CHE COSA SIGNIFICANO OGGI PER NOI GLI ANGELI? di John A.T. Robinson |
escrito por Amministratore | |
venerdì, 06 de gennaio de 2017 | |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Il “ New Christian”, questo enfant terrible della stampa cristiana in Inghilterra, ha celebrato il suo primo compleanno con un “ editoriale” in cui diceva che ormai per gli angeli è venuto il momento di andarsene: “ Sarà tanto di guadagnato il giorno in cui spariranno dai pulpiti, dai corsi domenicali di catechismo e dalla liturgia”. L’editoriale ha provocato più lettere di qualsiasi altro articolo del “ New Christian”. Se vogliamo essere onesti: almeno una buona parte della nostra persona, in ciascuno di noi, può solo concordare con quell’articolo. Per molti cristiani gli angeli sono solo un’aggiunta alle altre fantasia, alle altre irrealtà che avvolgono la Buona Novella cristiana. Ben lontani dal rendere più reale la Fede, la fanno più remota, eterea, irreale. Non so proprio come si possa dire qualcosa di diverso. ...
... Se per dare alla fede cristiana un senso nei termini di ciò che è reale per noi cerchiamo di prendere come punto di partenza l’effettiva posizione in cui gli uomini si trovano, possiamo solo consentire col “ new Christian”. Detto questo però io proporrei di dare un’occhiata all’altro estremo: di cominciare dal punto di vista della chiesa ( che non è tutt’uno con quello dei singoli fedeli) per veder di capire che cosa s’intende con il dogma dell’esistenza degli angeli. Si tratta pure di una credenza intesa ad arricchire e non ad impoverire la realtà delle nostre vite. Se essa non vi riesce, prendiamo qualche cosa d’importante? E ammesso che sia così, come cercar di riasciugarla? Nell’età moderna abbiamo assistito ed assistiamo alla scomparsa graduale di questi esseri eterei. Nel medioevo tutti credevano degli angeli; e li prendevano in un modo disperatamente letterale. I teologi quando non discutevano se l’anima d’un arcidiacono si poteva salvare discutevano sull’esatto numero degli angeli che possono danzare sulla punta d’uno spillo. Già l’angelologia si avviava a diventare poco più che un rompicapo molto intellettuale, un equivalente medioevale delle parole incrociate del “ Times”. Poi nel Rinascimento gli angeli si addomesticarono. Cominciarono ad apparire tra loro i cherubini: adorabili infanti con le ali, i cui radiosi sorrisi ricordavano poco i loro coetanei terreni. Pio il romanticismo li sentimentalizzò, finché divennero le creature asessuate dei dipinti e delle vetrate preraffaellite. A questo punto erano ormai degli esseri così vaporosi ed insignificanti da farci ben capire che oggi nessuno se ne interessi più. Oggi sono ridotti a comparse d’un mondo della fantasia, come le fate e come Babbo Natale. Un referendum proverebbe di sicuro che c’è molta più gente disposta a credere ai deschi volanti che gli angeli. Ormai gli angeli sono liquidati. Come dobbiamo prendere questo fatto? Per me c’è un modo solo in cui non lo possiamo prendere: non possiamo fare come se niente fosse accaduto. Parecchi anni fa quando appartenevo al corpo insegnante d’un istituto teologico dovetti ascoltare, a compieta, un discorso sugli angeli tenuto da un eminente vicario anglo-cattolico, col quale non ho ancora smesso di scherzare in argomento. Ma quel giorno mi infuriai. Per il solo fatto che eravamo in un luogo sacro, dovevamo star lì a subire le espressioni d’un fondamentalismo che solo in una sede simile la poteva passare liscia; era, secondo me, un’offesa alle doti critiche degli studenti. L’oratore accettava, senza cercar prove, tutto ciò che l’uomo medioevale aveva creduto su quegli invisibili abitatori dello spazio. Non vorrei apparire dogmatico all’estremo opposto. In quest’età di continue conquiste radioastronomiche sarei sciocco se negassi a priori che una cosa, quale che sia, si può trovare in qualche parte dell’universo. Ma devo affermare recisamente che la fede cristiana non comporta per alcuno di noi la credenza in oggetti volanti tuttora non identificati. Naturalmente credere negli angeli non vuol dire ipso facto accettare certe affermazioni in materia di astrofisica, come credere nella storia di Adamo ed Eva non è accettare una certa tesi antropologica. In un caso come nell’altro ciò che ci è chiesto no è di credere che determinati personaggi sono al mondo, o vi sono stati, come vi siamo noi. Gli angeli non sono vere e proprie “ entità”, localizzabili col radar, purché se ne conosca la lunghezza d’onda: come Adamo ed Eva, sono modi di rappresentare certe convinzioni teologiche ( e non già naturalistiche) riguardanti il senso della vita. L’esistenza degli angeli esprime la convinzione che i fatti della vita abbiano sempre un senso interiore, personale e impersonale , spirituale e materiale insieme; che l’intero universo sia permeato di Dio e della sua azione. Che poi gli angeli siano o non, oggi, il mezzo migliore per esprimere tale persuasione, è un altro punto. Ma cominciamo di cercar di comprendere meglio. Per prima cosa liberiamoci da un malinteso. Per gli uomini della Bibbia gli angeli erano un sistema di comunicazione tra Dio ( che stava in cielo) e gli uomini ( che stavano quaggiù). E’ logico che viaggiare tar lassù e qui dovevano avere ali; e difatti nelle visioni d’Isaia e d’Ezechiele e nell’Apocalisse ci sono descritti, molto poeticamente, come esseri provvisti d’ali. Però quando gli angeli appaiono agli uomini e alle donne in terra, la Bibbia non insinua affatto che il loro aspetto li distingua in qualche modo dalla gente normale. Anzi, nella Bibbia gli angeli sono uomini come noi, visti in carne ed ossa o in sogno: dei quali però si capisce ( subito o più tardi) che recano un messaggio da parte di Dio. Un caso agli Ebrei, “ ospitò degli angeli senza saperlo”. I tre uomini per la quale Abramo e sarà prepararono il pranzo erano tre uomini: il testo non insinua in alcun modo che apparissero o fossero qualcosa di diverso. In seguito ( non , ed è un fatto significativo, dal narratore della Genesi), vennero chiamati “ angeli”, cioè furono riconosciuti come latori di un messaggio del Signore. Se in un dato evento entrave in causa Dio, gli uomini che agivano in quell’evento o lo interpretavano erano visti come angeli. Chi “ fa” l’angelo, “è” angelo. Noi ci comportiamo allo stesso modo se diciamo a qualcuno: “ Sei un angelo”. Non intendiamo dirgli: “ Hai le ali”, bensì “ Hai un modo di fare angelico”. Del resto, la parola greca angelos significa semplicemente “ messaggero”. le Scritture la applicano a Giovanni il Battista, che era certamente un uomo mandato da Dio eppure non aveva penne né ali. San Paolo la applica al ministero cristiano . talvolta nei Vangeli traspare il dubbio se una persona dev’essere descritta in base al suo vero aspetto o in base alla sua funzione, al suo significato “ angelico”. Dal primo resoconto dell’episodio del sepolcro di Cristo vuoto, in Marco, apprendiamo che c’era “ un giovane “ seduto lì, e che aveva “ una veste bianca” . in Luca sono diventati due uomini in “ vesti fulgide”; in Matteo è un “ angelo” e il suo aspetto “ era come la luce di un lampo e la veste candida come la neve “. La mia idea è che le donne videro un uomo che indossava un camiciotto bianco; però quello che disse il giovanotto fu ricevuto come un messaggio di Dio. E all’avvenimento venne data una veste che un lettore del primo secolo riconosceva subito per simbolica. Gli angeli nella Bibbia illustrano la convinzione che dentro no dietro i fatti della nostra vita c’è una realtà personale e spirituale di cui dobbiamo tener conto. E’ la maniera biblica ( meglio, è una delle maniere bibliche) di smentire il materialismo radicale, l’opinione che tutto si possa spiegare restando alla superficie dei fatti, in termini materiali ed impersonali. Gli angeli delle nazioni in Daniele, gli angeli delle Chiese nell’Apocalisse, gli angeli dei bambini nelle parole di Gesù ( Matteo, XVIII,10) sono affermazioni della dimensione spirituale d’ogni realtà. Cercherò dunque di chiarire questa dimensione spirituale ( quella che il Veggente nell’Apocalisse chiama, con espressione così viva, una “ porta aperta sul cielo”). riferendola a tre aree dell’esperienza. 1 Anzitutto consideriamo il senso dell’intero processo storico e naturale. Meditiamo la scena descritta nell’Apocalisse ( V, 11-14): Allora vidi e udii gran numero d’angeli, d’animali e d’anziani che facevano corona al trono; e ve n’erano miriadi di miriadi e migliaia di migliaia, e gridavano a gran voce: l’Agnello che fu ucciso è degno d’ottenere la potenza e la ricchezza, la saggezza e la forza, l’onore, la gloria e la benedizione. E udii tutte le creature del cielo e quelle che stanno sulla terra e sotterra ed in mare, esclamare: Benedizione ed onore e gloria e potenza nei secoli dei secoli a colui che siede in trono ed all’Agnello. E i quattro animali dicevano: Amen. E gli anziani si prosternarono e adorarono. E’ una stupenda visione dell’intero creato come un solo, gigantesco atto di adorazione, “ spirituale” nel più profondo della sua natura. Dovremmo gravemente inariditi per non intenderne il pathos. Tale è il senso che l’immagine degli “ angeli ed arcangeli con tutta la compagnia celeste” intende fornirci. E noi non lo dobbiamo ignorare. La stessa cosa ci è proposta in termini moderni dall’irruenza di un Teilhard de Chardin in Le Phènoméne humain e, in modo più freddamente scientifico, nelle recenti “ Gifford Lectures” di Sir Alister Hardy: The Living Stream e The Divine Flame ( benché né Teilhard de Chardin Né Sir Alister nominino gli angeli). 2. Viene poi il campo occupato oggi dalle forze in agguato oltre la soglia del controllo della coscienza; le ideologie e gli “ ismi” capaci di tener in pugno gruppi di uomini; le forze dell’inconscio collettivo, gli archetipi di Jung, l’Ombra, il Censore, e naturalmente anche le grandi figurazioni mitologiche di Edipo, Eros, thanatos; e i mostri spaventosi della Fantascienza. Nessuno pone in dubbio la loro realtà psicologica, e non occorre un grande sforzo di fantasia per passare dal linguaggio biblico dei “ dominatori di questo mondo tenebroso” e dello spirito malvagio delle altezze, o dalle visioni di Michele e dei suoi angeli che combattono contro satana e i suoi angeli, all’analisi delle lotte razziali o ai conflitti nella psiche individuale. Le “ altezze” e gli “ abissi”, che nel cap. VIII della Lettera ai Romani san Paolo dichiara impotenti contro l’amore di Cristo, sono essenziali alla prospettiva dell’intelligenza cristiana dell’uomo e del cosmo. 3. C’è infine ad un livello più modesto la nozione della presenza costante di Dio nella nostra vita quotidiana. Per gli uomini della Bibbia gli angeli andavano e venivano nei fatti d’ogni giorno con piena naturalezza. “ Un angelo apparve in sogno a Giuseppe” significa semplicemente che Giuseppe ebbe un sogno in cui si sentì esortato ad andarsene in fretta, e che in ciò egli vide “ la mano di Dio”. Tali fatti non avevano bisogno d’essere interventi miracolosi; potevano essere semplici avvenimenti della vita d’ogni giorno, nel loro aspetto “ interiore”. Per dire che però non si trattava però di puri casi, di pure coincidenze, gli uomini della Bibbia parlavano di angeli come noi nominiamo la provvidenza. In quei fatti Dio e la sua grazia operavano mirabilmente. Non dico che con ciò noi dobbiamo continuare a parlare degli angeli per rendere sensibili al prossimo questa realtà. Qui sono d’accordo col “ New Christian”. Ma neppure vorrei estromettere una realtà, né tagliare il cordone ombelicale che la lega alle immagini e leggende bibliche. Queste figurazioni hanno una grande forza evocativa; un giorno le sapremo accettare nel loro valore poetico. Soprattutto, ci conviene smetterla di trattarle con spirito così disperatamente prosaico e pedestre. Gli angeli sono giochi dello spirito, sono parte della danza della vita. Forse, se non li accettiamo dai teologi possiamo ancora cogliere qualche cosa della loro realtà attraverso le parole dei poeti. Di Francis Thompson per esempio: “ Gli angeli sono ancora dov’erano. Smovete un sasso e farete fuggire una creatura alata. Siete voi, sono i vostri occhi disavvezzi, a non vedere questa realtà dai molti splendori”. Francis Thompson è un poeta cattolico inglese ( 1859-1907) ( N. d.T.). |
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