E’ NELLE LIBRERIE IL TESTO “ GLI ANGELI CUSTODI DELLE NAZIONI”. Di Carmine Alvino |
E’ in distribuzione in tutte le librerie cattoliche e in quella laiche più importanti il libro scritto dal famoso angelologo cattolico don Marcello Stanzione dal titolo “ Gli angeli custodi delle nazioni” edito dalla Sugarco di Milano. Il cappuccino svizzero di lingua tedesca padre Hopan in un suo libro sugli angeli tradotto in italiano negli anni 50 del secolo scorso così scriveva: “Anche i popoli odierni hanno il loro spirito tutelare sulla terra, il loro intercessore in cielo. I popoli non sono lasciati a se stessi: e neppure semplicemente nelle mani dei loro governi. Accanto al popolo ed al suo governo è sempre presente “un principe” invisibile, che suggerisce i progetti di Dio, dirige ed agisce. “Agite bene, Dio è sopra di voi!”, grida l’angelo d’ogni popolo nel teatro del mondo. Gli italiani hanno il loro angelo tutelare, che deve essere angelo focoso quanto amabile, in conformità al carattere del suo popolo. Gli spagnoli hanno il loro angelo tutelare, un angelo cavalleresco e impaziente. Gli inglesi hanno il loro angelo tutelare, che sorveglia la loro isola, angelo dalla stessa natura tenace e calma come il popolo che ha coniato. ...
... I tedeschi pretendono addirittura di avere a patrono il “principe delle schiere celesti”, Michele. Nessun popolo ha sviluppato il culto dell’arcangelo Michele quanto il tedesco. E Michele, “il celeste principe delle guerre terrene”, già fin dal secolo VII patrono delle imprese militari, incaricato della protezione dell’intera cristianità, può ben assumersi anche la tutela di un popolo singolo. Anche la Francia ha il suo spirito tutelare, che nel corso dei secoli ha dovuto lottare talvolta con lo spirito della Germania, un po’ come ha fatto il principe dei greci con il principe degli israeliti (Dan. 10,20). Sempre pronto al canto deve essere l’angelo dell’Austria. Anche la Svizzera ha il suo angelo tutelare: benevolo e riservato , con un sorriso ironico: ma sufficientemente potente da condurre a salvezza quel popolo di pastori in mezzo agli incendi di due guerre mondiali, un po’ come l’angelo che condusse a salvezza i giovani nella fornace. Chi conosce i popoli o ne conosce i nomi? Tutti hanno il loro angelo: l’America ricca; l’immensa Cina; l’antichissima India; i negri dell’Africa, i popoli che languiscono in servitù dietro la cortina di ferro. Anche la Russia, concludeva padre Hophan, ha il suo principe buono e potente. La Scrittura – secondo la versione dei Settanta – ammonisce : “Non devi aborrire gli edomiti e neppure gli egiziani. Poiché l’Altissimo quando ha diviso i popoli, quando ha separato i figli d’Adamo, ha stabilito i confini dei popoli secondo il numero degli angeli” (Deut. 23, 8)”. In effetti tutti i grandi eruditi dei primi tempi del cristianesimo sono del parere che, nell'economia divina, ogni popolo ha il proprio angelo custode. Quindi l'individuo non è l'unico ad avere un angelo personale protettore, ne ha uno anche il popolo di cui fa parte. Ecco, in questo senso, un passaggio significativo dell'opera di Basilio il grande (IV secolo): "Sappiamo dal tempo di Mosé e dei profeti che esistono degli angeli protettori per tutte le nazioni… questi capi e governatori posti per difendere sorvegliare i popoli di cui hanno la responsabilità sono innumerevoli". Origene ha ragione a dire, a sua volta, che quest'opinione si basa sulla testimonianza diretta dei testi sacri. Il profeta Daniele (10,13-21) parla dell'angelo della Grecia e della Persia, che si affrontano ogni volta che i loro popoli entrano in conflitto. Si trovano dei testi simili negli Atti degli Apostoli, in diverse fonti giudaiche o nel Deuteronomio: nella traduzione dei Settanta (Dt 32,8-9), si apprende che Dio ha affidato a ogni popolo un angelo protettore, conservando per lui stesso la responsabilità del popolo di Israele. I commentatori ebrei della leggenda della torre di Babele (TestamentumNephtali) precisano che la dispersione sulla terra dei discendenti Noè si è compiuta con l'aiuto delle armate dei settanta angeli che hanno insegnato agli uomini settanta lingue differenti. Anche Origene pensa che gli angeli sono all'origine delle lingue nazionali. Siamo così autorizzati ad immaginare che alla base di ogni comunità etnica si trova un principe spirituale, un angelo territoriale, che si esprime alla maniera d'essere della suddetta comunità, nella sua storia, nella sua lingua e la sua cultura. Ogni sorta di speculazioni sono state elaborate durante i secoli sugli eventuali protettori di ogni paese. Si è visto che Israele si sente sotto la protezione diretta di Yahvè. Risulta da altri testi che il ruolo di Yahvè è tenuto, a volte, dall'arcangelo Michele, definito come "angelo del Signore" (mal’akJahveh). È interessante, e non privo di ironia storica, apprendere che tra le nazioni moderne, quella che rivendica, come Israele, lo spirito tutelare di san Michele arcangelo è la Germania. In una delle sue opere dedicata agli spiriti celesti, pubblicata a Lucerna, il già citato teologo cappuccino padre Otto Hophan parla anche di un angelo della Svizzera: "Anche il territorio del mio paese, la Svizzera, ha il suo angelo custode; un così piccolo paese non ha bisogno di un arcangelo. Ma il nostro angelo è quanto vi è di necessario, e si direbbe che egli sorrida dolcemente, con umorismo, ai suoi "compagni" sovradimensionati…". Gli angeli delle nazioni si identificano con i popoli che essi ispirano, a tal punto che saranno chiamati allo stesso tempo, dice la tradizione, per rispondere dei loro atti nel giudizio finale. Il fatto che ogni nazione si trovi sotto la protezione di un angelo dovrebbe ispirarci un sentimento di tranquillità fiduciosa. Le realtà dovrebbero confermarci questa impressione, in modo che la storia del mondo rassomigli a una festa campestre ininterrotta. Ciò nonostante, come noi oggi, i Padri della Chiesa si domandavano come spiegare le guerre, gli odi tra le etnie, la decadenza temporanea di una o l'altra nazione verso la disumanità. Si possono citare tre grandi risposte possibili. Una di queste è quella di san Paolo: ci sono anche degli angeli caduti che, in un certo momento, si sostituiscono come spiriti territoriali maligni ai protettori buoni iniziali dei popoli. Diventano i "maestri di questo mondo" come appunto spiriti territoriali maligni e si impegnano ad allontanare gli uomini da Dio. Una seconda risposta si riferisce alla strategia generale degli angeli (che siano associati ad un individuo o a una collettività): questi hanno dei grandi poteri, ma non quello di manipolare la volontà dell'uomo. Il dono supremo, offerto dal Creatore alla sua creatura preferita, è la libertà. E perché l'uomo sia libero, deve avere la possibilità di scegliere tra il bene e il male, con il rischio implicito di scegliere il male. La stessa cosa vale per i popoli. Il loro angelo non ha in alcun modo il diritto di restringere il loro libero arbitrio. Questo significa che ogni popolo può disdegnare, se lo vuole, la sua tutela angelica buona, e lasciarsi tentare dalle pulsioni infernali e farsi ingannare dagli spiriti territoriali malvagi. Ma la più interessante delle risposte, è senza dubbio la terza. Si può sbagliare non solamente volgendo le spalle all'angelo, ma anche al contrario, con l'idolatria, accordandogli una sottomissione e un culto che normalmente non sono accordati che a Dio. Questo errore ripete in un certo senso quello degli angeli caduti. La causa della loro caduta fu un eccesso d'orgoglio che li condusse ad usurpare il trono del Padre, a sentirsi suoli eguali. Anche l'errore dei nazionalismi aggressivi riguarda l'importanza esagerata data all’istanza nazionale, il porre i suoi valori al di sopra di tutti gli altri. La nazione prende allora il posto dell'amore verso il prossimo, della saggezza, e alla fine di Dio stesso. Quando la nazione diventa un assoluto, l'assoluto con la A grande diventa relativo. Dimentichiamo che "la nostra patria è nei cieli" come dice l'apostolo Paolo, e facciamo della nostra residenza terrena un tempio da adorare, un limite opaco, la sola ragione d'essere della nostra vanità. Bisogna dire che il Nuovo Testamento punisce, sul piano della dottrina, un tale comportamento. L'apparizione del Cristo significa, tra le altre cose, che il ruolo che gli angeli devono giocare nella storia degli uomini è molto attenuato. I testi dicono, in maniera esplicita (Efesini 1,21; filippesi 2,9-10 ecc.), che Gesù subordina le compagnie degli angeli e che le loro funzioni sono loro attribuite da lui. È Lui che diventa in questo momento il grande Mediatore tra Dio e l'uomo, è lui che diventa l'interlocutore celeste di ogni individuo e di ogni nazione. Il Cristo si manifesta come principio unificatore, che mette tra parentesi la molteplicità degli angeli. In ognuno dei suoi gesti e in ognuna delle sue parole si trova il modello di una comunione di un altro tipo rispetto a quella del sangue, una comunione spirituale il cui fondamento è di ordine universale, sopra-etnico. La differenza tra il mondo antico e il mondo nuovo, quello della "rivoluzione" cristica, è quella che esiste tra la "legione" delle nazioni e l'omogeneità della comunione "nello Spirito". Mentre gli angeli delle nazioni potevano entrare in conflitto, incoraggiare l'eccesso di "differenze specifiche" tra i popoli, Gesù ridà tutta la sua importanza al "genere prossimo" alle rassomiglianze. La sua azione è per definizione pacificatrice. Le armate angeliche devono accettare un nuovo ordine "politico", l'ordine di una pax messianica di cui si parla in particolare nelle lettere di Paolo ( cfr. Col 1,20; Ef 1,10). Quelli che obbediscono agli spiriti nazionali dopo l'incarnazione del Cristo sono nell'errore. L'anacronismo è il loro peccato: si comportano come una setta politeista, in un contesto di affermazione del monoteismo. Insisto su questo aspetto del cristianesimo, perché molto spesso è proprio in nome di Cristo che si abusa di una retorica nazionalista barbara. C'è, in realtà, tra la fede autentica e la xenofobia, una contraddizione radicale ed è sbalorditivo che ci si possa dichiarare cristiano e allo stesso tempo credere che Dio sia nato, a seconda dei casi, a Belgrado, a Sarajevo, a Washington DC o a Wuppertal… Non vorrei lasciar pensare che, in una prospettiva neotestamentaria, il problema nazionale sia disprezzato o minimizzato. L'appartenenza ad una nazione o a un'altra è un fatto provvidenziale, come il colore degli occhi, la statura e tutto ciò che compone la nostra identità particolare. Quest'appartenenza ha un significato e comporta una responsabilità. Non si nasce per caso in quella o in quella altra nazione: c'è in questa circostanza un segno del destino, c'è soprattutto la formidabile comunità di lingua che riunisce in profondità tutti i suoi utilizzatori. E c'è un senso per ogni nazione nella storia del mondo; non realizzato, lascia vacante una porzione importante di questa storia. L'identità nazionale è un fatto che va da sé, che opera in noi in ogni istante. Le nazioni sono una realtà ancora molto potente, e la loro diversità è "il sale della terra". È per questo che una certa demagogia comunitaria e una cattiva comprensione della "mondializzazione" che mira ad anticipare una umanità vaga, incolore, stereotipata vanno infatti contro le evidenze e il buonsenso. Il problema non è di abbandonare o di eludere il tema della nazione, ma di ritrovare il suo giusto posto, lontano dall'enfasi del XIX secolo, dall'idolatria, lontano dall'ossessione del confronto ostile e dalla supremazia esclusiva. L'accettazione dell'identità nazionale deve in altre parole assumere il volto di un'offensiva della creatività e non quella di una triviale competizione tribale. Anche se i demoni che sonnecchiano nel cuore inquieto di ogni popolo non si risvegliano, gli angeli delle nazioni devono essere posti sotto il controllo di un principio superiore. In altre parole non si può onorare dignitosamente l'identità nazionale se non si opera in nome di valori posti al disopra del "locale", dell’idiomatica, dell’etnicità primaria. Servire abbagliato l'angelo delle nazioni è un'eresia nefasta. Servire, con lui, lo spirito comunitario è la via legittima, la via realmente angelica… Sarei soddisfatto se, al termine di questa mia presentazione al particolare testo angelologico di don Stanzione, voi vi trovaste d'accordo sul fatto che, nel parlare degli angeli, ci si trova a trattare problemi reali del mondo contemporaneo. Che, se si accantonano i pregiudizi correnti, i sentimentalismi minori, la terminologia e il freddo sistema di un certo discorso teologico, l'angelologia da prova di reali virtù "operative" e può costituire il punto di partenza di una riflessione viva, intensamente stimolante. In questo testo don Marcello Stanzione parla molto dell’angelo protettore della nazione portoghese e delle apparizioni mariane di Fatima. Nel 1959 i vescovi italiani consacrarono la penisola al Cuore Immacolato di Maria ed una statua della Madonna di Fatima pellegrina in elicottero fu portata nei centri religiosi più importanti del paese, tra cui san Giovanni Rotondo dove padre Pio da Pietrelcina gravemente ammalato ottenne una prodigiosa guarigione. Ora il cuore Immacolato di Maria è collegato alle profezie di Fatima e queste sono intimamente legate agli angeli di cui Maria è regina. I vescovi italiani nel 2009 organizzarono una serie di manifestazioni per ricordare quell’evento di consacrazione mariana e nel maggio del 2010, nel decimo anniversario della beatificazione dei pastorelli, il papa Benedetto XVI, oggi pontefice emerito si recò al Santuario di Fatima ed è probabile che il papa regnante nel 2017 si recherà a Fatima per il primo centenario dell’apparizione mariana, quindi ben venga questo scritto di don Marcello Stanzione che tratta abbondantemente anche del messaggio di Fatima dove è focalizzato l’attenzione sull’importante ruolo che l’ angelo della nazione portoghese apparso nel 1916 ebbe in esso. Si dice che gli angeli siano ora di ritorno. Decine di libri recenti spiegano al lettore curioso che gli angeli sono più che mai presenti intorno a lui. Se si manifestano così numerosi, è che le persone sono evolute, che sono di nuovo curiosi di spiritualità, di ricerca interiore, che sono più attenti a quello che accade nella loro anima. Queste pubblicazioni di tutti i formati si rivolgono a tutti e ad ognuno e vogliono rispondere alle domande molto diverse che le persone ordinarie si pongono a questo riguardo. I loro autori si rendono conto che delle spiegazioni molto diverse circolano a proposito degli angeli: taluni pensano che essi si situino tra Dio e gli umani, od altri pensano che sono degli umani più avanzati che ritornano ad interpretare il ruolo di guida. Ma questi specialisti sono normalmente d’accordo per sostenere che sono delle entità d’un genere speciale, degli esseri potentissimi, delle specie di energia pura. Tali angeli li rappresentano in modi molto diversi, ma sono prima di tutto degli esseri di luce, delle guide interiori che ognuno può contattare per aiutare se stesso sulla via della vita. In mezzo alle numerose famiglie di angeli di cui si conosce l’esistenza, sono ancora gli angeli custodi che attraggono di più l’attenzione di questi nuovi specialisti. Ma i loro lavori non mirano talmente a speculare sulla natura degli angeli, essi si legano piuttosto nel mostrare con una moltitudine di esempi che gli angeli possono in ogni momento fare irruzione nella vita di ognuno. Gli angeli fanno necessariamente parte dell’esperienza spirituale di tutti gli umani. Basta semplicemente esservi attenti. Come pure è possibile entrare in comunicazione con queste guide spirituali utilizzando le formule appropriate, alzare le sue vibrazioni e mettersi in ascolto dei messaggi che essi vogliono ben inviarci. Si può anche ascoltare quello che hanno da dirci utilizzando i servizi di medium capaci di canalizzare il messaggio di alcune di queste entità. Se non li si riconosce sempre attraverso il trantran quotidiano, è che gli angeli sanno modificare la loro apparenza a volontà. Questa caratteristica fa che essi appaiano differentemente secondo le culture, secondo le religioni. Con delle ali o senza le ali, all’esterno od all’interno dell’essere umano, o sotto le forme più inattese, fossero difatti sempre gli stessi angeli che cercano di incontrare gli stessi umani per farli evolvere sempre più rapidamente. In più libri, si trovano in vendita nelle edicole specializzate delle carte di auguri, dei giochi di carte, degli oggetti decorativi, delle piastre o delle sculture. Gli angeli sono di moda, ed anche le esposizioni di angeli, i musei di angeli, ecc. non c’è dubbio che, per molte persone, un’esposizione come questa trova il suo posto naturale in una serie di manifestazioni che esprimono la benevolenza di questi esseri di luce. Importa poco che una esposizione come questa si limiti agli angeli della tradizione cattolica. Colui che partecipa veramente a questo spirito nuovo saprà in questa occasione prendere coscienza dell’onnipresenza degli angeli di tutte le epoche e di tutte le religioni. La spiritualità nuova riutilizza a volontà l’iconografia antica e vi si ritrova a prima vista perfettamente. Antichi o nuovi, gli angeli sono sempre degli angeli, e lo spirituale moderno troverà sempre piacere nell’ammirare i personaggi sovente alati ed asessuati dell’iconografia cattolica. Ma nuovi artisti dipingono anche degli angeli più adatti alla spiritualità di oggi. Sono degli angeli di una sensualità prima sconosciuta, sovente dei bei uomini e belle donne dalla sessualità raggiante. A scapito di una volontà di universalizzare gli angeli, il trattamento stesso di questi corpi di esseri chiaramente invisibili è di un realismo che denota una netta rottura con gli angeli di una volta. Tutto lasciando planare intorno ad esse un certo mistero, queste nuove immagini riflettono bene i desideri degli uomini e delle donne di oggi. Questi nuovi angeli hanno poco a che vedere con quelli di questa esposizione. Fanno piuttosto parte di un insieme di miti propri a legittimare un nuovo modo di vivere la spiritualità. Il tempo delle grandi istituzioni religiose nelle quali occorreva impegnarsi, si dice, è oramai sorpassato. Noi siamo passati dall’era dei Pesci all’era dell’Acquario. Ognuno è oramai capace di una spiritualità autonoma, capace di padroneggiare la sua propria vita spirituale senza fare appello all’autorità delle chiese e dei loro sacerdoti. Questo mito fondatore favorisce altre due grandi credenze: la reincarnazione che assicura ad ogni individuo che egli è sulla strada di una lunga evoluzione di cui è il solo responsabile, e gli angeli che gli garantiscono che egli ha a sua disposizione tutti gli utensili necessari per avanzare sulla via della spiritualità. Gli angeli di oggi servono di fatto un nuovo modo di vivere la spiritualità centrata dapprima sui bisogni cangianti dell’individuo. Al contrario degli angeli di una volta che trasmettevano da parte di un Dio trascendete un messaggio costante ed indubitabile, questi nuovi angeli riflettono un’epoca di grande esitazione sul piano religioso, un’epoca che valorizza la libertà di scelta individuale, compreso nel campo delle credenze ultime. L’individuo moderno è convinto che può scegliere come intende le sue credenze nei raggi ordinari di distribuzione dei beni di consumo corrente. I nuovi angeli non fanno che rafforzare la sua autonomia sul piano spirituale. Gli dicono che non deve giudicare le credenze degli altri e che può selezionare tutto quello che contribuisce al suo benessere intimo. Questi angeli fanno eminentemente significato in un contesto sociale che incita al consumo in tutti i campi. Sono a loro modo delle guide meravigliose suscettibili di incoraggiare ogni individuo nel proseguire la sua strada, e che ognuno deve contattare per ravvivare le forze che gli sono necessarie per vivere la sua esperienza quotidiana. Qualsiasi cosa si pensi della loro esistenza o del loro ruolo, gli angeli restano dei personaggi affascinanti. Essi popolano lo spazio rimasto tra un Dio creatore dell’universo e degli umani in cerca di sogni. Il regno degli angeli attrae comunque almeno grandi voli speculativi. I pensatori moderni hanno talvolta la tendenza a trasformare in simboli esangui questi esseri mitologici di cui non sanno che fare. Gli angeli sono di nuovo per molte persone del ventunesimo secolo un aspetto determinante della loro spiritualità. La loro popolarità dovrebbe scatenare un rinnovamento della riflessione a loro riguardo. E’ come se i nuovi angeli fossero una specie di frammentazione di un Dio che non osa ancora soddisfare le diversità dei desideri individuali. Se è vero che le angelologie ebraiche e cristiane hanno potuto essere dei luoghi in cui si sono annodati i primi rapporti di queste religioni con le potenze divine delle altre nazioni, forse occorrerebbe ancora vedere nell’interesse mitigato delle teologie per gli angeli recenti un segno della loro difficoltà a pensare il loro rapporto con le nuove spiritualità esplose oggi. Riguardo alle tre apparizioni dell’angelo ai tre pastorelli di Fatima, precedenti e preparatorie a quelle della Madonna, tra la fine della primavera, durante l’estate e nell’autunno del 1916 esse sono sorprendentemente simili a quelle descritte nei racconti del vangelo. L’angelo a Fatima si manifesta sotto la figura di “un giovane di 14-15 anni, più bianco della neve, che il sole faceva diventare trasparente come se fosse di cristallo, e di una grande bellezza” come dichiara Lucia ed il vangelo in Mc 16, 5 scrive che, dopo la morte di Gesù, le donne: “ Entrando nel sepolcro, videro un giovane seduto sulla destra, vestito di una veste bianca ed ebbero paura” (cfr. Lc 24, 4; Gv 20, 12; At 1, 10). L’angelo apparendo a Lucia, Francesco e Giacinta li rasserena, dicendo loro di non temere così come avviene pure in Lc 1, 13: “Ma l’angelo gli disse: “Non temere Zaccaria” (cfr. Lc1, 30; 2, 10; Mt 1, 20). L’angelo manifesta ai tre pastorelli chiaramente la sua identità affermando di essere l’angelo della pace, l’angelo custode del Portogallo così come in Lc 1, 19. “ L’angelo gli rispose: io sono Gabriele, che sto al cospetto di Dio”. L’angelo insegna ai tre fanciulli una orazione di adorazione alla Santissima Trinità che ricorda il comportamento dell’angelico evangelico del Natale che si presenta innanzi ai pastori e dice loro di non temere, mentre proclama una grande gioia, “subito dopo apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e in pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 9.13). L’angelo predice poi ai tre pastorelli un evento di grazia divina nei loro confronti affermando che i cuori santissimi di Gesù e di Maria hanno sui tre fanciulli dei disegni di misericordia, così anche l’angelo Gabriele annuncia alla ragazza di Nazareth di aver trovato grazie presso Dio e le preannuncia il concepimento di Gesù (Lc 1, 30-33). L’angelo sollecita Francesco, Giacinta e Lucia a realizzare una missione che consiste nell’offrire sacrifici in riparazione per i peccati dell’umanità in onore e per amore dei Cuori santissimi di Gesù e di Maria, così come in Mc 16, 7 l’angelo della resurrezione dice alle pie donne accorse al sepolcro: “Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno, che è stato crocifisso. E’ risorto. Non è più qui. Ecco il luogo ove lo avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli, specialmente a Pietro: Vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. La novità dell’apparizione angelica di Fatima sta nel gesto dello spirito celeste di offrire l’ostia e il calice del sangue eucaristica ai tre pastorelli affinché facciano la santa Comunione. Un tale gesto angelico non è contenuto dai vangeli e da diversi teologi è considerato “assai misterioso”, ma come vedremo don Marcello Stanzione in questo suo libro, ne offre una esauriente spiegazione. In Portogallo infatti tale devozione all’angelo di quel paese geografico assunse un significato nazionale. A questo proposito ebbe importanza decisiva un’iniziativa del re Manuel I il Fortunato. Nel 1504, “d’accordo con i prelati del Paese”, egli sollecitò e ottenne da Roma l’istituzione di una festività dell’angelo custode, da celebrarsi la terza domenica di luglio. Nel giugno dello stesso anno, scrivendo alle autorità di Elvas, il re giustificava quella decisione richiamandosi al fatto che “Iddio Nostro Signore, per la salvezza delle nostre anime e per la conservazione e il prolungamento delle nostre vite, ha messo ogni regno, ogni città, ogni località, e anche ciascuno di noi, sotto la protezione di angeli che ci preservano dal male e ci stimolano a operare il bene”. Perciò era opportuno “ricordare solennemente, ogni anno, il sopraddetto angelo nostro custode”. La decisione fu confermata con le “ordinanze manueline” del 1513: “Stabiliamo e ordiniamo che ogni anno, in tutti i nostri regni […] la terza domenica di luglio si faccia un processione solenne per ricordare l’angelo custode che ha cura di proteggerci e di difenderci, affinché continui a concederci la sua tutela e la sua protezione. La suddetta processione sarà caratterizzata da feste e cerimonie uguali a quelle del Corpus Domini”. Alla fine del XVI secolo le disposizioni legislative di Filippo II sull’argomento ricalcavano quelle di Manuel I. E’ poco probabile che quest’ultimo, istituendo nei propri stati la festa dell’angelo custode, avesse fatto una cosa del tutto nuova. Quella festa, in un luogo o nell’altro, esisteva certamente fin da prima. Ma fu il re “Fortunato” a dare consistenza ufficiale a un rito che, fino ad allora, non era probabilmente stato praticato che in modo sporadico. Già nel XVII secolo e anche ai nostri giorni, si è fatta l’ipotesi che l’angelo custode del Portogallo non fosse altri che san Michele, protettore per eccellenza dei cavalieri: nella penisola iberica i cavalieri avevano combattuto contro gli infedeli fino alla fine del quattordicesimo secolo. Può darsi che, nei primi tempi, si facesse una confusione del genere, ma resta il fatto che Manuel I non diede il nome di Michele all’angelo di cui intendeva promuovere il culto. La solennità della terza domenica di luglio non coincideva con nessuna delle due feste di san Michele (8 maggio e 29 settembre). Alcuni messali e breviari di Braga stampati a Salamanca nel 1512, nel 1518 e nel 1528 contengono sia un ufficio speciale dell’angelo custode del Portogallo sia, alle date, consuete, quelli relativi a san Michele. Nel convento del Cristo di Tomar e nel museo Machado de Castro di Coimbra si conservano due celebri sculture rappresentanti un angelo custode del Portogallo che non può identificarsi con san Michele. In entrambi i casi, infatti, l’angelo regge lo scudo con lo stemma del regno, ma non ha né bilancia né spada; e infine – conferma decisiva – a Evore, nel transetto della chiesa di san Francesco, si possono vedere due dipinti eseguiti verso il 1540: uno rappresenta san Michele, l’altro l’angelo nazionale, il che dimostra che quest’ultimo aveva acquistato una personalità sua propria. Nel convento di Espinheiro, presso Evora, fino al XVIII secolo si conservava uno scritto in cui si faceva menzione di u atto col quale Manuel I il Fortunato aveva istituito un fondo annuale di 20.000 reis per la celebrazione di centoquattro “messe dell’angelo” (due per settimana) “a beneficio dei marinai che varcarono il mare per difendere i nostri regni”. Nei primi tempi l’identità dell’angelo custode era ambigua anche per un altro motivo. Nelle sue lettere del 1504 Manuel I aveva chiesto che si rendesse omaggio all’angelo che Dio aveva assegnato “a ogni regno, città e località”. Al limite, tutte le collettività portoghesi potevano pensare che quello che esse onoravano la terza domenica di luglio fosse il loro particolare e identificazione nazionale; ciò in quanto, specialmente a Evora e a Braga, furono alcuni membri della famiglia reale a promuovere il nuovo culto. Nel febbraio del 1590 Sisto V, confermando e generalizzando la devozione già praticata in molte diocesi del regno, concesse che si celebrasse un ufficio in onore dell’angelo custode del Portogallo e dei Paesi soggetti. Nell’iconografia, l’angelo portoghese fu rappresentato molto presto con uno scudo ornato con lo stemma del Paese; lo reggeva o vi si appoggiava. La riconquista dell’indipendenza (1640) rafforzò ulteriormente la fiducia in quel protettore celeste. Nel 1643, quando Giovanni IV visitò a Evora il collegio dei gesuiti, fu accolto da un corteo di cui faceva parte, con gli altri angeli, l’angelo custode del regno. A metà del XVII secolo la sua festa divenne occasione di sermoni e di processioni in cui si esaltavano la riconquistata libertà e il ruolo provvidenziale assolto dalla famiglia di Braganza. Retrospettivamente, si fece dell’angelo nazionale il principale artefice delle vittorie riportate sui musulmani da illustri sovrani medioevali, come quella di Alfonso IV a Salado (1340). Al principio del XIX secolo gli fui attribuito la cacciata delle truppe napoleoniche. In una stampa dedicata alla vittoria riportata da inglesi e portoghesi a Vmeiro (1808) è rappresentato l’angelo che, armato della spada e dello scudo del Portogallo, mette in fuiga gli invasori. In cima alla stampa sta scritto: O Angjocustodio do Reino de Portugal ex terminando a aguia de Napoleao e a tropafranceza. Dimenticato per qualche tempo, l’angelo custode del Portogallo è riemerso ai nostri giorni: le sue apparizioni avrebbero preceduto e preparato quelle di Fatima. Nel 1952 la Congregazione dei Riti ripristinò il suo culto nelle diocesi del paese, spostando la sua festività al 10 giugno, giorno della festa nazionale. Una piccola curiosità prima di concludere questa mia presentazione di questo libro che tratta in modo particolare dell’angelo protettore della nazione portoghese. Esiste pure la raffigurazione dell’angelo custode della Russia. Una volta allontanate le minacce dell’invasione napoleonica, è stato eretto nella piazza di fronte al Palazzo d’Inverno, a San Pietroburgo , un simbolo commemorativo della vittoria: la AleksandrovskaiaKolonna, colonna dedicata allo Zar Alessandro I, per il suo ruolo nel trionfo sugli invasori, nel 1812. il monolite di granito rossastro si mantiene eretto senza essere fissato alla base, grazie alle sue 600 tonnellate di peso. Inaugurato nel 1834, il maestoso monumento di 47 metri di altezza, fu disegnato da Auguste de Montferrand, lo stesso architetto francese che ha progettato la famosa cattedrale di Sant’Isacco. Infine, il particolare che ci interessa in modo speciale: la colonna è sormontata dalla statua di un angelo che schiaccia un serpente, opera di Boris Orlovskii. I suoi ideatori hanno voluto così simbolizzare l’angelo della Russia, che dall’alto custodisce il paese, proteggendolo contro le minacce esterne. Vigile e sollecito, l’angelo della Russia veglia continuamente sui suoi innumerevoli protettori, disseminati in questa così immensa nazione, che si estende dall’Europa all’Asia. Lo spirito celeste è anche pegno di una bella promessa. A Fatima, la Madonna ha preannunciato premi e castighi, citando per nome soltanto due paesi: Portogallo e Russia. “La Russia si convertirà”, ha annunciato. La Russia si convertirà! Ecco la promessa, piena di speranza, che la figura del maestoso angelo ricerca, portando la sua croce e stendendo le sue ali protettrici su San Pietroburgo e su tutta quest’estesa nazione. Oggi dopo quasi cent’anni da quella profezia si ha la netta impressione che il territorio dell’ex l’URSS, governato da Puttin sia di gran lunga meno corrotto di tanti paesi europei ed americani di antica cristianità…. Auguro a tutti i lettori cattolici di questo originale libro di don Marcello Stanzione che, grazie anche alle angelofanie precedenti le rivelazioni mariane ai tre pastorelli, possano non solo meglio comprendere, ma soprattutto vivere, grazie anche alla devozione angelica, il messaggio di Fatima. E’ NELLE LIBRERIE IL TESTO “ GLI ANGELI CUSTODI DELLE NAZIONI”. Di Carmine Alvino Segnalazione di Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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