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SANT’ISIDORO E GLI ANGELI PDF Imprimir E-Mail
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SANT’ISIDORO E GLI ANGELI Il 12 marzo 1622, con Decreto del Papa Gregorio XV, venivano dichiarate sante cinque persone: un italiano: Filippo Neri; e quattro Spagnoli: Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Teresa d’Avila e Isidoro. I primi quattro erano giunti rapidamente agli onori degli altari. L’ultimo invece aveva stentato per quasi cinque secoli, e giungeva alla canonizzazione per l’interessamento di Filippo II, Re di Spagna. Isidoro, la cui festa è sul calendario il 15 maggio ma è più frequentemente celebrata il 10 Maggio, era un povero contadino. Nacque a Madrid intorno al 1070, e lasciò giovanissimo la casa paterna per dedicarsi al lavoro campestre come semplice contadino. Si sarebbe sentito un po’ impacciato, tra quei famosi Santi, se la santità potesse conservare qualcosa di mondano, e la gloria del Cielo non fosse identica per tutti coloro che l’hanno meritata anche in diverse maniere. Infatti Isidoro ha raggiunto la santità zappando la terra. Non c’era altro modo di sussistenza per il povero giovane. I suoi genitori gli diedero buoni ammaestramenti morali, indicandogli la Chiesa come l’unico luogo, nel quale non era impedito l’ingresso ai poveri e agli ignoranti. ...

... Ogni mattina si alzava prima dell’aurora, e nonostante lavorasse duramente la terra, partecipava ogni giorno all’Eucarestia, e dedicava molto spazio alla preghiera, tanto che alcuni colleghi, lo accusarono ingiustamente di togliere ore al lavoro. Con quella preghiera però il lavoro gli sembrava più leggero, e gli riusciva anche meglio. Quando Madrid fu conquistata dagli Almoravidi, si rifugiò a Torrelaguna, dove, per sua fortuna, trovò da lavorare, come contadino, nella terra di un ricco proprietario che si chiamava Giovanni De Vergas. Aveva buona salute, e la zappa non gli pesava. Ben presto, anche se aveva le mani callose, si sposò con una giovane di nome Maria, che, come lui, era sana, onesta e religiosa, dalla quale ebbe un figlio. Fu un matrimonio sempre contraddistinto dalla grande attenzione verso i più poveri, con cui condividevano il poco che possedevano. Il Padrone si stupiva di come Isidoro potesse zappare tanta terra da solo e tracciare così tanti solchi. Un giorno perciò lo sorvegliò di nascosto. Il suo stupore fu di grande meraviglia, allorché vide accanto a Isidoro due giovani che lavoravano con lui. Ma, se Isidoro sudava, quei due giovani invece conservavano inalterabile le loro fattezze: erano, infatti, due creature angeliche. A Giovanni De Vergas non rimase che affidare a Isidoro tutta la sua proprietà da coltivare, e facesse come gli sembrava meglio disporre per le semine. Infatti la terra rese ancora di più, con gran vantaggio non solo del padrone ma anche dei poveri, ai quali Isidoro donava quasi tutta la sua parte, d’accordo naturalmente con la moglie. Con tutto ciò né lui, né la moglie, né tanto meno il figlio, mancarono mai di cibo per nutrirsi. Tra i poveri, durante l’inverno, Isidoro considerava anche i passerotti. Infatti, andando al mulino aveva cura di sparpagliare, durante il ,percorso, un po’ di grano, come se lo seminasse in mezzo alla neve. A volte dimezzava addirittura il sacco che portava al mulino. Ma poi, tornando a casa, la farina aveva il medesimo peso come se il sacco fosse rimasto pieno, perché, sotto la macina, il poco grano rimasto rendeva il doppio. Quando morì, il 15 maggio 1130, nessuno lo considerò come un santo, ma come un semplice contadino. Infatti venne sepolto, senza particolari onori, nel cimitero di Sant’Andrea a Madrid. Ma anche da quel campo Isidoro continuò a fare la carità, perché, chi visitava la sua tomba riceveva miracoli. Quarant’anni dopo la sua morte, fu trasportato in una Chiesa con grandi onori. La sua fama di Santo contadino non diminuì con questo trasferimento, ma anzi aumentarono i miracoli. Dopo cinquecento anni, il Re Filippo II, che aveva una grave malattia, si fece portare le reliquie di Isidoro nella propria reggia. Ricevuta la grazia della guarigione, fece sapere al Papa che lì a Madrid un santo contadino aspettava da cinque secoli la canonizzazione. Dal quel giorno i contadini ebbero un Santo protettore, contadino come loro, come loro laborioso, e in più molto generoso. L’iconografia presenta normalmente Isidoro in compagnia di un angelo mentre insieme al bue preparano il solco con l’aratro. La storia narra che Isidoro a servizio presso un padrone molto esigente, si sforzava al massimo di conciliare il duro lavoro con l’assistenza quotidiana alla Santa Messa. Per aiutarlo a mantenere tale impegno, Dio gli mandò allora due angeli che, a volte, l’aiutavano a spingere la carretta, a volte apparivano al suo fianco con una seconda carretta tirata da due buoi circondati da una luce abbagliante. La durata del lavoro veniva, dunque, sensibilmente ridotta ed Isidoro poteva tranquillamente andare in chiesa per partecipare alla Santa Messa senza che il lavoro ne patisse.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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