I SANTI E LE VISIONI DEL NATALE |
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Alcuni Santi hanno goduto il privilegio che, secondo l’Evangelista San Luca, fu concesso a Simeone: quello di stringere fra le braccia il bambino Gesù. San Francesco non ottenne questo privilegio, di cui godette invece S. Antonio, ma sentì come pochi il fascino della divina infanzia; e realizzò, a Greccio, il Presepe. Nella sua scia, la poesia francescana s’impadronì di questo tenero, devoto argomento e lo innalzò con Jacopone a sublimi altezze. Non di meno, se il privilegio fu eguale, ben diversa è la posizione dei Santi rispetto al Divino Infante. Il sentimento di Simeone – come appare dal testo evangelico – dovette essere di profonda emozione, ma soprattutto di gratitudine per l’Altissimo, che aveva mantenuto la promessa, inviando il Messia atteso e invocato da tante generazioni, e gli aveva concesso il privilegio di contemplarlo prima di chiudere i suoi occhi mortali: ora sì che poteva morire in pace! Ma egli non arrivò a sospettare la divinità di quel pargoletto. ... ... Se intravide, secondo la profezia fatta a Maria, il suo tragico destino, non poteva immaginare ed anzi nemmeno concepire, data la sua mentalità ebraica, che Dio si era umiliato fino al punto d’incarnarsi. Insomma, leggendo il testo di S. Luca, si ha l’impressione che Simeone comprese solamente, per rivelazione dello Spirito Santo, che quel piccino era l’Unto del Signore, l’atteso Liberatore d’Israele. I Santi, invece, guardano al bambino Celeste con altro spirito in cui, alla tenerezza struggente, si unisce un più vivo sentimenti d’adorazione, di gratitudine e d’indegnità. Il velo della Promessa ‘ caduto per l’avvenuta Incarnazione; il mistero è stato rivelato dallo stesso Gesù, ed essi sanno quel che Simeone ignorava – e si sarebbe rifiutato d’ammettere, come un’offesa al dio Unico -, cioè che quel Bambino era lo stesso Dio fatto uomo, la Seconda persona della trinità Divina. Quindi misurano l’immensità dell’amore di Dio per gli uomini e la distanza incommensurabile che separa la creatura dal suo Creatore. Nello stesso tempo essi vedono in quel tenero Infante indifeso la vittima destinata al sacrificio, la cui posta è la redenzione del genere umano. Chi potrà esprimere il sentimento complesso e ineffabile ispirato ai Santi da questa visione beatifica, che per essi è più reale di qualunque realtà? Spesso gli angeli sono presenti a queste visioni natalizie come musicisti. Questi concerti angelici sono puntuali, ed è significativo che allorché si producono il giorno di Natale, come se il Cielo volesse associare al canto degli angeli della Natività le anime che favoriscono della sorte. La terziaria francescana Pudenziana Zagnoni (1583-1608) conobbe, negli ultimi anni della sua breve esistenza, un’esperienza mistica il cui carattere spettacolare impressionò la sua famiglia ed i suoi confessori, ma anche i dottori Sarchi e Ponticelli: chiamati a curarla, questi ultimi verificarono la realtà delle sue stimmate e della corona di spine insanguinata che, durante le sue estasi, appariva subito intorno alla sua testa. Nei mesi precedenti la sua morte, le apparizioni angeliche da cui ella era favorita hanno avuto numerosi testimoni. Il giorno del Natale 1607, la Vergine Maria apparve a Pudenziana e le depose nelle braccia il Bambino Gesù, nel mentre che degli angeli cantavano melodiosamente il Gloria in excelsis. Tutti i parenti e vicini presenti nella casa sentirono quel canto celeste e accorsero al capezzale della ragazza, che videro splendente di luce, nel mentre che un profumo dei più soavi esalava dalla sua persona. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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