LA MONDADORI PUBBLICA LA CUCINA DEGLI ANGELI |
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Quando ero fanciullo, ricordo che andai al cinema con la mia famiglia a vedere il film “ anche gli angeli mangiano fagioli” con attori protagonisti Bud Spencer e Giuliano Gemma con la regia di Enzo Barboni, oggi, a distanza di tanti anni, dopo aver letto questo libretto “ La cucina degli angeli” edito dalla Mondadori e scritto dal sacerdote salernitano Marcello Stanzione, angelologo di fama mondiale, e dal medico cardiologo torinese Bianca Bianchini, esperta dietologa, devo concludere che la pasta e fagioli gli angeli la cucinano pure... Da Nord a Sud, in Italia non vi è città o paese senza omaggiare un santo o un beato in un giorno preciso dell’anno e da festeggiare con una ricetta a lui dedicata. A Parma, il 13 gennaio le pasticcerie della città si riempiono di biscotti a forma di scarpette per ricordare il miracolo compiuto da sant’Ilario, di passaggio in città, che volle ringraziare il ciabattino che gli aggiustò i calzari con un paio di scarpette d’oro zecchino. ...
... Il 24 giugno è San Giovanni Battista, patrono di molte città italiane, e oltre ai piatti tipici che ci cucinano per l’occasione, è tradizione raccogliere durante la notte le noci “benedette” dalla rugiada per preparare il nocino. In Lombardia, il 3 febbraio si festeggia San Biagio, protettore della gola: per assicurarsi buona salute quel giorno bisogna mangiare come prima cosa una fetta di panettone avanzato dal Natale. Persino a san Francesco d’Assisi, divenuto il simbolo della rinuncia dei beni materiali nel nome del Signore, sono dedicate alcune semplici ricette di cucina povera che si trovano ancora oggi sulle tavole umbre. Leggenda vuole che madonna Jacopa di Sottesoli, devota di santa Chiara, preparasse per Francesco dei biscotti grandi un dito, a base di farina, miele, mandorle tostate, cannella e scorza d’arancio: “i mostaccioli” . Povero tra i poveri, con il suo esempio di vita evangelica, Francesco si fece portavoce di una cristianità innovativa che non aborriva il mondo ma cercava di comprenderlo e amarlo in ogni sua forma, andando contro i rigidi dettami devozionali del tempo. Proprio la prima Regola francescana ribalta la tradizione monastica sul regime alimentare: se i monaci devono seguire una dieta rigida, parca e priva di determinati alimenti, per i francescani non ci sono cibi vietati o permessi perché “non quello che entra per la bocca contamina l’uomo; ma ciò che esce dalla bocca, è quello che contamina l’uomo” (Mt 15,11). Grazie al frate d’Assisi, ci si allontana dalla concezione del digiuno come castigo corporale e si trasforma questa pratica, comunque assai frequente anche tra i francescani, in un modo per rendere più leggero lo spirito e innalzarsi meglio verso Dio. Da quel momento in poi il cibo viene visto sempre più come un dono del Signore – d’altronde anche nel Vangelo di Luca (10,8) Gesù dice: “Se entrate in una città e siete bene accolti, mangiate ciò che vi sarà presentato” - anche se, fino al XVII secolo, il cibo e la santità ebbero un rapporto particolare. Chiunque fosse candidato alla gloria degli altari veniva giudicato anche per come si accostava al cibo. Fin dall’origine del cristianesimo, il legame esistente tra la salute dell’anima e il nutrimento del corpo ha dato vita a un dibattito che nel corso dei secoli si è concretizzato in norme e precetti per regolare l’assunzione dei cibi in virtù della salvezza dello spirito. Se da un lato è vero che negli insegnamenti di Gesù non si trovano particolari limitazioni alimentari, anche se l’attenzione viene sempre posta sui cibi più semplici come pane, vino e pesce, è anche vero che il peccato originale dell’intera umanità viene raffigurato nel cogliere una mela, simbolo di ribellione a Dio, ma anche di gola e di lussuria, poiché istigata dall’altro sesso. Mangiare cose proibite, esagerate e troppo raffinate per l’uomo, anche se non può considerarsi un peccato vero e proprio, diventa nell’ideologia cristiana una colpa che istiga ad altre colpe carnali come la lussuria. La bocca diventa così la porta del peccato che deve aprirsi solo per ricevere il giusto sostentamento per il corpo per non permettere alla “gola” di insinuarsi e allontanare l’uomo da Dio. Bisognerà quindi aspettare la “rivoluzione francescana” del XIII secolo per tornare a considerare il cibo come un dono di Dio; ma è soltanto nel XVII secolo che la Chiesa prenderà le distanze da quanti erano considerati santi dal popolo solo per i loro comportamenti estremi, tra i quali anche l’astensione del cibo. Da quel momento in poi la figura del santo perde gran parte del suo spessore mistico di penitente in fuga dal mondo e assume sempre più la connotazione di grande uomo tra gli uomini, equilibrato più che rinunciatario. D’altronde, è proprio nello spezzare il pane e nel versare il vino che la parola del Signore si concretizza ogni giorno sulla terra e Gesù torna a farsi carne in mezzo a noi. Il tema iconografico della cucina degli angeli è stato reso celebre dal pittore spagnolo Murillo (1618-1682). Il suo dipinto “ la cucina degli angeli” fu commissionato dai frati francescani di Siviglia, il quadro rappresenta un frate in estasi vicino alla sua cella, mentre presso di lui – e sotto l’occhio scrutatore del padre guardiano venuto a spiarlo, insieme a due nobili – alcuni angeli sono impegnati a preparare il pranzo. La tradizione non è molto chiara su chi sia il santo frate in estasi perché mentre per la maggioranza dei critici d’arte il frate è san Diego d’Alcalà ( 1400-1463) o secondo il Kruber trattasi di frate Ginepro, uno dei primi frati che seguirono san Francesco e di cui si parla nei Fioretti. Un’altra corrente di critici d’arte vuole che l’opera sia stata ispirata da un episodio della vita del beato Andrea Hibernon (1534-1602), fratello laico converso presso i frati minori di Gandia. Una mattina che il pio religioso francescano si era attardato a servire diverse messe, i suoi confratelli si accorsero che una mezz’ora prima del pranzo, nulla era ancora pronto, ed essi se ne dolsero col superiore. Questi fece vivi rimproveri a fra Andrea, che gli rispose umilmente che i fratelli non avevano che da recarsi come d’abitudine nell’ora regolamentare in refettorio, e che tutto sarebbe stato pronto. Poi andò in cucina e si mise all’opera. Il pranzo fu servito all’ora esatta del desinare, e la comunità francescana disse che mai essa aveva mangiato di così buono. Spinto dalle domande, fra Andrea dovette confessare al suo superiore che un angelo era venuto ad aiutarlo nelle sue faccende presso i fornelli della cucina conventuale.La leggenda non ha nulla di originale, e la tela del Murillo tradurrebbe piuttosto quello che accadde a Martin Martins, contemporaneo di Andrea Hibernon: pure lui cuoco dei francescani di Lisbona, egli dimenticò un giorno – rapito dalla contemplazione mistica – di preparare il pranzo della comunità, e fu pure lui severamente ripreso dal frate superiore. Essendosi umiliato, egli gli promise che Dio vi avrebbe provveduto e che tutto sarebbe stato pronto all’ora giusta, poi si rinchiuse nella cucina del monastero. Il padre guardiano lo spiò e vide stupefatto che degli angeli apparvero, portando il necessario per il pranzo ed aiutando il cuoco a preparare questo. Altri frati furono testimoni del prodigio. Le cronache riportano lo stesso prodigio a proposito di fra Pedro De Guarda (+ 1505), il cuoco del convento dei francescani di Madera. Questo particolare e originalissimo libro di cucina ideato da don Stanzione e dalla dott. Bianchini, ci racconta storie esemplari tratte dal mondo religioso alternandole a ricette della tradizione popolare e monastica. di L. Guardabascio segnalazione Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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