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SANT’ENRICO IMPERATORE E L’ARCANGELO MICHELE PDF Stampa E-mail

SANT’ENRICO IMPERATORE E L’ARCANGELO MICHELE

Enrico II nato nel 972, figlio di Enrico il Litigioso, duca di Baviera, e di Gisella di Borgogna, fu istruito da S. Volfango, vescovo di Ratisbona; nel 995 succedette al padre come duca di Baviera, e nel 1002 al cugino, l’imperatore Ottone III, salendo sul trono di Germania. Contro  di lui insorse Arduino d’Ivrea, incornato re d’Italia a Milano, ma Enrico entrò in Italia con un’armata e lo sconfisse a Pavia, poi si recò a Roma nel 1014 per essere incoranato da papa Benedetto VIII (1012 – 1024). Egli fu benefattore della Chiesa in molti modi, restaurando le sedi di Hildescheim, Magdeburgo, Strasburgo e Meersburg; nel 1006 fondò la sede di Bamberga, dove fece costruire una cattedrale e un monastero, per rafforzare il suo potere in quella parte della Germania. Fu contrastato in questo dai vescovi di Wurzburg ed Eichstatt, che dovettero cedere parte delle loro diocesi e che si opponevano anche al suo trattamento arbitrario nei loro confronti, ma Enrico ottenne l’approvazione del papa e Benedetto consacrò la nuova cattedrale nel 1020. in generale, sostenne la riforma cluniacense e in particolare S. Odilone di Cluny e Riccardo di Saint – Vanne, ma era un governante potente deciso a estendere il suo potere e la sua influenza; come si afferma in B. T. A., forse troppo delicatamente, “alcune delle sue azioni politiche sembrano equivoche, se esaminate dal punto di vista del bene del cristianesimo”. ...

... Egli rovesciò la politica dei suoi predecessori nei confronti dell’Oriente e per la prima volta “il capo dell’impero del cristianesimo occidentale prende le armi contro un paese [la Polonia], il cui carattere cristiano è stato così apertamente e solennemente benedetto dal suo predecessore” (Dvornik). Per perseguire i suoi scopi, s’alleò con alcune popolazioni pagane, permettendo loro di praticare la loro religione apertamente, e di portare i loro stendardi e dei in battaglia (atteggiamento diverso, come sembrò a molti contemporanei, da quello tradizionale dell’imperatore che aveva il dovere di convertire i pagani). Fu criticato da S. Bruno (Bonifacio) di Querfurt, anch’egli missionario in terra pagana, che scrisse a Enrico: “E’ giusto perseguitare una nazione cristiana e concedere amicizia a una nazione pagana? In che modo può Cristo avere relazione con Satana? [cfr. 2 Cor 6,1]. In che modo possiamo paragonare la luce al buio? Non è meglio combattere  per queste e altre ragioni sembra sia stato problematico per i suoi biografi primitivi descriverlo come un santo: furono inventate leggende edificanti su di lui, specialmente a Bamberga, e alcune lo descrivono come un governante riluttante e un monaco sincero, che conduceva uno stile di vita ascetico e che viveva con una moglie S. Cunegonda osservando il celibato. Si trattava d’esagerazioni anche se pare che la sua vita privata non sia stata nel complesso biasimevole, e che la sua generosità verso la Chiesa e il sostegno alla riforma fossero autentici. Questa canonizzazione sembra un po’ strana, specialmente alla luce del fatto che il suo predecessore, Ottone III, avrebbe meritato più di lui questo onore. Bisognerebbe ricordare, tuttavia che Enrico non aveva nessuna delle grandi idee imperiali d’Ottone: non era interessato a stabilire una posizione imperiale a Roma, e garantì il controllo politico del papato sul cosiddetto Patrimonio di S. Pietro in Italia, sostenendo in pratica la supremazia politica del papato. Enrico ritornò di nuovo in Italia, nel 1021, in una spedizione contro i bizantini in Puglia; si ammalò e fu portato a Montecassino sulla via del ritorno, dove si racconta che guarì miracolosamente, pregando S. Benedetto; tuttavia restò storpio fino alla morte, che avvenne il 13 luglio 1024. fu canonizzato nel 1152 (alcuni testi autorevoli sostengono nel 1146) e papa S. Pio lo nominò patrono degli oblati benedettini, che erano soliti festeggiarlo il 15 luglio. Riguardo alla devozione dell’imperatore nei riguardi di san Michele così Giovanni De Cristofaro scrive di Enrico II che pure si recò in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo: “Terribilis est locus iste. Hic domus Dei est et porta coeli. Ammonisce una scritta all’ingresso ! il pio visitatore Enrico (S. Enrico II, 972-1024) , nascoste le spoglie regali, viene alla Sacra Grotta. Egli giunge da tanto lontano. Lacero e stanco si accascia esausto sulla fredda pietra. Uno sconosciuto, suo compagno di viaggio , gli bagna le labbra con quell’acqua che trasuda dalla mistica caverna. Acqua che scorreva lungo le pareti del Santuario rupestre come nella visione dell’Apostolo Giovanni che la vide  sgorgare dal Tempio di Dio e portare salvezza a tutto il mondo., “Chi sei?” “Un peccatore!. La stanchezza lo vince e si addormenta in un angolo nascosto. A tarda notte è scossa da un bagliore di vivida luce… vede e ascolta. S Michele Arcangelo precede un coro di Angeli. La Madonna è seguita da candide vergini. Gesù è circondato da schiere di Santi e Santa cecilia trae motivi divini dalla dolcissima arpa. Il Cristo celebra la S. messa assistito dai Santi Giovanni Battista ed Evangelista. L’Arcangelo Michele funge da cerimoniere e, dopo il canto del Vangelo, fa cenno all’angelo ministrante di portare il Messale al bacio dell’intruso visitatore. “Non temere […] e prendi su di te, con devota obbedienza, il segno che ti manda il Sommo Iddio”. Enrico cade a terra tramortito. Zoppicò poi per tutta la vita! La pia credenza della Messa celebrata dagli Angeli di notte nella Sacra Grotta, tramandata di generazione in generazione, ha contribuito ancor più ad accrescere la suggestione del celebre Santuario” ( da Racconti del Gargano, di Giovanni De Cristofaro).

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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