I CELESTI PROFUMI AL SANTUARIO MARIANO DEL LAUS Di don Marcello Stanzione |
Scritto da Amministratore | |
venerdì 31 maggio 2019 | |
La venerabile Benedetta Rencurel, ebbe il grande dono di ripetute apparizioni Mariane che durarono per più di 54 anni, dal 1664 al 1718. Benedetta nacque nel 1647 il giorno della festa dell’arcangelo Michele, nel piccolo paese Saint-Etienne, vicino ad Avencon nel dipartimento Hautes Alpes (Francia), da genitori molto poveri. Benedetta morì all’età di 71 anni, dopo una santa condotta di vita. I numerosi pellegrini, che a Le Laus si raccomandarono alla Vergine, cominciarono presto ad invocare anche Benedetta e a pregare per la sua beatificazione. I primi pellegrini sentono nella cappella del Buon Incontro, dei meravigliosi profumi da cui sono come incantati. Quelle manifestazioni prodigiose precedono, accompagnano e seguono le apparizioni della Vergine Maria. Benedetta stessa è impregnata da quei profumi dopo ogni apparizione. ...
Ella ne diventa il flacone. François Grimaud testimonia: “Il suo corpo e tutto quello ch’ella porta sentono perfettamente di quei celesti odori”. Il suo alito ed il soffio delle sue labbra li trasmettono. Gli oggetti ch’ella porta, il suo rosario per esempio, li esalano. In quei momenti, “ci si trova così bene vicino a lei, racconta un testimone, che non si vorrebbe mai più lasciarla”. Un autore anonimo precisa: “I suoi abiti conservavano quell’odore talvolta durante otto giorni”. Certo, in altri luoghi di apparizioni, come a Fatima, il 19 agosto ed il 13 ottobre 1917, la Vergine Maria sarà accompagnata da santi odori, ma al Laus, quello che colpisce, è l’importanza di quelle manifestazioni ed il posto ch’esse prenderanno. Esse accompagnano non solamente ogni apparizione della Vergine, ma anche quelle di Cristo, degli Angeli, dei santi, degli spiriti celesti… Il Laus è il santuario dei buoni odori. Questi profumi sono differenti in funzione delle apparizioni, indica la veggente, senza poter comunque definirli con precisione. Ella parla solamente d’una graduazione tra quelli degli Angeli, quelli più forti della Vergine e quelli che si sentiranno nel corso delle sue visioni di Cristo e che “sorpassa quello di Maria”. Ella precisa ancora che l’odore degli Angeli è “più o meno grande”, e che quello dei santi è loro inferiore… Benedetta stabilisce dunque una gerarchia in funzione dell’intensità, ma anche della felicità e dei sentimenti inesprimibili che quei profumi fanno nascere in lei. In mezzo ai primi beneficiari, si trova François Grimaud. Egli racconta: “Sentii un odore così soave per un quarto d’ora, che nella mia vita non avevo mai sentito di simile, che mi causò una soddisfazione così grande che fui fuori di me stesso”. E’ quello che è accaduto nel tempo di Pasqua nel 1666, al momento di una messa detta dal vescovo di Gap, Mons. Pierre Marion. La reazione di M. Bermond, medico di Barcellonette (Alte Alpi), è anch’essa significativa. “Entrando in chiesa, egli fu talmente colpito da quei celesti profumi, riporta Jean Peytieu che raccolse la sua testimonianza, ch’egli s’immaginò che noi diffondessimo qualche profumo nella santa cappella, e guardò ovunque se non vi fosse un balsamo od un prodotto aromatico. Dopo aver constatato che non vi era nulla, dichiarò: “Quest’odore non ha nessun rapporto con gli odori della Terra”, e se ne andò con le lacrime agli occhi”. Numerosi saranno quelli che respireranno quei buoni odori negli anni successivi. Per molti sarà un segno. Già François Grimaud vi vede: “un segno sensibile della santità del luogo”. Una Presenza. Non esiste nessun altro luogo dove tali profumi esalarono per un così lungo periodo. E’ un segno tanto più misterioso che prosegue ancora ai nostri giorni. Dei visitatori sentono regolarmente, in particolare nella chiesa, dei “buoni odori”, come si ha l’abitudine di chiamarli. Honoré Pela, scultore nato a Gap e che viveva a Genova all’epoca di Benedetta, ebbe questo privilegio. Quei profumi gli fecero una così forte impressione che per ringraziare la Vergine Maria, egli scolpì una statua. E’ la Vergine col Bambino, in marmo bianco di Carrara, che si può vedere al di sopra dell’altare nel coro. Essa fu installata nel 1716, ossia due anni prima della morte di Benedetta. Lo scultore lasciò anche un ex-voto che fu sigillato in un muro esterno della chiesa e sul quale si legge: “Per la più grande gloria di Dio, la prima volta che entrai in questa chiesa, sentii un così soave odore che mi obbligò a fare dono di questa vergine di marmo[…]”. Quei profumi, nessuno ha mai potuto definirli. Né Benedetta, né gli innumerevoli testimoni che concordano su due punti: la loro estrema singolarità e la loro diversità. Quelli che hanno avuto la gioia di sentirli fanno spesso allusione ad un aroma che si avvicina alla rosa, al giglio od al gelsomino. Per gli uni è un odore potente, per altri è piuttosto leggero, come quel vescovo che sentirà un profumo rassomigliante ad una violetta. Pierre Gaillard parla “di un odore molto piacevole che sorpassa tutti gli odori della terra e che non si saprebbe descrivere, né esprimere”. Gli effetti variano: taluni sono sconvolti, come abbiamo visto, o pieni d’una gioia straordinaria, altri semplicemente intrigati o meravigliati… Il dono dei profumi tocca molto diversamente. Nessuno studio è stato fatto, ma per un certo tempo e per evitare ogni ambiguità, si è vietata la presenza di fiori nella chiesa. L’immaginazione non rischia di essere stimolata? I fiori sono autorizzati oggi. Bisogna rimpiangerli? Senza dubbio non nella misura in cui quel fenomeno è vissuto discretamente e pacificamente. Taluni sentono ed altri no: il credente come il non credente, il santo pellegrino come il miscredente, i bambini come gli adulti… Non vi è distinzione da fare tra gli eventuali meriti degli uni e degli altri. Si possono tuttavia riportare i proponimenti che terrà l’Angelo a Benedetta il 14 dicembre 1695: nel voler troppo sentire, vi è poca possibilità che ciò accada. Questo dovrebbe tagliare la testa all’autosuggestione! Per Benedetta, quei profumi diventano un mezzo di riconoscenza: ella sa la presenza invisibile e silenziosa della Vergine vicino a lei che respira “il suo odore”. Si può andare più lontano e parlare di un modo di comunicazione? Un amico eremita mi fa notare: “La sottigliezza imprendibile eppure reale di questi profumi s’accosta simbolicamente ad una presenza spirituale ed alla natura dell’anima”. Non è un modo pertinente per toccarci, coglierci, interpellarci?... Il profumo è un linguaggio universale che sorpassa le culture e le epoche. E’ percepito, come si sa ora, da ciò che si chiama “il cervello arcaico”, ossia dagli strati cerebrali più profondi. Che il cielo comunichi con Benedetta tramite l’intermediazione dell’odorato, rinvia a quelli ch’ella risente, nel più intimo di se stessa. Gli odori ci sollecitano più di quanto l’immaginiamo, essi sono allo stesso tempo intimi e provocanti. E’ naturale suddividerli. Adottarli. Compenetrarsene. Si fa corpo con essi. Ci si mescola ad essi fino a non essere che uno: essi in noi e noi in essi. Li si abita e ci abitano. Diventano parte di noi stessi. Il profumo è un mezzo di seduzione, non dimentichiamolo. Sotto forma di incenso, è anche come testimonia l’Antico Testamento, una preghiera che si eleva verso Dio. “La mia preghiera sia come incenso posto innanzi a te”, canta il salmista. Nell’Apocalisse di Giovanni le “coppe d’oro piene di profumo […] sono le preghiere dei santi”. E’ infine un’offerta, come lo dimostra quell’Angelo dell’Apocalisse a cui “fu dato dei profumi innumerevoli per offrirli” a Dio. |
< Prec. | Pros. > |
---|