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Quest’anno 2014 celebriamo il centenario della nascita di Padre Candido Amantini, infatti egli nacque a Bagnolo, frazione del comune di Santa Fiora, in provincia di Grosseto, il 31 gennaio 1914 da una modesta famiglia. Al Battesimo, il 7 febbraio, gli fu imposto il nome di Eraldo. I genitori, profondamente cristiani, si preoccuparono fin da subito di istruirlo nella fede, la quale veniva prima di tutto insegnata in famiglia prima che in parrocchia. Il Servo di Dio manifestò fin dall’infanzia un particolare interessamento verso la Chiesa, costantemente serviva come chierichetto nella parrocchia e frequentava tutte le attività pastorali. E’ in una di queste occasioni che conosce i Padri Passionisti, durante cioè una missione da loro predicata a Bagnolo. Dopo questo incontro non si separerà più dalla Congregazione della Passione, decidendo così di farne parte. Infatti già il 26 ottobre 1926 entra nel seminario minore dei Passionisti a Nettuno e il 9 ottobre nel Ritiro S. Giuseppe, sul Monte Argentario, dunque in questo periodo inizia l’anno di noviziato. ...
... La sua formazione, è particolarmente segnata dall’incontro con il suo primo maestro di noviziato, il Venerabile Nazareno Santolini; l’insegnamento di questi costituisce un saldo fondamento nella preparazione alla vita religiosa di Padre Candido, che ha sempre cercato di imitare tutte quelle virtù che hanno distinto il suo Maestro. Sarà lo stesso Padre Candido, in quanto chiamato a deporre all’Inchiesta Diocesana del Venerabile Nazareno Santolini, a sottolineare questi aspetti. Dunque è in questo contatto diretto con la santità che il giovane religioso comincia la sua crescita nella Congregazione dei Passionisti. Oltre che a distinguersi per le sue doti spirituali, fece grandi progressi dal punto di vista culturale; dopo che venne ordinato sacerdote, il 13 marzo 1937, comincia a frequentare il Pontificio Istituto Biblico e contemporaneamente insegna Sacra Scrittura nel seminario di Tavernuzze. Era dotato di una grande capacità di apprendere e di un’ottima conoscenza del greco, aveva imparato l’ebraico, il tedesco e il sanscrito. Insegnerà anche al Convento dei SS. Giovanni e Paolo, in Roma, presso lo Studio Internazionale dei Passionisti. Nonostante questa sua grande capacità culturale, nel maggio del 1961 deve sospendere l’insegnamento a causa di gravi problemi di salute. Quando si riprenderà, cambierà completamente la sia opera. Trasferitosi definitivamente alla Scala Santa vuole ricominciare con più costanza un’attività che aveva seguito durante gli anni di insegnamento, saltuariamente affiancava il confratello Padre Alessandro Coletti, esorcista nella Diocesi di Arezzo, attualmente , invece, Padre Alessandro Coletti è presso la diocesi di Alghero,sempre nel Convento dei Passionisti. La possibilità di fare del bene ai sofferenti, di seguire spiritualmente la loro anima lo spinse a dedicarsi totalmente a questa valorosa missione. Appresa, con il Padre Alessandro, una buona esperienza al riguardo, comincia ad accogliere e seguire come direttore spirituale molte persone. Tra il 1962 e il 1963 venne ufficialmente nominato esorcista e in poco il suo nome divenne noto in tutta l’Italia e anche all’estero. La sua attività cominciava fin dalle prime ore del giorno, dopo la Santa Messa accoglieva con eroica pazienza tutti coloro che desideravano parlare con lui e volevano una semplice benedizione. La sua missione si spinse ben oltre. La sua grande conoscenza delle Sacre Scritture, la sua profonda Fede si unirono con il suo carisma di Padre Spirituale fino a diventare un punto di riferimento per tutta la Diocesi di Roma. Il suo amore verso il prossimo era caratterizzato da un marchio particolare: la pazienza. Non si rifiutava mai di ricevere o ascoltare qualcuno, era animato da quella profonda carità verso il prossimo. Fin dalle ore tre di notte molti si accalcavano davanti al Santuario della Scala Santa per poter essere ricevuti nella mattinata dal egli e lui non i risparmiava mai nel riceverli e seguirli spiritualmente. Gli ultimi anni della sua vita sono trascorsi nella continua sofferenza, sono stati innumerevoli i ricoveri ospedalieri. Affrontò serenamente l’avvicinarsi della morte, tutti i confratelli che lo hanno assistito riferiscono della sua edificante serenità e della sua continua preghiera. In concetto di santità e assistito dai suoi confratelli si spense la notte del 22 settembre 1992 nel Pontificio Santuario della Scala Santa. Ai funerali parteciparono un gran numero di clero e fedeli, venne sepolto presso il cimitero monumentale del Verano di Roma. Dal 21 marzo 2012 i suoi resti sono stati traslati nella Cappella del Crocifisso nel Santuario Pontificio della Scala Santa in Roma. Giorgio Alessandri, che in seguito divenne sacerdote così ricorda la grande folla di fedeli che ogni giorno aspettava di essere ricevuta dall’esorcista Amantini: “ Da ragazzo, quando avevo circa 13 – 14 anni , soprattutto d’estate, quando non c’era la scuola, andavo alla Scala Santa molto presto e vedevo, fuori del cancello, una fila interminabile di persone che aspettavano l’apertura della Scala Santa, allora chiedevo: “Ma chi ci sta? Chi aspettate?”. Rispondevano: “Vogliamo , dobbiamo parlare con Padre Candido”. “Chi è Padre Candido?” aggiungevo io. “Ma sai, è un esorcista” ed io ancora: “Non sono problemi per me”. Quindi la gente andava verso sinistra, dove c’è il oro monastico e la Cappella dove lui celebrava tutte le mattine ed io andavo a destra all’altare maggiore dove gli altri padri celebravano la Messa. Non ero attratto, devo essere sincero, ero un po’ spaventato perché non capivo quello che la gente diceva e poi quella fila interminabile. Alcune volte le persone arrivavano prima delle ore tre del mattino; davanti al cancello grande della Scala Santa si formava una lunga fila, quindi poi le persone si fermavano per la celebra zio e della Santa Messa”. Ancora Don Giorgio Alessandri dichiara: “Ho conosciuto Padre Candido attraverso un giovane frate passionista che sapendo un po’ dei miei problemi , mi disse. “Senti, qui c’è Padre Candido, va a parlare con lui” e io “Chi è? Che fa Padre Candido?”. “Riceve, va non ti preoccupare”. Allora, sono andato, mi hanno fatto entrare dopo la celebrazione della Messa e Padre Candido mi ha fatto sedere e stravo per dire… non mi fece parlare, mi mise le mani in testa e in quel momento mi sembrò che mi fosse stata data una scarica di corrente, mi sentivo tutta la “capoccia” che faceva dum, dum, dum. Allora pensai:; “Addio, mò muoio, ma che sta a fa questo?”. Non ero abituato a simili esperienze. Dopo un po’ mi ripresi e lui mi chiese: “Cosa hai?”. Allora io elencai al Padre i miei problemi. Lui non mi disse niente, guardò fisso, ancora lo vedo, davanti a me il muro della sacrestia della Scala Santa dove lui faceva queste benedizioni. Era come se quegli occhi trapassassero quel muro e dopo qualche secondo mi dette la risposta, mi detta le risposte, quindi dopo una “botta” sulla testa, così mi disse. “Adesso te ne puoi andare”. Questo è stato il mio primo vero incontro con Padre Candido. Dopo di allora ho cominciato a partecipare alla celebrazione della sua Santa Messa…..Mi raccontava un suo discepolo, un frate passionista, chela notte egli si alzava e faceva in ginocchio più volte, la Scala Santa. Si metteva nella Cappella dove c’era il Santissimo, faceva l’adorazione per tutti quelli che ricorrevano a lui e ad un certo punto dava la benedizione per gli ammalati nello spirito e nel corpo. Poi il suo grande amore per la Vergine Maria. Ogni ano si recava in pellegrinaggio a Lourdes con i suoi figli spirituali. Quella era una tappa importantissima per Padre Candido e poi come dimenticare la distribuzione della Medaglia Miracolosa. Tutti quelli che andavano da egli se lui non riusciva ad avere medaglie a sufficienza diceva: “Andate lì perché lì troverete la Medaglia, mettetela al collo”. Ancora don Alessandri ricorda: “Sono stato fortunato perché quando Padre Candido faceva le preghiere di liberazione e gli esorcismi non c’era nessuno nella sacrestia, ma stranamente mi lasciava là. Io pensavo: “Come mai?”. Quindi ho potuto vedere che egli era quasi sempre solo almeno nei tempi in cui io ero presente. Per il combattimento contro lo spirito maligno evitava il “circo”. Faceva quello che doveva fare con molta semplicità e serenità. Mi ricordo, come se fosse adesso, indossava la stola, si faceva il segno della Croce e cominciava le sue preghiere in latino, e lì succedeva di tutto. Mi ricordo con ….”Oh, Dio, poveretto me, mò questa, con questo demonio, me rompe tutte le sedie”. C’era una donna che quando sedeva per l’esorcismo , le sedie volavano. Quindi nessuno poteva stare in sacrestia; io solo – ero ragazzino – stavo là, lui si girava verso di me quando capiva che io avevo una gran paura e volevo scappare, allora si girava mi dava un’occhiata e un sorriso e continuava. Non mi hai mai detto: “Esco fuori”. Ho visto tantissime cose, esperienze che sono per me una grazia. Mi ricordo che venne un prete che lavorava in un ufficio al Vicariato, si stava vestendo per la Messa e io stavo aiutando, quando ad un certo punto si sentì il ruggito di un leone. Il prete si girò e chiese: “Cos’è questa cos” e io “Padre, non lo so, dicono ch quello (il demonio)non esiste, veda un po’ lei”. Egli sapeva subito individuare streghe, maghi e stregoni, non gli dava il tempo di entrare nella sacrestia che diceva subito: “Fuori”. Mi ricordo che un giorno venne una signora che portava una busta e siccome non c’era l’altro sacerdote, Padre Romualdo, che dava benedizione ordinarie, venne da Padre Candido: “Padre, mi deve benedire questa busta di rosari”. “Ah, - disse Padre Candido – di rosari? Lo apra signora”. “Ma Padre, basta che lei faccia così…, che dobbiamo vedere i rosari?”. “Lo apra su”. Aperta la busta – ancora ricordo – c’erano tutte zampe di coniglio. Un’altra volta c’era un frate religioso, fra Bonaventura – è morto da tanti anni – un fratello laico che stava alla porta della Scala Santa. Portarono una bottiglia di vino – io stavo là – e mi dissero: “questo è per Padre Candido”. Io dissi: “Non glielo devo dare io, glielo dia lei” perché pensavo: “Con tutti questi matti, non vorrei ch ci fosse il veleno,dopo se la prendono con me”. Arrivò Padre Candido e disse: “Butta la bottiglia”. Il frate prese la bottiglia e la buttò dalla finestra della Scala Santa. Dopo qualche istante, sbigottito vidi risalire la bottiglia. Venni a sapere che conteneva una bevanda maleficiata. Queste cose succedevano, noi pensate che a quei tempi, il venerdì, alla Scala Santa era la giornata in cui andavano molte di queste streghe e fattucchiere, lui se ne accorgeva subito: “Va via, va, va” o quando qualcuno, qualche pseudo mistica o veggente arrivava, non faceva in tempo a metter piede nella sacrestia che già era “andata” via”. Il Vescovo ausiliare dell’Aquila Giovanni D’Ercole, che per anni è stato intimo di padre Candido dichiara: “Ero giovane, avevo 27 anni, ordinato sacerdote da poco tempo e frequentavo con don Giancarlo Gramolazzo l’Alfonsianum, che è vicino alla Scala Santa. Fu proprio Don Giancarlo Gramolazzo ad accompagnarmi da Padre Candido, e così ebbe modo di assistere per la prima volta a un esorcismo. Ero molto scettico, non ci credevo e il padre, alla fine dell’esorcismo, mi disse: “Torna, torna qui la prossima volta”. Ebbi l’impressione che ci tenesse a che partecipassi a questi incontri veramente speciali. Quello che mi sorprendeva, era che non sentivo la vocazione fare l’esorcista, ero andato lì per pura curiosità, eppure mi rendevo conto che lui insisteva perché tornassi regolarmente. Ogni volte, che mi liberavo dall’università , quando partecipavo agli esorcismi , era lui stesso a insistere dicendomi: “Ti aspetto anche domani…vedrai c’è una donna molto provata…vieni anche dopo domani…”. E così ho avuto modo di imparare la difficile missione dell’esorcista accanto a un così grande maestro. Mentre operava, mi insegnava quello che non deve essere fatto e quello che deve essere accuratamente osservato. Ad esempio, ho appreso dal suo modo dia gire che l’esorcista non si deve agitare troppo, deve restare assolutamente calmo. E lui era un uomo, come ha già detto Don Giorgio, di grandissima pace, di straordinaria serenità. Ricordo una delle prime volte, quando una ragazza posseduta si agitava eccessivamente e reagiva con violenza dando colpi a destra e a sinistra, padre Candido con grande dolcezza alzando la mano su di lei la calmava. Quella povera donna, straziata dal maligno, prima sembrava irresistibile a qualsiasi maniera di coercizione e di mantenimento, ma lui con un semplice gesto riusciva a domarla, anzi a domarli…perché ne aveva più di qualcuno a vessarla così fortemente. Spiegava padre Candido che l’esorcista non deve parlare molto, non deve agitarsi, deve pregare sì, tantissimo, deve, cioè, lottare con l’arma irresistibile della preghiera. Dal 1974 al 1976 sono stato suo fedelissimo allievo; lui ci teneva. Per la verità, era lui a sollecitarmi perché andassi a trovarlo. Sinceramente, non ho mai nemmeno capito perché. Poi sono stato in Africa, in Costa d’Avorio, fino al 1984, e lì ho potuto svolgere il ministero di esorcista. Ogni due anni, quando tornavo qui in Italia, lo incontravo ed era per me occasione per raccontargli le mie esperienze in questo delicato campo apostolico. Ma, anche quando stavo là in Africa, rimanevo in contatto con lui, mi seguiva, mi dava consigli. E sempre mi ripeteva: “Innanzi tutto molto preghiera, bisogna che tu preghi tanto, e poi penitenza”. So che padre Candido trascorreva notti intere senza dormire, in preghiera, spesso tormentato dal maligno”. Dopo tanti anni mons. D’Ercole ricorda ancora alcuni suoi consigli: “Tu, se fai l’esorcista – mi diceva padre Candido – devi essere “sepolto”, cioè, capivo, lontano dai riflettori mediatici. Non devono parlare di te e non devi parlare tu. Devi vivere in silenzio, perché altrimenti il demonio può giocarti con la sua tremenda astuzia…”. Mi trasmetteva queste esortazioni con quella sua tipica calma, nota a chiunque lo ha conosciuto, e mostrava una constante disponibilità a rispondere a qualsiasi domanda gli rivolgessi. Vorrei precisare che, durante l’esorcismo, non mi rispondeva mai, alla fine però, quando gli manifestavo qualche mia curiosità, prendeva il tempo di chiarirmi le idee e non sembrava avesse fretta. Quanto ho imparato da questo passionista, vero uomo di Dio! Mi raccontava , per esempio come non dovevo assolutamente entrare in gioco con il demonio. Non lasciarmi trascinare dalle sue provocazioni piene di furbizia e malizia. Mai accettare le provocazioni del demonio, mai entrare in agitazione emotiva. Non si tratta di fare una lotta corpo a corpo con il demonio: on sei tu che lotti contro di lui, ma la Parola i Dio, il Signore Gesù vincitore delle potenze dell’inferno. Sempre mons. D’ercole ricorda riguardo agli ultimi anni di vita di padre Amantini: “ Vedendolo più da vicino, ebbi la sensazione che vivesse nel suo intimo una sorte di “notte oscura”. Aveva un buio nel suo cuore, e sono convinto che abbia trascorso gli ultimi anni di vita in un grande deserto interiore. Lo percepivo perché citava spesso l’esperienza di Santa Gemma Galgani. Probabilmente con Santa Gemma Galgani, aveva qualche cosa in comune; sentiva la sofferenza fisica, quello stato di spossatezza legata al lavoro massacrante cui si sottoponeva nell’ascoltare i suoi figli spirituali e nel condurre esorcismi e preghiere di consolazione. Il demonio non lo lasciava tranquillo: attacchi ne ha ricevuti dentro e fuori. E’ così l’esperienza dei santi, di coloro che vogliono lottare contro il Male e capiscono che, per poterlo fare in maniere adeguata, non possono non condividere la passione di Cristo”. L’esorcista cappuccino Padre Carmine De Filippis ricorda dell’Amantini: “Padre Candido, a certe mie obiezioni durante i sobri dialoghi intercorsi, rispondeva semplice netto che, se ero stato giudicato degno dell’Ordine Sacro e dunque di assolvere dai peccati e celebrare il Sacrificio, nonché di annunciare la Parola , a forti fiori, con il beneplacito del Vescovo, avrei potuto imporre la Parola. Inoltre, m’infondeva, mi trasmetteva insomma, un senso di grande compassione verso i sofferenti e memorabili furono le sue acutissime delucidazioni teologiche e bibliche che andavano ad integrare la mia scolastica preparazione culturale, rimanendone affascinato. Soprattutto mi colpiva il suo esempio di umile, semplice, illuminata ed autorevole carità. Pochissime parole, ma con me, con la gente, con chiunque, ma inequivocabili, indelebili, sapienti. Era evidentissimo che, mediante la preghiera , viveva questa carità grazie ad un rapporto incessante, profondo e per misterioso con Dio, del quale mi fece fugacissime confidenze, soprattutto riguardanti la Madonna Immacolata. Fu lui ad invitarmi a Lourdes nel 1988 e io, per nulla propenso ai pellegrinaggi, non mi sono mai piaciuti, ve lo confesso, da allora li organizzai regolarmente ogni anno, invitando i miei “assistiti” alla Grotta e al bagno nelle piscine, constatando così benefici di grazia e di liberazione meravigliosi”. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |