SANTA CATERINA DA BOLOGNA E LA TAZZA DI SAN GIUSEPPE |
Caterina da‘ Vigri ( 1413-1463) nacque da una famiglia di universitari, il che spiega la sua perfetta conoscenza del latino. A Ferarra si unì a una pia istituzione che, dopo il suo ingresso, optò per la regola delle Clarisse. Diventata maestra delle novizie, venne poi chiamata a presiedere al convento fondato a Bologna dalla sua Congregazione. Nel 1456 fece ritorno alla sua città natale, accolta fra gli altri dal cardinale Bessarione. Sotto la sua amministrazione le vocazioni si moltiplicarono e la casa, posta sotto il patronato del Corpus Domini, conobbe una notevole espansione. Ammalatasi, affidò al suo confessore il manoscritto del trattato Le armi necessarie alla battaglia spirituale, opera che aveva redatto da tempo ma che aveva preferito non rendere pubblica. E‘ stata canonizzata da Clemente XI il 22 maggio 1712. Quando era monaca nel convento di Ferrara le furono affidate le mansioni di portinaia. ...
... Mentr’era addetta a quest’ufficio, si presentò un giorno a chiedere l’elemosina alla porta del monastero (che a quell’epoca non era stato ancora sottoposto a clausura) un venerabile vecchio in veste di pellegrino, che disse di venire di Palestina. E‘ facile immaginare quante domnande dovette rivolgere Caterina all’anziano visitatore sulla terra santificata dalla nascita, dall’insegnamento e dalla passione e morte di Gesù Rednetore; e con quanta avidità stesse ad ascoltarne le risposte, che denotavano una effettiva e profonda conoscenza die Santi Luogi. Prima di accomiatarsi il vecchio pellegrino estrasse dalla bisaccia una scoldellina, che non era di porcellana nè di maiolica ma di un materiale trasparente sconociuto tra noi, e gliela mostrò assicurandola ch’era quella in cui la Beata Vergine Maria dava a bere al suo Divino Figliuolo, quand’era pargoletto. E come Caterina osservava incantata quell’oggetto, con una curiosità mista di rispetto e venerazione, il buon vecchio disse che gliel’avrebbe lasciata in custodia per qualche giorno, e sarebbe tornato a ritirarla prima di proseguire il viaggio. Immaginiamo la gioia di Caterina nel ricevere quel caro deposito, e come dovette ringraziare la Provvidenza che aveva fatto capitare nelle sulle mani una così preziosa reliquia. Fatto sta che il pellegrino non si presentò nè il giorno dopo né mai più a ritirare quella scodellina, ch’essa conservò sempre con venerazione, convinta ch’era un regalo che il suo Sposo Divino le aveva inviato a mezzo di San Giuseppe, in cui crddette d’identificare il misterioso pellegrino. Non sappiamo se ebbe qualche rivelazione in proposito; ma è certo che da quel momento manifestò una speciale devozione per il Santo Patriarca. Quando dovette lasciare Ferrara per andare ad assumere come Abbadessa il governo del nuovo monastero del Corpus Domini di Bologna, consegnò quella reliquia alle sue consorelle, a condizione che la restituisseso al pellegrino, nel caso che si fosse presentato per ritirarla; in caso contrario, fosse custodita con grande venerazione e l’esponessero al pubblico il 19 marzo, festa del Santo. Le cronache affermano che molte guarigioni miracolose avvennero in Ferrara al semplice contatto di quella reliquia; e anzi aggiungono questo curioso particoalre; che, quando l’infemro doveva guarire, la scondellina emanava un soave profumo; invece, se doveva morire, non rendeva nessun odore. Come di tutte le manifestazioni miracolose, la Chiesa ci lascia liberi di prestarvi credito o meno, giacché non sono articoli di fede. E Sant’Agostino dice: E‘ più importante meditare il significato di certi fatti che discuterne l’autenticità. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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