GLI ANGELI NEI PRIMI SECOLI DELLA CHIESA di don Marcello Stanzione |
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giovedì 22 dicembre 2016 | |
Il culto angelico, facilmente accessibile ai pagani da poco convertiti, si imponeva con vigore nei giovani ambienti cristiani fin dagli inizi ; questo vigore stesso trascinava dei fermenti di eresia, del tipo di quella denunciata da Paolo. Questo pericolo non farebbe che andare ad aggravarsi sotto l’influenza degli gnostici, grandi amanti degli esseri spirituali, demoni ed angeli confusi e non bene identificati raggruppati sotto l’appellativo di Eoni ; i neoplatonici completeranno di gettare la confusione negli spiriti con i loro dei-angeli. La Chiesa si trovava dunque presa tra il desiderio legittimo di onorare gli angeli ed il timore di cadere nell’eresia. O, peggio ancora, di offrire un culto demoniaco offendendo Dio. E’ tra queste due tendenze che il cristianesimo si barcamena nei suoi primi secoli, mentre elabora la sua angelologia. Venuta dal paganesimo, formato alla scuola della filosofia greca, san Giustino, molto apprezzato dall’imperatore Marco Aurelio, ed apologeta della sua fede, ritorce volentieri a quelli che accusano i cristiani di empietà, come di ateismo, che non è vero niente poiché essi confessano “un culto al Padre, al Figlio, all’esercito degli angeli ed allo Spirito” (Non volendo avere a che fare con gli idoli, i primi cristiani rifiutavano il culto, più civico che religioso, dovuto alla persona dell’imperatore ed alla Dea Roma, la dea Roma. ... ... Questo rifiuto di onorare Roma ed Augusto ne inviò molti al boia come atei od empi). (Non è poco sorprendente vedere la Terza Persona della Trinità relegata dietro l’esercito celeste). Questa testimonianza, una delle più antiche, prova che gli Angeli erano molto onorati nella Chiesa della metà del II secolo. Bisogna tuttavia aspettare l’inizio del II per vedere i teologi fare lo sforzo di mettere in forma le credenze un poco nebbiose della giovane Chiesa. Il primo ad arrischiarvisi è Clemente d’Alessandria. La sua morte, nel 220, non gli lascerà il tempo di scrivere il trattato di angelologia che sognava. Comunque, è possibile farsi un’idea abbastanza precisa dell’opera che avrebbe potuto redigere grazie a certi passi di un altro dei suoi libri, Le Stromate. Clemente si è apertamente molto servito degli apocrifi, soprattutto del Libro di Enoch, ancora guardato come canonico alla sua epoca (E’ sempre canonico presso gli etiopi). Egli ne estrae la sua teoria della creazione degli angeli, ed il racconto della loro caduta : “Gli angeli, che avevano disdegnato la bellezza di Dio per una bellezza effimera, caddero così dai cieli fino a terra”. Clemente afferma, contro taluni eretici, che la natura angelica è stata creata buona, che questa natura è spirituale ed incorporale. Infine, egli avanza l’ipotesi della Gerarchia celeste : “Secondo la mia opinione, le dignità di vescovi, di sacerdoti, di diaconi, che noi troviamo nella Chiesa quaggiù sono delle imitazioni della gloria angelica”. La riflessione angelologica progredisce considerevolmente con il quasi contemporaneo di Clemente, Origene, morto nel 254. Per quel che riguarda la devozione angelica, Origene ha fermamente messo le cose a posto : “Non esiste da nessuna parte un comandamento che ci obbliga ad offrire loro (agli angeli) un culto dovuto a Dio. Non è ragionevole invocare gli angeli : noi non dobbiamo offrire le nostre preghiere che a Colui che basta a tutto, a Dio, per mezzo del nostro Salvatore, il Figlio di Dio. Questi angeli, noi li proclamiamo beati ; Dio, in effetti, ha affidato loro quello che è utile alla nostra specie, ma noi rifiutiamo loro il culto che non è dovuto che a Dio”. Detto questo, Origene si appassiona per il mondo degli Spiriti celesti, sollevando più problemi di quanti non ne risolva, ed azzardando talvolta delle opinioni pittoresche, ma che la Chiesa non ratificherà. Così è della questione del corpo sottile degli angeli, quel corpo di luce al quale crederanno molti teologi desiderosi di lasciare a Dio solo il privilegio della totale spiritualità. Ancora più azzardata è l’idea di Origene secondo la quale gli angeli non sarebbero fissati immutabilmente nella grazia e resterebbero in ogni momento suscettibili di peccare e di cadere. Infine, non è senza giustizia che dopo avere affermato l’esistenza dell’angelo custode, egli immagina che quelli dei peccatori morti senza pentimento e dannati sarebbero, per punirli di avere mal compiuto la loro missione, privati della visione beatifica... Gli angeli decaduti, che non appassionano meno Origene, lo condurranno anche a delle posizioni erronee. E’ più felice quando riafferma, nella diritta linea dell’angelologia ebraica, che l’anima umana è il campo chiuso da un impietoso combattimento tra l’angelo ed il diavolo, quando egli sviluppa l’idea degli angeli delle Nazioni, d’altronde affiancati dai demoni delle Nazioni, e degli angeli che vegliano al buon funzionamento di tutta la creazione. Infine, egli riafferma la credenza nel loro ruolo di psicagoghi. Tutte queste teorie sono elaborate in un clima di crisi, allorché le comunità cristiane vivono sotto la costante minaccia della persecuzione. Nell’impossibilità di confrontare i punti di vista e di discuterli, la Chiesa, all’alba del IV secolo, è ancora lontana dall’avere fissato la sua dottrina sulla questione angelica. La misura è tanto più urgente perché si è sviluppata, soprattutto in Asia Minore, una eresia detta della cristo-angelologia, che riapparirà a diverse riprese e sotto diversi aspetti nel seguito dei secoli. Questa cristo-angelologia, di matrice gnostica, nega completamente la divinità di Cristo e la sua incarnazione per fare di Lui un angelo, sia pure “l’Angelo supremo” caro ad una setta eretica, quella degli ebioniti. Aggiungendosi alle teorie, altrettanto false, del sacerdote di Baucalis di Alessandria, Ario, che pretendeva che Gesù non era che un uomo migliore degli altri, queste affermazioni più o meno deliranti minano la fede cristiana. Situazione paradossale in quegli anni in cui la conversione dell’imperatore Costantino strappa la Chiesa alla paura della persecuzione... E’ per rimediarvi che è riunito nel 325 il Concilio di Nicea. Questa prima riunione ecumenica tenuta in prossimità di Bisanzio, mentre sta per soppiantare Roma come capitale dell’Impero, ha per scopo di chiarire la fede definendo nettamente un credo comune a tutte le comunità cristiane ortodosse. Il grande merito del Concilio sarà di confessare chiaramente Cristo come vero Dio e vero uomo, condannando con lo stesso colpo tutte le derive eretiche, dalla cristo-angelologia fino all’arianesimo (Se ha il merito di esporre la posizione inscindibile della Chiesa, Nicea non potrà impedire i trionfi ariani del V e VI secolo ; in materia di cristo-angelologia, occorrerà aspettare il 451 ed il Concilio di Calcedonia perché il Dogma dell’Incarnazione sradichi questa eresia). E’ ugualmente a Nicea che i Padri pongono il Dogma della credenza nel mondo degli Spiriti confessando Dio creatore del mondo visibile ed invisibile. Il IV secolo continua ad interrogarsi su questo universo angelico divenuto ufficialmente oggetto di fede dopo Nicea. Tutta la scuola della teologia cappadociana, attraverso i suoi più illustri rappresentanti, Basilio di Cesarea (330-379), Gregorio di Nazianzio (330-390), Gregorio di Nissa (335-394), conferma la natura spirituale ed intellettuale degli angeli, l’anteriorità della loro creazione alla creazione del mondo, questione che aveva combattuto Origene, ma nega la sua teoria del corpo sottile degli angeli, come della loro possibilità di peccare. Nel 380, le Costituzioni apostoliche aggiungono alla lista dei sette cori angelici segnalati nel Nuovo Testamento i due Ordini superiori dei Cherubini e dei Serafini che non sono presenti che nell’Antico Testamento. Questa devozione ufficiale, tenuta in stretti limiti, risulta sempre con lo stesso pensiero di evitare le devianze eretiche. In effetti, i primi avvertimenti ecclesiastici non sono bastati per ristabilire l’ordine. La severa condanna del Concilio di Laodicea nel 363 dimostra che la Chiesa non è stata obbedita. Il canone 35 del Concilio decreta : “Non è conveniente che i cristiani, distaccandosi dalla Chiesa di Dio, rendano un culto agli angeli al di fuori di Essa ed in assemblee private. Questa pratica è vietata. Chiunque sarà trovato dato in segreto a questa idolatria sarà anatema perché egli abbandona Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e si rivolge agli idoli”. Di fatto, è bello e bene un rischio di stregoneria, di ricorso ai demoni che denuncia il Concilio. E’ con lo stesso pensiero che procederanno altre interdizioni : nel 492, il primo Concilio di Roma condanna l’uso di porre, sotto le immagini degli angeli, delle iscrizioni che portano dei nomi fantastici e non accreditati dalla Bibbia (Phylacteria omnia quae non angelorum, ut illi configunt, sed daemonum magis nominibus conscripta sunt). Nel 745, il secondo Concilio del Laterano condanna il denominato Aldeberto, un prelato, autore di una preghiera agli Angeli Uriele, Raguele, Michele, Adimis, Tubuas, Sabaoth, Simihel. “Ad eccezione di quello di Michele, tutti i nomi degli Angeli inseriti in questa preghiera designano dei demoni ai quali l’accusato chiedeva aiuto e protezione”. Ma come la teologia riguardo agli è evoluta durante questo lungo periodo ? Essenzialmente attraverso l’opera di sant’Agostino e di san Gregorio Magno, ma anche, ma soprattutto, attraverso La Gerarchia celeste dello Pseudo-Dionigi. Nel libro La Città di Dio, il vescovo di Ippona ha definito la nozione di conoscenza del mattino e della conoscenza della sera. Egli ha posto l’ipotesi del mistero dell’Incarnazione come causa della caduta degli angeli, affermato che gli Spiriti fedeli sono per sempre fissi nel bene. E’ dallo stesso libro che viene la credenza secondo la quale i giusti prenderanno il posto degli angeli ribelli nella Gerusalemme celeste. L’importanza dell’opera dello Pseudo-Dionigi è già stata sottolineata, con l’apporto definitivo della filosofia neoplatonica all’angelologia cristiana, apporto che integrerà Gregorio Magno, fondando in parte la sua certezza sul commento della Parabola della dracma perduta (Lc. 15,8. Per San Gregorio, le nove dracme rimaste nella borsa corrispondono ai nove cori angelici di Dionigi). Man mano che la Chiesa riprende in mano la devozione angelica, scartando le devianze pericolose, essa può autorizzare delle pratiche che prima la corrucciavano. All’inizio del Medio Evo, è ben dimenticata l’epoca in cui Sant’Agostino sconsigliava di turbare gli spiriti semplici ponendo dei santuari sotto l’invocazione dei nomi degli angeli o dei martiri. Consacrando il suo impero a san Michele, riedizione del gesto di Costantino che aveva già posto Roma sotto la protezione dell’Arcangelo, Carlo Magno inaugura una più grande devozione angelica in Occidente, seguendo un movimento più antico in Oriente. Mentre che nel 787, il secondo Concilio di Nicea autorizzava la rappresentazione, al momento entrata nelle raffigurazioni, degli angeli sotto parvenza umana, il Concilio provinciale di Aix-la-Chapelle, nel 789, incoraggiava e raccomandava il ricorso dei cristiani ai santi angeli. A dire il vero, la cristianità non aveva atteso per così lungo tempo per onorare gli spiriti celesti. Molto presto, delle chiese di Siria e di Pisidia erano state dedicate agli angeli. Alla fine del IV secolo, sotto il regno di Teodosio (Teodosio regnò dal 378 al 395 ed impose a tutti i soggetti dell’impero la conversione al cristianesimo, questo al fine di impedire una risorgenza del paganesimo persecutore quelle si era prodotto dal 361 al 363 sotto il regno di Giuliano l’Apostata, nipote di Costantino. Fu anche il primo monarca cristiano a riconoscere il primato religioso su quello politico facendo ammenda onorevole dei suoi peccati davanti a sant’Ambrogio e almeno una chiesa d’Umbria, antico tempio romano cristianizzato, era stato posto sotto l’invocazione del Dio degli angeli, dei profeti e degli apostoli. Ma è poco dopo la sua conversione che Costantino aveva fondato vicino a Bisanzio il primo grande santuario angelico la chiesa detta Michaelion. Infine, si era imposta molto presto in Occidente l’usanza di porre le torri o le volte delle chiese sotto l’invocazione dei tre grandi arcangeli in tal modo essi erano stabiliti custodi della Casa di Dio, schermo necessario tra il mondo e la divinità. Ma fu dal XI al XIII secolo che la Chiesa latina conobbe i suoi più grandi teologi dell’angelologia. Nutrita dai testi di Sant’Anselmo di Canterbury, poi dall’Elucidarium di Onorio Augustodunensis (1080-1153), di cui quattro capitoli, fortemente dipinti di neoplatonismo, riassumevano l’angelologia cristiana il movimento raggiunse il suo apogeo con San Bernardo di Clairvaux, poi San Bonaventura e San Tommaso d’Aquino. |
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