangue di Rino Cammilleri |
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domenica, 28 febbraio 2021 | |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Oggi la definiremmo leggenda metropolitana, ma la diceria sull’usanza di certi ebrei di uccidere bambini cristiani allo scopo di usarne il sangue per riti magici ha attraversato l’Europa fin dal 1144, quando il piccolo William di Norwich, in Inghilterra, fu trovato assassinato. Poiché episodi del genere, qua e là, si ripetevano, nel 1751 il Sant’Uffizio vietò ai cattolici di prestare fede alla fola dell’omicidio rituale ebraico. ... Massimo Introvigne ha ricordato in un libro (Cattolici, antisemitismo e sangue. Il mito dell’omicidio rituale, Sugarco) che autore della diffida fu il cardinale Lorenzo Ganganelli, poi divenuto papa Clemente XIV. Ma non bastò, perché l’ultimo di questi episodi lo si registra addirittura nel 1946, a Kielce in Polonia. Qui una quarantina di ebrei, sopravvissuti allo sterminio nazista, finirono linciati, anche se la presunta vittima dell’omicidio rituale fu ritrovata viva e vegeta dopo pochi giorni. E solo dopo la caduta del comunismo questa rivelò che, a parer suo, si era trattato di una macchinazione dei comunisti in combutta con la polizia locale. Paradossalmente, all’omicidio rituale ebraico sembrava credere anche il padre del comunismo, Marx, pur ebreo. Marx, tuttavia, era «religiosamente» ateo e disprezzava tutte le fedi. Sempre Massimo Introvigne, in un articolo su «Cristianità» del 1998 dedicato al caso di cui parleremo subito, citava un passo del 1847 in cui Marx, facendo di ogni erba un fascio, affermava che, in fondo, pure i cristiani «macellavano esseri umani e consumavano vera carne e sangue umano nell’eucarestia». Marx sicuramente non aveva le idee chiare sulla dottrina cattolica, ma senz’altro era stato influenzato da un caso che aveva destato molto clamore in Europa e al quale oggi le edizioni Sugarco dedicano un libro: Assassinio a Damasco. Chi ha ucciso padre Tommaso da Calangianus? di Giuseppe Inzaina e Marcello Stanzione. Veniamo ai fatti. Francesco Mossa, nato a Calangianus (Olbia) nel 1777, interrompe gli studi in farmacia per farsi sacerdote cappuccino col nome di Tommaso da Calangianus. Nel 1807 raggiunge Damasco come missionario apostolico e diventa presto molto benvoluto dalla popolazione per le sue attività benefiche. Viene richiesto da più parti anche per le sue conoscenze farmaceutiche, grazie alle quali vaccina migliaia di bambini di ogni credo ed etnia. Ma la sera del 5 febbraio 1840 lui, ormai settantatreenne, e il suo giovane servitore arabo Ibrahim Amarah scompaiono. Passano i giorni e si sparge la voce che il missionario e il ragazzo sono stati assassinati dagli ebrei. Non è la prima volta che un’accusa del genere viene sollevata, ma sempre le autorità ottomane (Damasco è sottoposta al viceré d’Egitto, a sua volta dipendente da Costantinopoli) hanno archiviato. Tuttavia, adesso no, perché la vittima è universalmente nota in Siria. Un barbiere ebreo «confessa» (sotto tortura) di avere partecipato all’omicidio insieme ad altri ebrei, di cui fa i nomi. Di questi, sottoposti a interrogatorio (nel solito modo), alcuni confessano (uno, un rabbino, addirittura si converte all’islam per scansare la pena capitale), altri no. In tutto, undici ebrei (alcuni molto in vista) vengono incarcerati, uno muore sotto interrogatorio. Ma perché il caso fa rumore a livello internazionale? Perché la Francia avanzava una pretesa di protettorato sui cristiani d’Oriente e il console Ratti-Menton, sostenuto dal console generale Cochelet, mette bocca personalmente nelle indagini. Ed è convinto della colpevolezza degli imputati. Ha dalla sua l’appoggio discreto del suo governo, retto dal liberale Thiers. Convinti, al contrario, dell’innocenza degli ebrei di Damasco sono i diplomatici asburgici, gli italiani Giovanni Merlato e Antonio Laurin, che hanno dalla loro il cancelliere Metternich. Tutti e tre sono cattolici praticanti (Metternich è amico personale di Donoso Cortés, uno degli intellettuali consultati dalla Santa Sede per il Sillabo) ed è grazie ai loro sforzi che agli imputati è evitato il capestro. Sul caso di Damasco intervennero anche il potente banchiere Rotschild e l’inglese sir Moses Montefiore, ma è singolare che a favore degli ebrei si sia mossa, e con successo, la potenza considerata «reazionaria» per eccellenza, l’Austria di Metternich (evidentemente fedele alla linea tracciata dal Sant’Uffizio nel 1751), mentre la Francia di Luigi Filippo, campione del «progresso», li voleva impiccati. Chi uccise padre Tommaso? Non si seppe mai. Alcuni resti umani, fatti a pezzi e chiusi in un sacco, furono rivenuti in un canale di scolo qualche giorno dopo la sua scomparsa. Ma quelli che avevano confessato sotto tortura ritrattarono. Forse gli assassini (si dice) furono alcuni mercanti musulmani con cui il cappuccino sardo aveva avuto una lite. Chissà… -Giuseppe Inzaina, Marcello Stanzione: Assassinio a Damasco. Chi ha ucciso padre Tommaso da Calangianus? (Sugarco, pp. 146).
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