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SANTA BERNARDA BUTLER E GLI ANGELI PDF Stampa E-mail

SANTA BERNARDA BUTLER E GLI ANGELI Bernarda Butler: vergine e stigmatizzata che ha fatto molto presto l’esperienza di un profondo amore del Signore. Come disse ella stessa: “E’ quasi impossibile spiegarlo a chi non ha vissuto la stessa cosa”. E’ la seconda donna svizzera a salire agli onori degli altari: la prima fu santa Viborada, canonizzata da papa Clemente II nel 1047. La religiosa di origini argoviesi è stata beatificata da Giovanni Paolo II nel 1995 e canonizzata nel 2008. A lei è stato attribuito un miracolo, quello della guarigione di una donna affetta da una grave malattia polmonare. Verena Butler, questo il suo nome da laica, è nata nel 1848 nel canton Argovia in Svizzera, quarta di otto figli di Enrico e Caterina Butler, modesti e religiosi contadini. Educata all’amore di dio, trascorse la sua infanzia e adolescenza nella tranquillità della famiglia. A quattordici anni, terminati gli studi medi, si dedicò ai lavori agricoli; dopo un passeggero innamoramento per un giovane, avvertì la chiamata di Dio alla vita consacrata e seppe così liberarsi dei sentimenti del primo amore. Entrò nel convento cappuccino di Maria Ausiliatrice ad Altstatten nel 1867. ...

... Dopo la professione dei voti nel 1871, fu insegnante e in seguito sorvegliante, superiora delle novizie e poi superiora. Nel 1888 partì assieme a sette consorelle per l’Ecuador stabilendosi nella diocesi di Portoviejo, dove si occupò della scuola e dell’assistenza ai malati. Nel 1895, a causa di disordini politici, trasferì le attività a Cartagena, in Colombia, dove fondò le Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice. Ella risente il peso dell’età: a sessantaquattro anni, la sua salute non è più quella della solida contadina svizzera che era prima di farsi religiosa. Rimasta quasi un quarto di secolo alla testa della congregazione delle Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice, ch’ella ha fondato per obbedienza all’autorità ecclesiastica, a costo di dolorosi strappi, subisce il contraccolpo delle innumerevoli difficoltà e contraddizioni incontrate per consolidare la sua Opera. Se l’attrattiva per le missioni le ha fatto lasciare il suo paese natale nel 1888, non mirava affetto a separarsi dalla sua famiglia religiosa, dove ha trascorso vent’anni della sua vita, e che ha diretto questo distacco radicale, come ha permesso che dalle sua nuova fondazione si distaccasse a sua volta un altro ramo. In queste tribolazioni, che l’hanno portata dall’Ecuador alla Colombia passando per il Brasile, la sua fede intrepida l’ha sostenuta. Nei momenti critici, si è rivolta con fiducia alla Vergine Maria, come agli angeli. Ella trattava con familiarità gli spiriti beati, in particolare il suo angelo custode. Le sue relazioni con gli arcangeli san Michele, Gabriele e Raffaele. le sue relazioni con l’arcangelo san Michele, portinsegna delle milizie celesti, rivestivano un carattere speciale. Avendo ottenuto due anni prima di essere sollevata dal governo della sua Congregazione, Madre Bernarda consacra il suo tempo e le sue forze alla preghiera e alle opere di carità. Al momento del ritiro annuale, l’arcangelo si manifesta a lei in modo nuovo. Durante g,li esercizi del 1922, il “grande santo angelo”, come ella lo chiama, gli  appare per la prima volta e si offre per servirle da guida e protettore. A partire da allora, ella cammina sotto lo sguardo di quel glorioso vincitore del dragone infernale, che mai la lascia. Come un maestro severo, egli ammonisce come commette il più piccolo errore, esige rudi penitenze per la minima imperfezione. La incita costantemente a compiere ogni tipo di opera buona, e la incoraggia a moltiplicare le preghiere di supplica. Durante i due anni che restano da vivere, anni di purificazione passive nelle lotte dello spirito, egli la forma a un’alta santità, incoraggiandola nelle vie della perfezione, aprendole delle prospettive sempre più grandi nel mistero della carità. Molto esigente, l’arcangelo si fa strumento delle ultima purificazioni che il Signore, si aspetta da quest’anima per stabilirla nell’unione trasformante. Ella chiamerà questi due anni, durante i quali si esercita la severa disciplina di san Michele “una vera prigione, ma una prigione che non causa nessuna angoscia, una prigione che procura la gioia e la pace del cuore”. Madre Bernarda muore il mattino del 19 maggio 1924, nell’ora precisa in cui riceveva ogni giorno la santa comunione, in una grande pace malgrado le sofferenze causatele dalla malattia. All’esumazione dei suoi resti, nel 1926, si scoprirà sull’osso frontale una croce incisa molto nettamente, segno post mortem della sua unione alla Passione del salvatore, da cui ella aveva ricevuto una volta le stigmate. E’ una figura molto ricordata e amata soprattutto in Colombia; ha compreso a fondo che la festa che il Signore ha preparato per tutti i popoli è rappresentata in modo particolare dall’eucarestia. In essa Cristo stesso ci riceve come amici e si dona a noi nella mensa del pane e della parola, entrando in intima comunione con ognuno. Sono la fonte e il pilastro della spiritualità della santa missionaria svizzera che nelle serie avversità che dovette affrontare, incluso l’esilio, portò impresse nel cuore l’esclamazione del Salmo 22,4: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me”.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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