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SUOR CONSOLATA BETRONE E L’INFERNO PDF Stampa E-mail

SUOR CONSOLATA BETRONE E L’INFERNO

Suor  Consolata (Pierina Betrone) nasce il 6 aprile 1903 a Saluzzo (Cuneo) in una semplice e numerosa famiglia. A 13 anni con intensità improvvisa e misteriosa sente in cuore l’invocazione: “Mio Dio, ti amo!”. Nella festa dell’Immacolata del 1916 Pierina avverte distintamente in sé le parole: “Vuoi essere tutta mia?” e con slancio risponde: “Gesù, sì”. L’anno seguente con la famiglia si trasferisce a Torino e attende fino a 21 anni per poter chiarire e realizzare la propria vocazione. Finalmente il 17 aprile 1929 entra nel monastero delle Clarisse cappuccine di Torino e la domenica in Albis, 8 aprile 1934, emette i voti perpetui con il nome di Suor Maria Consolata. In Comunità si dona generosamente nei servizi di cuoca, portinaia, ciabattina e infermeria. Per lo sdoppiamento dell’ormai troppo numerosa Comunità, il 22 luglio 1939 Suor M. Consolata viene trasferita al nuovo monastero di Mocalieri, frazione Moriondo, continuando la sua vita operosa nella preghiera e nella nascosta immolazione a Dio. ...

... Conquista alla piccola via d’amore di Santa Teresa di Lisieux, Suor Maria Consolata ne integra la dottrina rivestendola di forma concreta: “la piccolissima via d’amore”. E’ la via dell’unione costante con Gesù e Maria, unione che ci guida alla perfezione. Con l’atto d’amore: “Gesù , Maria vi amo, salvate anime”, noi ci uniamo al nostro progetto di Dio: la salvezza delle anime. Si offre per le anime ed in particolare per implorare la misericordia di Dio per i “Fratelli e le Sorelle”, cioè per il recupero alla grazia divina dei Sacerdoti e dei Religiosi/e vinti dal peccato e per i “moribondi” induriti dal rifiuto dei Sacramenti. In questo olocausto d’amore si consuma, spegnendosi a soli 43 anni, all’alba del 18 luglio 1946. Il suo corpo riposa nella cappella esterna del monastero di Mocalieri. Una consorella cappuccina che visse al fianco di suor Betrone ha annotato con scrupolo i dialoghi della pia suora con Cristo e poi li affidò al direttore spirituale del convento. In alcune rivelazioni alla pia suora Gesù parla dell’inferno e dichiara il 15 dicembre 1935 : “Consolata, sovente, anime buone, anime pie e molto spesso anime a me consacrate, con una frase diffidente preferisco l’intimo del mio Cuore: “Chissà se mi salverò?”. Apri il Vangelo e leggi le mie promesse: “Alle mie pecorelle io do’ loro la vita eterna e non andranno mia perdute, e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Gv 12, 28), leggi ancora: “Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può  strapparmi un’anima…in eterno non periamo…perché allora l’insoluto: “Chissà se mi salverò?”. Pensa come è stolto il vostro timore di dannarvi: dopo che per salvare la vostra anima ho versato il mio Sangue, dopo che per un’intera esistenza l’ho  circondata di grazie, di grazie e di grazie… all’ultimo istante della vita, quando sto per raccogliere il frutto della Redenzione, e quindi  quest’anima sta per amarmi eternamente, Io, proprio Io che nel Santo vangelo ho promesso di dare ed esse la vita eterna, me le lascerò rubare dal mio peggiore nemico? Ma, Consolata, si può credere ad tale mostruosità?”. “O Consolata, tu confida sempre; credi ciecamente che io adempirò tutte le grandi promesse che ti ho fatte, perché Io sono buono, sono immensamente buono e misericordioso e non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva”. 7 dicembre 1935: “Le anime sono mie, per esse ho dato tutto il mio Sangue! Comprendi allora quanto ferisce il mio Cuore materno ciò che è giudizio severo…Tu non giudicare mai…ma consola il mio Cuore, distoglimi dalle mie tristezze, fammi vedere con le industrie della carità, solo il lato buono di un’anima colpevole, e Io ti crederò e poi ascolterò la tua preghiera in suo favore”. 15 dicembre 1935: “Vedi Consolata all’inferno ci va chi vuole andarvi…Vedi, l’impenitenza finale l’ha quell’anima che vuole andare all’inferno di proposito e quindi ostinatamente rifiuta la mia misericordia, perché io non rifiuto mai il mio perdono a nessuno, a tutti offro la mia immensa misericordia, perché per tutti ho versato il mio Sangue, per tutti! No, non è la moltitudine dei peccati che danna l’anima, perché io li perdono se essa si pente, ma è l’ostinazione a non volere il mio perdono, a volersi dannare. San Disma, in croce, ha un solo atto di confidenza in Me, e tanti e tanti peccati; ma in un istante è perdonato e lui, nel giorno stesso del suo ravvedimento, entra a possedere il mio Regno ed è un Santo! Vedi il trionfo della mia misericordia e della confidenza in Me!”.

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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