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LA STATUA DI SAN MICHELE AL GARGANO A cura di Mario Azzarone PDF Stampa E-mail
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sabato 16 novembre 2019

LA STATUA DI SAN MICHELE AL GARGANOLa statua di san Michele che si venera nel Santuario di Monte Sant’Angelo , un’immagine che sembra sia  sempre presente sopra l’altare nella penombra diffusa della Celeste Grotta, pronta ad accogliere i pellegrini che, appena varcata la soglia delle porte di bronzo, vengono subito orientati ed attirati dal chiarore eburneo della scultura marmorea e dal luccichio delle ali dorate.. questa statua di San Michele, ancora oggi, si presenta in una forma estetica da destra una venerazione spontanea, sollecita un immediato senso di rispetto e devozione, determinando con una forza arcana quella concentrazione di sguardi e di pensieri rivolti verso la sfera divina. ...

 
Non sembra affatto  un angelo guerriero, che deve combattere o che sta per vincere, come si può evincere dalla tradizione agiografica; il suo viso placido e sereno dà l’impressione di una certa ambiguità, forse propria degli angeli, ma pronto a dare confidenza ai tanti fedeli, a sentire le continue preghiere e vagliare le loro richieste di grazie. Non sa e non vuole dire di no a nessuno. La statua , di marmo bianco di Carrara, non è grande: misura soltanto 125 centimetri, ma risulta non soltanto proporzionata all’ambiente particolare della Grotta, all’altezza disponibile sopra l’altare, ma risponde totalmente ai requisiti che un’immagine sacra, posta in un ambiente particolarmente suggestivo, deve possedere e trasmettere. Questi requisiti dovevano corrispondere a quelle derivati  dalla definizione di S. Tommaso per le immagini sacre che, svolgendo un compito pedagogicamente ideografico, un compito di fissazione eidetica, un compito di stimolo all’esercizio concreto della devozione, servono principalmente all’incremento della pietà. E certamente l’atmosfera che si ricrea di queste suggestioni. La scultura è modellata in lineamenti morbidi e delicati che definiscono il contorno e fanno emergere la forma del corpo e la composizione dell’insieme dove trovano spazio superfici impreziosite da interventi da esperto cesellatore. La statua vuole rappresentare lo lotta e la vittoria di san Michele contro il diavolo, raffigurato in dimensioni ridotte dal triplice aspetto di scimmia nella faccia e nel petto, di caprone nell’addome e nelle zampe e di serpente nella coda sottile strisciante sul piano. San Michele ha l’aspetto di un giovane imperatore romano con la lorica sormontata da un mantello avvolgente ed ha la mano destra alzata mentre impugna la spada d’argento e la mano sinistra trattiene contemporaneamente il mantello e la catena per immobilizzare in eterno il diavolo che soggiace sotto i piedi. La scultura poggia su una base parallelepipeda  , solidale con la parte superiore, le cui superficie laterali sono rifinite da sinuosi e delicati tralci che, come un filo conduttore, trasportano l’osservazione sulla parte frontale dove si trova scolpito uno stemma. La lettura e l’interpretazione di questo stemma inquadrato, cioè formato da quattro parti , tenendo presente alcune regole araldiche, ha portato all’individuazione del personaggio storico che ha voluto commissionare l’opera. Questi risulta essere Consalvo di Cordova ( 1453-1515). Nello stemma compaiono i riferimenti genealogici paterni e materni di Consalvo, quindi gli stemmi delle famiglie di Cordova-Mendoza sono rappresentati nel I e IV quadrante e mentre quelli delle famiglie di Guzman-Enriquez nel II e III. Sembra superata l’ipotesi avanzata dall’Angelillis che propone come committente quattro distinti personaggi presenti nella battaglia di Cerignola giacché la descrizione dello stemma del Gran Capitano, che può desumersi dai testi di araldica, coincide con quella raffigurata sotto la statua. ( Arma del Gran Capitano: Inquadrato: nel 1° d’oro  atre fasce d’argento, nel II° d’argento , al leone rampante di rosso, cappato di rosso a due torri d’argento: nel III d’argento a due mappamondi d’azzurro; alla bordura alternata, composta da 11 pezzi d’argento e di rosso, l’argento caricato da un leone rosso, il rosso da una torre d’argento; nel IV controinquartato nel 1° e 4° d’oro pieno: nel 2° d’azzurro a due bande d’argento nel 3° d’argento, a due bande d’argento). Agli inizi del 1500 la Puglia settentrionale fu teatro di aspre battaglie tra le forze francesi e quelle spagnole. Comandante in campo delle truppe spagnole era Consalvo di Cordova, detto il Gran Capitano, da pochi anni duca di Monte Sant’Angelo, avendo ricevuto tale titolo dal re Federico di Aragona nel 1497. La disfida  di Barletta ( 13 febbraio 1503)ed, in maniera decisiva, la battaglia di Cerignola ( 28 aprile 1503) determinarono la svolta delle operazioni belliche in favore degli spagnoli per la riconquista del regno di Napoli. Il merito di tutto questo fu dato a Consalvo di Cordova che, con impegno e abilità davvero eccezionali, riuscì a ribaltare le sorti del conflitto a suo favore diventando Viceré del Regno di Napoli. Consalvo di Cordova ha voluto lasciare nel Santuario di Monte Sant’Angelo un segno di ringraziamento e di devozione verso chi ha voluto assisterlo e proteggerlo nelle dure lotte affrontate, dalla Calabria alla Puglia, facendo realizzare in onore di San Michele, principe delle milizie celesti, una pregevole opera d’arte rinascimentale che si concretizzò intorno al 1507. Le cronache storiche del  seicento raccontate da diversi scrittori dal Summonte al Cavaglieri, facendo riferimento ai testi di Nicolantonio Dentice, purtroppo ancora introvabili, cercano di concatenare l’avvenimento della realizzazione della scultura al pellegrinaggio alla Sacra Grotta del re Ferdinando il Cattolico avvenuto, secondo tali riferimenti agli inizi di maggio del 1507. “ Pellegrinò da Napoli fino al Gargano pedone con un gran numero dè Principi Italiani e Spagnoli pur pedoni. Nel toccare il Monte si denudò i piedi, e così scalzo fece la penosa salita di tre miglia. In questa Sagra Basilica si trattiene gran tempo in focose orazioni, e collo spargimento di molte lagrime mostrò di donare al S. Principe il proprio cuore. Fu in questa occasione che i custodi del Santuario fecero presente al re spagnolo che precedentemente i re aragonesi avevano defraudato il Santuario, prelevando dalla Grotta ripetutamente le statue si San Michele, una volta la statua d’oro e successivamente la statua d’argento, fuse per realizzare monete dove fu riportata, per ricordo, l’immagine di san Michele. Sentendo ciò, il re Ferdinando ordinò a Consalvo di Cordova, che a spesa Regia facesse, come fece, la Statua , che oggi si odora su l’Altare di S. Michele. Se la statua fosse stata commissionata da re Ferdinando in occasione del suo pellegrinaggio, questa particolarità sarebbe stata evidenziata con la raffigurazione dello stemma del re spagnolo invece, come si è detto, lo stemma è esclusivamente di Consalvo di Cordova, che rimane unico promotore dell’iniziativa. Ma se è noto il committente dell’opera, non si hanno notizie precise di chi sia stato il valente scultore che abbia materializzato nel marmo questa importante raffigurazione di San Michele. Di sicuro l’artista deve essersi  formato nell’ambiente toscano, cu7lla in quegli anni delle più famose botteghe di maestri di pittura e di scultura, e poi ha operato a Napoli su richiesta di nobili committenti. Nell’incertezza dell’individuazione dello scultore, qualcuno ha indicato una mano divina che ha guidato l’artista nell’esecuzione dell’opera.    Scrive Marcello Cavaglieri nel suo Pellegrinaggio al Gargano: Si disse che lo scultore fu  Michel’ Angelo Buonaroti, altri Donatello Fiorentino; ma io son persuaso che fosse dagli Angioli modellata nel Cielo vivis ex lapidibus.  Ella è miracolo dell’arte e della grazia. E’ fama costante che lo stesso Scultore attestasse che, abbozzando egli le membra , le trovasse poscia, senza sua opera, a questo gran segno perfezionate; ed in fatti dimostra un brio Angelico, un non so che di straordinario; ed uomini da bene hanno attestato di ritrarne, nel contemplarla , non so che di spirituale contentezza, e che fissandovi più volte lo sguardo, con diversità la raffigurano; o che siano questi impulsi di umana pietà, o di possanza beneficante di S. Michele. E l’arcivescovo Puccinelli dopo il miracolo del 1656 dice che la statua della Santa Grotta per la qualità del mormore elabastrino, e perfezione dell’artefice che la lavorò tante centinaia di anni sono, è stimata cosa divina et inimitabile, tenendosi per ferma opinione che a quello scalpello ci fosse un’assistenza particolare del Cielo”. in questi ultimi anni la statua di san Michele è stata interessata da studi di storici dell’arte ( Abate, Naldi) che hanno voluto rivedere la proposta di attribuzione dell’opera ad Andrea Sansovino, avanzata dell’Angelillis già nel 1920, che è quella consolidata che si trova riportata in tutti i testi riguardanti la storia del Santuario. Tra le diverse analisi stilistiche proposte, la più convincente risulta quella che confronta il san Michele di Monte Sant’Angelo con la statua di san Giovanni  Battista del sepolcro Cicara ( Napoli, SS. Severino e Sossio). Dalla critica ritenuto opera di Andrea Ferrucci da Fiesole, uno scultore che ha realizzato altri lavori commissionati da Consalvo di Cordova o da persone a lui vicine. Molte sono le analogie formali rivenute come la definizione della chioma composta di riccioli “ a Chiocciola” realizzati con un sapiente uso del trapano, come la tipologia compositiva e strutturale nel trattamento del panneggio, nella impostazione dello sguardo ed altro. Se gli storici dell’arte vedono in questa scultura delle qualità formali di grande  rilievo meritevoli di un giusto interesse di approfondimento e di studio, i pellegrini continuano a vedere in questo san Michele un essere celestiale gentile, un’ intercessore potente e soprattutto uno spirito protettore e, ricevendo fiducia e sentendosi ascoltati, vengono, in un certo senso appagati della fatica e del disagio che hanno dovuto affrontare per salire sul Gargano e promettono così di ritornare l’anno successivo a ringraziare, a pregare e a richiedere la sua celeste protezione.
 
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