GIUSEPPE UNGARETTI E ANGELI |
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Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto 1888 – Milano 1970) è stato un famoso poeta italiano. Figlio di genitori lucchesi, trascorse in Africa gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Determinante fu il soggiorno a Parigi, dove si trasferì nel 1912 e dove frequentò alcuni dei personaggi più notevoli della cultura francese (Apollinaire, Breton, Derain, Braque, Picasso) e anche scrittori italiani che di Parigi avevano fatto in quegli anni la loro seconda patria, come Soffici, Palazzeschi, Savinio. Attraverso questi stabilì un contatto forse non profondo, ma certo significativo, col futurismo italiano, ed è infatti sulla rivista futuristica “Lacerba” che vennero pubblicate in Italia le sue prime poesie. Tornato in Italia nel ’14 si abilitò all’insegnamento del francese, e all’inizio della guerra del 1915-1918, fervido interventista, partì soldato semplice di fanteria, per il fronte del Carso. La vita di trincea fu un’esperienza decisiva per il poeta, che scoprì compiutamente in quei mesi la propria vocazione di scrittore. ... ... Il porto sepolto uscì nel 1917 in un’edizione di soli ottanta esemplari. La seconda raccolta di poesie, Allegria di naufragi, è del 1919. aderì poi al fascismo e divenne corrispondente da Parigi del “Popolo d’Italia”, lavorando anche presso l’ambasciata italiana. Quattordici anni dopo, nel 1933, fu pubblicato, Sentimento del tempo, il volume che segna una seconda fase, più elaborata e complessa, dell’esperienza poetica ungarettiana. Nel 1936 accettò di insegnare letteratura italiana all’università di San Paolo e si stabilì così per alcuni anni in Brasile. L’, nel 1939, una tragedia sconvolse la sua esistenza: la morte, a nove anni di età, del figlio Antonietto. Da questa terribile esperienza nasceranno le liriche de Il dolore (1947) . nel frattempo era tornato in Italia, iniziando nel 1942 l’insegnamento di letteratura italiana moderna e contemporanea all’università di Roma. Nel 1950 uscì La terra promessa nel 1952 ,Un grido e paesaggi, nel 1960 Il taccuino del vecchio: tappe della terza fase espressiva iniziata con Il dolore. Nell’edizione definitiva delle sue opere, a cui egli diede il titolo complessivo di Vita d’un uomo (1969), sono raccolta anche numerose traduzioni poetiche da Rsacine, Shakespeare, Gòngora, Blake, Mallarmé, in parte già pubblicate in volume nel ’36 (Traduzioni) e nel ’48 (Da Gòongora e da Mallarmé). Un volume di prose, Il deserto e dopo, fu edito nel ’61. nel ’74 è apparsa la raccolta postuma di Saggi e interventi. Quando Ungaretti andò a Monte Sant’Angelo,la sua prima impressione all’arrivo è proprio un cercare di definire, di ritrovare nella memoria il senso, più che l’immagine, di quell’Angelo che domina sul promontorio e che per lui rappresenta l’icona della vittoria antica del cristianesimo su tutte le altre fedi. Michele le ha vinte tutte e ne ha assunto i principali connotati: le ali di Mercurio, la forza di Ercole, la bellezza di Apollo. […] “Un giorno un’idea, e conteneva in sé fuse tante altre forme, da una parola bizantina prese il volo e , chiamatasi San Michele Arcangelo , venne a posarsi su questo monte. Gli sono venute dietro tutte quelle case bianche che vedete, che s’arrampicano l’una dietro l’altra di 20.000 Cristiani, sormontate da fitti comignoli lunghi lunghi, che formano una strada roccia con mille feritoie per farci il nido. Gli è venuto dietro quel campanile angioino che alza – all’angolo d’un piazzale, chiuso dentro un’inferriata, ma non è feroce - i suoi 25 metri come un enorme cero pasquale , imitando il poderoso e grazioso slancio delle torri ottagonali di Castel del Monte . […]. In un angolo della “culonne” , fra l’incrociarsi dei gridi, c’è un parlottare che solo qualcuno ode. E’ Melo da Bari che nel 1016 chiede ai Normanni d’aiutarlo a cacciare i Bizantini dalla sua Patria. Ah! Qui è nata una cosa da nulla: il Regno delle Due Sicilie, un avvenimento che darà per quasi mille anni un giro diverso alla storia d’Italia e alla storia d’Europa e alla Storia dell’umanità . […]. Ci rinveniamo poi affondati nell’altro. Il luogo è umido, e in mezzo all’oscurità a poco a poco si rivela una statua corazzata d’oro, attorniata da un tremolare di lucette di candele. E’ l’Angelo! […]. Mi fermo dove l’oscurità è più densa. Ecco . Sono bene a contatto della natura cruda. Caverna: luogo di armenti e di angeli dunque: luogo di apparizioni e di oracoli. […]. Uscimmo. Già era sera […]. L’unico modo di rompere il silenzio è di chiudere gli occhi; E m’è rimase nel pensier la luce”. Nella prima metà degli anni Trenta, quindi Giuseppe Ungaretti, compì un viaggio in Puglia, visitando prevalentemente terre e città della Capitanata. In questa occasione scrisse appunti che nel 1961 divennero un volume di prose di viaggio, dal titolo Il deserto e dopo. Visitò naturalmente anche la grotta – santuario di Monte Sant’Angelo, rimanendo molto impressionato: “Ora ci appare Monte Sant’Angelo. Le sue case, per le porte sormontate dalla finestra a balconcino, a questa distanza le diresti una greca che coroni un monte […] Un giorno un’idea, che conteneva in sé fuse tante altre forme, da una proda bizantina prese il volo, e chiamatasi San Michele Arcangelo, venne a posarsi su questo monte. Gli sono venute dietro tutte quelle case bianche che vedete che s’arrampicano l’una dietro l’altra […]. L’apparizione garganica abbagliò l’Europa[…]. La scala va giù, va di qua, va di là, trova maggiolino di sole, lo prende; s’incontrano nella penombra a ogni pianerottolo porte murate, altari, tombe […]. In fondo, la facciata con la sua mirabile porta di bronzo eseguita da una mano greca per Pantaleone Amalfitano […]. Mi fermo dove l’oscurità è più densa. Ecco, sono bene a contatto ora con la natura cruda. Caverna: luogo d’armamenti e d’angeli dunque: luogo d’apparizione e d’oracoli. Ma forse c’è anche stato in questo cuore della terra un uomo anteriore ai terrori, vicino alla sua origine divina: profetico fantasma di sé, del suo penoso incivilirsi”. Poeta dalla spiccata nobiltà d’animo. Ricostruisce con un linguaggio accorto e impegnato nelle pieghe del miglior ermetismo, un’idea di poesie sganciata da dissipazione e contrastanti distacchi. Il suo impegno lirico si aggancia a oneste dichiarazioni di fede, sufficienti a generare rinascite interiori e arcate angeliche, dalle quali ottiene limpidi risultati, sia a livello poetico che religioso, grazie al gusto della contemplazione e all’uso d’increnature, gli incisivi mistici riassumono l’impegno di un viaggio e il coraggio del poeta, proiettano nel canto “della confessione dell’anima e del colloquio con Dio” (Bàrberi – Squarotti) e vagheggiano nel conforto e nel suggestivo adagiarsi dell’angelo la clamorosa e smisurata resa a Dio da parte della creature indolente e stanca. L’ANGELO DEL POVERO Ora che invade le oscurate menti Più aspra pietà del sangue e della terra, ora che ci misura ad ogni palpito il silenzio di tante ingiuste morti, ora si svegli l’angelo del povero, gentilezza superstite dell’anima… col gesti inestinguibile dei secoli discenda a capo del suo vecchio popolo, in mezzo alle ombre… Da Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1977 MELODIA DELLE GOLE DELL’ORCO Feline Arcate D’angioli Circolanti Nella conchiglia Dei monti Da Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1977 Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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