MADRE JOSEFA SANCHO DE GUERRA E GLI ANGELI |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Madre Josefa Sancho de Guerra: donna eccezionale dotata di favori divini che l’hanno portata a fondare un nuovo Ordine religioso: le Serve di Gesù della carità, e a donare tutta la sua vita a servizio dei malati seguendo il modello del crocifisso. Tra i favori straordinari ricevuti dall’alto vi son quelli a lei donati dall’arcangelo Raffaele. Di lei è stato scritto: “Ella raccomandava quella devozione che praticava lei stessa, invitandoci a chiedere a san Michele il timore di Dio, a san Raffaele lo spirito di carità per curare gli ammalati e perché non muoiano senza aver ricevuto i sacramenti, e san Gabriele la forza per sopportare le vicissitudini dell’esistenza. Ella ci inculcava anche la devozione all’angelo custode, affinché rimanessimo fedeli alle divine ispirazioni”. Ha sempre taciuto gli interventi prodigiosi dell’angelo in suo favore, come pure le sue religiose: “Fino alla sua morte, la formidabile umiltà di nostra Madre ha vigilato nel tenere nascoste numerose grazie straordinarie…Secondo l‘esempio dato dalla venerabile fondatrice, la devozione a san Raffaele ha acquisito nell’Istituto un grande sviluppo: le suore hanno adottato la pratica delle continue novene all’arcangelo, d esse hanno infinite volte sperimentato la sua protezione visibile di fronte a dei pericoli manifesti al momento dei viaggi che esse avevano da intraprendere in vista della loro missione caritativa”. ... ... Non ne sappiamo dunque di più, ed è ben rammaricabile. Da questi racconti, emerge nondimeno che l’angelo è in permanenza vicino a quelli che viaggiano, in spostamento professionale con essi, per così dire. Maria Josefa Sancho de Guerra, questo il suo vero nome, è nata a Vitoria in Spagna il 7 settembre 1842. E’ fondatrice della congregazione delle Serve di Gesù della Carità e prima santa del paese basco. Nata nel seno di una umile famiglia ha sofferto molto presto la perdita del padre. A quindici anni è stata mandata a Madrid per completare gli studi e lì ha maturato la scelta della vita religiosa. Si sentiva attratta dalla vita claustrale, ma, ricevendo diversi suggerimenti da prudenti ecclesiastici, prima di trovare la forma definitiva della sua vocazione attraversò varie esperienze. Infine le parve di capire che il Signore la chiamava a una vita attiva cos’ decise di entrare nell’Istituto delle Serve di Maria da poco fondato a Madrid dalla santa Soledad Torres Acosta. Ben presto però si accorse che quella non era la sua strada ma che doveva ella stessa fondare una nuova famiglia religiosa. Si riunirono a lei quattro Serve di Maria che con il permesso del cardinale arcivescovo di Toledo lasciarono l’Istituto per formare una Comunità religiosa. La nuova fondazione venne registrata a Bilbao nella primavera 1871. Ella aveva ventinove anni. Incominciò a viaggiare per dare vita a nuove Comunità fino a che una lunga malattia la costrinse a restare nella casa di Bilbao dalla quale seguiva le consorelle mediante la corrispondenza. Alla sua morte, avvenuta il 20 marzo 1912, il nuovo Ordine religioso contava migliaia di membri e una cinquantina di Case sparse nel mondo: in Spagna, Italia, Francia, Portogallo, Cile, Argentina, Messico, Ecuador, Perù, Repubblica Domenicana, Paraguay, Filippine. Hanno caratterizzato la sua vita e spiritualità un grande amore per l’Eucarestia e il Sacro Cuore di Gesù, una profonda adorazione del mistero della Redenzione e un’intima partecipazione ai dolori di Cristo in Croce, una completa dedizione al servizio degli infermi animata da grande spirito di contemplazione. Alle sue figlie soleva ripetere: “Non crediate, sorelle, che l’assistenza ai malati consista solo nel dare loro cibo e medicine; c’è un altro genere di assistenza che non dobbiamo dimenticare, è il cuore, cercando di stare vicine alla persona che soffre, soccorrendo le loro necessità”. Durante la guerra carlista le sue suore hanno prestato il loro servizio ininterrotto, con grande eroismo di fronte alla presenza di malati fortemente contagiosi perché colpiti da colera, tifo, tubercolosi, portando consolazione in molte famiglie. In seguito la loro missione si estese anche agli ospedali e agli asili per l’infanzia. Essa ha dimostrato fattivamente che è possibile una vita contemplativa dedita agli altri; ne ha dato l’esempio e lo ha fatto con gioia e realismo fecondo ed efficace, con la sensibilità di donna forte e con la profonda coscienza della perenne miseria della condizione umana. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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