In un documento del santuario di Monte sant’Angelo al Gargano del diciassettesimo secolo vengono ricordate le tre feste liturgiche in onore dell’arcangelo Michele: “In questo medesimo Sagro Altare si celebrano tre Feste, cioè l’otto del mese di Maggio, giorno dell’Apparizione si celebra la Festività solenne con Vespri, secondi Vespri e Messa cantata, come per tutta l’ottava. […]. La 2° festa si celebra in ogni dì di ventinove del mese di settembre, giorno della dedicazione m nel modo e forma ut supra con l’ottava speciale. Dedicazione anche questa Magnifica Università gode per otto giorni la suddetta prerogativa di esercitare la Real giurisdizione. La 3° festa si celebra il 16 ottobre ogni anno, giorno dell’Apparizione, di questo Gloriosissimo Principe S. Michele Arcangelo in Tomba di Francia” ( Dalla Platea del Santuario redatta dal notaio Marrera nel 1678, pagg. 19-20 ). […] Un tempo , mentre il vescovo della ricordata città, di nome Oberto, uomo devotissimo e amato da Dio, dormiva profondamente ,fu esortato da una rivelazione angelica a costruire sulla sommità del luogo di cui abbiamo parlato una chiesa in onore dell’Arcangelo perché nel mare fosse celebrato con un minore tripudio colui la cui veneranda memoria era celebrata sul monte Gargano […].
Dato che il vescovo […] rimaneva ancora ansioso nel contattare che gli mancavano le reliquie del Santo Arcangelo, San Michele esortò lo stesso vescovo ad inviare al più presto dei monaci sul Gargano […]. Prelevate con la dovuta venerazione, dal luogo in cui l’Angelo aveva affidato ai fedeli la sua memoria, le reliquie, cioè un lembo del drappo rosso, che lo stesso Arcangelo, sul Monte Gargano depose sull’altare costruito di sua mano, e una frammento della roccia sulla quale si era seduto […], l’abate affidò ai suddetto frati le reliquie da portare nel luogo sacro, a condizione che coloro che lo stesso evento di una rivelazione angelica aveva unito fossero per sempre levati anche da uno stesso vincolo di carità. (Revelatio sancti Michaelis Archangeli in monte Tumba, in AA.SS. Sept, 8, pp. 77-78, ed. J. Stiltingh).
Nell’anno 706, Oberto, decimo vescovo di Avranches, in Normandia, vede in sogno l’arcangelo apparirgli. Michele gli chiede di consacrargli il monte Tombe e di edificarvi un santuario in suo onore. “E’ ben la mia vena!” pensa il vescovo. In effetti, l’impresa è quasi impossibile, poiché il monte si leva nel cuore dell’impenetrabile foresta di Scissy bordeggiante il mare, e serve da luogo di culto a dei pagani che venerano il dio solare Belenos. Dei monaci, inviati laggiù per predicarvi la fede cristiana, non sono pervenuti a nulla. Così, tenendo l’apparizione per un pio sogno, Oberto si sforza di non pensarvi più.
I giorni trascorrono. Una nuova apparizione impressiona il vescovo: Michele non ha l’aria contenta del tutto, egli reitera la sua richiesta. Dopo alcuni giorni, Oberto respinge questo secondo intervento angelico come un’illusione, forse un simulacro del diavolo che, sotto il nome di Belenos, si fa adorare laggiù. Egli per tanto non ritrova la pace.
Per la terza volta, il grande arcangelo si mostra. Egli è veramente in collera, e formula con un tono che non ammette nessuna replica la richiesta di un santuario. Per persuadere l’incredulo prelato, egli gli dice che lascerà lui stesso un segno! Gli tocca la testa e Oberto sente come una punta penetrare la sua tempia, eppure non vi è ferita. Questa volta ben convinto, il vescovo decide di agire fin dall’indomani mattina: questo farà senza dubbio scomparire l’insopportabile emicrania che perdurante il resto della notte gli ha causato un tenace dolore.
A costo di rudi sforzi e di lavori colossali, il monte Tombe è tolto alle tribù pagane poi dissodato, e vi si incide uno scavo ad immagine della grotta del Gargano: San Michele lo ha espressamente voluto così. Per sottolineare il legame col santuario italiano, Oberto vi invia due giovani monaci, affinché ottengano dal vescovo di Siponto alcune reliquie: un frammento del marmo sul quale l’arcangelo ha posto i piedi, ed un pezzo del bel mantello porpora che ha dimenticato nella grotta.
Mentre che, molto difficilmente, i lavori di costruzione d’un oratorio proseguono sul monte Tombe, l’arcangelo appare ad un pio uomo del villaggio di Icacio (Iluynes) chiamato Baino: “Non temere, io sono l’arcangelo Michele, e vengo a chiederti di andare in aiuto al vescovo Oberto. Prendi i tuoi figli e va alla montagna!”.
Il contadino, un po’ stralunato, ma peno di fede, prende con lui i suoi undici figli – il dodicesimo è ancora in fasce – e va a proporre i suoi servigi al vescovo, a cui riporta l’apparizione. Oberto è incantato da quest’aiuto provvidenziale, ma non si avvera per nulla efficace: i ragazzi, solidi gagliardi pertanto, non giungono a capo della resistenza della roccia. Allora Oberto invia a cercare il beniamino, che cammina appena: a meraviglia di tutti, con un solo colpo di piede, il bambino fa volare il granito in schegge e le rocce si stritolano, permettendo di proseguire l’edificazione del santuario. Questo non è neanche completato che, il 16 ottobre 708, il vescovo procede alla sua dedicazione; in mezzo al coro, nella roccia, si può ammirare l’impronta del piede del bambino che ha raggiunto la roccia. Tale è la leggenda.
Nel 709, i due monaci inviati da Oberto in Italia rientrano infine dal loro pellegrinaggio. Essi non riconoscono più la regione: la foresta di Scissy ed i piccoli villaggi costieri hanno ceduto il posto ad una vasta distesa di sabbia che circonda l’immensità del vasto mare. E da lontano, dominante le onde, si leva sul monte Tombe il santuario dell’arcangelo. Si racconta loro allora come, qualche tempo prima – nel mese di marzo -, un sisma di una violenza inaudita ha colpito il paese, facendo scomparire nei flutti scatenati la foresta e le sue vicinanze, che sono scomparsi nell’oceano. Solo il Monte ha resistito, che si chiama oramai il Monte San Michele a pericolo del mare. Tutti hanno visto in quel cataclisma un ultimo soprassalto di Lucifero sloggiato dal suo dominio dal potente arcangelo, che il vescovo Oberto ha pregato nel più forte della tormenta. Una chiesa è allora innalzata al di sopra dell’oratorio, fiancheggiata da una casa di canonici.
Di don Marcello Stanzione |