RAFFAELE: L’ANGELO RAFFIGURATO CON LA CESTA DEL PANE Di don Marcello Stanzione |
Scritto da Amministratore | |
domenica 17 febbraio 2019 | |
Giovanni Ciudad nacque in Portogallo l’8 marzo 1495, ma trascorse la sua giovinezza in Spagna, infatti a otto anni, non è chiaro, se in seguito a una fuga oppure ad un rapimento, s’allontanò da casa e in compagnia di un viandante si diresse verso Madrid. Si sa che Giovanni venne poi lasciato vicino a Toledo in custodia di un dipendente del conte di Propesa e dopo aver ricevuto un po’ di istruzione venne incaricato di fare il pastore. Dopo i ventotto anni, il giovane portoghese decise di arruolarsi nell’esercito di Carlo V ed andrà in contro a varie disavventure di guerra, addirittura rischierà l’esecuzione capitale per essersi fatto rubare un cospicuo bottino di Guerra. ...
Nel 1538 si stabilì a Granada, ove un giorno, un misterioso fanciullo lo soprannominò Giovanni di Dio e così fu sempre chiamato in seguito. Sensibile alla sofferenza degli ammalati, affittò una casa che trasformò in ospedale. Per curare gli ammalati si mise a fare la questua esclamando: “Fate bene fratelli”. All’inizio faceva tutto da solo, raccomandandosi all’aiuto dell’arcangelo Raffaele che invocava, non solo come “Medicina di Dio”, ma anche come guida e sostegno. Un mattino Giovanni si rese conto che l’acqua era insufficiente, prese delle brocche e si affrettò alla fontana che era abbastanza lontana dall’ospedale. Ritornò dopo diverse ore ovviamente in ritardo per sbrigare le faccende che di solito compiva di buon mattino. Ma ecco, al suo ritorno, trovò tutto il lavoro terminato: la casa era pulita, i letti rifatti, i piatti e gli altri utensili lavati, puliti e sistemati; il pane tagliato, la carne e le verdure cotte, in una parola, tutto nel miglior ordine possibile. Grande fu la sorpresa di Giovanni, quando, nel chiedere agli ammalati il nome di chi aveva fatto tutto ciò, tutti gli risposero che egli stesso l’aveva fatto e nessun altro che lui, perché essi non avevano visto nessun altro lavorare e non avevano ricevuto alcun servizio da qualche estraneo, ma solo da lui stesso. Giovanni si meravigliò, egli credette che essi lo dicessero per prenderlo in giro, ma gli ammalati erano a loro volta meravigliati della sorpresa di Giovanni e tutti confermarono di nuovo l’accaduto. Allora Giovanni esclamò: “Dio sia benedetto, miei fratelli, perché in verità, egli ama molto i poveri, perché manda i suoi angeli stessi per servirli”. Poi aggiunse che san Raffaele gli aveva promesso, poco prima, di assisterlo nel suo ministero e che lo stesso Arcangelo era da Dio incaricato di essere il suo collaboratore nella cura dei malati. Un’altra sera, Giovanni ritornava a casa dopo aver raccolto in città molta beneficenza per i suoi ammalati; all’improvviso s’imbatté in un povero che giaceva sfinito lungo la strada; era quasi notte e non si poteva lasciarlo lì abbandonato. Senza esitare Giovanni lo prese e se lo caricò sulle spalle cercando però di portare anche la beneficenza ricevuta. Purtroppo poco dopo cadde a terra poiché non riusciva a reggere entrambi i pesi. Fece allora grande rimproveri alla debolezza del suo corpo. Improvvisamente si presentò a lui un giovane dall’aspetto nobile che si offrì di aiutarlo e di condurlo all’ospedale e gli disse: “Voi non avete ragione di prendervela con il vostro corpo; perché appesantirlo così? Appoggiatevi a me”. Giunti all’ospedale il giovane si manifestò nella sua vera natura: “Giovanni, io sono l’Arcangelo Raffaele. Dio mi ha incaricato di prendermi cura di te e di tutti quelli che serviranno con te i poveri. Io sono mandato da Lui per aiutarti nella tua caritatevole opera affinché tu sappia bene quanto è gradita al Signore l’opera da te intrapresa, Egli mi ha incaricato di tenere un fedele conto di tutte le tue azioni e di tutte le elemosine fatte. Ed anche io sono incaricato di proteggere e di conservare tutti coloro che favoriranno l’impresa che tu hai assunto in favore dei poveri”. Detto questo, sparì. Un pomeriggio nel suo ospedale di Granata, all’ora di cena, il santo si rese conto che il pane non sarebbe stato sufficiente. Pregò Dio e in pochi minuti un giovane si presentò alla porta dell’infermeria. Giovanni riconobbe il suo protettore san Raffaele e disse ai malati: “Coraggio, fratelli, gli angeli di Dio vengono a servirvi”. L’arcangelo si avvicinò a Giovanni e con grande confidenza disse: “ Fratello mio, noi formiamo un solo Ordine, perché ci sono uomini che sotto una povera veste sono uguali agli angeli. Prendete il pane che il cielo vi invia”. L’arcangelo scomparve lasciando Giovanni e i suoi poveri pieni di consolazione e di gioia spirituale. Da questo episodio i seguaci di san Giovanni di Dio hanno preso a raffigurare l’arcangelo Raffaele, che considerano come “ il Fratello Maggiore dell’Ordine”, in un modo iconografico che è loro specifico raffigurandolo con una cesta di pane. Giovanni di Dio morì l’8 marzo 1550, poco prima di morire disse a quelli che lo circondavano: “ La notte scorsa l’arcangelo mi è venuto a trovare e mi ha dato la certezza che il Signore mi userà la misericordia di chiamarmi al suo fianco”, fu sepolto nella Basilica di Granata, città spagnola della quale è compatrono, e sopra la sua tomba veglia la statua dell’arcangelo san Raffaele. Nel 1630 il papa Urbano VIII lo beatificò ed il 16 ottobre 1690, papa Alessandro VII lo ha proclamato santo, in seguito nel 1886 Leone XIII lo proclamò insieme a San Camillo de’ Lellis patrono degli ospedali e degli infermi. Il papa Pio XII nel 1930 lo designò protettore degli infermieri. La tradizione culturale, artistica e devozionale dei Fatebenefratelli ha evidenziato, tra le altre iconografie relative al Fondatore S. Giovanni di Dio e ad altri santi, beati e religiosi illustri dell’Ordine, quella in particolare di S. Raffaele. L’attuale Basilica di Granada, dedicata a S. Giovanni di Dio e costruita tra il 1734 e il 1759, riassume quasi tutti i riferimenti relativi alla raffigurazione di S. Raffaele, mentre i toni caldi degli ori del fondo, i preziosi marmi, le pitture d’ocra delle pareti, i numerosi festoni e stucchi in gesso con statue e affreschi vari (tipici dell’arte barocca) servono soprattutto ad introdurci spiritualmente nel Camarin, piccola cappella sovrastante l’altare maggiore che ospita l’urna d’argento contenente le reliquie di S. Giovanni di Dio, sormontata dalla piccola scultura dello stesso metallo raffigurante S. Raffaele. Anche se gran parte del complesso iconografico della basilica è occupato da temi mariani non possiamo non notare raffigurazioni di angeli, sia sulla facciata esterna che nell’interno, con funzione pratica, come ad esempio porta luci o con funzione decorativa come le volte della sacrestia popolate da figure angeliche che volano in tutte le direzioni. Inoltre abbiamo la rappresentazione della nascita di Giovanni di Dio, opera di Diego Sànchez Sarabia, con gli angeli che volteggiano tra le campane, e l’altra di contenuto oltre che narrativo anche pedagogico , ossia la raffigurazione del medaglione murale posto sul coro nel quale si vede un angelo nell’atto di offrire il pane e l’acqua al giovane Giovanni prima della sua conversione, con probabile allusione alla futura missione dell’angelo Raffaele che non farà mancare l’aiuto celestiale a favore dei poveri e dei malati dell’ospedale di Giovanni di Dio. Particolare interesse offre la cappella laterale della basilica con il retablo di s. Raffaele. Tra i pilastri e sculture policromi domina la statua lignea ad altezza naturale dell’arcangelo (opera di Bernardo de Mora) vestito con eleganti abiti di stoffa, alato e con lo scapolare ricamato in filigrana d’argento con al centro la melagrana, emblema dei Fatebenefratelli. Il ritratto del mecenate, P. Ortega, anch’esso opera di Sanchez Sarabia si presenta con la basilica sullo sfondo ed in alto, a destra un ovale con l’immagine di s. Raffaele, vestito con lo scapolare, che porta nella mano sinistra il pane e il pesce. Celeberrima nell’iconografia dei Fatebefratelli, nonché per fama dell’artista, è la tela del Murillo (1617 . 1682) posta sul primo altare a sinistra della “Chiesa della Carità” a Siviglia, che raffigura l’arcangelo nell’atto di soccorrere Giovanni di Dio caduto in ginocchio sotto il peso di un malato trasportato sulle spalle. Il Santo è raffigurato con il viso rivolto verso l’angelo, sorpreso ma anche rassicurato dalla presenza e provvidenza divina. Particolare menzione merita il pittore pugliese del settecento Corrado Giaquinto (1703 – 1765), formatosi alla scuola napoletana e autore, tra l’altro, dell’affresco della volta nella chiesa di S. Giovanni Calibita di Roma, all’Isola Tiberina. Esso è diviso in due parti: in alto raffigura l’apoteosi di San Giovanni di Dio tra nuvole e schiere di angeli e di santi, in basso l’arcangelo Raffaele al cui cenno scende dal cielo un cesto di pane per sfamare i malati e i frati che li assistono con sollecitudine e amore. Attributo a G. P. Schor è invece uno degli originali affreschi che ornavano il soffitto della “Sala Assunta” dello stesso ospedale, in cui si raffigura l’arcangelo alato, vestito da religioso fatebenfratello, al centro della corsia dell’ospedale di Granada nell’atto di indicare a Giovanni di Dio (mentre questi scopre che è Gesù il malato cui sta lavando i piedi) gli altri ammalati allettati. S. Raffaele si fa quindi interprete dell’apparizione prodigiosa, frutto delle sue opere di carità e di quelle dei suoi confratelli. Anche negli affreschi sulla vita di S. Giovanni di Dio, attribuiti a Pietro Novelli (1603- 1647) e ancora presenti nell’antica corsia dell’ospedale “S. Pietro in Vincoli” di Palermo, appartenuto ai Fatebenefratelli, si raffigura San Raffaele che fornisce al santo il pane che gli occorre per i poveri. Scrive il fatebenefratello Juan Josè Hernandez sul sito internet dell’ordine: “ l’iconografia di san Raffaele mostra spesso l’Arcangelo con un pesce; nel caso dell’Ordine e concretamente nell’immagine di Bernardo de Mora, che si conserva nella Basilica di san Giovanni di Dio ( a Granada), appare con il pane, come segno del servizio, risulta facile relazionare Raffaele con il pane e con l’Ordine che si dedica al servizio”. E’ abitudine in Spagna a Granada e a Cordova festeggiare San Raffaele non il 29 settembre insieme a Michele e a Gabriele, festa dei tre arcangeli sul calendario liturgico universale della Chiesa ma, grazie ad un particolare permesso della santa Sede, il 24 ottobre. Sono molto numerosi i fedeli amici dell’Ordine dei Fatebenefratelli che il 24 ottobre ricevono il “ Pane benedetto di san Raffaele”. Non è previsto alcun rito particolare quando alla fine della celebrazione eucaristica si benedice il pane con l’acqua santa, quindi i fedeli iniziano a mangiarlo fin dentro la Basilica. Ogni anno in onore dell’Arcangelo “ Medicina di Dio” si benedicono e si distribuiscono migliaia di ciambelle di pane. |
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