I PROTETTORI ANGELICI TERRITORIALI D’ITALIA E DI VARIE NAZIONI Di don Marcello Stanzione |
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lunedì, 14 de agosto de 2017 | |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions![]() Oggi questa immagine si trova nella chiesa del Divino Salvatore a Santiago del Cile. Tuttavia non abbiamo ottenuto documentazione ufficiale sulla storia di questo culto. Un'altra immagine dell'angelo custode della nazione cilena si incontra nella cattedrale della città di Valparaìso. Anche a Santiago del Cile si è diffusa una stampa con l'immagine e una preghiera al santo angelo custode della nazione del Cile. Riguardo poi la devozione al santo angelo custode degli Stati Uniti, questa devozione fu ispirata agli avvenimenti del 1916 a Fatima, Portogallo. Il movimento dell’ “esercito celeste”, con sede negli Stati Uniti, ha dedicato un altare con l'immagine del santo Angelo degli Stati Uniti. ... Anche l'angelo custode dell'Uruguay ha il suo altare e l'immagine nella cattedrale di Montevideo, ed è considerato un co- patrono della nazione dell'Uruguay. La sua festa si celebrava anticamente il 2 marzo. Altri avvenimenti che confermano la devozione cattolica all’angelo delle nazioni fu che nel 1890 i vescovi di Francia con un atto liturgico consacrarono la nazione alla speciale protezione di san Michele arcangelo. In Brasile nel XIX secolo i vescovi consacrarono la nazione a san Raffaele arcangelo. Per quanto riguarda l’Italia non esiste alcun culto o immagine specifica dell’angelo protettore dell’Italia anche se padre Hopan scrive che gli italiani hanno il loro angelo tutelare , che deve essere angelo focoso quanto amabile, in conformità al carattere del suo popolo.. Riguardo a tale angelo “italico”, il compianto mons. Giuseppe Del Ton con toni lirici così lo descriveva nel suo libro “ Verità su angeli e arcangeli”: “ L’angelo della gaiezza, anche della nostalgia di un passato glorioso, dello slancio verso il vero, il bene, il bello, si trova di fronte Asmodeo, il demone della discordia, dell’odio fra i classi, e l’esito della lotta non sempre è favorevole: ora è rattristante. Mi sono talvolta chiesto quale forma visibile vorrei preferibilmente per l’Arcangelo nostro, o Etnarca. Passeggiando una sera nei Giardini Vaticani, contemplavo il tramonto del sole. Il cielo era di un azzurro-cobalto sempre più languido e sfumato. Il sole, velato da un leggero strato di nubi, appariva come una fornace ardente, un blocco d’oro, un ammasso di mille topazi; ora si allargava, ora si restringeva e per lo più prendeva forma ovale, ma sempre maestoso, sovrano. Intorno all’ astro lentamente si spostava qua e là una nubecola di colore violaceo-carminio. Rapportai questo spettacolo di celeste bellezza alla angelofania del profeta Daniele, così da lui descritta: “ Alzati gli occhi, vidi un uomo vestito di lino; portava alle reni una cintura d’oro. Il suo corpo era come di topazio, il suo volto pareva fulgoreo, i suoi occhi come fiaccole accese è il suono delle sue parole come il fragore di una moltitudine” ( Dn. 10,5). Con riferimento a questo spettacolo di tramonto romano, così oso raffigurare l’Arcangelo nostro. Statura elevata, fronte spaziosa, nero l’occhio penetrante, fiero il capo giovanile aureolato di luce fulva; ali robuste, raccolte e quiete, ma pronte al volo immediato dall’uno all’altro mare italico. La sua veste: una tunica succinta rosa- azzurrognola; i calzari, d’oro; nella mano destra, un libro in cui si legga una sentenza a caratteri marcatamente impressi su sfondo di zaffiro: Italorum spes innoccidua Maria x u y . Così ritratto da esperto pennello, egli s’imponga non tanto per il valore estetico, quanto per la sua espressione simbolica, come è propria alle icone sacre. Onorato, invocato dai suoi fedeli sia in privato, sia in assemblea, riesca egli fattore quasi sacramentale di religiosità viva e operosa, diretta sempre al bene pubblico, e col suo beneficio influsso di mediatore prepari all’Italia nuova età, in cui i fortunati posteri, meno infelici, possano con grato animo salutarlo. A noi venìa la creatura bella, bianco vestito e nella faccia quale par tremolando mattutina stella. ( Dante, Purg. XII,88-90) Ahimè!, tale archetipo ideale della grazia italica che si rivelò nel sorriso di Beatrice, e si rivelava ancora nelle donne di terra italica, nella gaiezza dei bimbi innocenti, nell’espressione del volto virile, amico, accogliente, va scomparendo. Passando per le vie delle città, raro è lo scambio del saluto, più raro il lampo della frase saggia e gentile; sfiducia e sconforto seminano tristezza e l’ avvenire si prospetta peggiore del presente”. |
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