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FRANCK DUFF E SAN MICHELE PDF Print E-mail
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FRANCK DUFF E SAN MICHELEIn una dichiarazione rilasciata poco dopo la morte di Frank Duff, il card. O’Fiaich, Primate d’Irlanda , disse: “Un grande uomo è morto. Il contributo di Franck Duff alla Chiesa Universale è stato enorme. Egli fu un pioniere del movimento di apostolato dei laici, e la Legione di Maria è stata un potente strumento di irradiazione del Vangelo dell’amore e di costruzione della Chiesa in molte terre. Uomo di profonda spiritualità personale, dedicò tutte le sue energie al servizio di Cristo e della sua Benedetta Madre”. Franck Duff nacque a Dublino nel 1889 e fu educato nei Colleges di Belvedere e Blackrock. Divenne funzionario del Ministero delle Finanze del neonato Stato d’Irlanda libera, e si occupava attivamente degli emarginati della sua città. Nel 1921 – ispirandosi alla “Vera Devozione a Maria” di S. Luigi da Monfort – fondò la Legione di Maria, che per il suo dinamismo e sotto la sua guida costituì un cospicuo successo nel campo delle attività rivolte ai reietti di Dublino, e poi in terra di missione. ...

... Infatti dal 1928 l’associazione cominciò a diffondersi in altri continenti oltre che in Europa (in Italia giunse nel 1947 per opera di Mary Ingoldsby) mediante “inviati”, volontari missionari laici. Nel 1933 Franck Duff, che aveva 44 anni e pareva sicuramente destinato ai più alti gradi nel servizio civile, troncò la sua carriera e si ritirò per dedicarsi a tempo pieno al lavoro apostolico della Legione, a contatti epistolari con laici e sacerdoti di tutto il mondo e alla stesura di articoli per riviste – fra cui “Maria Legionis” , il periodico internazionale della Legione – nei quali prese posizione sui vari problemi che la Chiesa universale man mano si trovava ad affrontare. Uomo modesto e senza pretese, evitava la notorietà a tal punto da passare non riconosciuto. Forse il maggior onore conferitogli fu quello di essere scelto come voce del laicato al Concilio Vaticano II. Quando parlò sul “sacerdozio del laicato” , formulò una delle forze motivanti della sua vita. “E’ divina intenzione, disse, che i laici debbano esercitare più che un ruolo passivo nella Chiesa. La passività che esiste al presente ha offeso la Chiesa forse più di ogni altra possibile circostanza. Essa conduce all’indifferenza e, mediante questa, all’incredulità. E’ molto difficile averaeun reale interesse alla propria religione, se non si ha in essa nessuna funzione”. Fu ricevuto dal Papa Paolo VI, come già dai predecessori a partire da Pio XI, ma il punto culminante per la sua intensa vita di preghiera e dedizione venne nel maggio 1979, quando Papa Giovanni II lo invitò in modo speciale a visitarlo, “desideroso di ascoltare i nostri punti di vista sull’orientamento dell’apostolato dei laici. Ci pose delle domande e ascoltò molto attentamente. Fu tutta un’esperienza molto commovente” – così egli stesso ne riferì. Franck Duff si spense il 7 novembre 1980. Nel 1998 è stato aperto il suo processo di beatificazione Parlando del ruolo della devozione a san Michele arcangelo nella Legio Mariae, Franck Duff, il cui secondo nome di battesimo era Michele, scrive: “Gli Angeli fecero la loro comparsa sulla nostra tessera di preghiera con due invocazioni. La prima a san Michele che è invocato personalmente. Ciò è molto giusto, perché l’ufficio di san Michele è stato unico. Nell’Antico Testamento egli era il patrono di quel popolo eletto, un fatto cui di rado si fa attenzione. Quando la Chiesa prese il posto della legge ebraica,  san Michele fu trasferito al nuovo popolo eletto, la Chiesa di Cristo. Questo ci porta a chiederci quale sia il rapporto di san Michele con gli Ebrei di oggi. Certamente non è possibile che egli li possa dimenticare. Una madre non dimenticherà suo figlio, anche se il figlio si perde su cattive strade. Né potrebbe san Michele, il cui amore è come quello di un migliaio di madri, dimenticare il popolo di cui è stato cos’ solennemente designato come custode  dall’inizio della loro storia. Perciò quelli di voi che si occupano degli Ebrei dovrebbero ricordarselo particolarmente. Subito dopo Maria l’ebrea e Giuseppe l’ebreo, dovrebbero rivolgersi al potente Michele per chiedere aiuto nei loro sforzi. La seconda invocazione era per gli Angeli custodi. Quella concezione manchevole nei loro riguardi durò per molto tempo, ma un processo di chiarimento continuava. Prima ci fu rammentato che dobbiamo invocare anche i Custodi di coloro che cerchiamo di aiutare. E poi, pian piano, cominciamo a vedere la schiera angelica come complemento della nostra campagna: una Legione celeste che combatte accanto a noi. Quest’alleanza ha parecchi aspetti. Ogni legionario ha un Angelo custode, intimamente legato alla sua vita. Questo custode non dorme mai. In un certo senso, la battaglia del legionario è assai più per l’Angelo che per lui. L’Angelo infatti vede chiaramente le questioni in gioco, cioè la gloria di Dio, il pericolo dell’anima del legionario e il destino di quelle altre anime con cui siamo in contatto. Tutte queste realtà di grande importanza, che noi intravediamo solo oscuramente, l’Angelo le valuta con acutezza. Ma questo è ben lontano dall’essere l’unico rapporto. Tutti gli altri Angeli sono attivamente interessati. Per esempio gli Angeli custodi di quelli con cui siete uniti in qualsiasi aspetto o forma. Poi tutti gli altri angeli custodi del mondo intero non sono estranei a questa amorevole disposizione. Proprio come ogni cuore  legionario nel mondo batte quasi  all’unisono  con ogni settore del nostro lavoro, così ed egli Angeli. L’intera loro schiera è ardentemente interessata all’attività di ciascun Angelo e di ognuno di noi. Perciò c’è l’aspetto individuale integrato dall’aspetto universale o congiunto. L’intera schiera degli angeli prende parte come un sol uomo alla lotta umana, ricoprendo un ruolo analogo, a quello di un’aviazione militare in relazione all’esercito di terra. Ciascuno è necessario nel’azione comune. L’emergere di queste idee presentava un problema: il nostro sistema era un po’ in ritardo rispetto a tale aggiornato intendimento. Il Manuale lo adombrava soltanto. Le preghiere non lo riflettevano chiaramente. Vi era una ricchezza di simbolismo e di forza spirituale in tale concezione, che non era ancora sfruttata per un fine. Questo sarebbe stato un disastro, considerando che sono in gioco conseguenze eterne. Qualcuno non capisce l’importanza di afferrare il pieno significato di una dottrina. Qual è lo scopo di entrare in tutti questi particolari? Se abbiamo già una devozione per gli Angeli, che cosa vi è ancora da aggiungere? Perché questa sovrabbondanza non necessaria? Essi non capiscono che la potenza di tutta la lotta dipende dalla comprensione di cosa le sta dietro. Se nella Legione non comprendiamo le verità che si riferiscono a ciò che operiamo, o se le comprendiamo solo parzialmente, questo significa una privazione di grazia. Non è totale; ma noi  possiamo permetterci il lusso di rinunciare neppure, per così dire, a un’oncia di grazia. La posta in gioco è troppo alta. Dobbiamo avere tutto l’appoggio possibile. Nella Legione ci siamo procurato come un macchinario di grazia; dobbiamo comprenderlo e farlo funzionare alla massima capacità. Dobbiamo estrarne tutto il potenziale”.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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