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IL CULTO DI SANTA LUCIA PDF Print E-mail
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IL CULTO DI SANTA LUCIA

Durante il tempo liturgico di avvento si celebra la festa di una santa molto amata: Santa Lucia. Lucia è colei che porta la luce. Durante la persecuzione al tempo dei romani portava da mangiare ai cristiani imprigionati. Poiché faceva tale opera buona di notte, aveva in testa una corona di candele. Nei paesi scandinavi, per lo più luterani, è rappresentata così ancora oggi. Santa Lucia esprime il profondo desiderio della lluce dei popoli del nord Europa in questo periodo invernale, ma rappresenta sempre anche il desiderio della luce interiore propria di ogni essere umano. Protettrice della vista, sia per il suo nome Lucia dal latino lux, sia per una frase attribuitale dagli agiografi: “Ai non credenti toglierò l’accecamento”. O forse perché la sua festa cade il 13 dicembre: il detto popolare “santa Lucia è il giorno più corto che ci  sia” (veramente nel nostro calendario gregoriano l’inizio dell’anno solare coincide con il 21 dicembre) suona come un saluto di sollievo per ritorno della luce nelle giornate che man mano si allungano. ...

... Ed è legato alla protezione della vista il dolce siciliano detto cuccìa che si consuma per devozione il 13 dicembre: è composto di chicchi di grano, in ricordo di una grande carestia che si abbatté sulla Sicilia; dopo le suppliche alla santa, arrivarono nel porto di Siracusa navi piene di grano e la popolazione affamata lo mangiò crudo e intero. Al grano di solito si aggiunge una manciata di ceci come simbolo degli “occhietti” della santa che protegge la vista. L’aspetto festoso della portatrice di doni  è presente in un tradizione diffusa nel Nord, specialmente in Veneto. Più che Babbo Natale o la Befana, è santa Lucia che porta regali ai bambini. Il 13 dicembre scende nelle case attraverso il camino, e i bambini cominciano giorni prima a cantare ogni sera la canzoncina per propiziarne l’arrivo: “Cara mamma, mamma mia, presto vien santa Lucia, sarò buono e ubbidiente…”. La vigilia della festa, si svolge a Verona una grande fiera dei giocattoli. Il culto della martire di Siracusa ha la sua usanza più pittoresca in Svezia. La “Lucia di Svezia”, scelta ogni anno con un concorso di bellezza, è vestita di una tunica bianca, porta sulla testa una corona con sette candele accese, è accompagnata da compagne vestite  di bianco e raccoglie i doni da distribuire per Natale ai poveri, ai malati, alle persone sole. Questa festa tradizionale nazionale è poi diventata un “gemellaggio” con la Sicilia:ogni anno la Lucia svedese si reca a Siracusa e, partecipa alla processione in onore della santa. Lucia fu una delle vittime della persecuzione di Diocleziano e Massimiano contro i cristiani, una furia che durò dal 303 al 311. Secondo la tradizione, apparteneva a una nobile famiglia siracusana, era già promessa sposa a un giovane del suo rango, quando avvenne l’episodio che le cambiò la vita. Essendosi ammalata la madre Eutichia, Lucia decide di accompagnarla in pellegrinaggio  a Catania per chiedere la sua guarigione a sant’Agata, patrona della città. Le due donne ascoltano in chiesa il brano evangelico sull’emorroissa risanata dopo aver toccato un lembo della veste di Gesù, toccano io sepolcro di sant’Agata e subito Lucia ha la visione della santa catanese che le annuncia la guarigione della madre assieme al futuro martirio. Di ritorno a Siracusa, la giovane decide di consacrarsi totalmente a Dio, rinuncia al matrimonio e mette in vendite la sua dote per donarne il ricavato ai poveri. Il fidanzato, sconvolto dall’abbandono, la denuncia come cristiana al governatore Pascasio, che la fa arrestare e le impone di sacrificare agli dei in cambio della libertà. Al fermo di Lucia, Pascasio la condanna al lupanare, estrema offesa per una vergine, e così la  minaccia: “Appena conoscerai il disonore, cesserai di essere il tempio dello Spirito Santo”. Ma quando i soldati tentarono di condurla in quel luogo di vergogna, lo Spirito Santo la rese così immobile che nessuno riusciva a spostarla, né i maghi, subito convocati, e neppure una coppia di buoi ai quali venne agganciata . Allora il governatore ordina un gran fuoco di fascine, resina e pece per incendiarla, ma Lucia lo sfida: Pregherò il Signore nostro affinché questo fuoco non mi bruci e così mostrerò ai credenti la virtù del martirio e ai non credenti toglierò l’accecamento della loro superbia”. Uscita indenne dalle fiamme, si decise di decapitarla. Ma secondo un’altra tradizione non le fu tagliata la testa bensì fu pugnalata alla gola, e infatti la statua della santa, che viene portata in processione a Siracusa, ha un pugnale piantato nel collo. Era il 13 dicembre del 304, Lucia aveva probabilmente 25 anni. Le sue spoglie si trovano a Venezia, nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia, in un’urna di cristallo sopra l’altare. Le ricopre una veste di velluto rosso con ricami d’oro, il volto è celato da una maschera d’argento che fu fatta preparare nel 1955 dal cardinale Roncalli, patriarca di Venezia e futuro papa Giovanni XXIII. La chiesa si affaccia sul Canal Grande, da cui si può leggere questa iscrizione: “Lucia vergine di Siracusa in questo tempio riposa”. All’Italia e al mondo ispiri luce e pace”. Perché il corpo della martire sia stato trasportato così lontano dalla sua città, è storia legata alla conquista musulmana della Sicilia, quando molte reliquie vennero nascoste in luoghi sicuri. Nel 1039 il generale bizantino Giorgio Maniace, giunto nell’isola per liberarla dal dominio arabo, si fece indicare il posto segreto dove era protetto il corpo della santa e decise di trasportarlo a Costantinopoli per donarlo alla regina Teodora. Quando, nel 1204, Costantinopoli fu conquistata dai crociati, il doge Enrico Dandolo lo portò a Venezia. Da allora, attraverso missione diplomatiche, Siracusa ottenne dai veneziani alcune reliquie della santa. La più recente è stata consegnata il 13 dicembre 1988 alla Chiesa siracusana dal cardinale Marco Cé,  allora patriarca di Venezia. In quell’occasione, il cardinale Cé disse: “Sono venuto per rendere testimonianza alla fraternità che lega la Chiese di Siracusa e di Venezia; una fraternità che unisce ai vincoli della fede quello dell’amore comune alla vergine e martire siracusana Lucia”. Inutile dire che la speranza dei siracusani è che l’intero corpo della santa venga prima o poi restituito alla loro città. Festeggiando Santa Lucia i cattolici si augurano che la luce della fede ci accompagni nei tempi difficili e bui a livello esistenziale perché tutti possiamo vedere la realtà nella luce di Gesù. Avendo Lucia come modello di vita capiremo veramente bene che cosa conta nella nostra vita. La fede stessa è una luce che ci illumina e, attraverso il chiarore esterno, ci permette di scorgere la verità della vita illuminata da Dio.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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