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COME I CRISTIANI ORTODOSSI VEDONO IL PURGATORIO PDF Stampa E-mail

COME I CRISTIANI ORTODOSSI VEDONO IL PURGATORIO

Il Purgatorio è una dottrina specifica della Chiesa cattolica circa coloro , che , morti in comunione con Dio, devono essere purificati, per i meriti di Cristo, dagli effetti di peccarti gravi già perdonati (escatologia)  o dagli effetti di quelli veniali. Negata dai Valdesi e dagli Albigesi la dottrina fu sviluppata dai teologi latini, specialmente dall’XI al XIII secolo, in base a fonti bibliche (2 Macc 12, 38-46; Mt 5, 26, 1 Cor 3, 11-15) e patristiche (e. g., da Tertulliano [+ ca 225], s. Cipriano [+ 258] , s. Efrem [+ 373], s.   Gregorio di Nissa [+ 394]. Trovò accesso in Oriente soprattutto attraverso la professione di fede di Michele VIII Paleologo a Lione II (1274) e attraverso il concilio di Ferrara – Firenze (1438 – 1443). Il discorso sul Purgatorio di Fra Bartolomeo OFM ( 1231/ 1232) sembrò a Giorgio Bardabes, vescovo di Corfù, una versione della apocatastasi  di Origene (+ ca 254) che tuttavia aveva inteso il fuoco in senso spirituale. I decreti conciliari di Lione II (DH 856 – 859) e di Firenze (DH 1304- 1306) non parlano di fuoco, ma di “pene purificanti” (poenis purgatoriis). Benché Trento, nel suo decreto (1563) sul Purgatorio (DH 1820) si rifacesse alla Scrittura e ai Padri, non cita nessun testo, nessun Padre e nessun concilio in particolare  ; oggigiorno gli studiosi concordano che nessun passo scritturistico si rifaccia con certezza al Purgatorio. Nella forma originale della Confessione Ortodossa (1642) P. Moghila adotta praticamente l’idea di Purgatorio. ... 

... Il suo collega Dositeo, patriarca di Gerusalemme, nella   Confessione di Dositeo (1672) ne evita solo il termine, ma ne accetta la sostanza, benché più tardi la ritratti. D’altronde tutte le Chiese ortodosse praticano la preghiera per i morti.  Vedendo nel p. l’idea giuridica della riparazione attraverso la sofferenza, gli ortodossi tendono a rigettarlo in quanto adombrerebbe l’unicità del ruolo salvifico svolto dal Cristo e preferiscono parlare di b)   stadio intermedio. Non avendo precise definizioni dogmatiche , gli ortodossi adottano un linguaggio figurato per parlare dello stato  dell’anima dopo la morte: l’anima intraprende un lungo viaggio attraverso le stelle e prima di raggiungere il cielo si ferma in diverse stazioni chiamate  telonia (stazioni di pagamento del dazio). Questi spiriti malvagi esigono un pagamento, sottopongono l’anima ad un interrogatorio sulle azioni commesse, ma gli angeli sopraggiungono in suo aiuto. Il numero dei teloni varia secondo le diverse Chiese ortodosse. S. Cirillo di Alessandria ne annovera cinque sensi spirituali) , i copti più di 40. Si celebra generalmente una liturgia eucaristica quando si reputa che il viaggio sia concluso. Inoltre lo stato intermedio agli occhi degli ortodossi non è definito in quanto la resurrezione nel giorno del giudizio non ha avuto ancora luogo. E’ nota la storia raccontata dallo Pseudo – Damasceno su s. Gregorio Magno che intercedendo per l’Imperatore Traiano riuscì a farlo uscire dall’inferno. La Chiesa cattolica usa invece il termine “mox” (subito) per indicare il destino personale a cui vanno incontro sia i giusti che i dannati subito dopo la morte (DH 1000 – 1002); le preghiere aiutano solo le anime del Purgatorio che, già giustificati, hanno ancora bisogno solo di purificazione prima di entrare in paradiso. In un contesto ecumenico come quello odierno, sorge la domanda: l’insegnamento ortodosso sullo stato intermedio ha qualcosa in comune con la dottrina del purgatorio sostenuta dalla Chiesa cattolica? La domanda era già stata posta esplicita,mente nei concili unionistici di Lione (1274) e Firenze (1439 -1445) e la questione era stata ampiamente dibattuta dalle due parti. Pur essendo arrivati a un accordo finale, con testi comuni anche su questo specifico argomento, tuttavia l’accordo non fu recepito dal copro della Chiesa ortodosso e cadde presto nell’oblio, e anzi fu stigmatizzato e respinto da varie istanze ortodosse. Fino a oggi le rispettive posizioni, cattolica e ortodossa, sono rimaste invariate. Fino a oggi  nell’agenda del dialogo teologico ufficiale ortodosso – cattolico questo tema non è stato all’ordine del giorno. In ogni modo possiamo trovare la chiara posizione della Chiesa ortodossa in un documento autorevole elaborato in modo congiunto da teologi ortodossi e vecchio – cattolici. In questo testo le dottrine escatologiche fondamentali sono espresse dalle frasi che seguono: “In base alle opere compiute (cf. 2Cor 5,10; 11,15; Rm 2,5-1), gli uomini vengono da Dio giudicati immediatamente dopo la loro morte, e mentre i giusti e i santi prendono posto presso Dio, i peccatori vengono allontananti da lui, nell’inferno, come mostra chiaramente la parabola del ricco epulone (Lc 16,19-31). “…E noi crediamo che le anime degli uomini pii dimorano in un luogo di riposo, mentre quelle degli ingiusti e dei cattivi sono in luogo di tristezza, in attesa del giorno del giudizio” (Giustino, Dialoghi 6,3). L’onore attribuito dalla Chiesa ai santi si fonda sulla certezza che essi si trovano già presso Dio, godendo in parte della gloria divina e attendendo la sua completa rivelazione nella comune risurrezione e la parusia del Signore […]. La Chiesa crede e insegna che dopo la morte è impossibile passare dallo stato di peccatore allo stato di giusto. Nonostante questo, secondo un’antichissima tradizione, essa offre l’eucarestia per i defunti, celebra gli uffici funebri e consiglia di fare buone azioni per loro nella fede e nella speranza che Dio misericordioso ne terrà conto.”. In breve,la Chiesa ortodossa ritiene che la dottrina del purgatorio , quale è espressa in vari documenti magisteri ali cattolici antichi e recenti che la pongono come definizione dogmatica, non trovi fondamenti probanti né nelle Sacre Scritture né negli antichi padri. Per  essa, gli argomenti dell’una e dell’altra fonte, apportati dai cattolici a proprio favore, portano solo a provare l’uso e il profitto della preghiera e dei suffragi fatti per i defunti. Quanto agli ortodossi, la loro esposizione è diretta a mostrare che la dottrina cattolica del Purgatorio non risponde alla loro tradizione teologica e che gli argomenti apportati dai cattolici a suo favore non sono probanti e cogenti. Tra i fattori che , secondo gli ortodossi, hanno contribuito alla nascita e sviluppo del Purgatorio presso i cattolici (intorno al sec. XII), si elencano i seguenti: la soddisfazione penale, l’espiazione, il concetto del peccato veniale, la distinzione tra colpa e pena, la dottrina dei meriti nell’ambito della comunione dei santi e la pratica delle indulgenze. Tutte queste idee sono estranee alla tradizione ortodossa, come hanno cercato di mostrare i suoi rappresentanti al concilio di Firenze. In particolare, secondo la teologia ortodossa, l’assoluzione concessa nel sacramento della penitenza rimette il peccato e anche la pena temporale connessa, senza lasciare un’ulteriore pena da scontare o espiare. Anche “la penitenza” (o epitimìa) imposta a chi si confessa non è di tipi espiatorio e vendicativo, ma medicinale e pedagogico/profilattico. Dio, perdonando la colpa o il peccato, rimette tutto, anche la pena connessa. Di conseguenza, dopo morte non ci sono pene da espiare in un supposto luogo temporaneo di purificazione col fuoco. Del resto, come si potrebbe ammettere un fuoco materiale per anime spirituali? Quanto al peccato, pur riconoscendo una distinzione tra veniale e mortale o meglio tra leggero e grave, alla morte sono rimessi i leggeri e contano solo i gravi, che destinano all’ade. Anche quanto alla dottrina dei meriti, emessi in comune a profitto gli uni degli altri nella concezione cattolica e quindi giovevoli alle anime del purgatorio, la visione dell’oriente cristiano è diversa. Così si esprime Evdokimov al riguardo: “E’ una concezione del tutto diversa della soteriologia evidente nella interpretazione della Comunione dei santi: mentre in Occidente essa si ricollega alla Chiesa producendo la dottrina dei meriti – il merito degli uni contribuisce al perdono degli altri e le buone opere degli uni sono profittevoli per gli altri – in Oriente essa si ricollega allo Spirito Santo, è l’estensione della comunione euristica in cui lo Spirito Santo , è funzione del tutto speciale, quella di unire e di fare di questa unità non un beneficio di pura supererogazione, ma una necessità interna del Corpo – la espressione “naturalmente sovrannaturale” della carità reciproca e cosmica, la santità. Siamo compagni dei santi, sanctorum socios, perché siamo in società con la Trinità santa”. Similmente, ripetendo fino a oggi gli stessi argomenti già esposti al concilio di Firenze, i teologi ortodossi danno una diversa lettura e interpretazione agli argomenti biblici apportati dai cattolici come probanti. In breve, in essi non vedono testimonianza a favore del purgatorio, tanto più che tali letture esegetiche sono state fatte dagli stessi cattolici dal secolo XI in poi. Inoltre danno un altro senso ai suffragi per i defunti, praticati tradizionalmente nelle due Chiese, ortodossa e cattolica. Non essendo nota ai viventi la destinazione dei defunti, la preghiera elevata dai vivi per loro è sempre proficua. Se, per i loro peccati gravi, si trovassero nell’ade dei malvagi, gioverà loro in attesa del giudizio universale, finale e definitivo. Se la bontà di Dio li ritiene già giusti, anche per loro giova la preghiera, perché di Dio li ritiene già giusti, anche per loro giova la preghiera, perché non hanno ancora raggiunto la beatitudine perfetta. In ogni caso il fine di ogni preghiera è la glorificazione di Dio per i suoi disegni e questo è sempre raggiunto. Infine, anche i testi di padri orientali e occidentali apportati dai latini a sostegno della propria posizione non sono ritenuti probanti, se letti nel corso delle loro opere e del loro pensiero globale. Positivamente parlando, gli ortodossi descrivono lo stato intermedio dell’aldilà come provvisorio e non compiuto. Il compimento o destino finale, per i salvati e i dannati, sarà solo in seguito al giudizio universale. Nel “frattempo” quelli destinati alla beatitudine eterna restano, fino al giudizio universale, in un luogo /condizione di godimento previo nell’attesa e certa speranza dei beni promessi. Essi non vedono ancora Dio per essenza, ma solo per illuminazione. I gradi di visione sono differenziati, in proporzione alla santità e secondo un’attività interiore di purificazione e di tensione che è vissuta anche nell’aldilà. In senso opposto, quelli destinati alla dannazione eterna, a causa di peccati gravi non seguiti da pentimento sono nell’ade/inferno, tormentati dalla paura della loro sorte infelice. I gradi di tormento e di timore sono differenziati, proporzionati alla malvagità. Tutto questo viene basato sulla convinzione che la vita dell’anima nell’oltretomba conservi le proprie facoltà essenziali di conoscenza e volontà, ed è quindi in grado di approfondire e maturare la propria situazione spirituale, definendola tanto nel bene quanto nel male. Dopo il concilio di Firenze, la maggioranza dei teologi ortodossi si mantiene questa visione globale. Non mancano tuttavia, sia nell’area greca e soprattutto nell’area russa, vari teologi rappresentativi (prima e dopo il concilio di Firenze), che affermano una situazione mediana, dopo la morte, tra il paradiso e l’inferno. Essi la intendono esattamente come uno “luogo” (quasi terzo luogo o condizione accanto al paradiso e all’ade) né tanto meno parlare di un fuoco materiale. E’ in questo senso e in questa linea che Bulgakov si esprime scrivendo: “Secondo la dottrina ortodossa, lo stato dei peccatori nell’oltretomba può essere meglio definito come un purgatorio universale insieme a un permanere temporaneo in esso, piuttosto che come un inferno imperfetto. […]. Lo stato dell’oltretomba è non solo “ricompensa” e “castigo” , non solo “purgatorio”, ma anche scuola spirituale , esperienza nuova di vita, esperienza che non resta senza effetto, ma arricchisce e cambia l’immagine spirituale dell’uomo”. Sussiste anche il fatto che, nei libri e uffici liturgici bizantini, le preghiere rivolte a Dio per i defunti adoperano termini o espressioni che chiedono la remissione (àfesi) e purificazione dei peccati. Così  all’ufficio del sabato per i  defunti: “O Signore Cristo re, a tutti i tuoi servi che hanno commesso dei peccati concedi la remissione”, e ancora: “Condona le loro colpe, volontarie e involontarie”. Similmente nell’ufficio di sepoltura di un sacerdote, la Chiesa prega così: “La misericordia di Dio, il regno dei cieli e il perdono dei suoi peccati imploriamo da Cristo Re immortale e Dio nostro […]. Quale Dio buono e benigno, perdona ogni colpa da lui commessa, con parola, con opera e con la mente […] i suoi falli volontari e involontari, e tutti quelli commessi inavvertitamente e scientemente”. E analoghe espressioni sono usate per l’ufficio delle esequie. Così ad esempio si prega per il defunto: “Abbi pietà , Signore della tua creatura. E che sia purificata (kathàrison) per la tua misericordia”. E ancora: “Quello che hai tratto dalla terra, fallo figlio della tua luce, purgandolo dalla caligine dei suoi peccati, o molto misericordioso”. In che senso dunque c’è purificazione? “Escludendo la soddisfazione penale, l’Oriente cristiano insegna la purificazione dopo la morte, non come pena da purgare ma come continuazione del destino, purificazione e liberazione progressiva, guarigione. Tra la morte il Giudizio l’attesa è creatrice: la preghiera dei viventi, le offerte che essi fanno per i defunti, i sacramenti della Chiesa intervengono e continuano l’opera del Signore”.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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