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S. Veronica Giuliani che la Chiesa festeggia il 9 luglio, nasce a Mercatello sul Metauro (PS- Marche/Italia) il 27 dicembre 1660 in una famiglia borghese e muore a Città di Castello (Perugia) il 9 luglio 1727. Il 28 ottobre 1677 (a 17 anni) riceve la vestizione religiosa e il nome di Veronica. Il 4 aprile 1681 (Venerdì Santo), a 21 anni, riceve la coronazione di spine di Gesù. Nel 1688 viene eletta maestra delle novizie a 27 anni. Il 5 aprile 1697 (Venerdì Santo) riceve le Sacre Stimmate a 37 anni. Il 15 gennaio 1712 le viene assegnato un secondo Angelo custode dalla Madonna. Nel 1715 c’è l’unione mistica con Maria SS. Il 5 aprile 1716 comincia a scrivere sotto dettatura della Madonna, perdendo la cognizione di se stessa e di ciò che scriveva, divenuta quasi “un’altra Maria”, come qualcuno ha detto anche di Chiara d’Assisi. Il 17 giugno 1804 è proclamata beata da Papa Pio VII e il 26 maggio 1839 è proclamata santa da Papa GregorioXVI. Le note fondamentali del messaggio della santa sono: ...
... 1) il primato dell’amore infinito di Dio; 2) la realtà spaventosa dell’inferno alla quale molti oggi non credono più; 3) la dottrina dell’espiazione;4) il ruolo indispensabile di Maria Santissima. Il Diario della Santa è composto da ben 42 grossi volumi di oltre 22.000 pagine che Santa Veronica scrisse, per obbedienza, a partire dal 1693 fino al 25 marzo 1727, anno della sua morte. Il Card. Palazzini, uno dei più grandi studiosi della santa, ebbe a dire: “Non è un’esagerazione affermare che Santa Veronica è ancora quasi sconosciuta. La missione di Santa Veronica deve ancora iniziare nella Chiesa”. E’ stato detto che “nessuna creatura umana, tranne la Madre di Dio, fu ornata più di voi di doni soprannaturali” (Papa Leone XIII) e che riunite in voi celebri santi; eppure non siete conosciuta”. Grande era in Veronica la dedizione apostolica per liberare le anime del Purgatorio. Si offrì vittima per tutta la vita per la loro liberazione. Non si stancava di chiedere per lei nuove pene purchè fossero sollevate dalle medesime anime purganti. Le sue pene diventavano voce presso il Signore perché alle anime del Purgatorio fosse concessa la liberazione. Nel suo Diario molto spesso parla delle anime del Purgatorio e scrive: Stando io, queste notte, molto travagliata da ogni sorta di tentazioni, e non potendomi applicare a cosa alcuna, ho pensato di spenderla tutta a far del bene per le anime del Purgatorio, affinché esse preghino per tutti i peccati. (S. Veronica Giuliani, Diario, 24 novembre 1696). La mattina del 2 agosto 1701, appena comunicata, sembrò che Dio mi dicesse : “Ora incomincia il patire. Tutto sia in unione di quello che ebbe il Verbo eterno (incarnato) nel corso di 33 anni (che fu sulla terra). Ricordati che detto patire deve essere un supplemento alle pene che doveva patire l’anima di M. Berioli nel Purgatorio”. Capito che ebbi questo,mi parve che subito fossi spogliata di ogni sentimento. Tornai ai propri sentimenti più morta che viva. Non sapevo se veramente ero comunicata o no. Non avevo sentimento di Dio né di cose spirituale. Pareva che per me tutto fosse finito. Non mi potevo aiutare in nessuna maniera. Mi sentivo come se fossi per spirare. Nell’interno avevo afflizioni di morte; nell’esterno, dove andavo, cosa facevo, con cui trattavo, ogni cosa mi pareva inferno. Non vedevo altro che peccati. Ora mi sentivo tutta ghiacciata e tremante, e gridavo ben forte: “Non ne posso più! Non ne posso più!”. Nello stesso tempo avevo più pene, e pareva che non dovessero finire mai. Oh, Dio! Che pene sono queste! Conoscere le proprie colpe, vedere la grande necessità che uno ha di attendere alle virtù e, nello stesso tempo, trovarsi ingolfata in mille colpe e difetti! Lo spirito vuole eseguire la volontà di Dio, e si vede davanti solo la propria volontà. Che mostro infernale è mai questo! Sentivo internamente un tormento che non posso raccontare. Mi sentivo crepare il cuore, e mi sembrava di averlo già insecchito dentro. Non posso raccontare niente del patire che provavo. In questo stato stetti più e più giorni. (S. Veronica Giuliani, Diario, 2 agosto 1701).
Ebbi un breve rapimento, nel quale capii che Dio voleva farmi la grazia speciale di liberare (dal Purgatorio) quante anime volevo. Mi sembra che gliene chiedessi trentatré per ognuno dei trentatré anni della sua vita sulla terra. Ma in questo punto stesso Dio esigeva da me il consenso a patire maggiormente. Se ciò avessi fatto, la grazia l’avrei ricevuta subito. Diedi il consenso a tutto quello che mi chiedeva Dio. In questo mentre mi pare che Dio mi facesse vedere un numero grande di anime. Tutte andavano in Paradiso; e pareva che mi ringraziassero con giubilio grande. Tutto capivo, per via di comunicazione; ed apprendevo che Dio mi aveva fatto tal grazia, per i meriti della Passione di Gesù e per la partecipazione delle pene e dei dolori, che sentivo in me. In questo, mi confermò la grazia di farmi sentire molti dolori. L’anima mia diede il consenso a tutto, secondo la volontà di Dio (S. Veronica Giuliani, Diario, 23 marzo 1703).
Stando io ad assistere una moribonda, mi parve che Dio mi facesse vedere lo stato pericoloso in cui si trovava quest’anima. Io, di cuore, la raccomandavo a Dio, e mi esibivo a qualsiasi pena e tormento, purché essa fosse salvata. In un rapimento che ebbi, mi sembrò di capire che la grazia mi sarebbe fatta, ma in cambio di tante pene e che io dessi il consenso a voler patire molti dolori. Diedi il consenso. Nello stesso punto incominciarono le pene, si rinnovò nel cuore e, in un tratto, ebbi quindici di quelle trentatré punture che Dio mi aveva promesso di darmi nel cuore, quando vorrà farmi qualche grazia. Mentre pregavo per quella moribonda, ebbi altre di queste punture. E poco prima che ella spirasse, ne ebbi due. Mi parve di vedere detta persona, poco avanti che spirasse, in un grande contrasto. Ma Dio mi faceva capire che sarebbe andata salva; io, però, dovevo supplire per lei con tante pene. Nell’istante che spirò, mi parve di vedere in quest’anima tutta contentezza; e poi, in un subito, tutta mestizia. Mi parve di capire che fosse contenta perché era in luogo di salute. Ciò fu come in un baleno. La notte, mi comparve, in cella, come un’ombra bianca e, nel tempo stesso, ebbi un rapimento. Pareva che la detta anima mi pregasse che io accettassi il peso che essa aveva. In quell’istante sentii quella ombra così pesante, come se fosse piombo. E mi parve sentire la sua voce naturale, che diceva: “Tutte queste pene le patisco, perché ho tenuto troppe cose, contro la Regola ed i voti”. Sentivo ciò, tornai ai miei sentimenti. Mi parve allora vedere quell’ombra sparire via dalla cella, come baleno; e sentirla di nuovo ripetere quelle parole, con voce spedita e naturale, come ero solita sentirla vivente. Tutto questo mi arrecò un po’ di spavento. Però mi misi con grande sentimento ad esaminare me stessa, per levar via ogni cosa che fosse presso di me e non fosse totalmente necessaria. Stavo con sollecitudine, per dare aiuto alla detta anima, se ne avesse avuto bisogno, perché io non do mai retta a queste cose, e le lascio tutte come stanno davanti al Signore. Sentivo, però, accrescermi le pene e i dolori, e tutto applicavo per quest’anima. Così mi aveva comandato il confessore. Mi parve di aver veduto, più e più volte, la detta anima in Purgatorio. E appena che io mi esibivo a nuovi tormenti, diminuivano le sue pene, non perché il mio patire valesse qualche cosa, ma perché lo univo ai meriti ed alla Passione di Gesù: questi sono quelli che ottengono ogni grazia. Così, ogni volta che offrivo a Dio Padre il sangue preziosissimo di Gesù, Dio mi prometteva di liberarla presto, se io mi fossi esibita a più patimenti. Ebbi l’ubbidienza dal confessore di esibirmi a pene e tormenti. Per due o tre notti ebbi tanti dolori per tutta la vita, che pensavo di morire. Una mattina, dopo comunicata, mi parve che Dio ,i facesse capire che io andassi dal confessore, e che gli chiedessi l’obbedienza di patire io, per più tempo, le pene del Purgatorio, perché subito, quando lo volevo, avrei avuto la grazia che si liberasse questa anima. Così ebbi l’obbedienza che io chiesi in grazia, alla SS. Vergine, la liberazione di quest’anima. La mattina, nella Comunione, mi parve di capire che la grazia mi sarebbe stata concessa, se io avessi accettato, per un anno, ogni giorno, per due ore, le pene del Purgatorio. Diedi il consenso a tutto, secondo la volontà di Dio e come mi aveva imposto il confessore. Nel tempo stesso. Dio mi fece vedere quest’anima in un luogo oscuratissimo, che pativa acerbissimi dolori; e mi parve di sentire la voce della medesima creatura, come quando fosse vivente, che si lamentava, con un lamento che apportava afflizione di morte. Io, nel tornare ai miei sentimenti, piansi molto; e mi restò una compassione così grande verso le anime del Purgatorio, che avrei accettato tormenti, pene e dolori di ogni sorta. Con efficacia, dicevo a Dio che desse a me le pene che pativa la detta anima, purché venisse liberata. In un istante ebbi tali dolori, che pensavo di morire in quel mentre. Non mi potevo aiutare, né con preghiere né con nulla. E’ nemmeno, mi pareva , avevo nessuno che mi potesse aiutare. Dio! Che abbandono fu mai questo! Mi abbatté tanto l’umanità, che stetti, per due giorni, da non poter fare alcuna cosa. Le pene che provai in quel punto, non c’è modo di poterle raccontare. Solo, mi hanno lasciato una sollecitudine di pregare per queste povere anime. Al solo pensare ad esse, mi sento raccapricciare, da capo a piedi. La mia umanità patisce tanto, in questo, che pare sia un patire superiore a tutti gli altri patimenti passati. Standomi un giorno ad ascoltare la Messa per la detta anima, dopo l’elevazione ebbi un rapimento, e mi pareva di vedere la medesima in grandi pene. Appresi che Dio voleva farmi la grazia; ma si richiedeva ancora il mio consenso, secondo la volontà di Dio, che accettare pene e tormenti di ogni sorta. Allora mi parve di vedere l’angelo custode di quell’anima che la prendesse ed ella cangiasse in grande splendore. Pareva un nuovo sole. Do fronte al sole naturale, essa sarebbe stata più luminosa; ed il sole stesso, di fronte a lei, sarebbe apparso come tenebre. Poi, ad un tratto, mi parve di vedere la medesima come una bambina, e che il suo angelo la tenesse per mano. Mi faceva cenno come per ringraziarmi; e mi disse che mi avrebbe sempre raccomandata. Così avrebbe fatto anche per il mio confessore, perché lui, con l’impormi di patire aveva concorso alla sua liberazione, e le aveva ottenuto un bene così grande. (S. Veronica G., Diario , 26-27 ottobre 1703).
Dio mi fece vedere due anime (di un sacerdote e di un secolare) nel Purgatorio. Parvemi capire che se io avessi penato per loro e scontato con pene e tormenti, per molto tempo, Dio mi avrebbe concesso la grazia di liberarle. Mi parve che mi venisse tale compassione che, se fosse stato necessario stare tutto il tempo della mia vita fra pene e tormenti, avrei accettato tutto, se ciò fosse la volontà di Dio. Senza questa non voglio niente né chiedo niente. La volontà di tutto il mio vivere. Passai tutto il giorno con varie pene. La sera, prima che finisse il patire, ebbi un rapimento, in cui compresi che Dio voleva farmi la grazia, e che avrei ottenuta la grazia di una vera contrizione dei miei peccati. Dio mi confermò nel patire; e capii che dovevo passare due altre giornate di patimenti e che, primo del santo Natale, quelle anime sarebbero liberate. Vidi, infatti, quelle sante anime tutte contente. In seguito ebbi sette ore di pene di Purgatorio, e non è possibile narrare con parole l’atrocità dei tormenti avuti. Il giorno 17 dicembre ho vedute le due anime. Stavano in Purgatorio, ma senza penare. Fra le ore ventuno e le ventitré passai grandi pene. Mi sentivo lacerare in tutta la vita, come se mi avessero tagliate le carne con rasoi, e come se mi trovassi in una fornace ardente. In seguito, in subito mi parve di vedere la SS. Vergine ai piedi di Gesù crocifisso, la quale lo pregava per ottenere la grazia della liberazione di quelle due anime. Allora , mi parve di vedere le dette anime, per i meriti della Passione di Gesù, liberate dalle pene del Purgatorio (S. Veronica Giuliani, Diario, 3-17 dicembre 1705)
Dio mi aveva fatto vedere un’anima che, in Purgatorio, stava in grandi pene; e pareva che si volesse raccomandare, ma non era concesso. Io, rivolta a Gesù crocifisso, offrivo per lei tutta la sua SS. Passione ed i meriti di Gesù, con esibirmi a patire io in cambio di lei. Fatto ciò, mi parve che la grazia si sarebbe ottenuta. A tal punto, l’anima seppe che doveva uscire. Si rallegrò molto; e le fu concesso che si potesse raccomandare. Così, mi disse: “Io , signora, sono stata in tante pene ed abbandonai, né mai mi son potuta raccomandare quando mi era concesso che tu mi vedessi in questo luogo tormentoso. E ciò mi era di pena maggiore. Ma ciò l’ho avuto perché, in vita, molte volte mi potevo umiliare con raccomandarmi alle tue orazioni. E non lo facevo e non avevo fede. Così facevo con molte altre. Di questo ne ho avuto pene grandi, e sono stata così lungo tempo in questo luogo tormentoso per più e più difetti che non mi è concesso di dire. Ho avuto pene atrocissime per il difetto che ho commesso coi confessori, perché molte volte vi sono andata più per mio sollievo e per raccontare cose che non appartenevano a me, e perché io avevo più zelo, ma era passione, e davo retta al mio naturale. Non ho obbedito a chi dovevo, e particolarmente al tuo confessore. Tutto pigliavo in mala parte, e mi pareva che parlasse per detto d’altri. Mi ci appassionavo molto. Dio, Dio, Dio! Quanto sono differenti le cose nella vita di qua! Le pene che patisco ed ho patito, non le posso dire con parole. Si sta sotto la giustizia di Dio”. A questo punto mi parve che ella suscitasse in me tanta compassione. Il suo angelo custode pareva che pregasse il mio. A un tratto disparve tutto. Restarono impresse nella mia mente le acerbe pene che avevo compreso. Ma il maggior tormento era che mi pareva di stare in Purgatorio, e pativo dolori di morte. Poi vidi quest’anima tutta contenta, e mi disse che avrebbe raccomandato non soltanto me, ma tutta la comunità. Dopo altri grandi patimenti, mi parve vedere di nuovo quell’anima che poi, mediante la SS. Vergine, S. Domenico e altri santi, venne tratta dal Purgatorio al Paradiso, vestita di candidissima veste. (S. Veronica Giuliani, Diario, 7 dicembre 1708).
Avendomi comandato il confessore che io raccomandassi una defunta, mi parve vedere un luogo spaventosissimo ove erano molte anime e, fra queste, una spaventosa più delle altre. Invece mi fu rivelato che era un luogo di salute. Compresi, per via di comunicazione, che ella pativa così’ atroci tormenti per le vanità fatte contro il suo stato, per essere stata tanto impaziente, e per tutti i gusti, i piaceri, gli spassi e cose simili che si era permesso. Una mattina, mentre il Signore mi partecipava le pene della sua SS. Passione, mi parve di conoscere che egli volesse che io mi esibissi a patire le pene per quest’anima. Nel farmela vedere, mi diceva: “Sta a te, se vuoi liberarla. Ricorri ai miei meriti ed alla mia passione, ché così otterrai la grazia”. Io facevo ricorso alla SS. Vergine, aciocchè essa mi ottenesse la grazia. Rivolta alle piaghe di Gesù, così dicevo: “Mio Dio, Sposo mio crocifisso! Tu hai fatto dono dei tuoi meriti a quest’anima mia. Io, adesso, ne faccio un dono a te; e con questo devo ottenere la grazia. La voglio, mio Dio. E spero che l’avrò mediante i tuoi meriti”. Ebbi poi un raccoglimento, con la visione di nostro Signore, della SS. Vergine, di molti santi ed anche di quell’anima, nelle pene. E vidi che il suo angelo custode la cavava dalle pene del Purgatorio. (S. Veronica Giuliani, Diario, 24 giugno 1708).
Nel giorno dei morti (1711) applicai tutto il bene alle anime del Purgatorio. E questa mattina, nella Comunione, mi pare che vi sia stato il raccoglimento con la vista di tre anime, che da molto tempo avevo avuto obbedienza di raccomandare. Tutte e tre erano in Purgatorio, ma in pene differenti. Mentre mi esibivo a qualsiasi pena affinché esse venissero liberate, ne vidi un’altre che penava assai più. Chiesi allora tutte le pene e i tormenti, se così fosse la volontà di Dio, per liberarle (S. Veronica Giuliani, Diario, 2 novembre 1711).
Questa notte vi è stato questo di particolare: Dio mi ha fatto vedere un’anima del Purgatorio, che, ieri notte, passò da questa vita. Dio, che spavento mi ha dato! Ho pensato che fosse all’inferno. Ma poi ho capito che era salva. Quanto durerà questo Purgatorio, non lo so; ma penso che sarà per anni ed anni. Ed ho conosciuto, per via di comunicazione, che dovevo esibirmi a qualche pena. Così ho fatto, e mi sono rimessa in tutto alla volontà di Dio (S. Veronica Giuliani, Diario, 13 dicembre 1712).
Mi pare che Dio mi abbia fatto vedere un’anima del Purgatorio. Mi ha dato grande timore: alla prima vista credevo che fosse dannata. Ma il mio angelo custode mi ha detto che è salva. Però, per quanto ho capito, vi starà molto tempo. Credo che con parole non potrò ridire ciò che soffre. L’ho veduta in tre modi: mi sembrava che fosse in un grande fuoco e che, per mano dei demoni, avesse dei grandi tormenti, dei quali l’uno aspettava l’altro. Ogni vista di quei ministri infernali le dava pena su pena. Ma, fra tante pene, la maggiore era quella del danno. Ella non si poteva raccomandare. Stava sotto il braccio della giustizia di Dio. Tutto ciò è stato per me di grande ammaestramento. Una seconda volta l’ho veduta similmente in grandi tormenti, specie nei sensi. Mi pareva che fosse tormentata negli occhi e nelle orecchie con ferri taglienti e pungenti. Il senso della lingua aveva assai più pena. In un altro mi pareva che le uscisse dalla bocca, ed arrivasse sino a terra; e pareva che fosse ivi inchiodata non con chiodo di ferro, ma col chiodo della mano di Dio. I demoni, che sono ministri della divina giustizia, a tutto loro potere la tormentavano. Essa stava immobile nel medesimo sito in cui era stata posta. Era tutta pena da capo a piedi, né vi è modo di poter raccontare quelle pene, perché mentre umana non può mai arrivare a penetrare ciò che è giustizia di Dio. Parvemi anche a un tratto come distrutta affatto e consumata da molte atroci pene; poi, a un tratto tornare in essere, con più atroci pene che sembra comincino sempre e sempre continuo con più ardore. In fine mi pareva vederla ora tutta lacerare, ora pungere con punte infocate ed ora stare in fuoco ardente e divenire tutta un ghiaccio. Sembrava che la detta anima vi fosse gelata dentro; ma, nel tempo stesso, sentiva fuoco e ghiaccio. Non sto a dire altro; perché, tanto non dico niente, né si può dire niente di tutto ciò che patiscono quelle povere anime. La terza volta mi fu mostrata pure nella medesima forma: pativa un tormento intollerabile. Il mio angelo custode mi fece conoscere che ella vedeva l’abito che indossavo nella vita religiosa, e la sola vista le rinnovava tutti i tormenti e le pene, perché era vissuta con l’abito sì, ma non da religiosa. Che confusione è stata questa vita per me, che non ho altro che il nome e l’abito da religiosa! A un tratto fui trasportata dallo stesso mio angelo custode ai piedi di Maria SS. Le chiesi soccorso per quella povera anima. Mi esibii per essa a qualsiasi pena e tormento: e Maria mi promise la grazia. (S. Veronica Giuliani, Diario, 20 dicembre 1712).
Ebbi un raccoglimento, nel quale ci fu mostrata l’anima di una persona defunta. In quel punto io pregai Maria SS., che volesse dare a me le sue pene e liberarla. In un tratto venne a me quel dolore; si rinnovò nel mio cuore ogni pena, e le medesime pene erano voci per chiedere la grazia della liberazione di quell’anima. Nel tempo stesso, Maria, mi faceva vedere il confessore, ed accennava che dovessi chiedergli l’obbedienza (per compiere la liberazione di quell’anima). Il confessore mi ordinò che quell’anima dovesse essere liberata, e ciò che io stessa dovrei essere posta a penare (invece sua). Appena avuto questo comando, quell’anima fu, come il volo, trasportata dalle pene, ove stava, davanti a Maria SS.; ed io, nel tempo stesso, fui messa per breve tempo, che a me sembrò una eternità, in quelle pene per mano dei miei angeli. Posta in questo Purgatorio, mi fu concessa la grazia di vedere quell’anima, che venne poi liberata dalle sue pene. Le pene (che io soffro a posto delle anime condannate al Purgatorio), non le so raccontare. Darò un esempio: come, nel rapimento, l’anima gode, ed ha molte partecipazioni in sé delle opere divine (in quanto che l’amore di Dio attira a sé l’anima amante, la trasforma in sé e le comunica se stesso), e le pare impossibile poter dire una parola di esse, perché sono cose tutte che passano tra l’anima e Dio, e l’anima stessa rimane arricchita, assorta, tutta uniformata a Dio, tutta nascosta in Dio, e tutta uniformata alla volontà di Dio, che la guida; così non si può dir parola di quello con cui è punita, e delle pene sopra pene che soffre e che le vengono dalla divina giustizia (S. Veronica Giuliani, Diario, 27 dicembre 1712).
L’obbedienza mi ha imposto che io chieda a Maria SS. che liberi un’altra anima dal Purgatorio, e che io mi esibisca a patire per essa. Ho capito che la grazia si avrà. Ho avuto un raccoglimento, nel quale ho capito che Maria SS. voleva liberare quell’anima. Me l’ha fatta vedere. Io mi sono esibita a penare in sua vece. Ad un tratto, la SS. Vergine, per mano dell’angelo custode di detta anima. L’ha fatta levare dal Purgatorio, ed è comparsa ivi, ai piedi di lei. O Dio! In che modo è comparsa! Con parole, non posso raccontarlo. Solo dirò che non mi sembrava una creatura, ma un mostro. Maria SS. mi ha detto: “Figlia, ti faccio vedere che cosa sono le imperfezioni e i difetti, e che cosa è la colpa. Quest’anima non ha finito di purgare, in Purgatorio, le proprie colpe. Le converrebbe di starci molto tempo. Ma poiché tu mi chiedi le sue pene per te, ora, con il prezioso sangue del mio Figlio e con le mie lacrime, sarà purificata”. Poi versò sopra quell’anima i calici dei meriti di Gesù e suoi. Essa divenne bella e chiara come cristallo; ed io, con un comando espresso e rigoroso, fui sentenziata da Maria SS. al Purgatorio. Per più giorni si aggiunsero pene a pene, che dovevano durare fino a Pentecoste. Maria SS. mi disse anche: “Ricordati che devi patire per più anime. Tutte sono state liberate con questo patto: che la Veronica deve stare in Purgatorio. Ed io ti confermo che queste pene devono essere duplicate, se vuoi la grazia che quest’anima vada in Paradiso”. Io risposi: “Accetto, di cuore, pene e tormenti, perché così vuole la santa obbedienza”. Ed elle: “Così ti comando ancor io. Al Purgatorio, al Purgatorio!”. Allora, in un tratto, quell’anima fu menata in Paradiso. Ed io, per più giorni , restai con pene così atroci, che pensavo mi levassero la vita. (S. Veronica Giuliani, Diario, 23-25 febbraio 1716).
Questa notte l’ho passata con tormenti e pene; e questa mattina, nella Comunione, ho chiesto di cuore che Maria SS. dia a me ogni pena, purché si liberi un nostro benefattore (dal Purgatorio). Pare che ella voglia farmi la grazia per venerdì prossimi; ma, frattanto, si aggiungeranno più tormenti a me. Ho poi capito che la notte, nelle cinque ore che patisco per esso, vi sarà un nuovo tormento: e ciò sarà che Dio darà ai demoni il potere che mi flagellino con verghe infocate. Ho accettato tutto, purché quell’anima abbia qualche refrigerio. Sia ringraziato Dio! La SS. Vergine mi ha detto: “Figlia, ti confermo nell’obbedienza ti comando che tu sia fedele”. Io le chiesto la liberazione di quell’anima del benefattore; e parmi aver sentito che la grazia vi sarà. La mattina dell’otto aprile ho ancora chiesto alla vergine la grazia per quell’anima. Ella mi ha detto: “Si, la leverò dalle pene (del senso), ma saranno aggiunte pene su pene a te”. Io ho accettato tutto. In questo mentre, Maria SS. ha ordinato ai miei angeli un non so che; ed io dai medesimi sono stata menata, come di volo, ad un luogo profondissimo, penosissimo, spaventoso: pensavo che fosse l’inferno. Vi erano certe faville di fuoco, che si formavano sopra certi carboni neri che subito si infocavano, in modo che pareva che si dovesse bruciare tutto il mondo. Quegli angeli mi dissero: “Questi, che a te paiono carboni, sono tante anime; e fra queste vi è quella per la quale tu ti esibisci a patire”. Allora, in un tratto, fui rimenata ai piedi della Vergine. Di cuore la pregai che volesse vuotare il Purgatorio; e che, per i suoi santissimi meriti; facesse la carità a quelle povere anime: io ero pronta a patire per tutte; in special modo, però, le chiedevo il benefattore. Ella mi ha detto e replicato, per tre volte: “Questa dovrebbe stare anni ed anni tra le pene. Ma, per farti la grazia, confermo te in Purgatorio”. E in qiuesto mentre, l’ha fatta comparire davanti a me. Pareva un mostro. Io mi esibii a patire. In un tratto, i dolori di Maria parlarono, con muoversi tutti: essi erano voci per me. La Vergine ha benedetto quell’anima, che si mutò; cioè, da mostro che era, divenne alquanto bella, ma non chiara. Stava tutta tremante e vergognosa. Non poteva aiutarsi. Solo,. Stava aspettando la sentenza di essere rimessa in pene. Io, di cuore pregavo Maria, che mi volesse far la grazia di liberarla. Non sto a raccontare tutto ciò che dicevo. Stavo con fede nei meriti di Gesù e della Vergine. Pregavo i santi, che erano presenti che stavano essi stessi come tremanti, vedendo così grande spettacolo. Quell’anima muoveva a pietà; ma non si poteva vedere nel modo che era. Io tremavo di paura, vedendo la mia care Mamma divenuta tutta mutata, come adirata e con faccia severa. Mentre che stava per dare la sentenza sopra la medesima anima, da parte dell’obbedienza (cioè del confessore9, le dicevo: “ Maria SS. , l’obbedienza vuole che io entri in Purgatorio, e che quest’anima sia libera affatto da ogni pena. Placati, per i meriti di Gesù. Pietà per quest’anima”. Rivolta ai santi dicevo: “Aiutatemi tutti!” e, di nuovo, rivolta a Maria: “Maria SS., l’obbedienza vuole che io accetti questo Purgatorio. Fa che vengano pene e tormenti sopra di me”. Mi sembrò allora che la SS. Vergine si mutasse; che tornasse col sembiante tutto bello e pietoso e che mi facesse cenno (che guardassi) il padre che diceva Messa, nell’atto di gettare il pezzettino d’ostia nel calice. Ella gli diede la benedizione e, rivolta a me, disse: “Figlia, voglio farti la grazia per mezzo dell’obbedienza, per farti conoscer quanto sia cara a Dio ed a me questa virtù”. In un tratto diede la sentenza che quell’anima restasse nella pena del danno, e che le pene del senso dovessi parteciparle io con dolori, con fuoco. Con ghiacci e con tormenti, per mano dei demoni, facendole la grazia speciale che non fosse rimessa in Purgatorio. Mentre il sacerdote si comunicava, Maria mi fece capire che io dovessi chiedere di nuovo all’obbedienza questo Purgatorio ed esibirmi per quest’anima. Il giorno appresso è stato prezioso per me, passato tutto in pene e tormenti. Il Padre mi ha confessato. Nella Confessione vi è stato il dolore e la cognizione nelle mie colpe. Mi ha comandato che vada ai piedi di Maria. Mi son trovata subito in raccoglimento. Maria mi ha fatto capire che stessi attenta, perché mi avrebbe rinnovato i suoi dolori e si doveva rinnovare la crocifissione. Nell’istante mi fu rinnovato il dolore nelle mani, nei piedi e nel cuore. Nell’atto del dolore, tornai ai propri sentimenti, con sentimento di cognizione di me e del mio annientamento. Il padre, con la solita carità, mi fece rinnovare la Professione, e di nuovo mi mandò ai piedi di Maria, perché mi confermasse la vita eterna. Così feci. Ella mi fece fare la Professione nelle sue mani; mi promise la vita eterna, e mi disse: “Torna al padre, e digli che anch’esso faccia ugualmente, e che così ordino io. E sappi che tutto ciò che oggi t’è stato concesso qui ai miei piedi, cioè la rinnovazione della SS. Passione e dei miei dolori, è stato per ordine suo (del padre). Va da lui, raccontagli tutto; e lui stesso ti confermerà quanto ora ti dico”. E così fu. Il giorno nove, mentre il Padre, nella Messa, faceva la consacrazione, ho chiesto di nuovo la grazia che si liberi quell’anima. Ho sentito, nel cuore, il segno che la grazia vi sarebbe. E mentre il padre teneva in mano l’ostia per comunicarsi, mi sono trovata in raccoglimento, ai piedi di Maria, che mi ha fatto vedere quell’anima. Io mi sono esibita a patire la pena del danno, e tutto ciò che doveva patire la medesima, affinché essa fosse libera in quel momento. Così voleva l’obbedienza. Maria SS. ha fatto la grazia; e in un tratto ha sentenziato che io avessi la pena del danno e che ciò sarà per tre giorni continui, cioè: lunedì, martedì e mercoledì santo. Ho accettato tutto. Mi sono conformata alla santa volontà di Dio, e questa la conosco nell’obbedienza. Dato il mio consenso, quell’anima è stata lavata (come) nel Battesimo. E’ divenuta chiara come cristallo. S. Francesco e S. Chiara l’hanno accompagnata in Paradiso, per ordine di Maria SS. Io sono restata in Purgatorio. Tutto ciò è stato con brevità. Sia tutto a gloria di Dio! (S. Veronica Giuliani, Diario, 6-9 aprile 1718).
La mattina del quindici di maggio (1718) mi confessai. Il padre mi comandò che io mi esibissi a patire per un defunto; e che se era volontà di Dio, Maria SS. mi avesse fatto vedere quell’anima: era l’anima di un sacerdote, a cui fu tirata una archibugiata. Fu un miracolo se non morì subito. Era stato raccomandato a tutte noi, perché, se era volontà di Dio, fosse lasciato in vita. Ma poi era morto. Con premura mi esibii per essa, a costo della vita e del sangue. Pregai Maria SS., ed ella mi disse: “Figlia, quest’anima patisce molto. Ed ora non voglio che tu la veda. Accetto la tua promessa”. Il 22 maggio passai la notte con molti contrasti. Ogni volta che mi esibivo a penare per quell’anima pareva che si scatenasse tutto l’inferno. Anche l’arrabbiato nemico (il diavolo) mi percuoteva. Io chiesi a Dio che si vuotasse tutto il Purgatorio, affinché tutte quelle anime andassero in Paradiso. Io ne avrei preso sopra di me tutte le pene ed i tormenti. La mattina, nella Comunione, mi sono esibita per quell’anima. Dio m’ha promesso la grazia. Ho sentito che si è mosso il segno del cuore, e che vi è stato quel movimento che mi fa certa della grazia che debbo ricevere. Racconltami, mi sono sentita dire dalla Vergine: “Figlia, che vuoi?”. Io ho risposto: “L’obbedienza vuole che si liberi quest’anima”. Ella ha soggiunto: “La grazia ti sia fatta”. In un subito, ha fatto comparire quell’anima la quale era tutta timorosa, stava tremante, ed era alquanto brutta. Qui la SS. Vergine si è rivolta a me, dicendomi: “Vedi che ancora non ha finito di soddisfare la divina giustizia?” Ed io: “Mamma SS., se tu vuoi, puoi. Io mi sottometto alla divina giustizia per lei, ed accetto sopra di me pene e tormenti. L’obbedienza lo vuole. E tu fammi la carità di lavare quest’anima”. In quell’istante la detta anima è divenuta chiara e bella. Poi ha dato la sentenza che quella andasse in Paradiso e Veronica in Purgatorio, perché così voleva Dio. Liberata, quell’anima ha fatto la carità di pregare per noi. Ha detto: “Non mi scorderò di voi!”. E mentre il sacerdote celebrante si comunicava, quest’anima con tutta quella comitiva di Santi e di tutte quelle anime che sono state liberate per mezzo dell’obbedienza, se n’è andata a godere in Paradiso. (S. Veronica Giuliani, Diario, 15 e 22 maggio 1718). Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |