SANTA CATERINA DA BOLOGNA E GLI ANGELI |
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Figlia di uno stimato giurista bolognese, Caterina Vigri (8 settembre 1413-9 marzo 1463) sui 9 anni deve trasferirsi con la famiglia a Ferrara: suo padre va al servizio di Niccolò III d’Este, che sta costruendo il ducato di Ferrara, Modena e Reggio. E lei è nominata damina d’onore di Margherita figlia di Niccolò. La città di Ferrara sta diventando in quegli anni una meraviglia, richiama artisti da ogni parte, vengono illustri pittori e architetti italiani (e uomo addirittura vi è nato: Cosmè Tura) , così come letterati francesi e artisti fiamminghi dell’arazzo. Caterina va agli studi, si appassiona alla musica, alla pittura e alla poesia (anche latina,m presto). Ma d’un tratto tutto finisce, verso i suoi 14 anni: le muore il padre, la madre si risposa, e riecco lei a Bologna, sola, abbattuta, in cerca di pace nella comunità fondata dalla gentildonna Lucia Mascheroni. Ma presto il rifugio diventa luogo di sofferenza e travaglio, per una sua gravissima cristi interiore: una “notte dello spirito” che dura cinque anni. ... ... Allora torna a Ferrara, ma non più a corte: nel monastero detto del Corpus Domini. Qui la damina si fa lavandaia, cucitrice, fornaia. Preghiera e lavoro, mai perdere tempo, dice la Regola delle clarisse che qui si osserva. E a lei va bene: lava i piatti, dipinge, fa le pulizie, scrive versi in italiano e in latino, insegna preghiere nuove, canti nuovi. Con lei il monastero è un mondo di preghiera e di gioia, silenzio e gioia, fatica e gioia. Diventa famoso, tanto che ne vogliono uno così anche a Bologna, dove va a fondarlo appunto Caterina, come badessa. Porta con sé la madre, rimasta ancora vedova. Siamo nel 1456: anche questo monastero s’intitola al Corpus Domini. Caterina compone testi di formazione e di devozione, e popi un racconto in latino della Passione (cinquemila versi), un breviario bilingue. Si dice che abbia apparizioni e rivelazioni, e intorno a lei comincia a formarsi un clima di continuo miracolo. Ma anche restando con i piedi per terra, è straordinario quel suo dono di trasformare la penitenza in gioia, l’obbedienza in scelta. C’è in lei una capacità di convincimento enorme. Garantisce lei che la perfezione è per tutti: alla portata di chiunque la voglia davvero. Già in vita l’hanno chiamata santa. E questa voce si diffonde sempre più dopo la sua morte, tra moltissimi che non l’hanno mai vista, e la conoscono solo dai racconti di prodigi in vita e in morte. A quattro mesi dal decesso, dice una relazione dell’epoca, durante un’esumazione, sul suo viso riapparvero un po’ i colori naturali. Santa da subito per tutti, dunque, anche se la canonizzazione avverrà solo nel 1712, con Clemente XI. Il suo corpo non è sepolto. Si trova collocato tuttora sopra un seggio, come quello di una persona viva, in una cella accanto alla chiesa che a Bologna è chiamata ancora oggi “della santa”. Sul seggio della santa vi è un cartello con la scritta in latino: “Et gloria eius in te videbitur” (In te Caterina si vedrà la gloria di Dio”). Tale frase era stata cantata da un angelo a testimonianza dalla santità di questa monaca clarissa. Un’altra volta in chiesa ode il canto degli angeli, infatti al momento in cui il Sacerdote letto il Prefazio diceva: Sanctus, Sanctus…, in quello stesso istante essa udì cantare la stessa parola dall’angelica “baronia”, che precedeva innanzi a tanto divino ed eccellentissimo Sacramento. La melodia del canto angelico era così stupendamente dolce e soave, che subito, al primo suono, la sua anima sembrava uscirle dal corpo; se non le mancò del tutto, fu solo perché non giunse a udire la fine del canto. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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