DOCHIARIOU: IL MONASTERO DEGLI ARCANGELI A MONTE ATHOS |
Il monastero di Dochiariou è uno dei venti monasteri della Chiesa ortodossa oggi esistenti nella penisola del Monte Athos, in Grecia. Occupa il decimo rango nella gerarchia dei monasteri della Santa Montagna, è retto a regola idiorritmica. E’ dedicato agli arcangeli Michele e Gabriele, festa votiva l’8 novembre (21 novembre nel calendario gregoriano). Fu fondato nel X secolo o agli inizi dell’XI secolo da sant’Eutimio di Costantinopoli discepolo di sant’Atanasio. Figlio di Giovanni Varaz – vache Chordvaneli e nipote del generale georgiano Tornike Eristavi, fu preso ostaggio in giovane età a Costantinopoli; con l’intervento del padre venne rilasciato e con il padre si ritirò a vita eremitica sul Monte Athos, presso la lavra di Sant’Atanasio l’Atonita. Con il padre e lo zio materno fu il promotore e il costruttore della Lavra di Iviron di cui più tardi divenne il superiore e fu riconosciuto come uno dei più fini teologi d’oriente del suo tempo. ... ... Molto dotato nelle lingue, fu traduttore in georgiano di molti testi greci: gli sono riconosciuti circa centosessanta traduzioni dal greco, tra cui i testi di Basilio il Grande, di Giovanni Climaco e i commenti ai Vangeli di Giovanni Crisostomo. Fu parzialmente ricostruito nel XVI – XVII secolo. Il nome del monastero sembra far riferimento a dochiéris cantiniere in greco, che sembra essere stata l’attività del fondatore quanto viveva presso la Grande lavra. Il katholikòn di questo monastero è la più grande chiesa presente sulla penisola. Fu edificato nel 1567 e venne affrescato da Teofane di Creta o dalla sua scuola. Nella chiesa è custodita l’icona della Madonna Gorgoepikoos, (che risponde prontamente). Nella biblioteca sono custoditi 545 manoscritti di cui 62 pergamene e circa 5000 volumi stampati. Il monastero è dedicato ai santi arcangeli, che hanno dimostrato di essere i suoi protettori. Secondo la leggenda, un giovane pastore si recò dai monaci informandoli del ritrovamento di un tesoro su Sithonia, l’altra striscia rocciosa della penisola calcifica. L’abate Neophitos inviò con lui due monaci per nascondere il tesoro. Rimasti accecati dallo splendore dell’oro, i due confratelli lo nascosero e gettarono in mare il ragazzo, poi rientrarono al monastero e raccontarono all’abate che il pastore era fuggito via con il tesoro. Dopo l’ufficio liturgico della sera, sentirono piagnucolare qualcuno e videro sull’altare il giovane pastore grondante d’acqua. Egli disse che gli arcangeli lo avevano tirato fuori dall’acqua salvandogli la vita, così l’oro era stato preservato per il monastero. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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