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Lettera di Natale del Vescovo di Salerno, Mons. Luigi Moretti PDF Stampa E-mail

Lettera di Natale del Vescovo di Salerno, Mons. Luigi MorettiÈ apparsa la Misericordia di Dio.
Miei cari Amici, l’apostolo Paolo, scrivendo al suo discepolo Tito, gli ricorda il senso della venuta di Gesù in mezzo a noi:
Si è manifestata la grazia/misericordia di Dio, che porta la salvezza a tutti gli uomini e continua a insegnarci a rinnegare l’empietà e le passioni del mondo, per vivere con moderazione, giustizia e vera religiosità nel presente, nell’attesa della beata speranza, cioè della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. (Tito 2, 11-13)
Paolo ricorda proprio il mistero del Dio fatto Carne, la sua umanità è il luogo della presenza di Dio: questa è la verità del Natale, che è donata a tutti gli uomini che ascoltano e realizzano la volontà di Dio, come cantano gli Angeli sulla spianata di Betlemme. La Pace, questo bene così prezioso, è per tutti e il suo nome è Gesù, l’Inviato del Padre.
Dio tante volte ha parlato agli uomini e in Gesù offre la sua Parola definitiva. Egli si rivela padre e madre per ognuno di noi, come ci ricorda il profeta Osea, vissuto 750 anni prima di Cristo: ...

... Quando Israele era bambino, lo amai e dall’Egitto chiamai mio figlio. Quanto più li chiamavo, più mi si allontanavano… Io gl’insegnavo a camminare, lo portavo in braccio, ma quelli non si resero conto che ero Io ad aver cura di loro. Con vincoli di amore li attraevo, con corde di affetto. Fui per loro come chi porta un bimbo alle guance; mi chinavo e gli davo da mangiare.
Questa pagina, cari amici, rivela l’appassionato amore del Padre: Dio ci tiene legati a sé con corde di affetto e ci abbraccia e si prende cura della nostra vita proprio come un genitore. Egli è attento, affinché il figlio non cada, mentre impara a muovere i primi passi e lo rincorre come una mamma per nutrirlo, mentre scorrazza per la casa. Che belle immagini ci offrono le Sante Scritture, ma cosa vogliono dirci?
Dietro il termine “misericordia” c’è una parola femminile di grande importanza: “utero, grembo”. Sì, Dio ci ama con viscere di misericordia, con tenerezza e indulgenza: ecco la Grazia che è apparsa, Gesù Bambino in braccio a ognuno di noi.
Natale è incontro con Dio: è Lui che viene verso di noi, per educarci, farci crescere e aiutarci a portare a compimento la nostra vita. Un maestro umano spiega ogni cosa, ma non può fare di più. Dio, invece, ha mandato il suo Figlio in mezzo a noi e il suo Spirito dentro di noi, per trasformare il nostro stile di vita e la nostra mentalità: Natale è conversione, cioè cambiamento del nostro modo di vivere, rigettando ogni violenza e ogni crimine, senza servirci degli altri - come dice Papa Francesco -, ma servendo con umiltà e carità.
L’amore e la giustizia umana, dice Osea, sono come una nube passeggera, come una goccia di rugiada, che al primo sole evapora e non c’è più. Tante volte pensiamo in modo interessato anche il nostro rapporto con Dio, per ottenere solo favori, senza vivere con lealtà e verità.
Cosa desidera Dio da noi? Non ha bisogno dei nostri sacrifici e delle nostre offerte, se manchiamo di fede e di conoscenza, se viviamo senza “metterci il cuore” nelle cose che facciamo.
In questo meraviglioso Bambino Gesù, la Grazia che è apparsa, il Padre ci educa a “poter fare ciò che si deve” e il processo con cui diventiamo noi stessi, pienamente conformi alla Sua volontà, è “misericordia”, cioè l’opera che ci cambia e ci umanizza.
La Misericordia è grazia, cioè dono dell’Amore di Dio per ognuno. È l’occasione opportuna per vincere ogni violenza e sopraffazione, accogliendo la Verità che ci libera. Chi uccide il fratello uccide se stesso. Il male non potrà mai produrre il Bene. Nel Bene ognuno potrà godere e gustare la presenza dell’altro.
Natale è fraternità, perché Gesù c’insegna a vincere l’odio contro il fratello: solo la Sua grazia può cambiare il cuore dell’uomo. Il nostro buon esempio è utile ma non ha il potere di cambiare gli altri: nessuno cambia nessuno! È solo l’azione misteriosa e gratuita della “grazia che è apparsa” a vincerci e a insegnarci che “se il chicco di grano non muore, rimane solo; se muore, allora produce molto frutto” (Giovanni 12,24). Ecco perché il Vangelo continua a ricordarci che chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma se uno la perde, allora vivrà.
Noi siamo stati creati perfettibili: Dio rende perfetto quello che siamo e, salvandoci da ogni azione peccaminosa, ci fa diventare veramente noi stessi.
Nel Natale Dio ci dona anche una “nuova possibilità”: Egli non si dimentica di noi e non ritira la sua lealtà né la sua alleanza di Pace (Isaia 54,4-10). La sua misericordia è giustizia efficace e creativa, perché “il suo amore è per sempre e dovunque” (Salmo 136). Dopo aver istituito l’Eucaristia nel Cenacolo, Gesù intona questo meraviglioso salmo ed esce per andare a donarci la sua Vita sulla Croce.
Natale è Pasqua, cioè passaggio dalla morte alla Vita, perché è l’inizio del dono della salvezza, che è apparsa in mezzo a noi. Il Natale guarda alla Pasqua e il presepio contiene allusioni alla morte e risurrezione di Gesù: il legno della croce veniva ricordato dalla culla di legno in cui giace Gesù; le pecore offerte dai pastori ricordano l’agnello immolato; la Madre che si curva sul Figlio ci richiama alla pietà di Maria che tiene tra le braccia il Figlio morto. La liturgia ambrosiana si esprime così: «L’Altissimo viene tra i piccoli, si china sui poveri e salva». Dunque, il senso del Natale ci riporta al centro della nostra redenzione e ci procura una gioia che non avrà mai fine. Un simile atteggiamento positivo può convivere anche con grandi dolori e penosi distacchi. So bene che questi sentimenti di dolore sono i segni di grandi ferite, che si riaprono soprattutto in questi giorni. Quando si vede a tavola un posto vuoto, riemerge il mistero del Crocefisso con le sue piaghe. Penso che il fascino del presepio derivi dall’atmosfera profondamente umana che in esso si respira: Dio che nasce nel feriale, “al freddo e al gelo”, come cantava Sant’Alfonso, quel freddo e quel gelo dei nostri cuori!
Tutto questo spiega perché la festa del Natale è importante per noi cristiani: quel Bambino, uomo come noi, nato da una donna, è in realtà Dio che si è fatto carne fragile, creatura umana come noi. Ecco perché la Chiesa ha ben presto visto nel Natale l’evento in cui “Dio si fa uomo affinché l’uomo sia fatto Dio”, secondo la formula usata dai più antichi Padri della Chiesa.
A Natale Cristo esce dal grembo di Maria di Nazaret e a Pasqua esce dal grembo della terra: Dio è eterno e in Gesù Bambino si è fatto mortale; Dio è potente e si è fatto debole; Dio è invisibile e si è fatto visibile.
Fin dalla sua nascita, l’uomo Gesù inizia a raccontare il Padre, quel Dio che nessuno aveva visto né può vedere prima della morte. Ecco allora che, come nella notte di Pasqua i cristiani celebrano la risurrezione di Gesù da morte, così nella notte di Natale celebrano la sua nascita nella carne umana. Non solo, ma ancora oggi il Natale è per i cristiani una festa che annuncia le realtà ultime e definitive: è segno, garanzia, caparra che Gesù - venuto nell’umiltà a Betlemme - tornerà nella gloria alla fine dei tempi.
Cari amici, siamo chiamati ancora una volta e ancor più dell’anno scorso, in questo giubileo straordinario della misericordia, a recuperare il patrimonio umano e di fede del Natale, per dare nuova linfa al nostro essere anche cittadini. Il nostro stile di vita, tollerante e solidale, vuole relazionarsi a quanti sono “uomini di buona volontà”, per intessere insieme una rete di rapporti costruttivi, così che ogni persona si senta sostenuta e aiutata a diventare ciò che è chiamata a essere.
Maria e Giuseppe, genitori meravigliosi, hanno curato e fatto crescere Gesù; anche quando non hanno compreso interamente il suo mistero si sono aperti alla grazia, che è apparsa. Hanno camminato fidandosi sempre di Dio, memori che se si cerca la sicurezza in Lui, nella sua Parola e nei suoi profeti, allora avremo sicurezza e saremo sicuri della via da seguire.
La nostra Chiesa, che è in Salerno-Campagna-Acerno vuole essere una casa scoperchiata per accogliere i deboli e i bisognosi, un ospedale da campo, pronto a raccogliere i feriti e a restituire dignità e attenzione.
Il vostro pastore, chiamato a indicarvi la via che è Gesù, v’invita a essere il volto bello, materno e paterno della Chiesa, a portare in ogni ambiente i valori del Natale, a restituire fiducia a quanti hanno il cuore spento e forse morto per le sofferenze provocate da altre persone. Siamo chiamati, tutti insieme, a raccontare con la vita la Speranza del Natale, memori che la vita c’insegna la dottrina e non viceversa.
Il Natale siamo noi insieme, Corpo di Cristo, chiamati a essere Comunità in comunione, che sotto il primato della Parola celebra l’Eucaristia del servizio e della condivisione per la salvezza del mondo.
Desidero farvi i miei più cari auguri, ricordando ognuno e tutti nella preghiera quotidiana, aiutando le “pecore madri”, sostenendo quelle che faticano a camminare e infondendo fiducia ai cuori sconsolati. Ogni giorno nell'Eucaristia chiedo all'Altissimo Pace e Giustizia laddove gli orgogli e gli egoismi depredano i più piccoli e indifesi.  Impariamo a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo e a nessuno mancherà qualcosa e ognuno potrà sentire il calore della mangiatoia.
Maria, Giuseppe e Gesù Bambino vi accompagnino sempre e dovunque. Pregate per me e per tutti i ministri di Dio: siano davvero pastori con l’odore delle pecore.
Buon Natale dal più profondo del cuore. La debolezza di Dio sia la nostra unica forza.
Vi abbraccio e vi benedico
vostro in Cristo
Luigi Moretti

Segnalazione di Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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