LA SUGARCO PUBBLICA GLI ANGELI NELL’ISLAM Di Annamaria Maraffa |
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sabato 15 giugno 2019 | |
Questo testo nasce dalla collaborazione di un sacerdote cattolico, don Marcello Stanzione, da anni impegnato nella divulgazione della figura dell’angelo e da una docente, la dottoressa Maria Luisa Albano, esperta in islamistica.
Le scritture mussulmane, sia il Corano che il suo commento, il Tasfir, o Hadith, raccolta delle parole pronunciate dal Profeta, parlano spesso e molto degli angeli, e la credenza negli angeli appartiene alla fede mussulmana. Questa raccoglie ed accoglie antiche credenze anteriori all’Islam e distingue tre specie di esseri invisibili, sovente difficili da distinguere, gli angeli, i djinns o geni ed i demoni. ... I djinns ed i demoni non appaiono affatto differenti dagli angeli, se non dalle loro funzioni. Come nel cristianesimo, i demoni accompagnano gli uomini e si sforzano di sedurli e di condurli al male. Quanto ai djinns, essi appaiono piuttosto come delle specie di doppi degli uomini. Sono essi che hanno abitato per primi la terra, sono votati all’adorazione di Dio e devono comportarsi da buoni mussulmani. In effetti l’Islam raccoglie le vecchie demonologie politeistiche ed attribuisce a questi esseri spirituali le funzioni più diverse, e talvolta contraddittorie, nella natura e nella società degli uomini. La fede dell’Islam appare più coerente quanto alla credenza negli angeli. Questi sono degli esseri di fuoco e di luce, degli spiriti intelligenti e dotati di parola, che stanno nella contemplazione di Dio. Essi sono preposti al governo del mondo ed all’accompagnamento degli uomini. Insomma, essi riempiono le funzioni degli angeli della Bibbia, poiché sono messaggeri della legge e custodi delle azioni umane che guidano o registrano. Il Corano li presenta come degli elementi essenziali d’una specie di cosmologia del mondo divino, gerarchizzati a partire dal trono di Dio. Essi partecipano con Dio alla creazione del mondo ed alla creazione dell’uomo al quale portano il soffio della vita divina. In mezzo ad essi, alcuni occupano delle speciali funzioni. Gabriele è l’angelo della rivelazione, ed è la guida del Profeta e dei credenti. Michele è il padrone della conoscenza e della sapienza, allorché Azraele è l’angelo della morte. Quanto al rapporto che gli angeli intrattengono col peccato ed il male, le scritture mussulmane restano imprecise, ma sembrano ammettere la libertà degli angeli. La tradizione religiosa mussulmana approfondirà questi dati della rivelazione coranica, tra il IX ed il XIII secolo soprattutto. E si può dire che l’Islam ha elaborato una vera angelologia, con dei pensatori e dei mistici come Ibn Arabi per la tradizione sannita, Avicenna o Shoravardî, per la tradizione sciita. Nell’affermazione dell’assoluta trascendenza di Dio, l’angelo ha per funzione di ridurre la distanza tra l’uomo e Dio. Egli è specchio della divinità che si rivela all’uomo. I pensatori mussulmani riprendono le teorie neoplatoniche ed immaginano un processo complesso di emanazioni successive a partire dalla divinità, processo di rivelazione completato da un processo inverso della risalita dell’anima del credente che, per la fede e la pratica della legge coranica, ritorna a Dio. Gabriele, “l’arcangelo imporporato” è dato come l’archetipo di questa rivelazione, presentata come il modello di ogni conoscenza. Così, nella tradizione mussulmana, la fede sta per essere pensata a poco a poco e vissuta come il vero sapere, ed il Profeta od il credente mistico saranno i veri filosofi. Questa funzione mediatrice degli angeli nella creazione e la salvezza è completata e come realizzata nella funzione pedagogica dell’angelo, nel senso proprio del termine “pedagogico”. L’angelo è colui che accompagna il credente nel suo viaggio iniziatico verso Dio. Si può anche dire che là è l’essenziale della riflessione mussulmana sull’angelo, come l’ha giustamente sottolineato H. Corbin. Contemporaneamente portatore dello Spirito santo di Dio e principio attivo della conoscenza, l’angelo guida l’anima del credente, rispondendone davanti a Dio, al punto che sembra talvolta di non fare che un uno con lui. Da quel momento, l’angelologia diventa una specie d’antropologia spirituale e mistica, che descrive quello che l’uomo è in verità, e che egli deve ritrovare, abbandonando quello che non è e crede di essere, nel corso del suo lungo e difficile pellegrinaggio terreno. Allora “colui che conosce se stesso conosce il suo signore”, come lo dice una parola del primo Imam. Allorché l’Islam che fa dell’angelo la figura doppia della conoscenza di Dio per l’uomo e dell’uomo per Dio, ha mantenuto finora l’affermazione di una conoscenza “illuminativa” superiore ad ogni altra conoscenza, l’occidente cristiano sembra aver perduto questa familiarità con gli angeli che ha conosciuta fino al XIII secolo. Le ragioni sono diverse e di valore ineguale. La prima e principale attiene all’affermazione cristiana dell’unica mediazione di Cristo nella salvezza offerta all’uomo. La cristologia, definitivamente fissata nel V secolo, impone dei limiti all’angelologia che si richiama all’ortodossia cristiana. Come lo dice chiaramente san Giovanni della Croce ne La Salita al Carmelo (Cap. 20): “Dal momento che Egli (Dio) ci ha dato suo Figlio che è la sua parola, non ha altra parola da darci. Egli ha detto tutto contemporaneamente d con un colpo solo in quella sola parola. Non ha più bisogno dunque di parlarci… Dio si è fatto come muto, non ha più nulla da dirci”. In Cristo, la trascendenza si è fatta umana, e la parola di rivelazione è diventata perfetta e definitiva. Da quel momento l’angelo appare come scaricato dalla sua funzione di messaggero teofanico d’una parola rivelata. Tutt’al più può essere ancora incaricato di mediazioni episodiche in delle rivelazioni particolari (come quella di Giovanna d’Arco per esempio), rivelazioni nei confronti delle quali le Chiese cristiane saranno sempre molto riservate. A questa ragione fondamentale del ritiro degli angeli il cui ruolo è limitato oramai a quello di custodi presso i credenti d’una rivelazione completata, vengono ad aggiungersi altre cause che si possono rimpiangere forse. Alla fine del Medio Evo, con l’averroismo latino, e soprattutto il nominalismo, si apre per il pensiero un nuovo spazio nel quale sta per nascere e svilupparsi il razionalismo moderno e scientifico. Da quel momento le cosmologie antiche stanno per essere abbandonate a profitto d’una visione scientifica del mondo, che genererà una secolarizzazione sempre più grande del pensiero e dell’intera vita. La credenza negli angeli diventa un affare individuale e privato, e se le Chiese la mantengono come appartenente alla fede, questa credenza smette di “incantare” un mondo sempre più “disincantato”. Gli angeli restano come un motivo decorativo od estetico, come le immagini della dolcezza d’un paradiso e di un amore perduti, come delle figure “letterarie”. Forse anche, nei personaggi di fiction scientifica, come le figure rovesciate dei nostri terrori e dei nostri fantasmi. Ma, come suggerisce il film di Wim Wenders, Le ali del desiderio, non è sicuro che dimenticando le vie degli angeli, gli uomini di oggi non abbiano perduto purtroppo alcune delle vie della loro umanità. |
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